2008/03/31

Zerobubbole 17: Le analisi ufficiali dicono che le temperature al WTC erano troppo basse

di Undicisettembre. Ultimo aggiornamento: 2013/09/08. L'articolo si riferisce al contenuto della versione di Zero presentata a ottobre 2007 alla Festa del Cinema di Roma.

Siamo a circa 15 minuti dall'inizio di Zero e procediamo al ritmo non trascurabile di più di una Zerobubbola al minuto. Kevin Ryan (che, ricordiamolo, è un consulente per le acque potabili, non un ingegnere strutturista o un esperto di metallurgia o di incendi) prosegue le sue affermazioni riguardanti i test condotti sui resti delle Torri Gemelle.

KEVIN RYAN: ...but they'd done tests on the few samples they had saved from the fire zones, and those tests proved that the temperatures were very low.

... [Dalla Zerobubbola precedente: E dichiararono non solo che i solai non erano crollati], ma che avevano svolto dei test sui pochi campioni che avevano salvato dalle zone degli incendi e quei test avevano dimostrato che le temperature erano molto basse.

0:15:05. KEVIN RYAN: The temperatures were not hot enough... to soften... to even soften steel. And yet they're coming out with a summary statement that says that's what actually did happen. Floors did collapse and the steel did soften.

Le temperature non erano calde abbastanza... per ammorbidire... neppure per ammorbidire l'acciaio. Eppure se ne vengono fuori con una dichiarazione di sintesi che dice che quello è ciò che è successo realmente. I solai collassarono e l'acciaio si ammorbidì.


Zero non mostra né indica le coordinate o gli enti autori dei rapporti e degli aggiornamenti citati da Kevin Ryan, per cui lo spettatore viene lasciato a brancolare nel buio, senza possibilità di riscontro dell'esattezza delle affermazioni fatte dal video (oltretutto da un non esperto).

Chi ha eseguito questi test? "Il governo", dice vagamente Ryan. Quando? Non si sa. Dove sono pubblicati i risultati? Non si sa. Possiamo sapere cosa dicevano questi test esattamente, senza l'intermediazione di un addetto alle acque potabili? No. È certamente un modo molto particolare di fare e documentare un'indagine. Queste sono dichiarazioni fumose, più simili al pettegolezzo che a un'indagine rigorosa e documentaristica.

Prima di entrare nel merito tecnico delle affermazioni di Kevin Ryan, facciamo una riflessione di buon senso: quello che sta dicendo Ryan è che un imprecisato ente governativo statunitense ha pubblicato dei risultati che contraddicono la versione ufficiale. Ma allora quell'ente governativo non fa parte della grande congiura. Non ha ricevuto l'imbeccata per falsificare i risultati; anzi, con quei risultati ha avuto il coraggio di mettersi apertamente contro la versione ufficiale. Quindi possiamo fidarci di quello che dice, giusto?

Ebbene, l'ente governativo in questione... è il NIST. Non lo sappiamo certo per merito della trasparenza e del rigore documentario di Zero, ma perché l'unico rapporto tecnico che si adatta vagamente alle affermazioni di Ryan è uno dei volumi del rapporto del NIST. E il NIST dice, con la forza di 43 dettagliatissimi volumi di dati tecnici redatti dagli esperti di settore, che le Torri Gemelle sono crollate per la combinazione di impatti e incendi, non per demolizione controllata. Zero, invece, parla con la forza di un pettegolezzo riferito da un addetto alla potabilità dell'acqua. Il confronto appare leggermente sbilanciato.

Fatta questa premessa di ordine logico, passiamo alle questioni tecniche.

Le temperature raggiunte da un incendio d'ufficio


Chiunque si occupi professionalmente di normative di sicurezza o di lotta agli incendi ha già capito che Kevin Ryan sta attribuendo ai rapporti del NIST delle affermazioni totalmente assurde.

Qualunque incendio in ambiente domestico o commerciale raggiunge infatti temperature altissime, sufficienti ad ammorbidire l'acciaio, se questo non è protetto.

Questo è un concetto forse poco intuitivo, ma talmente assodato che esiste addirittura uno standard, l'ISO 834, che definisce le caratteristiche di un tipico incendio in ambiente domestico o d'ufficio. Qualsiasi prodotto che debba conformarsi alle normative antincendio viene valutato in base a questo standard e alla sua curva di temperature rispetto al tempo, mostrata qui accanto.

Come si può vedere dal grafico, le temperature di un comune incendio domestico o d'ufficio arrivano entro pochi minuti a livelli tali da ammorbidire l'acciaio non protetto, che inizia a indebolirsi a circa 400°C e perde circa il 50% della propria resistenza a 600°C. A 980°C ha meno del 10% della resistenza iniziale (dati forniti da Farid Alfawakhiri, ingegnere capo addetto alle norme edilizie dell'American Iron and Steel Institute, in Debunking 9/11 Myths, pag. 39).

Secondo la documentazione di ricerca pubblicata dai Vigili del Fuoco italiani, sono da ritenersi già “critiche” temperature di 500°C per le strutture in acciaio dotate di rivestimenti protettivi. Nelle zone delle Torri Gemelle investite dagli aerei, non c'erano neanche questi rivestimenti, perché erano stati asportati meccanicamente dall'impatto, mettendo a nudo l'acciaio a contatto con le fiamme.

Questo è un fattore importantissimo, come spiega per esempio la rivista ufficiale dell'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari italiana:

L'acciaio è un buon conduttore di calore e con il riscaldamento subisce dilatazioni e deformazioni, che oltre 300 - 350°C riducono gradualmente la resistenza alla rottura, per temperature oltre i 500 - 550°C la resistenza della struttura si riduce ad un valore inferiore a quello ammissibile, con conseguente crollo della struttura in acciaio.

Il crollo può avvenire anche quando la struttura in acciaio viene attaccata dal fuoco non completamente, ma solo in una limitata zona quale una trave o un pilastro; è necessario anche valutare, ai fini della stabilità dell'edificio, i fenomeni di allungamento della struttura legati alle temperature.

Il tempo occorrente per raggiungere la temperatura di 550°C dipende da vari fattori, ma soprattutto dalla superficie e dalla massa della struttura in acciaio investita dal fuoco; il tempo è infatti proporzionale al rapporto tra il peso della struttura e la superficie esposta al fuoco.

Quando sia necessario garantire determinati livelli di resistenza al fuoco le strutture in acciaio devono essere protette con rivestimenti isolanti di tipo, per esempio, intumescente e la protezione deve essere estesa a tutta la superficie della struttura, in quanto un difetto locale di protezione è sufficiente per consentire il riscaldamento di tutta la struttura e quindi provocarne il cedimento.

Queste non sono teorie: sono risultanze pratiche della sperimentazione. La curva dello standard ISO 834 è una generalizzazione, ma i test dimostrano che le temperature indicate dalla curva si verificano sempre. Perché le Torri Gemelle avrebbero dovuto essere un'eccezione, specialmente considerato che vi erano stati riversati dentro circa 32.000 litri di carburante altamente infiammabile?

A proposito di test pratici, ecco qualche esempio che sarebbe stato facilmente reperibile anche per gli autori di Zero:
  • "Un incendio domestico ti può esporre a temperature superiori ai 600°C" (depliant della Country Fire Authority australiana, disponibile anche in italiano).
  • "Sei minuti e 55 secondi dopo che aveva preso fuoco un cestino contenente normali rifiuti d'ufficio, ebbe luogo il flashover e le temperature d'aria vicine al soffitto raggiunsero un picco di almeno 870°C. Circa 90 secondi più tardi, le fiamme riempivano l'intera stanza e alla fine consumarono tutto quanto vi era di combustibile" (test condotto dalla Factory Mutual Engineering and Research (FME&R), citato nel Disaster Recovery Journal, 1999).
  • Il 26 settembre 2001 fu realizzato a Cardington, nel Regno Unito, un test d'incendio straordinario: fu appiccato il fuoco in un edificio di prova in cemento armato, alto sette piani e arredato come un tipico complesso d'uffici. La temperatura di fumo dell'aria raggiunse i 950°C prima di mettere fuori uso gli strumenti di rilevamento (Holistic behaviour of concrete buildings in fire, Professor Colin Bailey, Manchester Centre for Civil and Construction Engineering, in Proceedings of the Institution of Civil Engineers, Structures and Buildings 152, August 2002, Issue 3, pp 199-212).
  • Nel 1985, presso l'Università di Stuttgart-Vaihingen, in Germania, fu condotto un test su un edificio dimostrativo di quattro piani. Il materiale combustibile fu legno. Le temperature di fumo superarono i 1000°C; l'acciaio della struttura arrivò a 650°C.

