di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato ampliato dopo la pubblicazione iniziale.
L'esame di incidenti aerei del passato permette di sfatare alcuni miti del cospirazionismo undicisettembrino. Uno di questi miti è la robustezza elevatissima dei motori degli aerei, che secondo alcuni dovrebbero trapassare come macigni qualsiasi cosa e lasciare un segno inequivocabile del loro passaggio. Per dirla con Dario Fo in
Zero, a circa 33 minuti dall'inizio, a proposito dell'aereo dirottato e lanciato contro il Pentagono:
Abbiamo detto che la parte più compatta dell'aereo sono senz'altro i motori. Infatti questi motori sono... oh... composti da una lega di titanio e acciaio: potentissima. Non si sfascia neanche... Insomma, avremmo il diritto di vedere, se non altro su questa parete, i fori dei due motori che hanno sfondato... No! Non c'è nessun segno. Due buchi che noi ci aspettavamo non ci sono.
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Andiamo ora a esaminare un incidente aereo avvenuto il 14 settembre 1999 a un Boeing 757-204 avente
tail number identificativo G-BYAG (nella foto qui accanto): lo stesso modello d'aereo che colpì il Pentagono.
Al termine del volo BY226A della Britannia Airways da Cardiff (nel Galles) a Girona (in Spagna), quest'aereo si schiantò durante l'atterraggio. Miracolosamente, non vi furono morti fra i 236 passeggeri e 9 membri d'equipaggio, ma soltanto due feriti gravi e una quarantina di feriti lievi. L'aereo, invece, fu danneggiato irreparabilmente e mandato alla rottamazione.
L'atterraggio, tentato in condizioni meteorologiche molto avverse di pioggia intensa e visibilità scarsa, fu funestato oltretutto dall'improvviso, disorientante spegnimento delle luci della pista per alcuni secondi: tutto questo contribuì a un contatto con la pista molto violento, tanto da causare un sobbalzo del velivolo e un secondo impatto con la pista, che danneggiò gravemente il carrello anteriore e portò alla perdita di alimentazione elettrica, interferendo con i comandi e producendo un aumento non intenzionale della spinta dei motori.
L'aereo della Britannia abbandonò lateralmente la pista a velocità elevata e percorse circa 350 metri nel prato ai lati della pista stessa; viaggiando sul carrello, scavalcò un rialzo del terreno e si staccò di nuovo brevemente da terra, colpendo alcuni alberi. Il motore destro colpì la recinzione dell'aeroporto. Il velivolo trapassò la recinzione, atterrò nuovamente in un campo ed entrambi i carrelli principali cedettero. Dopo 250 metri di scivolata sul prato, per un totale di 1900 metri percorsi dopo il secondo impatto con la pista, l'aereo finalmente si fermò.
La mappa qui sopra è tratta, come i dettagli citati qui sopra, da uno dei
rapporti tecnici sull'incidente, ricco di immagini che possono offrire spunti per il confronto con i rottami documentati al Pentagono. Per esempio, questo è uno dei carrelli principali dell'aereo della Britannia:
Si possono confrontare queste immagini con quelle dei rottami nell'
A-E Drive (passaggio carrabile fra il terzo e quarto anello) del Pentagono: nella prima (qui sotto) si ritrovano le medesime parti cilindriche chiare, collegate da un'asta, sul lato interno dei cerchioni; nella seconda (più sotto) si nota la forma del cerchione.
Indubbiamente i rottami al Pentagono sono molto compatibili con le parti di un Boeing 757.
Ma torniamo al volo Britannia caduto. La fusoliera si ruppe in tre tronconi, come si può vedere nell'immagine aerea all'inizio di quest'articolo e, più in dettaglio, nell'immagine qui sotto, scattata due giorni dopo l'incidente (l'originale è
qui):
Qui sotto è mostrata un'altra immagine, tratta sempre da
Airliners.net e scattata alcuni giorni più tardi. Le insegne della Britannia furono coperte con una mano di pittura per questioni d'immagine aziendale.
Come si può notare, dalle immagini dello schianto mancano i motori. Infatti esaminando la mappa tratta dai rapporti tecnici risulta che i motori si staccarono e si fermarono più indietro rispetto all'aereo.
Ecco un dettaglio ingrandito della mappa precedente, sempre tratta dai rapporti tecnici:
Secondo
Airdisaster.com, questo Boeing 757 montava motori Rolls-Royce RB211-535E4, esattamente come il Boeing 757 che colpì il Pentagono.
Un altro
rapporto tecnico evidenzia a pagina 38 che la gondola di uno dei motori urtò la recinzione che delimitava l'aeroporto. La recinzione era alta 2,5 metri e composta da rete metallica supportata da pali in acciaio: una soluzione molto simile a quella presente a delimitare il cantiere davanti alla facciata colpita del Pentagono, come si può vedere qui sotto.
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Il
rapporto nota che
"il contatto con la recinzione fu radente e fu danneggiato o distrutto un tratto di circa 100 metri di recinzione. Parti consistenti della gondola n. 2 si staccarono in corrispondenza del punto di collisione con la recinzione".
In altre parole, un impatto con una semplice recinzione di rete metallica, a velocità ben più bassa di quella risultante al Pentagono, è sufficiente ad asportare da una gondola di motore
"parti consistenti". Questo è un primo segno che forse i motori d'aereo non sono poi così
"potentissimi".
