Mark Rossini: In Re:9/11 (traduzione italiana)

di Mark Rossini

"...l’arco dell’universo morale è lungo ma tende verso la giustizia."
Martin Luther King, Jr. (1968)

"Nessuna menzogna può durare in eterno."
Thomas Carlyle. (1843)

"Non esistono segreti che il tempo non riveli."
Jean Racine (1669)


In Re: 9/11


“Ciò che sappiamo è che funzionari governativi hanno deciso di non informare un ente costituito legalmente, creato dal Congresso e dal presidente, per investigare una delle più grandi tragedie che abbia mai colpito questa nazione. Noi la chiamiamo ostruzione.” — Thomas H. Kean e Lee H. Hamilton, 2 gennaio 2008, Presidente e Vicepresidente della 9-11 Commission.

Il caso:


Le due domande che non sono mai state affrontate sono queste: perché il Central Intelligence Report (definito anche CIR), scritto dall’Agente Speciale dell’FBI Douglas J. Miller (assegnato alla Alec Station della CIA),  che conteneva informazioni sul “summit del terrore” a Kuala Lumpur, in Malesia, nel gennaio del 2000, fu soppresso e non fu inviato all’FBI? E perché mi fu detto di non parlarne?

Come in qualunque caso, si verifica un “incidente” e quindi si avvia un’indagine, basata sul principio del Probable Cause (fondato motivo), per determinarne il “perché”. Direttamente connesso al “perché” c’è, ovviamente, il movente o la ragione, noto come “mens rea”.

In assenza di una confessione, tutti i casi civili o penali sono dimostrati in base alle prove indiziarie, che prese nella loro totalità porterebbero una “persona ragionevole” a trovare logicamente il “perché” di un “incidente” e quindi attribuire la responsabilità dell’atto (o degli atti) a una persona o a un gruppo.

Affrontando queste due domande, che sono direttamente legate agli attacchi dell’11/9, provo a dimostrare il “perché”.

Perché?

Penso che vi siano prove indiziarie che la ragione per cui il CIR di Doug fu soppresso, e per cui mi fu ordinato di non parlarne all’FBI, fu che la CIA era impegnata in una missione di reclutamento, insieme al servizio di intelligence saudita chiamato Mabahith, negli Stati Uniti, di uno o più dei terroristi che si erano incontrati in Malesia, in diretta violazione di ogni norma, regola o legge applicabile. Inoltre, ed è forse la parte più patetica ed emotivamente stridente, è che loro, la dirigenza dela CIA, la Alec Station, e il Counterterrorist Center della CIA (CTC), non volevano che l’FBI, nella persona dell’Agente Speciale Incaricato John P. O’Neill Jr., interferisse con quanto stavano facendo, o con quanto stava facendo unilateralmente il Mabahith, cosa per la quale la CIA avrebbe dovuto dare il permesso. Un permesso che non avevano l’autorità legale di dare. Questo sforzo o operazione di reclutamento fallì miseramente ed ebbe come conseguenza i tragici attacchi. Né O’Neill né l’FBI avrebbero permesso che una tale operazione avesse luogo negli USA senza la direzione dell’FBI e l’approvazione del procuratore generale. Il timore della CIA era che l’FBI o O’Neill non potessero essere controllati e che non sarebbe stato possibile dissuaderli dalla possibilità di compiere arresti e di chiudere l’operazione quando l’avesse ritenuto opportuno, causando così “imbarazzo” ai Sauditi (vedi sotto alle pagine 4 e 13).

Il fallimento dell’operazione di reclutamento, o forse il fatto che il Mabahith smise di fare rapporto e/o ammise il proprio fallimento alla CIA, è la ragione per cui i rappresentanti della CIA/CTC, insieme a un analista del Quartier Generale dell’FBI, vennero alla sede di New York dell’FBI l’11 di giugno del 2001 o intorno a questa data, tennero una riunione (alla quale io non fui invitato) con la squadra alla quale ero assegnato, la I-49, e chiesero aiuto nel trovare i terroristi che avevano partecipato al “summit del terrore” in Malesia. Agli agenti dell’FBI presenti all’incontro non fu detto del summit in Malesia, ma furono solo mostrate loro delle foto dei terroristi che vi avevano partecipato e fu chiesto loro di trovarli. Quando fu loro chiesto, i rappresentanti della CIA/CTC rifiutarono di dare informazioni riguardo alla provenienza di quelle foto e rifiutarono di dare risposte alle domande degli agenti. Domande semplici e logiche come “Chi sono queste persone?”, “Dove avete preso queste foto, e perché?” Non fu data alcuna risposta. Le uniche “risposte” furono “non possiamo dirvelo”. Nello specifico, furono mostrate foto di un membro della cellula, Khalid al-Mihdhar, che la CIA o il Mabahith credevano di aver reclutato o che almeno fosse disponibile a parlare o a un approccio. Secondo gli indizi, sembra che ciò che forse fece scattare la necessità di questo incontro a New York fu che al-Mihdhar era ritornato in Yemen per un po’ di tempo (quasi un anno) e aveva rifiutato la proposta del Mabahith/della CIA.