Si noti che questi sono test nei quali si appicca il fuoco a una zona limitata dell'edificio e non si introducono materiali diversi da quelli del normale arredo. Negli incendi dell'11 settembre 2001 furono invece introdotti appunto 32.000 litri di carburante, che appiccarono il fuoco simultaneamente su un'area vastissima. Non c'è il benché minimo motivo per cui si debbano ipotizzare temperature "molto basse" nelle Torri Gemelle. Pertanto, chiunque sostenga che un incendio di questa vastità abbia avuto temperature molto basse sta dimostrando, nel migliore dei casi, la propria totale incompetenza.

Perché Zero non ha chiesto al vigile del fuoco Louie Cacchioli, intervistato poco prima, se le temperature generate in un incendio d'ufficio sono "molto basse"? Una volta tanto che gli autori di questo video avevano a disposizione un addetto ai lavori, come mai non ne hanno approfittato? Viene da chiedersi se Cacchioli sa che la sua testimonianza è stata infilata in un video che inanella pericolose assurdità in materia d'incendi.

Le origini della teoria del fuoco tiepido


Come mai Kevin Ryan dice che i test svolti sui campioni indicavano temperature molto basse? Per una ragione molto semplice, che possiamo identificare con precisione anche perché Ryan sta semplicemente ripetendo una teoria che circola da anni fra i cospirazionisti undicisettembrini e di cui sono note con precisione le origini.

I test condotti sui campioni di acciaio delle Torri Gemelle provenienti dalle zone colpite dagli incendi sono documentati nel rapporto NIST NCSTAR 1-3, intitolato eloquentemente "Mechanical and Metallurgical Analysis of Structural Steel" ("Analisi meccanica e metallurgica dell'acciaio strutturale"), e negli altri rapporti della serie 1-3. Questi rapporti coprono 236 pezzi d'acciaio delle Torri, per un peso complessivo stimato di circa 500 tonnellate, con buona pace di chi parla di pochi campioni, di acciaio fatto sparire in tutta fretta per impedire le indagini e di analisi limitate e inadeguate. L'elenco completo di questi pezzi è nel rapporto NIST NCSTAR 1-3B, "Steel Inventory and Identification".

Fra questi pezzi, sono particolarmente importanti quelli dei quali il NIST riuscì a individuare la localizzazione esatta nell'edificio grazie alle stampigliature e marcature individuali di ogni componente strutturale delle Torri.

Kevin Ryan e i suoi compagni di teoria hanno letto, in questi rapporti, la frase "limited exposure if any above 250°C", ossia "esposizione limitata o nulla a più di 250°C" (NCSTAR 1-3 sezione E.3.6, pag. xli), e lì si sono fermati, senza capirne né il senso né il contesto, ma convinti di aver trovato una prova a loro favore, perché 250°C non sono sufficienti a causare un ammorbidimento significativo dell'acciaio. Così si sono fissati sul dato che sembrava sostenere le loro teorie di complotto e hanno scartato tutto il resto, secondo un processo che ricorre spesso nella metodologia cospirazionista.

Una lettura meno superficiale e parziale del rapporto rivela invece che quel dato di temperatura si riferisce esclusivamente ai campioni la cui posizione nell'edificio era nota e che avevano sufficienti tracce residue di vernice protettiva o primer (immagine qui accanto): non riguarda gli altri campioni, quelli privi di vernice. Ecco infatti la frase completa:

Risultati analoghi, ossia esposizione limitata o nulla a più di 250°C, furono rilevati per le due colonne del core recuperate dai piani delle torri che erano stati colpiti da incendi e che avevano vernice sufficiente per l'analisi. Si noti che le colonne perimetrali e del core erano in numero molto ridotto e non possono essere considerate rappresentative della maggior parte delle colonne esposte all'incendio nelle torri.

Similar results, i.e., limited exposure if any above 250°C, were found for the two core columns recovered from the fire-affected floors of the towers, which had adequate paint for analysis. Note that the perimeter and core columns were very limited in number and cannot be considered representative of the majority of the columns exposed to fire in the towers.

La vernice protettiva, infatti, è stata usata dal NIST come indicatore approssimativo di temperatura: se non era screpolata, l'acciaio sicuramente non aveva superato i 250°C, mentre se era screpolata o assente, l'acciaio poteva aver raggiunto e superato questa temperatura, come descritto nella sezione 6.6.1 del rapporto NCSTAR1-3.

Va precisato, per completezza, che il rapporto NIST aggiunge che l'analisi microstrutturale dell'acciaio rilevò che nessuno dei campioni che erano stati sicuramente esposti agli incendi aveva raggiunto temperature superiori a 600°C (NCSTAR1-3, pag. 99). Ma sappiamo dai Vigili del Fuoco italiani che per il crollo di una struttura in acciaio bastano 500-550°C.

In altre parole, questi test del NIST definiscono dei limiti massimi, che sono ampiamente sufficienti a consentire un ammorbidimento dell'acciaio che porta la struttura al collasso, ma non dicono nulla di preciso sulle temperature realmente raggiunte nella zona degli incendi, perché si riferiscono soltanto ai campioni di cui è stata individuata la posizione e non alla globalità dell'acciaio investito dai roghi. Una precisazione importante, che però i complottisti hanno evitato di segnalare.

Siamo insomma di fronte a un classico espediente del cospirazionismo: estrarre dal proprio contesto una dichiarazione che sembra avvalorare la propria tesi e presentarla come prova. Ma siamo anche di fronte a un classico paradosso del cospirazionismo: utilizzare come prova i dati forniti da chi viene accusato dai complottisti di falsificare i dati perché fa parte della grande cospirazione.

Acciaio ammorbidito per incendio al WTC: nel 1975


C'è un ultimo esempio pratico assai ben documentato e particolarmente calzante del fatto che gli incendi di edifici adibiti a uffici raggiungono temperature tali da ammorbidire l'acciaio e causare cedimenti strutturali importanti: le Torri Gemelle stesse. Ma non per gli attentati del 2001: per l'incendio del 1975.

Infatti il 14 febbraio 1975 si verificò nella Torre Nord un incendio doloso di grandi dimensioni, che iniziò all'undicesimo piano e si diffuse attraverso aperture nei solai presenti nei vani di servizio e causò danni dal decimo al diciannovesimo piano.

All'undicesimo piano furono danneggiati circa 900 metri quadri, ossia circa il 21% della superficie totale del piano (circa 4000 metri quadri); le riparazioni richiesero settimane. Alcune parti delle travature dei solai (supporti dei solai) si imbarcarono a causa del calore. Furono chiamati 132 pompieri, e poiché l'incendio era così caldo, molti si ustionarono il collo e le orecchie. Il capitano dei pompieri Harold Kull descrisse il lavoro di spegnimento, durato tre ore, dicendo che era "come lottare contro una fiamma ossidrica" (fonte).


Il libro 102 Minutes (102 minuti nell'edizione italiana, edita anche da Piemme) descrive così l'incendio del 1975:

"Peraltro, all'epoca le Torri erano già state aperte al pubblico e piccoli incendi provocati da un piromane nel febbraio del 1975 avevano causato la deformazione di parti di soletta."


Tutto questo avvenne in seguito a un incendio appiccato non da un aereo da 120 tonnellate, impattante a 900 km/h, che riversò circa 32.000 litri di carburante nell'edificio, ma semplicemente ad opera di un diciannovenne, Oswald Adorno, un custode dell'edificio, che innescò l'incendio all'interno di un armadio tecnico dell'impianto telefonico. Fu probabilmente ispirato dal film L'Inferno di Cristallo, nel quale l'incendio parte dal medesimo impianto, secondo quanto riportato dal sito 911 Research.

I complottisti si smentiscono da soli con la torre madrilena


E' dunque chiaro che qualsiasi asserzione di incendi con temperature molto basse e insufficienti ad ammorbidire l'acciaio e indurre il collasso della struttura è una sciocchezza scusabile soltanto con l'incompetenza di chi la fa.

Il colmo dell'ironia è che gli autori di Zero non se ne sono resi conto, ma si sono tirati la zappa sui piedi proprio citando l'incendio della Torre Windsor di Madrid come se fosse un controesempio utile alle loro teorie.

Invece le immagini drammaticamente spettacolari di quel grattacielo che arde come una torcia (immagine qui accanto) in un rogo alimentato esclusivamente dallo scarso contenuto dell'edificio ancora in costruzione, sono infatti la chiarissima dimostrazione di quale violenza e quali temperature si scatenano nell'incendio di un edificio civile. Temperature così alte che ammorbidirono l'acciaio della Torre Windsor fino a farlo collassare. Esattamente quello che secondo gli autori di Zero non può succedere.

E anche in quel caso, come per l'incendio al World Trade Center del 1975, non c'erano 32.000 litri di carburante d'aereo a innescare il rogo.

2008/03/28

Quanti sono i Veri Complottisti italiani? Circa trecento

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Brain_use

In un precedente articolo avevamo suggerito un metodo per valutare la serietà della fede complottista di una persona: chiederle di aprire il portafogli. Perché dire stupidaggini al bar non costa nulla, mentre aderire alle continue richieste di denaro dei guru del complottismo richiede impegno concreto (anche se siamo in stagione di saldi).