Il rapporto prosegue (pag. 43):
"Entrambe le gondole furono ritrovate in pezzi nella parte finale del percorso, compatibilmente con il loro distacco in seguito all'impatto con la recinzione e/o il terreno dopo il cedimento del carrello principale. Entrambi i motori erano stati chiaramente strappati dai rispettivi piloni durante lo scivolamento dell'aereo lungo il campo, terminando la propria corsa alcuni metri prima dell'aereo. Le gondole rimasero attaccate alle ali. Entrambi i motori subirono danni esterni gravi."
Vediamo quali furono questi
"danni esterni gravi" ai motori, prodotti non da un impatto ad altissima velocità con un generatore da 18 tonnellate o con una parete rinforzata di un edificio, ma semplicemente dalla collisione con una recinzione e dallo strisciamento sul terreno. Gli originali di queste immagini sono su Airliners.net
qui,
qui e
qui.
Un piccolo inciso: la prima immagine è quella usata da Massimo Mazzucco in
Inganno Globale (a circa 27 minuti dall'inizio), quando dice che
"I motori, poi, sono due proiettili di acciaio di 4 tonnellate l'uno, talmente compatti che non si disintegrano nemmeno cadendo da 10.000 metri di altezza"). La stessa immagine era finita per un errore di montaggio di Canale 5 nel filmato di debunking preparato dalla redazione di
Matrix, come descritto
qui. Adesso finalmente so da dove proviene: come al solito, da una situazione che non c'entra nulla, perché come abbiamo visto, il volo Britannia non è affatto caduto
"da 10.000 metri di altezza". Fine dell'inciso.
Nella terza fotografia dei motori si nota, a destra, la carenatura del motore.
Confrontiamo questi rottami di motore con la forma di un motore Rolls-Royce RB211-535 usato nei Boeing 757, comprensivo della sua carenatura e con una persona accanto che funga da termine di riferimento dimensionale.
Quando un profano pensa a un motore d'aereo, immagina probabilmente che quest'enorme volume, che stando ai disegni Boeing misura circa 2,6 metri di diametro, sia ripieno di metallo robustissimo (
"Non si sfascia neanche..."). Ma la realtà è ben diversa. Infatti in un moderno motore
turbofan come l'RB211, all'interno di questa grande carenatura c'è un ampio volume vuoto, in cui fluiscono aria e gas di scarico per la propulsione:
Se togliamo la carenatura, come è avvenuto a causa dell'impatto nel caso del volo Britannia, vediamo che il motore vero e proprio è assai più piccolo della sua carenatura:
Queste foto di un motore di Boeing 777, anch'esso di tipo turbofan, permettono di cogliere quanto sia ampio il volume vuoto all'interno della carenatura:
Osservando le fotografie dell'incidente, si nota subito che nell'urto del volo Britannia è stata strappata via completamente non solo la carenatura, ma anche tutta la parte anteriore del motore vero e proprio, la ventola o
fan (sostanzialmente un'elica intubata), di diametro molto più grande rispetto al resto. In pratica, è rimasta soltanto la porzione centrale, ossia lo stadio ad alta pressione con le sue camere di combustione. Questa porzione, pur non trascurabile, è ben più piccola dell'enorme mole che sembrava esservi inizialmente.
Se questo è quello che è successo in seguito ad un impatto con una recinzione seguito da uno strisciamento sul terreno, a velocità relativamente ridotta, durante un atterraggio riuscito male, è ragionevole pensare che in seguito a un impatto frontale ad altissima velocità (850 km/h) contro un generatore da 18 tonnellate e contro due muretti di cemento (quello dello
steam vent e quello provvisorio del cantiere), entrambi i motori del Boeing 757 che colpì il Pentagono abbiano subìto una frammentazione paragonabile se non superiore a quella del volo Britannia ancor prima di colpire la facciata del Pentagono.
Un moderno motore d'aereo a reazione turbofan ha insomma dei grandi volumi cavi che dall'esterno non possono essere percepiti, per cui si ha l'impressione che sia molto più massiccio di quanto sia in realtà. L'incidente del volo Britannia dimostra che in caso di impatto anche non estremo, un motore d'aereo, specificamente lo stesso presente sul velivolo che colpì il Pentagono, facilmente si separa dall'ala e viene dilaniato così tanto da lasciarne soltanto il nucleo centrale, che ha dimensioni ben più modeste e un potere di sfondamento minore di quanto suggerisca all'occhio non esperto il suo volume esterno.
Di conseguenza, in queste circostanze sembra perlomeno dilettantesco aspettarsi, per citare ancora Dario Fo, di
"vedere, se non altro su questa parete, i fori dei due motori che hanno sfondato" la facciata del Pentagono.
Destrutturazione di un Boeing 757
Altre immagini dell'incidente del volo Britannia permettono di cogliere quanto sia sottile e fragile, in caso d'impatto, la struttura di un aereo, particolarmente quella della sua fusoliera, e quanto sia quindi ridicolo aspettarsi di trovare tronconi di fusoliera o altri grandi pezzi in caso di collisione ad altissima velocità contro un oggetto resistente come il Pentagono o il World Trade Center. In questa sconfortante sequenza, l'aereo viene gradatamente smontato per la rottamazione.
Una fine decisamente inelegante per una macchina abituata a librarsi nel cielo, ma utile per documentare che i luoghi comuni del cospirazionismo, oltre che i dubbi di molti non cospirazionisti, derivano dalla mancata conoscenza dei fatti tecnici che riguardano l'11 settembre.