Inoltre, in tale incontro (a cui parteciparono la CIA e Dina Corsi dell’FBI) la CIA non disse agli agenti dell’FBI riuniti, né all’allora assistente del procuratore federale Dave Kelly (che lasciò la riunione anzitempo a causa dell’atmosfera ostile), perché trovare questi uomini fosse così importante (da cui la famosa email dell’Agente Speciale Steve Bongardt a Corsi, in cui la avvisava che le conseguenze sarebbero state che “– qualcuno un giorno morirà–”). Dina non sapeva nulla del tentativo di reclutamento. Dina sapeva solo che la CIA sapeva di questi terroristi tramite un “metodo di intelligence” (che Dina erroneamente e innocentemente pensava fosse protetto all’epoca dal “muro”). Sappiamo che il “metodo di intelligence” era che l’NSA e la CIA ascoltavano, sebbene separatamente come rivelato dall’intervista a Mike Scheuer (Capo della Alec Station della CIA) nel documentario Spy Factory [pbs.org], le conversazioni sulla linea telefonica domestica di Ahmed al-Hada a Sanaa, in Yemen. Un numero di telefono ottenuto dall’intervista dell’Agente Speciale dell’FBI John Anticev a Mohamed Rashed Daoud Al-Owhali a Nairobi, in Kenya, nell’agosto del 1998.

Vi prego di prendervi il tempo di leggere le recenti interviste che mi ha fatto Jeff Stein per Newsweek [newsweek.com; newsweek.com]; poi guardate il link qui sotto, che è un’intervista all’ex consulente del Presidente sull’antiterrorismo, Richard Clarke. Vi prego di guardarne ogni istante e di fare particolare attenzione al minuto 6:22, quando Clarke riporta parte della sua conversazione con Cofer Black, che al tempo della loro conversazione era stato appena designato Direttore del CTC.


Clarke dice in modo inequivocabile, in questa intervista registrata, che quando Cofer Black divenne Direttore del CTC disse a Clarke che era “scioccato che la CIA non avesse risorse all’interno di AQ, ed era deciso a porvi rimedio”. L’incontro dei dirottatori a Kuala Lumpur, in Malesia, e il fatto che la CIA sapeva che almeno due dei partecipanti avevano dei visti per entrare negli USA, possono aver fornito un’occasione perfetta?

I dati raccolti e i rapporti disponibili pubblicamente rivelano che Ahmad Hikmat Shakir, noto anche come “Shakir el-Iraqi”, che era impiegato come assistente dei VIP per la Malaysia Airlines a Kuala Lumpur, facilitò l’arrivo di Khalid al-Mihdhar all’aeroporto di Kuala Lumpur e in seguito aiutò gli altri membri del summit del terrore a muoversi per Kuala Lumpur, fu avvicinato dalle autorità malesi e dalla CIA per collaborare e per essere reclutato [Observer.com]. Il tentativo fallì, e così la CIA dovette concentrare l’attenzione su un altro membro del gruppo. Quale miglior obiettivo di una persona che aveva un visto per entrare negli USA? Secondo ogni evidenza, sembra che Khalid al-Mihdhar fu scelto per il semplicissimo motivo che sua moglie, che stava nello Yemen, era incinta. La speranza e/o la logica era che potesse avere ancora un briciolo di decenza o compassione in sé.

Inoltre, Richard Clarke dichiarò in una conferenza sul terrorismo e sulla sicurezza alla Fordham University (New York City), nel maggio del 2016, di credere che “la CIA abbia tentato di reclutare Mihdhar e Hazmi in California prima dell’11/9”.


Quali altre informazioni servono per esigere un’indagine e una rivelazione ufficiale di questo tentativo?

In ultimo, la teoria del reclutamento è sostenuta anche dall’ex funzionario della CIA Bruce Riedel nella sua intervista per il documentario in due parti “Les Routes de La Terreur” del documentarista Fabrizio Calvi. Purtroppo il documentario non è mai stato trasmesso negli USA.

Link alla versione in inglese sul mio Google Drive: Parte 1 e Parte 2.

Quando lo guardate, prestate attenzione alla Parte 2 e all'intervista a Bruce Riedel riguardo ai sauditi sospettati di essere estremisti. Le asserzioni di Riedel, anche se brevi, sono molto eloquenti e profonde e gettano luce sul mio ragionamento. Riedel descrive in sostanza la "strategia tacita" che il nostro governo aveva con l'Arabia Saudia a proposito dei suoi sudditi che erano sulla strada della radicalizzazione. Questa strategia, in sintesi, era che se la CIA avesse identificato un saudita deviato avrebbe provato a riportarlo in patria per la rieducazione piuttosto che arrestarlo (che sarebbe stata un’azione molto pubblica). Il solo scopo di questa strategia era di non causare imbarazzo al regno. Quale migliore occasione di completare la missione di reclutamento e interferenza della CIA, tenendo felici i sauditi, che il summit in Malesia e la consapevolezza che almeno due terroristi avevano visti per entrare negli USA?

Come già detto, l’agente Douglas J. Miller scrisse una bozza di CIR, il 5 gennaio del 2000, che avrebbe informato l’FBI dell’incontro in Malesia. Questa bozza era basata su un cablogramma della CIA che era arrivato dalla stazione di Kuala Lumpur e che conteneva tutti i dettagli sulle persone che si erano incontrate lì; chi era stato seguito, come e perché era avvenuto, cioè il loro transito da Dubai; come erano stati fermati e perquisiti “per routine” con la cooperazione della autorità di Dubai; e come era stato scoperto che al-Mihdhar e al-Hazmi avevano visti turistici per entrare negli USA.

Doug scrisse specificamente che al-Mihdhar probabilmente avrebbe fatto presto un viaggio “con ogni probabilità a New York” (questo poteva essere scoperto solo se la CIA avesse esaminato la sua richiesta di visto a Jeddah… cosa che logicamente fecero, altrimenti come avrebbe potuto scriverlo Doug nel suo cablogramma?) ed era legato agli attentati alle ambasciate del 1998 (un caso aperto dell’FBI a quel tempo). Scrisse anche che erano state ottenute dele foto di al-Mihdhar, che sarebbero state inviate anch’esse (all’FBI, intende) [Congresso degli USA, 24/7/2003, pp. 135 file PDF; 9/11 Commission, 24/7/2004, pag. 502].