Uno spezzone di una presentazione pubblica del video Zero a Roma, non datato ma risalente a prima del 19 febbraio 2008, rivela che i Veri Complottisti italiani, quelli disposti a finanziare Zero, sono meno di trecento. Lo dice Paolo Jormi Bianchi:

E questo film noi lo abbiamo realizzato con una sorta di sistema di azionariato popolare. 200, quasi 300 persone hanno contribuito al... a finanziare questo film, e... quindi c'è anche una... una sorta di coralità popolare dietro a questo lavoro, perché adesso ci sono 300 cittadini come voi che sono proprietari di un pezzetto di questo film.


Considerato che il valore dichiarato (dagli autori, beninteso) di Zero è 500.000 euro, questa frase sembra indicare che in tutta Italia siano meno di trecento le persone che credono così tanto che nessun aereo di linea abbia colpito il Pentagono e che i dirottatori siano ancora vivi a zonzo da scommettere oltre mille euro a testa, come afferma il video di Chiesa e Fracassi.

Il video della presentazione contiene altre affermazioni interessanti. Per esempio, lo stesso Jormi Bianchi dichiara che il libro Zero ha avuto un grande successo e che ad aprile verrà pubblicato allegandovi il video:

Zero è anche un libro, un libro curato da Giulietto Chiesa e Roberto Vignoli, che è già uscito, ha già avuto un grandissimo successo, siamo a circa 30.000 copie, ecco, correggimi se sbaglio. 30.000 copie... e questo libro ri-esce, una seconda edizione adesso, a metà aprile se non sbaglio, con allegato il DVD del film.


Non abbiamo riscontri indipendenti di questi dati di vendita, e va detto che l'uscita in DVD è stata già promessa e poi annullata più volte, ma diamoli per buoni. 30.000 copie significa che grosso modo una persona ogni duemila, in Italia, crede al cospirazionismo undicisettembrino così fermamente da pagare 17 euro e 50. Non si può certo parlare di seguito oceanico.

Un altro aspetto interessante delle dichiarazioni di Jormi Bianchi è sembrano indicare che forse anche Piemme, l'editore di Zero, fa parte della grande cospirazione. Ecco cosa racconta Jormi:

L'uscita del libro Zero in libreria è stata accompagnata da un evento piuttosto singolare, diciamo raro, se non esclusivo, nell'... nell'editoria. Praticamente... l'editore, mentre era in preparazione il libro, Giulietto ci stava lavorando insieme a Roberto Vignoli, senza dire niente né a lui né a Roberto né agli altri autori, ha fatto preparare parallelamente un altro libro che si intitola “La Cospirazione Impossibile”, che è uscito a sorpresa per tutti gli autori di Zero contemporaneamente al libro ed è stato messo dall'editore sugli scaffali di tutte le librerie accanto al nostro. Come se per poter pubblicare... tutte le analisi di persone assolutamente di rispetto e di livello... contenute nel nostro libro fosse assolutamente necessario, per lavarsi la coscienza, pubblicare anche un libro che dicesse tutto l'opposto.


Per dovere di cronaca, io e tutti gli autori de La Cospirazione Impossibile, e ancor prima il curatore del libro, Massimo Polidoro, eravamo invece al corrente del progetto letterario di Chiesa almeno da novembre 2006, quasi un anno prima della pubblicazione, anche se l'editore non ce ne anticipò i contenuti, tanto che dovemmo aspettare l'uscita in libreria per leggerli. Le parole di Jormi Bianchi sembrano accusare Piemme di favoritismo nei nostri confronti. O forse è soltanto un lapsus sintomatico di una certa mania di persecuzione, inevitabile sottoprodotto di una forma mentis che vede complotti dappertutto.

Per finire, una frase rivelatrice di Jormi Bianchi sulle motivazioni che hanno portato alla realizzazione di Zero:

Questo film è stato realizzato dall'associazione Megachip e soprattutto dalla Telemaco, una società di un giovane produttore romano, Thomas Torelli, che si è unito a Megachip di Giulietto Chiesa, questa associazione, per realizzare un prodotto sul tema 11 settembre che andasse al cinema.

Si noti l'uso della parola "prodotto".

2008/03/26

NIST Confirms "UPS" on 81st Floor of WTC2 Was Power Supply; May Explain Glowing "Fountain"

by Paolo Attivissimo, based on research by Enrico Manieri (Henry62). This article has been updated after its initial publication.

ABSTRACT: A remarkable glowing fountain of material (shown here) which flowed from the 80th-81st floors of the South Tower shortly before the building's collapse has long intrigued 9/11 researchers and inspired many conspiracy theories. In 2006, researcher Enrico Manieri suggested that this fountain might have been caused by the catastrophic shorting and meltdown of a large UPS (Uninterruptible Power Supply) battery backup system installed by a tenant. NIST has now confirmed that such a UPS was indeed located on the 81st floor, providing strong backing to Manieri's suggestion. Accordingly, conspiracy theories involving thermite and similar incendiary compounds are not the explanation that best fits the known facts.

Background: The Glowing Fountain


Apparently incandescent material was seen to flow and splash out from a window on the 80th floor of the South Tower (WTC2) around 9:52 AM, a few minutes before the tower's disastrous collapse at 9:59 AM. The flow was located on the north face of WTC2, near the east edge.

This event was essentially unique: no other similar conspicuous flows were observed anywhere else in the Twin Towers or in other buildings affected by the 9/11 attacks. NIST did report (NCSTAR1-5A, Chapter 9, Section 9.3, page 331) a six-second "shiny silver string" of "liquid pouring intermittently" from a window on the 78th floor of WTC2.

The material "looked as if it was glowing", but as shown by the picture on the right (Figure 9-32 of the same NIST report), this was an extremely modest phenomenon, exhibiting none of the conspicuous yellow-red glow and splashing, fountain-like behavior of the event on the 80th floor.

Some alternative theories regarding the 9/11 attacks consider this more conspicuous fountain as evidence of intentional demolition of the Twin Towers, performed by using thermite or similar compounds to melt and cut through the columns. The glowing fountain, according to these theories, would be an effect of this melting process. However, such theories fail to explain why no other fountains were seen anywhere else.

These theories also overlook a very important fact: the glowing fountain was located where the debris of Flight UA175 exited from the building (an engine, a landing gear and a fuselage section were found). This might not be coincidental.

The large fountain on the 80th floor of WTC2 is discussed in the FEMA report and in NIST's NCSTAR1-5A report, Chapter 9, on pages 374-387. NIST notes that the flow began intermittently at 9:53:51. At 9:57:32 the flow "increased dramatically" and remained "nearly continuous until the tower collapsed". Moreover, NIST notes that the amount of falling material was "large"; in other words, this was a substantial phenomenon.

Here are some photographs of the glowing fountain, taken from the NIST report.







And here is a video of the fountain, from Youtube:




UPS vs UPS?


NIST speculates, in the chapter cited above and in its 2006 FAQ, that the fountain "could have been molten aluminum" from the Boeing 757 aircraft, which is largely made of alloys of this metal whose melting points are well below steel's. The molten metal might have pooled within the building and then, as the floor trusses of the 81st and 80th floors failed and tilted, found a path to flow outward.

However, in 2006 some rather unusual clues found by Enrico Manieri suggested an alternative explanation. NIST's NCSTAR1-1 report, which discusses structural alterations to the Twin Towers made by their tenants, shows that the part of the building where the glowing fountain occurred had been altered: specifically, the so-called "two-way trusses" (the trusses that span the corner area of each floor of the building) had been reinforced on the 81st floor in 1991 "in area occupied by United Parcel Service" (NCSTAR1-1, page 136, shown on the right).

The same alteration is mentioned in the NCSTAR1-1C report, on page xlviii, but with a slightly different wording which will turn out to be very significant: instead of referencing "United Parcel Service", it uses only the acronym ("UPS"), as seen here on the right.

The same acronym turns up in this NIST report (NCSTAR1-1C) on page 116, again in relation to alterations made by tenants to reinforce structural members: remarkably, it appears in the only two reported reinforcement alterations made to WTC2, as shown below.



Curiously, the floor is the same (the 81st), the trusses are the same "two-way" ones, but the year is given as 1999, not 1991, and the tenant is Fuji Bank. Note that as mentioned, these are the only reinforcement alterations to WTC2 reported by NIST. There is no mention of United Parcel Service being a tenant that made reinforcement alterations to the 81st floor.

Moreover, the "UPS" referenced here does not stand for United Parcel Service, but for Uninterruptible Power Supply. This is the name given to battery-based systems which must ensure the continuous supply of electric power for computer rooms and electrical medical devices which cannot tolerate the slightest power outage. A bank, such as Fuji Bank, would certainly have an uninterruptible power supply for its computer systems.

These power supplies are extremely heavy: basically, they are massive racks of lead batteries, which would undoubtedly warrant truss reinforcement. An example, not taken from the World Trade Center, is shown here on the right. It is instead quite unlikely that Fuji Bank would perform very expensive truss reinforcement work to accommodate a United Parcel Service workspace.

There's more. In the NIST reports there is no mention of United Parcel Service ever being a tenant on the 81st floor of WTC2 at all, regardless of any alteration work. And NCSTAR1-1H provides a list of all tenant alterations (including non-reinforcement work, such as installing an escalator) to WTC2. In this list, shown below, Fuji Bank is given as a tenant of the 80th and 81st floors in 1990. Its locations are the northeast and southwest parts of the floor (the northeast part is where the plane exited). There is no mention of United Parcel Service.



Taken literally, these items of information would suggest a rather bizarre scenario, in which the 80th and 81st floors of WTC2 were occupied by Fuji Bank in 1990, then by UPS (United Parcel Service) in 1991, when the company performed expensive truss reinforcement work, and then by Fuji Bank again in 1999, when Fuji Bank, too, performed further expensive truss reinforcement work, to accommodate a system known confusingly enough as UPS (uninterruptible power supply).

A perhaps more plausible scenario is that the single mention of United Parcel Service in the NIST report is simply a typo. Someone read "UPS" and typed in "United Parcel Service", a more familiar concept than "Uninterruptible Power Supply". After all, the wording is exactly the same on page 136 of NCSTAR1-1 and on page xlviii of NCSTAR1-1C, except for "UPS" being expanded to "United Parcel Service". If so, Fuji Bank would simply have been a tenant on the 80th and 81st floors since at least 1990 and would have reinforced the trusses to place a massive battery-backup system in 1999.

Why is all this important? Because if there was an uninterruptible power supply on the 80th or 81st floor, in the northeast corner, the impact of the aircraft and the collapse of the floors above, with their conducting metal parts, would have caused countless short-circuits of the batteries, providing currents of tens of thousands of amps (as calculated in this article), which can produce unimaginable thermal effects. In addition to this, abundant hydrogen, which is highly flammable, is generated during the shorting of a UPS system (it is also generated during normal operation, hence the need for special ventilation, firefighting equipment, and restricted access), and it is well-known that batteries are prone to explode in case of fire (hence the warning printed even on small AA batteries).

This inferno would have easily melted the lead of the batteries, whose melting point is even lower than aluminum's and is well within the temperature range of a building fire and far lower than the melting point of steel. This would have allowed the molten metal to flow without damaging the steel columns, which is what the visual evidence shows.

In other words, the catastrophic shorting and meltdown of a UPS system would provide a very plausible and simple explanation for the glowing fountain.


NIST's confirmation


Henry62 contacted NIST to suggest this second scenario. On March 17, 2008, he received the following e-mail from Michael E. Newman, spokesman for the NIST WTC Investigation (bold added; link in e-mail is now obsolete and refers to this document):

Enrico,

modifications were made in 1991 to reinforce the 81st floor of WTC 2 in an area occupied by the United Parcel Service.

Modifications were made in 1999 to floor 81 in an area of the floor occupied by Fuji Bank to accommodate the weight of an uninterruptible power supply.

Both of these modifications are documented in the section of the NIST WTC Investigation Report known as NCSTAR 1-1C (go to http://wtc.nist.gov/NISTNCSTAR1-1C.pdf).

What is perhaps confusing is that both modifications were made to areas where there are two-way trusses (the corners of the building) and the acronyms (UPS for "United Parcel Service" and "uninterruptible power supply") are the same.

However, these modifications were made eight years apart for two different tenants, so there is no link between them.

I hope this answers your question.

Thank you,

Michael Newman Spokesman, NIST WTC Investigation

NIST, therefore, confirms that an Uninterruptible Power Supply system was located on the 81st floor of the South Tower, where the glowing fountain was observed. In other words, there is a clear explanation for this phenomenon which does not require the involvement of thermite or other unlikely conspiratorial technologies.

As regards NIST's statement that United Parcel Service was indeed a tenant of the 81st floor, we are awaiting a clarification from the company.

2008/03/25

Recensione: The Conspiracy Files della BBC

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

A inizio 2007 la BBC ha trasmesso una serie di documentari dedicati alle grandi tesi di complotto, intitolata The Conspiracy Files. Una delle puntate, quella trasmessa il 18 febbraio 2007, ha affrontato nell'arco di un'ora le asserzioni cospirazioniste riguardanti gli attentati dell'11 settembre. Questo articolo ne offre una sintesi e alcune immagini significative.

Dopo il teaser, il programma inizia presentando le immagini dell'enorme Hangar 17 dell'aeroporto JFK, dove sono conservati migliaia di rottami, grandi e piccoli, delle Torri Gemelle. Una risposta chiara a tutti coloro che sostengono che l'acciaio delle Torri è stato fatto sparire in tutta fretta per nascondere chissà cosa.




5:00. Due interviste a complottisti: James Fetzer (di professione filosofo, dunque non uno specialista) e Dylan Avery (uno dei giovanissimi autori di Loose Change, che mostra il computer sul quale ha realizzato il video); la BBC parla dell'annunciata uscita al cinema della nuova edizione di Loose Change, che non si avvererà.

8:00. Viene ricostruita, con l'audio originale, la prima fase degli attacchi, segnalando che ci vollero nove minuti per il lancio dei caccia dopo che fu ricevuto l'allarme e che decollarono senza sapere dove andare.

10:00. Intervista a Davin Coburn di Popular Mechanics. Si sottolinea che era dal 1979 che non avvenivano dirottamenti di aerei di linea negli Stati Uniti e questo può aver contribuito all'impreparazione e alla lentezza degli interventi. I caccia arrivarono alle Torri 22 minuti dopo il secondo impatto. Vi fu inoltre la profonda differenza di tecnica rispetto a ogni dirottamento classico: invece di un dirottamento mirato a un negoziato, un'azione suicida in cui i dirottatori stessi pilotano i velivoli.

Le Torri Gemelle e il WTC7


11.00 Una ripresa nitidissima del secondo impatto alle Torri Gemelle permette di riconoscere la livrea bicolore della United Airlines. La BBC sottolinea che sia i militari, sia i civili del controllo del traffico aereo furono imprecisi e reticenti nel fornire la reale cronologia delle loro reazioni (fatto appurato dalla Commissione 11/9). Viene spiegata la situazione delle intercettazioni pre-11/9: pattugliamento e sorveglianza perimetrale degli USA, non del territorio interno, perché si presumeva che le minacce sarebbero arrivate dall'esterno.

12:30. Una ripresa ravvicinata dell'inizio del collasso della Torre Sud. Varie immagini di alta qualità dei crolli di entrambe le torri. Si notano chiaramente le "guglie" delle colonne centrali delle torri.

13.30. Ricostruzione animata digitale degli impatti alle Torri. Altre immagini dell'Hangar 17, con il famoso "meteorite" (un blocco spesso circa un metro, che i complottisti dicono essere metallo fuso ma in realtà è cemento e macerie compresse che un tempo costituivano tre piani del WTC). Si vedono chiaramente pezzetti di carta inglobati nel blocco. Come avrebbero potuto sopravvivere dei pezzi di carta nel metallo fuso? Davin Coburn spiega gli "squib" (gli sbuffi di polvere e macerie che fuoriescono dalle torri). Dylan risponde che Popular Mechanics s'intende di trattori e non ha la competenza per fare indagini sull'11/9. Da che pulpito.

14.30. Si passa all'Edificio 7 del World Trade Center. Varie riprese del suo crollo. Si fa notare che l'edificio era stato evacuato: segno che si temeva un crollo e che quindi non crollò affatto improvvisamente senza preavviso. Confronti con demolizioni controllate autentiche e presentazione di un filmato di buona qualità del crollo del WTC7, compresa la fase iniziale che i complottisti non mostrano. Immagini degli incendi al WTC7, alimentati dal carburante nei serbatoi dei generatori d'emergenza. Parla il pompiere Miller, che quel giorno fece notare che non c'era acqua per spegnere gli incendi: le condotte erano state interrotte dai crolli delle Torri Gemelle. Si nota che il rapporto tecnico preliminare parla di "bassa probabilità" della dinamica del crollo del WTC7 e che quello definitivo è ancora da pubblicare.

18:00. Intervista a James Fetzer (nella foto), che accenna al proprio passato militare (è curioso che vari complottisti siano stati militari ma che accusino gli altri militari di essere cospiratori). Un montaggio leggermente ingannevole da parte della BBC: le immagini delle telecamere di sorveglianza che registrano i dirottatori all'imbarco sono riferite a Portland, ma la speaker parla di Dulles. E' questa l'origine dell'accusa di manipolazione fatta da Franco Cardini al Costanzo Show e da Moni Ovadia in Zero? In tal caso, sarebbe un errore in un documentario, non negli atti ufficiali.