Il CIR di Doug non conteneva tutte le informazioni e i dettagli operativi riservati della CIA, come il cablogramma di Kuala Lumpur che identificava i diversi servizi esteri di collegamento e funzionari della CIA coinvolti. Questo CIR non fu mai inviato all’FBI. Di nuovo, il problema e la domanda principale è cercare di capire chi prese la decisione di non inviarlo e perché.

Siccome il cablogramma di Doug non avanzava nella coda elettronica per poi essere finalmente pubblicato, sappiamo dai dati storici ed elettronici che dopo parecchi giorni Doug inviò un messaggio elettronico al Deputy Chief (vicecapo) di Alec Station (insieme a una copia della sua bozza di CIR), chiedendo se la bozza che lui, Doug, aveva scritto “proprio non va bene, o devo riscriverla in qualche altro modo?” Il motivo della scelta di parole di Doug è che spesso le comunicazioni non sono pubblicate perché la CIA potrebbe ritenere che il cablogramma riveli troppa “attività proprietaria o operativa della CIA”, che potrebbe compromettere la tecnica o le tecniche usate per raccogliere informazioni.

Doug non pensò mai che fosse trattenuto nella coda elettronica per altri motivi. Non ottenne mai una risposta diretta dal vicecapo della Alec Station (vi prego di notare, come ho sottolineato nella sezione precedente, ciò che NON c’era nel cablogramma di Doug; quindi l’argomentazione di non aver pubblicato il cablogramma di Doug perché conteneva informazioni di proprietà della CIA o tecniche di raccolta sensibili è fasulla. Tenendo presente cosa C’ERA nel cablogramma di Doug, è inconcepibile che non fu mandato all’FBI).


Dopo che il cablogramma di Doug era transitato dalla coda di posta elettronica ricevuta di una persona che chiamerò “Dipendente A dell’Agenzia” (che lo lesse e lo mandò al vicecapo della Alec Station), Doug venne da me e mi chiese se potevo intervenire per scoprire cosa stava succedendo… perché la sua comunicazione stava ferma nella casella di posta del vicecapo della Alec Station? Parlai con “Dipendente A dell’Agenzia” (“DAA”), che aveva una conoscenza approfondita delle cellule terroristiche yemenite e lavorava a stretto contatto con la persona a cui Doug aveva inviato il suo messaggio. Gli/le chiesi perché il cablogramma di Doug non stesse avanzando. Aggiunsi che l’FBI doveva esserne informato. La sua risposta fu che le informazioni apprese a Kuala Lumpur “non sono affare dell’FBI”. “Il prossimo attacco di al-Qaeda sarà nel sudest asiatico, e se e quando vorremo farlo sapere all’FBI lo faremo, e tu non devi dire nulla.” Dissi quindi a questa persona “Allora perché hanno dei visti per gli USA?” La sua risposta fu “Se vengono negli USA è solo un diversivo per distrarci.” Dopo la mia conversazione con “DAA”, Doug ricevette un messaggio elettronico da “DAA” che diceva “lasciate perdere ora, ordine da vice capo” di Alec Station. Per la cronaca, “DAA” e il vicecapo della Alec Station lavoravano insieme molto strettamente ed erano considerati persone esperte sulla presenza e minaccia di al-Qaeda nello Yemen. Infatti ci sono informazioni verificabili sul fatto che entrambi andarono nello Yemen nella primavera del 1999 per discutere con le autorità yemenite della presenza di al-Qaeda in quel paese. In ultimo e più importante, secondo il rapporto dell’Ispettore Generale del Departimento di Giustizia del novembre del 2004, pagine 298 e 299, il vicecapo della Alec Station bloccò ufficialmente il CIR di Doug il 5 gennaio.

Notate due cose a proposito di “DAA”. Anzitutto la 9/11 Commission, la Commissione Governativa, l’Ispettore Generale del Dipartimento di Giustizia e l’Ispettore Generale della CIA riportano che “DAA” scrisse un cablogramma il 6 gennaio del 2000 alla Stazione in Malesia, dicendo in sostanza che “le informazioni sono state passate ai nostri colleghi dell’FBI” COME? Intendeva tutto il materiale presente nella bozza di cablogramma di Doug? Se è vero… a chi? A chi, o tramite chi, fu inviato? Non a Doug o a me. Inoltre, perché questa persona non è mai tornata da Doug o da me a chiedere cosa l’FBI stesse facendo con queste informazioni? Perché non c’è traccia negli archivi dell’FBI del trasferimento o della ricezione di queste informazioni? Perché non c’è traccia di un’investigazione dell’FBI sulla vicenda, o di una richiesta all’FBI di riferire alla CIA lo stato delle eventuali indagini svolte dopo aver ricevuto queste informazioni? Sembrerebbe logico che se queste informazioni di tale importanza vitale fossero state “passate ai nostri colleghi dell’FBI”, sarebbe infinitamente logico concludere che l’FBI avrebbe avviato qualche tipo di indagine o almeno avrebbe qualche traccia di aver ricevuto le informazioni. Ultima nota: “DAA” in seguito ammetterà di non aver personalmente condiviso l’informazione con l’FBI (nota 44 a pag. 502 del 9/11 Commission Report). Quindi il contenuto del cablogramma che lui/lei scrisse è una bugia, e non c’è alcuna traccia del fatto che gliene sia mai stato chiesto conto o che abbia mai dato una spiegazione.