Il Pentagono


19:00. Si passa all'impatto al Pentagono. Le immagini mostrano l'eliporto disseminato di rottami e il taxi di Lloyd England colpito da uno dei lampioni abbattuti dall'aereo. Discussione del foro d'impatto. A 20:00, Fetzer dice categoricamente che nessun Boeing 757 colpì il Pentagono.

21:00. Risponde Allyn Kilsheimer, ingegnere strutturista (nella foto), uno dei soccorritori al Pentagono. Immagini dei rottami al Pentagono. Kilsheimer dice di aver visto uno pneumatico, un cerchione, una sezione di fusoliera, metallo fuso proveniente dall'aereo, segni nel terreno e nell'edificio, segni delle ali.

22:00. Discussione dei due "filmati" (fotogrammi di videolento) finora desegretati dell'impatto al Pentagono. La voce narrante dice che l'FBI rifiuta di confermare se ha o meno altre prove video ("They refuse to confirm whether they hold further video evidence").

23:00. La ricostruzione Purdue dell'impatto. Si fa notare che l'aereo in sé viene sminuzzato dall'impatto progressivo con la selva di colonne interne, ma la sua massa rimane invariata ed è il carburante (non ancora incendiato) a contribuire notevolmente allo sfondamento.

24:30. Il C-130 che osservò l'impatto al Pentagono. Fetzer teorizza che fosse l'aereo utilizzato per radiocomandare l'aereo che colpì l'edificio. Intervista al tenente colonnello Steve O'Brien, della Guardia Nazionale del Minnesota (nella foto), che pilotava quel C-130. Fetzer accusa O'Brien di mentire.

27:00. Una conferenza di Alex Jones a Dallas, con ovazioni del pubblico e gestualità e retorica da arruffapopolo. Intervista a Jones. Immagini dell'attacco statunitense all'Iraq e dei discorsi "mission accomplished" di Bush. Dylan Avery paventa l'invasione dell'Iran.




Il Volo 93


30:00. Si passa al Volo 93. Immagini del cratere e dei soccorsi. Analisi delle asserzioni secondo le quali Indian Lake (dove sono stati trovati rottami d'aereo) sarebbe sita a quasi 7 miglia dal cratere. La realtà è che questo è il dato che emerge usando i servizi Internet di navigazione, che danno la distanza stradale; la BBC conferma questa distanza con una prova pratica. Ma la distanza in linea d'aria è ben diversa, perché la strada gira tutt'intorno al lago Indian. In linea d'aria si tratta di poco più di un miglio. E l'11 settembre, il vento soffiava in quella direzione.




33:00. Brenda Wasson, testimone a Indian Lake, racconta dei frammenti che fluttuavano nell'aria e ne mostra un campione (nelle immagini qui sotto): un oggetto piccolo, simile a un brandello di tessuto. Dice che non c'erano oggetti più grandi di questo. Barry Lichty, sindaco di Indian Lake, conferma: nessun pezzo di motore o simile, checché ne dicano i complottisti. Fetzer nega la presenza di un aereo a Shanksville.





35:00. Intervista a Wallace Miller, il coroner della zona (immagine qui sotto), di cui i complottisti citano spesso la frase "I stopped being coroner after about 20 minutes, because there were no bodies there" ("Ho smesso di essere un coroner dopo circa 20 minuti, perché non c'erano cadaveri"). Miller chiarisce che smise di essere coroner (medico legale) perché la causa e la modalità di morte erano assolutamente evidenti, e che la frase è citata incompleta (nella frase completa, precisa che trovò eccome parti di cadavere). Dylan Avery glissa intanto che si tormenta nervosamente la pelle di un braccio. Vengono mostrate foto dei rottami del Volo 93.



37:00 Fetzer e Avery sostengono che il Volo 93 è atterrato altrove e che i passeggeri sono stati fatti sparire in qualche modo a Cleveland: c'è una notizia che lo conferma. In realtà il volo era il Delta 1989, fatto atterrare perché nella confusione dell'11/9 si sospettava avesse una bomba a bordo o fosse stato anch'esso dirottato.

La BBC intervista uno dei passeggeri di quel volo, Mary McFadden (nella foto). Le ragioni dell'equivoco diventano chiare: stessa destinazione e stesso corridoio aereo del Volo 93. Quando il Volo 93 sparì dai radar e cambiò direzione, i controllori di volo pensarono che Delta 1989 fosse il Volo 93 dirottato. Vengono fatte sentire le registrazioni delle comunicazioni dei controllori. Viene presentato uno spezzone della conferenza stampa in cui il sindaco di Cleveland annuncia che c'è un 767 (non un 757) fermo in un'area isolata dell'aeroporto e si teme vi siano dirottatori a bordo, seguito da un altro spezzone in cui i reporter smentiscono successivamente questo timore.

I 4000 ebrei assenti


40:00. Si affronta la teoria, circolata sin da subito, che la mattina degli attacchi 4000 ebrei non si presentarono al lavoro al World Trade Center. Intervista a Cheryl Shames, sorella di Andrew Zucker, ebreo, che lavorava al WTC come avvocato e perì negli attacchi. La BBC spiega che poche ore dopo gli attacchi, il giornale Jerusalem Post riferì che si riteneva che circa 4000 israeliani (non "ebrei", ma "israeliani") vivessero o lavorassero a New York e a Washington. Il giornale non disse che erano morti o dispersi: erano semplicemente persone che potevano essere nelle vicinanze degli attacchi.

Nel giro di pochi giorni, la storia fu ripresa a Beirut, da Al-Manar, un'emittente satellitare affiliata a Hezbollah, che la cambiò dicendo che 4000 israeliani che lavoravano nel WTC erano assenti il giorno degli attacchi. La notizia alterata si diffuse nei paesi arabi anche tramite il passaparola dei siti antisemiti, modificandosi ancora: i 4000 israeliani divennero 4000 ebrei che avevano ricevuto una soffiata dal Mossad. Secondo le ricerche della BBC, almeno 119 ebrei morirono al WTC; altre 72 vittime erano probabilmente ebree.

Psicologia del cospirazionismo e X-Files


44:00. Intervista a Frank Spotnitz, uno degli autori di X-Files, che spiega la popolarità dei cospirazionismi: sono miti moderni, laici, pensati (come i miti antichi) per dare senso al caos del mondo e per gratificare coloro che hanno certe ideologie. Spotnitz stesso è oggetto di una teoria cospirazionista, perché prima dell'11/9 scrisse una puntata del telefilm Lone Gunmen, una derivazione di X-Files, che raccontava il dirottamento segreto da parte del governo di un aereo di linea, partito da Boston e lanciato contro le Torri Gemelle. Lo scopo del piano segreto era incolpare un dittatore straniero e avere un pretesto per una guerra in Medio Oriente, in modo da permettere all'industria militare statunitense di fare grandi profitti. La teoria cospirazionista è che il telefilm fosse un avvertimento in codice o intendesse preparare psicologicamente il popolo americano.

47:00. Di nuovo Alex Jones in uno dei suoi show radiofonici. Riferimenti ad altri episodi storici in cui il governo USA ha mentito: il caso Watergate, il caso Iran-Contra, il caso Lewinsky, l'accusa all'Iraq di possedere armi di distruzione di massa. Spotnitz parla del cinismo alimentato da questi casi, che predispone al cospirazionismo.

Zone grigie


50:00. C'è un caso, dice la BBC, in cui le prove sono a sfavore della ricostruzione ufficiale: l'asserita mancanza di avvertimenti specifici degli attacchi. Si parla dell'arrivo negli USA di due dei dirottatori, Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, che erano noti alle autorità come membri di al Qaeda ma sfuggirono comunque ai controlli d'immigrazione perché non erano stati aggiunti alla lista dei sospettati di terrorismo. Vissero negli Stati Uniti, a San Diego, usando i loro veri nomi. Un messaggio della CIA segnalò che uno di loro era entrato negli Stati Uniti, ma la segnalazione non fu passata all'FBI. Gli agenti sul posto non sapevano che un terrorista era nella loro città. Viene intervistato Bill Gore, ex agente speciale dell'FBI a San Diego. Vengono mostrati gli appartamenti dove risiedevano i terroristi.

In seguito affittarono un appartamento da una persona che lavorava anche come informatore dell'FBI, ma l'informatore non era al corrente di chi fossero. Uno dei terroristi era addirittura citato nell'elenco telefonico di San Diego con il proprio nome autentico (nell'immagine). Ma nessuno mise insieme questi indizi, resi inevitabilmente più chiari dal senno di poi.