È proprio in questo momento che l’11/9 sarebbe stato evitabile. Sì… senza dubbio. Non considerarlo è stupido. La cellula sarebbe stata smantellata e forse l’FBI e la CIA e il Mabahith avrebbero lavorato insieme e trasformato uno dei membri della cellula in una fonte, ma non lo sapremo mai.

Ciò che abbiamo in questa fase è un’intenzionale e volontaria decisione della CIA di nascondere delle informazioni all’FBI.

Non ci sono scuse per non averle passate. L’assegnazione mia e di Doug alla CIA è e fu totalmente irrilevante per quanto riguarda l’obbligo della CIA di informare l’FBI sulle persone che hanno partecipato all’incontro in Malesia. Anche se non fossimo stati assegnati a quella sede, la CIA era obbligata da ogni legge e ordine esecutivo applicabile (mi viene in mente l’Ordine Esecutivo 12333) a passare quelle informazioni, mettere su una lista di sorveglianza dei terroristi noti e con visti per gli USA e lasciare che l’FBI facesse il proprio lavoro e conducesse un’indagine.

Per creare un caso basato su prove circostanziali bisogna attingere ai fatti e poi trarre conclusioni logiche. Detto quanto sopra (la mia testimonianza pubblica e al governo, anche se non alla 9/11 Commission, e l’intervista di Clarke) e quanto segue in questo documento, il caso è anche più robusto.

Prendetevi un momento per studiare questo:

12 luglio 2001: al direttore provvisorio dell’FBI fu impedito dalla CIA di riferire al procuratore generale del summit in Malesia di al-Qaeda:

Il 12 luglio del 2001, il direttore provvisorio dell’FBI Tom Pickard ragguaglia il Procuratore Generale Ashcroft una seconda volta sulla minaccia di al-Qaeda (v. 12 luglio 2001). In una lettera scritta in seguito alla 9/11 Commission in cui parlava dell'incontro, Pickard menzionerà che “non avevo detto [ad Ashcroft] dell’incontro in Malesia perché mi fu detto dal vicedirettore dell’FBI Dale Watson che l’informazione era in “close hold” (strettissimamente riservata). Vuol dire che non doveva essere riferita a nessuno senza il consenso esplicito della CIA.” Durante il briefing, Pickard raccomanda anche caldamente che la CIA ragguagli Ashcroft affinché conosca i dettagli che Pickard sente di non essere autorizzato a rivelare. “L'incontro in Malesia” è un ovvio riferimento al Summit di al-Qaeda in Malesia tenuto nel gennaio del 2000 (v. 5-8 gennaio, 2000). A Louis Freeh, direttore dell’FBI al tempo del summit, e ad altri ufficiali dell’FBI di cui non è noto il nome fu detto qualcosa di questo summit mentre si stava svolgendo (v. 6 gennaio 2000). Non è noto se Pickard e Watson ne fossero a conoscenza al tempo, ma la lettera di Pickard mostra che entrambi sapevano del summit quando furono ragguagliati. Non è noto perché la CIA abbia tenuto tanta segretezza su ogni menzione del summit malese, tanto che non fu possibile parlarne nemmeno al procuratore generale. Siccome due dei dirottatori dell’11/9 erano a quel summit, condividere le informazioni sul summit con altre agenzie avrebbe potuto aiutare a fermare gli attentati dell’11/9. [PICKARD, 24/6/2004]

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Ciò che è sconvolgente di quanto sopra è che la 9/11 Commission, che io sappia, non ha mai indagato su questa situazione. Né ne ha chiesto a Tenet, che il governatore e membro della 9/11 Commissione Tom Kean ha essenzialmente definito un bugiardo in un articolo su Salon. L’ex governatore Kean dice per la cronaca che Tenet “sviò la 9/11 Commission”:

http://www.salon.com/2011/10/14/insiders_voice_doubts_cia_911/


Riguardo alla testimonianza di Tom Pickard e alle dichiarazioni spontanee del governatore Kean agli autori di Salon dobbiamo chiederci perché ad al-Mihdhar fu consentito di tornare a casa nello Yemen? ...a quella casa che era sorvegliata dall’NSA, e anche dalla CIA ….proprio lo stesso numero da cui avevano appreso dell’incontro in Malesia? Perché ad al-Mihdhar fu concesso di tornare negli USA (vi tornò il 4 luglio del 2001 passando per l’aeroporto JFK). Perché non gli fu negato il rientro o perché non fu consegnato all’FBI per un colloquio o per un’investigazione? Al-Mihdhar tornò nello Yemen a giugno del 2000 per la nascita di suo figlio e poi passò del tempo alla Mecca prima di andare in Afghanistan all’inizio del 2001. In questo periodo a quanto pare perse il proprio passaporto saudita e ne ottenne uno nuovo… uno nuovo in cui le autorità saudite avevano installato un chip elettronico che lo identificava come un pericolo per il regno in quanto affiliato ad al-Qaeda. Pertanto la conclusione logica era che fosse sorvegliato da parte del Mabahith. Fu forse in questo periodo che il Mabahith capì di averlo “perso” e lo disse alla CIA, che a quel punto ebbe un momento “oh-oh”, e quindi venne alla sede di NY dell’FBI a giugno del 2000 e disse “trovatelo”? Inoltre vi prego di notare che al-Mihdhar andò al consolato americano a Jeddah, in Arabia Saudita, per avere un nuovo visto. Sarebbe stata un’ottima opportunità per un incaricato o un ALAT (Assistant Legal Attaché) dell’FBI per parlare con lui. Per altre informazioni su al-Mihdhar: https://en.wikipedia.org/wiki/Khalid_al-Mihdhar

A giugno/luglio del 2001, il vicecapo della Alec Station, che al tempo lavorava presso l’ITOS (International Terrorism Operations Section) dell’FBI al quartier generale dell’FBI, chiese per ragioni non note che degli analisti alla Alec Station recuperassero e studiassero tutti i cablogrammi esistenti su al-Mihdhar. Cosa scatenò questa richiesta? Fu per gli stessi motivi per cui la CIA si rivolse all’FBI a NY a giugno 2001 chiedendole di trovare al-Mihdhar e al-Hazmi? L’unica conclusione logica è che forse il Mabahith aveva riferito alla CIA di aver perso i contatti con al-Mihdhar o che il loro tentativo di reclutamento era fallito. Il Mabahith informò la CIA che al-Mihdhar aveva un nuovo passaporto e che era andato a New York? La 9/11 Commission vide tutti i cablogrammi di cui la CIA era in possesso su al-Mihdhar? In ultimo, quando il vicecapo della Alec Station fu audito dalla 9/11 Commission in diretta televisiva (la sua identità era nascosta da una tenda), gli fu chiesto “Perché l’FBI non ne fu informato?” la sua risposta emotiva fu “eravamo così oberati che ci sfuggì tra le maglie”. Io non accetto questa risposta e neanche voi dovreste. Come può essere “sfuggito tra le maglie” con tutti i cablogrammi su questo argomento? Come può essere “sfuggito tra le maglie” se le risorse della CIA e di molti servizi di collegamento furono utilizzate per effettuare sorveglianza sui partecipanti al summit in Malesia nel gennaio del 2000? Come può essere “sfuggito tra le maglie” se “Dipendente A” passò la nota di Doug "lasciate perdere ora, ordine da vice capo"? Come può essere “sfuggito tra le maglie” se la CIA andò alla sede di New York dell’FBI a giugno del 2001 per chiedere all’FBI di trovare al-Mihdhar e al-Hazmi? Come può essere “sfuggito tra le maglie” se il vicecapo scrisse nel luglio del 2001 di un altro partecipante al summit in Malesia di nome Khallad bin Attash, dicendo che era un “assassino di Serie A”? Quindi se un “assassino di Serie A” era al summit del terrore con al-Hazmi e al-Mihdhar, perché l’FBI non fu informata immediatamente di ogni dettaglio e di ogni cattura. Tutto ciò che il vicecapo della Alec Station doveva fare era alzarsi dalla propria scrivania e camminare per tre metri fino all’ufficio del capo della sezione dell’FBI Mike Rolince. In ultimo: è ben noto (da molti rapporti giornalistici e inchieste governative) che il capo della Alec Station incontrò Tenet e altri dirigenti della CIA nel luglio del 2001 e li avvisò che un attacco era imminente e che “loro sono già qui”, riferendosi ovviamente ai terroristi.

Secondo la lettera di Pickard alla 9/11 Commission gli fu detto da Dale Watson di alcune informazioni strettamente riservate sul meeting in Malesia quando lui, Pickard, divenne direttore provvisorio dell’FBI a luglio del 2001. Watson informò anche Pickard che a lui, Pickard, era vietato persino di informare il procuratore generale John Ashcroft di queste questioni. Sorge una domanda: cosa fu detto davvero a Dale e da chi, e da chi lo aveva saputo questa persona? ...bisogna percorrere la catena delle evidenze. A logica uno penserebbe che Dale lo abbia saputo dal direttore Freeh, che ancora, logicamente, avrebbe dovuto saperlo da George Tenet. Si può presumere che Tenet abbia detto a Freeh che la CIA stava sviluppando delle informazioni su una cellula terroristica che si era incontrata a Kuala Lumpur e che “noi (la CIA) la terremo aggiornata.” Questo non è un passaggio di comunicazioni. Né può essere interpretato da alcuno nella Comunità dell’Intelligence, anche solo remotamente, come un formale passaggio di informazioni. Come ha sottolineato Clarke e asserito Cofer Black a me e ad altri alla CIA:

“Se non è su carta, non esiste”

Quindi qualunque cosa Tenet abbia detto a Freeh, che la disse a Dale, che la disse a Pickard, non è un passaggio di informazioni della CIA sulla base del quale l’FBI avrebbe dovuto agire. Inoltre è logico concludere che qualunque cosa Tenet abbia detto a Freeh non conteneva informazioni sul fatto che i terroristi a Kuala Lumpur avevano visti per gli USA, perché altrimenti l’FBI sarebbe stata obbligata ad agire e ordinata a farlo. Non è pensabile che il direttore Freeh non avrebbe dispiegato tutte le risorse dell’FBI su questa questione se gli fosse stato detto che avevano un visto per gli USA.

Ricordate inoltre che si ritiene che un ufficiale di lungo corso della Alec Station abbia mentito alla Commissione Governativa riguardo alla sua visita al quartier generale dell’FBI. Una visita in cui lui/lei dice di aver passato le informazioni sull’incontro in Malesia e tutte le informazioni raccolte sui visti di al-Mihdhar and al-Hazmi.