Nel frattempo arrivavano all'FBI segnalazioni di un possibile piano di al Qaeda per compiere un attacco. Parla Dale Watson, capo dell'antiterrorismo dell'FBI fino al 2002: dice che le informazioni indicavano chiaramente un attacco, ma non davano nulla di specifico. 17 giorni prima dell'11 settembre, qualcuno collegò i puntini e finalmente la CIA avvisò l'FBI. Ma nel frattempo i due terroristi si erano trasferiti altrove e avevano fatto perdere le proprie tracce. Non fu mancanza di intelligence, ma di azione basata sull'intelligence.

Intervista a Mike Scheuer, capo dell'Unità Osama bin Laden della CIA fino al 1999, che accusa l'FBI di incompetenza. Se si può parlare di complotto, dice Scheuer, fu per evitare di correre rischi e causare imbarazzi, non certo per consentire un attacco agli USA.

55:00. Intervista al senatore Bob Graham, membro dell'inchiesta del Congresso sull'11/9. Parla di troppi segreti ancora tenuti e non rivelati al pubblico, che minano la fiducia nel governo e nelle agenzie preposte alla sicurezza nazionale. Questa reticenza, dice Graham, arriva fino ai massimi livelli: la Casa Bianca. Graham riferisce specificamente che chiese a Condoleezza Rice di cooperare, e che la Rice rispose evasivamente: non accadde nulla. Dice che vi fu più di una persona che cospirò per nascondere l'entità del fallimento e degli errori dell'amministrazione e delle sue agenzie.

57:00. Interviste finali a Jones e Spotnitz: nessuna affermazione di particolare rilievo.

2008/03/22

La Cospirazione Impossibile alla radio

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Andrea Occhi per la trascrizione.

L'11 e 12 marzo scorsi, l'emittente bolognese Radio Città Fujiko ha dedicato due spazi d'intervista al libro di debunking "11/9 La Cospirazione Impossibile", a cura di Massimo Polidoro. La registrazione dell'intervista è disponibile in formato MP3 in due blocchi (primo e secondo). Qui sotto viene pubblicata la trascrizione a titolo di documentazione e per chiarire alcune frasi erroneamente citate da alcuni commentatori.


ANIMATORE: ...Vi abbiamo già anticipato in apertura del programma di oggi che l'argomento oggi è abbastanza delicato, soprattutto perché è un dibattito che non si ferma mai, sempre piuttosto dinamico e vivace. A ottobre, qualcuno si ricorderà, avevamo ascoltato le parole di Giulietto Chiesa, che era stato l'autore di un libro, precisamente il curatore di un libro che si intitolava “Zero”, edito dalla casa editrice Piemme. Dovete sapere che la Piemme ha pubblicato, proprio qualche tempo dopo, un altro volume, diciamo così, a cui hanno lavorato diversi autori, nel quale invece, a proposito dell'undici settembre, si sostiene la teoria esattamente opposta.

Cioè, facciamo un attimo d'ordine: Giulietto Chiesa era comunque fra quelli che sostenevano la tesi dell'inside job, come viene detto in inglese, insomma dell'intervento, comunque, di un qualche ruolo ancora tuttora misterioso dell'amministrazione americana e del governo Bush nei fatti dell'undici settembre, quindi le cosiddette teorie del complotto. Sapete che ci sono tanti elementi che ancora non tornano a proposito dei fatti, appunto, di quel giorno, anche perché, pensate, che a sei anni di distanza da quegli eventi, un sondaggio della Scripps News Service, dell'università dell'Ohio, rivela che un americano su tre al momento è convinto che dietro agli attentati ci sia, in un modo o nell'altro, il governo americano. Quindi un dato sicuramente da cui partire per andare un po' più a fondo.

Vi dicevo, qualche mese dopo, sempre la stessa casa editrice, la Piemme, ha pubblicato un altro volume, che è curato da Massimo Polidoro, si intitola “Undici Settembre, la cospirazione impossibile” e qui, caro Mingo, gli autori sostengono un po' l'esatto opposto, cioè sono contro gli elementi forniti dai complottisti, da quelli che sostengono la teoria del complotto e quindi cercano come loro obiettivo di smontare tutte le principali osservazioni, ecco, che vengono avanzate per parlare del coinvolgimento del governo americano in questi fatti, quelli dell'undici settembre. In particolare, tanti autori, fra questi Piergiorgio Odifreddi, Umberto Eco e, appunto, Paolo Attivissimo, che è proprio il co-curatore, il coautore di questo libro che abbiamo voluto ascoltare a proposito dei fatti dell'undici settembre. Ascoltiamo allora questo botta e risposta, questa conversazione che il nostro Francesco Giovannetti ha realizzato proprio con Paolo Attivissimo a proposito delle teorie del complotto.


F.G. Innanzi tutto diamo il benvenuto a Paolo Attivissimo su Radio città Fujiko.


P.A. Buongiorno.


F.G. Paolo, tu sei un giornalista informatico e un consulente per Rai, Mediaset e RTSI. Da anni curi un blog: www.disinformatico.info, su cui tenti di smascherare le piccole e grandi bufale informatiche che ogni giorno circolano sulla rete e che molto spesso i media riprendono e pubblicano come notizie. Vieni per questo definito uno studioso di disinformazione nei media. Recentemente è uscito il libro “11/9, la cospirazione impossibile”, a cura di Massimo Polidoro e edito dalla Piemme. Nel libro si parla delle teorie alternative alle versioni ufficiali delle vicende di quella tragica giornata e di come queste teorie, spesso molto affascinanti, non reggono ad una analisi oggettiva dei fatti. Il libro è scritto a più mani, raccoglie contributi di diversi esperti e di intellettuali autorevoli, tra cui pure i tuoi. Quante sono le teorie alternative che circolano sui fatti dell'11/9 e quali sono le principali?


P.A. Mah, dozzine. Ne nasce una nuova ogni giorno. Le teorie principali sono che, per esempio, le torri gemelle non siano crollate perché colpite da 120 tonnellate di aeroplano, incendiate da 38.000 litri di carburante e quindi siano venute giù spontaneamente, per necessità fisica, ma sia stato necessario aggiungerci, come dire... dare un aiutino, se posso essere irriverente, quindi metterci dell'esplosivo o delle sostanze che ne facessero crollare i supporti. Questa è una delle più... più diffuse.

Un'altra popolarissima da anni è quella secondo la quale al Pentagono non si sarebbe schiantato nessun aereo di linea ma, a seconda di chi la sostiene, potrebbe essere stato, che so, un missile, un aereo militare o addirittura un camion, che stranamente è stato scambiato da una cinquantina di testimoni oculari per un aereo di linea che volava.


F.G. Ecco, hai fatto qualche esempio. Cosa hai scoperto che non andava in queste argomentazioni?


P.A. È molto facile. Se uno osserva queste cose con un minimo di freddezza può capire che non stanno in piedi. Ad esempio, una teoria molto popolare a proposito dell'impatto al Pentagono è che il foro prodotto dall'aereo sia troppo piccolo rispetto alle dimensioni di un aereo di linea. Però uno si... dovrebbe chiedersi, ma, se c'è una terribile cospirazione per far finta che un aereo sia caduto lì quando in realtà è stato colpito da qualcos'altro, non sarebbe stupido fare un buco troppo piccolo per un aeroplano?

E basandosi su queste semplici argomentazioni di buon senso ci si rende conto che le teorie cospirazioniste sono affascinanti, ma non stanno assolutamente in piedi. Per esempio, nel caso delle Torri Gemelle si parla spesso di demolizioni controllate piazzando dell'esplosivo. Ma come si fa a piazzare dell'esplosivo lungo 110 piani di un edificio occupato continuamente da persone su tutti i suoi livelli senza che si vedano in giro, che so, cavi, detonatori, oggetti... masse di esplosivo applicate alle colonne portanti? Qualcuno se ne sarebbe dovuto accorgere. Queste sono le cose che le teorie alternative non riescono a spiegare. Appena si comincia a chiedere una definizione più precisa della dinamica degli eventi, cadono in contraddizione.

Andando a scavare in queste cose, poi, sono saltati fuori degli aspetti tecnicamente molto interessanti, a volte anche tragici, ma non ci sono state conferme delle teorie alternative che le supportavano, anzi piuttosto ci siamo scontrati con molto disappunto con una spiccata tendenza a falsificare le prove. Abbiamo trovato persone che sostenevano queste teorie e che pubblicavano ricerche apparentemente serie, autorevoli, prestigiose e poi basate su fotografie false. Per cui, per esempio il bagliore che veniva dalle macerie, che sembrava essere la prova di presenza di materiale incandescente molto sospetto, in realtà poi saltava fuori essere il fascio di luce emesso dalle torce dei soccorritori.

Quindi è molto facile, alla fine, darsi da fare e scoprire che dietro queste affermazioni stanno molto spesso delle persone che non solo non hanno competenze, ma usano anche la malizia e la disinformazione.


F.G. Nella copertina di "Cospirazione impossibile" si legge che un evento così drammatico e rilevante come l'undici settembre impone una ricerca appassionata, rigorosa e razionale della verità, e che utilizzare il metodo scientifico, invece che parodie della scienza, sia la strada da percorrere. Parlaci quindi di questo metodo: di cosa si tratta e come si applica.


P.A. Beh, molto semplicemente: la prima cosa da fare è andare alla radice delle informazioni, quindi non basarsi sulle dichiarazioni riportate di terza mano, ma andare a sentire direttamente i testimoni, procurarsi tutto il materiale originale. Andiamo a vedere quali sono i documenti tecnici, andiamo a leggere la letteratura tecnica prodotta dagli architetti e dagli ingegneri civili di tutto il mondo per vedere se loro hanno dei sospetti riguardo, per esempio, il crollo delle Torri Gemelle. Andiamo a sentire gli esperti di aeronautica per sapere come si decifrano i dati di una scatola nera e vediamo di applicare queste conoscenze ai dati pubblicati dal governo, perché il governo americano in alcuni aspetti è stato molto trasparente. Noi abbiamo ricevuto, senza alcun aggravio di spesa, i dati originali delle scatole nere dei voli dirottati. Quindi abbiamo potuto analizzare la dinamica degli eventi, capire per esempio che l'aereo caduto in Pennsylvania, che poteva essere almeno apparentemente abbattuto, invece era precipitato intatto: i motori erano ancora funzionanti quando ha urtato il terreno ad altissima velocità, e questo quindi ha demolito completamente le ipotesi, peraltro abbastanza plausibili inizialmente, di un abbattimento.


F.G. Nella tua analisi critica citi molto spesso il rapporto del NIST: il National Institute of Standards and Technology, che, ricordiamo, è un istituto indipendente. Perché consideri attendibile quel rapporto?


P.A. È attendibile perché falsificare 43 volumi di materiale tecnico è una operazione abbastanza fantascientifica. Non solo: questo materiale tecnico è scaricabile da Internet e consultabile da tutti gli esperti del mondo e quindi sarebbe molto difficile riuscire a farla franca. E non solo: il NIST è un ente prestigiosissimo e, come dicevi giustamente, indipendente e ci sarebbe un problema logico nel sospettare che il NIST abbia falsificato tutta questa massa colossale di dati: significherebbe che le persone coinvolte nella cospirazione a tutti i livelli sono numerosissime, quindi tutti i settanta membri del NIST che hanno partecipato direttamente, più tutti coloro che hanno avuto a che fare con la raccolta dei materiali. Ci sarebbe in teoria da ipotizzare una omertà assolutamente impenetrabile, che neanche la Mafia riesce ad ottenere, quindi figuriamoci se ci riescono gli americani.


F.G. Abbiamo parlato appunto del rapporto NIST. Ce ne sono molti altri di questo genere?


P.A. Sì, ce ne sono moltissimi. Ecco, un mito che vorrei cogliere l'occasione di sfatare è che ci sia soltanto questa specie di riassunto fatto dalla commissione d'indagine, che è il famoso Rapporto della Commissione 11/9 che tutti conoscono. In realtà c'è una inchiesta giudiziaria, prodotta dagli organi giudiziari americani civili: il processo contro Zacarias Moussaui, che ha prodotto una messe enorme di documentazione. Oltre alla Commissione 11/9 c'è un'altra indagine governativa, che è lo “Staff Report" e il "Joint Inquiry” che, anche lì, sono altre 800 pagine di documentazione dettagliatissima.

E ci sono cinque indagini tecniche, fatte dalla FAA, che è l'ente dell'aviazione civile americana, dall'NTSB, che è l'ente americano preposto alla sicurezza dei trasporti, dalla FEMA, che è l'ente americano per la gestione delle emergenze, dall'ASCE, che è l'associazione degli ingegneri civili statunitensi, e quella già citata del NIST. E poi a queste possiamo aggiungere anche i rapporti fatti dai soccorritori, dai pompieri e da tutti gli altri esperti che hanno collaborato, non solo all'analisi tecnica dei dati, ma anche ai soccorsi. Dovremmo implicare una quantità smisurata di persone se vogliamo ipotizzare una cospirazione.


F.G. Per Radio Città Fujiko, Francesco Giovannetti.


ANIMATORE: E grazie allora proprio al nostro Francesco Giovannetti, che ha raccolto per noi questa intervista con Paolo Attivissimo. Sicuramente, Mingo, mi verrebbe da dire, il dibattito è vivacissimo e sicuramente non si fermerà qui. Questa è solo ovviamente una delle voci che abbiamo voluto ricordare a proposito di questo dibattito, appuntto, sui fatti dell'undici settembre. Sarà nostra premura, anche prossimamente, farvi riascoltare le voci di chi invece sostiene l'opposto e quindi dare la possibilità magari a Giulietto Chiesa di rispondere anche a Paolo Attivissimo, no?


MINGO: Certo, certo, anche perché ci sono stati alcuni programmi televisivi, anche ultimamente, è ritornato un po' fuori con l'uscita di alcuni libri sia pro che contro e ci sono... rimangono ancora alcuni punti che sono misteriosi. È indubbio, come appunto diceva Paolo Attivissimo, che su certe cose probabilmente si è andato all'inizio con delle ipotesi che potessero essere più ipotesi. Anch'io credo sia difficile minare tutto il World Trade Center con delle bombe, insomma, su tutti i piani anche se le immagini, magari realizzate in un certo modo, potevano far pensare perché quando crollano le torri ci sono questi sbuffi, che in realtà potrebbero essere benissimo la rottura di quella zona lì e non solo un'esplosione, anche se sembra veramente un'esplosione. A vedere ricorda molto il crollo classico degli edifici a caduta controllata. Comunque continueremo a sentire domani la seconda parte dell'intervista a Paolo Attivissimo, poi gireremo l'intervista a Giulietto Chiesa e faremo rispondere a lui. Poi continueremo e continueremo...

Seconda parte


ANIMATORE: ...dobbiamo parlare di 11 settembre, caro Alessio...


ANIMATORE: E' vero, è vero, caro Dado. In questo pomeriggio chiudiamo questa parte piuttosto parlata di Pandemonium, questa seconda ora, poi torneremo tra pochissimo anche alla musica. Seconda puntata del nostro viaggio a proposito dell'undici settembre, anche perché abbiamo preso spunto da un libro che si intitola “11/9 la cospirazione impossibile”, un libro che è curato da Massimo Polidoro. Tanti gli autori che hanno collaborato; fra questi anche Paolo Attivissimo. Allora, ieri abbiamo già ascoltato la prima parte delle sue dichiarazioni. Approfitto per ricordarvi anche un indirizzo Internet, che è attivissimo.blogspot.com. Abbiamo anche già parlato, insomma, dell'obiettivo di questo volume, quello certamente di andare un po' a smontare le teorie del complotto e del cosiddetto inside job, del lavoro sporco che riguarderebbe il coinvolgimento dell'amministrazione Bush nei fatti dell'undici settembre. Allo stesso tempo diciamo che l'obiettivo del libro è anche di analizzare decine di teorie alternative, avvalendosi della collaborazione di tecnici che appartengono a molti settori. E anche molte delle tesi dei complottisti possono certamente essere affascinanti ma, è questa la teoria, è questa la tesi del libro, non reggono ad una analisi oggettiva dei fatti. Per estremo paradosso, infatti, il mantra della cospirazione si fonda su una immotivata idealizzazione dell'infallibilità americana.

Questo un po' il succo, la logica che sta alla base di questo libro. Ieri eravamo partiti anche da un dato, quello per il quale a sei anni di distanza da quegli eventi, un sondaggio della “Scripps Service”, dell'università dell'Ohio, rivela che un americano su tre è convinto che dietro gli attentati ci sia, in un modo o nell'altro, il governo statunitense. Devo dire che è abbastanza interessante il fatto che se oggi si cercano con Google le parole “9/11", quindi 11 settembre, oppure la parola "conspiracy”, si trovano, pensate, un milione e seicentomila pagine web dedicate a sostenere questa oppure quella teoria del complotto. Sapete benissimo anche che si è creato un mercato piuttosto fiorente, dal punto di vista editoriale e cinematografico, a proposito dei fatti dell'undici settembre. Infatti potremmo parlare benissimo di tremila saggi e di decine di film e documentari pubblicati su Internet oppure su DVD che propagandano la vera storia dell'undici settembre in contrapposizione alla cosiddetta versione ufficiale.

Ci sono tante tesi, ovviamente che riguardano l'undici settembre, tante teorie che ne parlano, ovviamente quelle che sono oggetto di questo libro sono certamente quelle del complotto. Diciamo anche che c'è anche chi ritiene responsabile Bush e i suoi cortigiani e chi invece lo vede come un complotto israeliano; c'è chi lo interpreta come una cospirazione ordita dai baroni del petrolio e dai fabbricanti di armi e chi invece dà la colpa alla CIA e ai servizi deviati.