Si ritiene che questa persona sia quella di cui parla Jeff Stein nel suo articolo su Newsweek e in quello su Salon (http://www.salon.com/2011/10/14/insiders_voice_doubts_cia_911/),

e l’articolo sul New Yorker di Jane Mayer:

(http://www.newyorker.com/news/news-desk/unidentified-queen-torture)

Supponiamo per un momento che sia vero… che una certa persona, come ha dichiarato alla Commissione Governativa, sia andata al Quartier Generale dell’FBI (anche se si dice che non ci sia traccia registrata del suo ingresso nel palazzo; e tuttora l’FBI conserva i registri dei visitatori su carta; e non importa chi sei o di che agenzia, devi mostrare i documenti identificativi e firmare con una biro) e abbia passato questa informazione importante e vitale su al-Mihdhar e al-Hazmi a qualcuno di cui, guarda caso e incomprensibilmente, non si ricorda. Non pensereste logicamente che lui o lei avrebbe chiesto un riscontro alla persona a cui le aveva passate e che avrebbe chiesto “Ehi, cos’hai fatto con le informazioni su quei due terroristi che abbiamo inseguito per mezzo mondo”? I suoi superiori o i suoi subordinati presso la Alec Station, il CTC, o altre stazioni della CIA non avrebbero voluto sapere cosa stava facendo l’FBI a proposito di terroristi che erano negli USA? Potevano essere negli USA? O almeno potevano entrare negli USA? Inoltre, la CIA sapeva, dopo il summit in Malesia, che erano venuti negli USA nel marzo del 2000. Ci sono dei cablogrammi archiviati che confermano l’arrivo di al-Mihdhar e di al-Hazmi, inviati dalla stazione della CIA a Los Angeles a molte altre stazioni della CIA negli USA e all’estero, ma nessuna copia fu inviata all’FBI o al Servizio Immigrazione/Dogane.

La CIA non chiese riscontro all’FBI perché l’informazione non fu mai passata. Di nuovo, la risposta all’11/9 è: perché l’informazione non fu mai passata formalmente per un’indagine da parte dell’FBI?

Un’ultima nota sul “passaggio formale delle informazioni” e i CIR: se l’informazione sui dirottatori fu passata nella maniera/dalla presunta persona di cui parlano gli articoli di Stein e Salon, oltre che con la presunta conversazione tra Tenet e Freeh, ci si deve chiedere perché non fu fatto formalmente con un CIR. Come è possibile che qualcosa di così vitale e importante per la sicurezza e l’incolumità della nostra nazione non meritasse di essere trasmesso sotto forma di CIR per un’investigazione dal parte dell’FBI e della Joint Terrorism Task Force (JTTF)? Che io sappia, né la 9/11 Commission né la Commissione Governativa raccolsero campioni di tutti i CIR passati dalla CIA all’FBI trenta giorni prima e trenta giorni dopo che Doug scrisse la sua bozza di cablogramma. Ma poi perché limitare la ricerca a una finestra di 60 giorni? Perché non prendere un anno intero? Dubito sinceramente che in qualunque degli altri CIR ci fossero informazioni tanto importanti, concretamente usabili e urgenti quanto le informazioni contenute nel CIR soppresso di Doug. L’unico “studio” dei CIR fatto dalla 9/11 Commission è fu una tabulazione della quantità di CIR inviati dalla CIA alle agenzie facenti parte della Intelligence Community (IC).

Quando James Bamford contattò il quartier generale dell’FBI nel 2008 perché io comparissi nel documentario “The Spy Factory”, gli fu detto che io non potevo essere intervistato perché secondo l’allora direttore dell’FBI Mueller i rapporti tra la CIA e l’FBI erano più importanti del fatto che io comparissi in “The Spy Factory” ...che la mia intervista avrebbe creato una rottura e un conflitto che avrebbero richiesti anni per essere sanati in seguito al’11/9. Sono comparso in quel documentario. Inoltre ciò che è rivelatore nella conversazione tra l’FBI e Bamford è che ciò che io sapevo non era qualcosa che mi ero inventato dal nulla, ma qualcosa che doveva essere arginato e controllato. Qualcosa che la 9/11 Commission non voleva sentire. Sollevo questo ultimo punto perché qualcuno ha sostenuto che mi sono inventato tutta la conversazione con la persona che mi vietò di inoltrare il documento perché non ho mai detto nulla alla Commissione Governativa o all’Ispettore Generale dei Dipartimento di Giustizia. Procuratevi la mia testimonianza registrata nel 2003 al quartier generale dell’FBI all’Ufficio di Responsabilità Professionale (OPR) che il direttore Mueller ordinò venisse fatta a tutti i dipendenti al rilascio del rapporto dell’Ispettore Generale del Dipartimento di Giustizia. Se ricordo bene, contai 7 registratori audio a nastro Marantz sul tavolo e ho picchiettato con le dita su quello direttamente accanto a me per verificare che fosse acceso.

Riepilogando, si ritiene che una persona (probabilmente quella degli articoli di Stein, Salon e Mayer) abbia mentito sul fatto di essersi recata al quartier generale dell’FBI e di aver passato l’informazione e dobbiamo sapere perché. L’asserzione di questa persona di essere venuta al quartier generale dell’FBI e di aver passato l’informazione, anche se non è noto a chi, e l’assegnazione mia e di Doug alla Alec Station sono sempre stati la scappatoia della CIA per passare il fardello della responsabilità degli attentati dell’11/9 all’FBI. Stranamente la CIA non sottolinea mai la lettera di Pickard o la presunta conversazione tra Tenet e Freeh. Purtroppo secondo l’opinione pubblica l’FBI deve essere incolpata per gli attentati dell’11/9. Questo è in gran parte dvuto alla campagna mediatica della CIA immediatamente successiva all’11/9 in cui spinsero sul concetto che l’FBI “sapeva” e avrebbe dovuto agire.

Nessuno può dubitare che questa palese strategia fu intrapresa dalla CIA: basta leggere su Internet gli articoli dell’epoca. Sembrava che ogni giorno, specialmente sul Washington Post, ci fossero piccoli indizi negli articoli per definire l’immagine della CIA e per screditare al contempo l’FBI. Il morale all’FBI nel 2001 e nel 2002 era pessimo e le proverbiali conversazioni al distributore dell’acqua lo riflettevano. Sapevamo tutti ciò che il direttore Mueller stava facendo, al massimo delle proprie possibilità, per tenere integra l’FBI come organizzazione, e per questo merita molta considerazione. C’erano quasi quotidianamente richieste da parte di politici di smontare l’FBI e creare una versione del MI-5 britannico o altre incarnazioni. Ricordo chiaramente di aver fatto una presentazione a un gruppo civico o di essere stato uno dei relatori a una conferenza e che mi fu chiesto “Perché l’FBI lasciò che accadesse l’11/9?” Una persona mi disse durante una conversazione che “tutti sanno che è colpa dell'FBI” e questo accadde a Madrid, in Spagna, nel 2006. Invece di smantellare l’FBI i politici crearono il Department of Homeland Security (DHS), grazie all‘Homeland Security Act. Il primo paragrafo dell’Homeland Security Act dice che la missione del DHS è di “Proteggere la Patria”. Questo creò immediatamente un conflitto con l’Ordine Esecutivo 12333 di Ronald Reagan riguardante i ruoli e le responsabilità dell’FBI nelle indagini sul terrorismo, ma questo è un altro argomento.

Tornando alla campagna mediatica della CIA per incolpare chiaramente l’FBI, ci si deve chiedere cosa stava davvero succedendo e il perché di questa spinta di Tenet e dell’ufficio stampa della CIA. Non posso non ipotizzare che la CIA avesse paura che la verità venisse fuori. Tenete a mente quanto segue:

1) Nessuno nella mia unità (Alec Station) fu intervistato dalla 9/11 Commission, nemmeno il capo della Alec Station e neanche la persona che mi disse di tacere sulla nota di Doug. Quella persona fu mandata all’estero per un incarico a lungo termine.

2) L’unica persona dell’Alec Station che di fatto fu intervistata dalla 9/11 Commission fu il numero 2 della Alec Station, che era stato assegnato all’FBI. L’intervista fu trasmessa in TV in diretta tenendo questa persona dietro una tenda per nasconderne l’identità. Se questa persona non fosse stata assegnata all’FBI, dubito che l’intervista da parte della 9/11 Commission sarebbe mai avvenuta.

3) Il dirigente esecutivo della Alec Station che si ritiene abbia mentito alla Commissione Governativa sul fatto di essere andato all’edificio dell’FBI e di aver passato l’informazione all’FBI.

4) La lettera di Pickard.

Non posso fare a meno di credere che la CIA temesse che se fosse stato rivelato che la CIA stessa aveva condotto un’operazione di sorveglianza e reclutamento unilaterale sul suolo americano, con il Mabahith saudita, e che questa era fallita, l’intera CIA sarebbe stata abolita e nella “migliore” o (per alcuni) “minore” delle ipotesi alcuni funzionari della CIA molto altolocati sarebbero andati in galera. L’abolizione della CIA avrebbe causato l’equivalente di un terremoto nella struttura governativa americana in patria e a livello internazionale. Il secondo scenario di un impiegato della CIA che venga perseguito è lo spartiacque della rivelazione di tutto da parte di una persona alla quale è stata affidata così tanta segretezza. Forse è meglio proteggerli, tenere intatta la CIA e fare in modo che l’FBI sia il capro espiatorio?

Per aggiungere l’ingiuria al danno, la persona citata negli articoli sopra menzionati (Stein, Salon e Mayer) è stata promossa. Bisogna chiedersi perché… Lealtà? Paura? Forse la descrizione migliore è in un altro articolo di Jane Mayer sul New Yorker che riguarda la protezione dei dipendenti della CIA coinvolti nel rapporto del Senato sulla tortura:

www.newyorker.com/news/news-desk/real-torture-patriots

Potete sostituire Brennan con Tenet e Obama com Bush in questo estratto dell’articolo:

Brennan aveva un unico scopo, che era non “perdere Langley” come dicono a Washington, nel senso che non volevano alienarsi quelli che ancora lavoravano alla CIA. Questo calcolo, che i funzionari della CIA, al contrario dei soldati, ufficiali dei servizi di polizia e degli altri funzionari pubblici che rischiano la vita per servire la nazione, sono troppo fragili per essere criticati e troppo importanti per essere licenziati e troppo patrioti per essere perseguiti, in qualche modo ha imbrigliato l’Amministrazione Obama.


Le “28 pagine” secretate

In ultimo, ci sono le “28 pagine” secretate del Joint Inquiry che riguardano “la presenza saudita negli USA”. Questo rapporto descrive il possibile supporto logistico e finanziario indiretto e i rapporti tra alcuni Sauditi molto in vista (membri della famiglia reale e persone legate ad essa) e i 19 dirottatori, e altri che li aiutavano da vicino. Persone che all’FBI non fu concesso intervistare perché pochi giorni dopo gli attacchi, quando a nessun altro aereo era concesso di volare, un aereo viaggiò per gli USA per raccogliere questi sauditi protetti e per riportarli nel regno. La Principessa Haifa bint Faisal, moglie del Principe Bandar, che al tempo era l’Ambasciatore dell’Arabia Saudita negli USA, staccò assegni per un certo tempo per un totale di circa $130,000 che andarono a un’associzione benefica che inoltrava i soldi a Omar al-Bayoumi, che era un agente saudita che i dirottatori contattarono al loro arrivo per averne “supporto”. Al-Bayoumi aiutò i dirottatori a spostarsi in un appartamento a San Diego, controfirmando l’affitto e anticipando loro dei soldi per pagare le rate. La ragione farsesca per cui al-Bayoumi li aiutò fu che li “aveva incontrati per caso in un ristorante” e “aveva offerto aiuto come un buon musulmano”. Consultate il racconto esteso di Gil Reza del San Diego Reader su al-Bayoumi: http://m.sandiegoreader.com/news/2016/jul/27/cover-omar-al-bayoumi-911-pentagon/?page=3&templates=mobile

Il motivo per cui il rapporto in versione senza censure non è stato reso pubblico (solo una versione con parziali censure è stata pubblicata) è l’ovvio imbarazzo al regime saudita (renderebbe infondati la loro legittimità e il loro controllo dell’Islam. Parte del titolo ufficiale del Re Saudita è “custode dei due Luoghi Sacri”) e le conseguenze negative economiche e politiche che questo avrebbe sugli USA, e i piani strategici a lungo termine del nostro governo per il medio oriente e per l’intero pianeta. Per dirla senza mezzi termini, il rubinetto del petrolio è più importante delle vite americane. I fatti sono tutti lì, ma sono stati volontariamente ignorati. Progettiamo la casa reale di al-Saud, che ha un accordo con gli Wahhabi zeloti, per garantire che arrivi il petrolio. Giusto o sbagliato, questi sono i fatti che fanno abbassare lo sguardo a tutti quando vengono menzionati e fanno loro sperare che tu te ne vada e non interferisca con il loro serbatoio di benzina a buon mercato.

Se e quando le “28 pagine” (la loro versione integrale e completa) verranno pubblicate (e forse questo è il timore e il motivo per cui sono state tenute segrete) genereranno un dibattito sincero e un’investigazione sul perché l’Alec Station trattenne il CIR dell’Agente Speciale dell’FBI Doug Miller e perché mi fu detto di tacere in proposito. Come ho scritto prima, fu per reclutare (o più probabilmente per consentire al Mabahith di farlo per loro o per lasciare campo libero al Mabahith affinché poi riferissero alla CIA) uno dei terroristi dell’11/9 che avevano incontrato in Malesia e/o almeno per sapere cosa stavano facendo; per tenere John O’Neil e l’FBI all’oscuro delle loro azioni, e in ultimo per proteggere i sauditi dall’”imbarazzo”. È davvero così semplice.


Conclusioni, considerazioni, domande:

La CIA effettuò sorveglianza e un tentativo di reclutamento sul suolo americano, e alcune persone hanno mentito a tal proposito.

Il Mabahith saudita (specificatamente Omar al-Bayoumi) effettuò sorveglianza e un tentativo di reclutamento sul suolo americano, la CIA ne era a conoscenza e alcuni dei suoi funzionari ne diedero un “permesso” illegale, e alcune persone hanno mentito in proposito.

C’è un esempio illuminante di un’operazione di reclutamento andata male da parte di un piccolo gruppo di analisti della CIA, che avviarono una propria operazione clandestina di reclutamente utilizzando l’agente speciale dell’FBI in pensione Robert Levinson. Senza autorizzazione, un piccolo gruppo di analisti spedì l’agente speciale in pensione Levinson in Iran per incontrare un americano ricercato per omicidio, David Belfied (noto anche come Dawud Salahuddin), tentare di reclutarlo o verificare se era disposto a tornare negli USA e affrontare un processo per omicidio. Levinson è probabilmente morto o detenuto dal governo iraniano.
http://world.time.com/2013/12/16/american-born-assassin-in-iran-robert-levinson-never-said-he-was-working-for-the-cia/

Alla 9/11 Commission sono state dette menzogne.

Il rapporto Top Secret dell’Ispettore Generale della CIA deve essere pubblicato, perché probabilmente in quel documento viene rivelata l’operazione di reclutamento.

Le “28 Pagine” secretate del rapporto del Joint Inquiry, riguardanti la presenza saudita negli USA prima degli attacchi dell’11/9, devono essere rese pubbliche.

Cosa spinse la CIA a chiedere all’FBI di trovare al-Mihdhar E al-Hazmi a giugno del 2001? Cosa spinse il vice capo della Alec Station a ordinare al personale di iniziare il riesame di tutti i traffici di  cablogrammi a luglio 2001 riguardanti al-Mihdhar e del Summit del Terrore in Malesia?

Se avessimo il coraggio e la capacità di guardare finalmente in faccia la verità sul “Perché” gli attacchi ebbero luogo alla luce di quanto sopra, verrebbe indetta una nuova commissione o un nuovo comitato.

Il petrolio e la politica sono più importanti di quasi 3000 vite perse e di altre migliaia sfregiate emotivamente e fisicamente.


PS: Non dimentichiamo l’uccisione di Muhammed Jamal Khalifa (cognato di bin Laden) in Madagascar nel gennaio del 2007: fu ucciso entro un’ora dal suo arrivo. L’unica cosa rubata fu il suo computer, non i quasi 30.000 $ in contanti che aveva in tasca. Si ritiene che il computer contenesse il suo registro e le identità dei donatori del regno saudita.

Jamal mi mandò un’email poco prima della propria morte, nel gennaio del 2007, per augurarmi buon anno. Eravamo in contatto telefonico dal 2005 quando lo scrittore Lawrence Wright era a Jedda per intervistare Khalifa per il suo libro “Le altissime torri”. Wright aveva parlato di me a Khalifa e loro mi avevano chiamato al mio cellulare della CIA usando il telefonino di Khalifa. Durante la nostra telefonata Khalifa mi chiese di incontrarlo in Arabia Saudita, così mi avrebbe “spiegato tutto”, che non era “una persona cattiva”, e che non era “la persona che tu pensi io sia”. L’FBI richiese il permesso per me e per un altro agente speciale di andare a incontrarlo, ma il permesso fu negato dal governo americano e da quello saudita.

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