Insomma, giusto per darvi, così, un'idea ovviamente del fatto che ovviamente la discussione, il dibattito è ancora molto acceso, ci sono ancora tanti filoni ovviamente da ascoltare e da analizzare, noi ci siamo soffermati questa volta su quello che ha detto il nostro Paolo Attivissimo, che, come vi dicevo, ha smontato le teorie del complotto. Vi dicevo anche nella puntata di ieri che prossimamente ci sarà spazio per ascoltare, ovviamente anche per correttezza e per completezza soprattutto dell'informazione, l'intervento a questo proposito di Giulietto Chiesa, che è l'autore di un libro che è uscito ormai diversi mesi fa, che si intitola “Zero” ed è sempre pubblicato dalla casa editrice Piemme. Caro Dado, allora, è il momento di ascoltare questa seconda parte dell'intervista a Paolo Attivissimo, coautore di questa “Cospirazione impossibile”. Andiamo a sentire allora questo secondo stralcio che è stato raccolto per noi dal nostro Francesco Giovannetti.


F.G. Avrai sicuramente studiato nei dettagli la versione ufficiale, quella della commissione parlamentare sulle vicende dell'undici settembre. Sono mai emerse, secondo la tua opinione, degli errori o delle incongruenze? E se sono emerse, quali sono le principali?


P.A. Beh, ci sono stati dei momenti di reticenza da parte di alcune autorità. Ad esempio i militari, a proposito di intercettare il Volo 93, l'ultimo, quello caduto in Pennsylvania, hanno fornito delle informazioni fasulle o per incompetenza loro, o per desiderio di fare, come dire, figura meno imbarazzante rispetto a quella realmente fatta, ma la Commissione se ne è accorta, per cui fu addirittura necessario da parte della Commissione arrivare alla richiesta giudiziaria formale di desegretare dei dati.

E questo credo che sia interessante, perché credo dimostra che non fu una commissione-farsa giusto per trovare un minimo di plausibilità politica all'evento, ma ci fu una vera e propria lotta all'interno delle autorità per arrivare a una definizione concreta della realtà, anche perché lo scopo delle indagini non era tanto quello di provare ad additare un colpevole, che in realtà non c'è all'interno delle istituzioni americane: è stato un fallimento generale dei sistemi di difesa. Sarebbe stupido prendere un capro espiatorio.

Lo scopo dell'indagine della commissione d'inchiesta era determinare che cosa fare per evitare che si ripetesse un disastro del genere. E questo, fino adesso, mi sembra che sia riuscito.


F.G. Nei capitoli che hai scritto te del libro, quasi tutti i dati che citi a supporto delle tue analisi provengono da Internet. Come si rintracciano e si pescano le risorse sul Web?


P.A. Beh, con molta fatica, devo dire... No, in realtà ci sono moltissime operazioni di trasparenza fatte dagli enti specialistici statunitensi, che abbiamo già citato: FAA, NIST, per cui praticamente tutta la documentazione attinente all'undici settembre è pubblicamente disponibile e quindi consultabile. E poi c'è la disponibilità di molti piloti, che magari non volendo apparire in prima persona, però ci segnalano informazioni, ci segnalano eventi.

Una delle cose che molti non sanno è che l'intero catalogo degli incidenti aerei della storia è disponibile su Internet. Quindi attingendo a tutta questa massa di dati si riesce effettivamente a creare un quadro molto... molto completo della situazione.


F.G. In giro per il mondo sono in molti che sostengono che dietro ci sia la lunga mano della amministrazione Bush. Anche in Italia, personalità come Massimo Mazzucco o Giulietto Chiesa sono assolutamente convinte di ciò. Qual è la motivazione profonda che spinge le persone a credere nell'inside job?


P.A. Bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati. Io posso fare delle ipotesi in questo senso. So per esperienza, dal lavoro che ho fatto su altre ipotesi di complotto, che c'è un forte desiderio di far associare a una grande tragedia una grande spiegazione. Come dire, psicologicamente ci turba l'idea che un gruppo sparuto di persone ben determinate, disposte a suicidarsi e disposte a spendere e a passare anni ad addestrarsi, come hanno fatto per esempio i dirottatori dell'undici settembre, queste persone possano cambiare la storia. Ci sembra dissonante, ci sembra stonato che una causa così piccola possa avere un effetto così grande e quindi cerchiamo rifugio in una cospirazione che sia proporzionata all'evento.

Un altro effetto di questo atteggiamento è che in questo modo, come dire, siamo rassicurati. Se noi pensiamo che sia la CIA o il Mossad a ordire queste... queste grandi cospirazioni, il terrorismo non ci può colpire perché in realtà non esiste, è una macchinazione inventata e quindi possiamo andare avanti nella nostra vita quotidiana pensando di essere più tranquilli e al sicuro. In più c'è questa soddisfazione, da parte di molti sostenitori delle teorie alternative, non solo economica, perché vendendo libri di fantasia effettivamente si vende molto più che vendendo libri di ricerca concreta, e si fatica molto meno a produrli.

Ma soprattutto c'è la creazione di questo... seguito di persone appassionate, e quindi c'è l'effetto guru, insomma: si va, come per esempio fa Thierry Meyssan, che è stato il primo a lanciare queste teorie cospirazioniste, lui gira per il mondo, ospite di capi di stato e vari dignitari, spesato grazie alle sue teorie sul Pentagono, per esempio.


F.G. L'impressione è che alla pubblicazione de “La cospirazione impossibile” potrebbe seguire un altro libro che sostiene le teorie del complotto. Insomma c'è l'impressione che dalla spirale delle ricostruzioni non si esca. Secondo te, arriveremo mai a una versione conclusiva che vada bene sia per i complottisti che per i sostenitori della teoria ufficiale?


P.A. Mah, ai complottisti, purtroppo, ad alcuni complottisti non bastano neanche le prove più evidenti. Del resto, basti pensare che siamo ancora fermi, dopo sette anni, alle dimensioni del buco nel Pentagono. C'è ancora Giulietto Chiesa che recentemente in televisione ha dichiarato che il foro di ingresso dell'aereo nel Pentagono è largo 5 metri. Ora ci sono delle fotografie, non è necessario un calcolo ingegneristico. Ci sono delle fotografie che mostrano chiaramente che non sono quelle le dimensioni: il foro è largo ben 35 metri, esattamente quanto l'aeroplano. Non si riesce ad andare avanti in questo senso, perché persone di questo livello rifiutano di esaminare i dati. Quindi non ci sarà mai una spiegazione che soddisfi chiunque. C'è già adesso, se si va ad esaminare l'immensa massa di dati e la si trova... soprattutto la si trova coerente, c'è già una spiegazione precisa e dettagliata di come si sono svolti gli eventi.

Ci sono delle piccole zone grigie, che sarebbe opportuno magari rendere più trasparenti, e questo probabilmente sarà il risultato dei processi che si stanno per celebrare a carico degli organizzatori e dei fiancheggiatori dell'undici settembre, ma l'architettura generale, ovvero il fatto che ci siano stati 19 dirottatori e questi dirottatori abbiano preso il comando degli aerei dopo il decollo e li abbiano lanciati contro i loro bersagli, questo è ormai assodato e indiscutibile. C'è una massa di prove tali e talmente... incrociata tra le varie fonti, senza cadere in contraddizione, che sarebbe sciocco insistere per cercare delle spiegazioni alternative. Purtroppo, però, c'è ancora gente che, anche di fronte alle prove più evidenti preferisce continuare a fare propaganda ai propri prodotti, ai propri cappellini, gadget, magliettine e via dicendo.


F.G. Paolo, ti ringrazio tantissimo per essere stato assieme a noi.


P.A. Grazie a voi.


F.G. Per Radio Città Fujiko, Francesco Giovannetti.


ANIMATORE: Beh, noi ringraziamo sicuramente il nostro Francesco Giovannetti e ringraziamo allo stesso tempo Paolo Attivissimo per queste due puntate dedicate all'undici settembre che tra l'altro, molto hanno suscitato da discutere anche sul “Disinformatico”. Vi ricordo il riferimento Internet per quanto riguarda Paolo Attivissimo: attivissimo.blogspot.com. Un saluto anche a tutti quelli che hanno ascoltato questa intervista via streaming ovviamente dal nostro sito Internet www.radiocittafujiko.it, sicuramente il nostro Attivissimo si è anche soffermato sulla necessità di un metodo anche a proposito della ricerca di materiali sul Web che, a quanto pare, comunque presenta diverse informazioni che vanno cercate e devono essere cercate in modo corretto, ovviamente. È giusto e c'è bisogno anche di una grande spiegazione, ha ribadito il nostro Attivissimo, per un evento di grande proporzione. Quindi forse anche per questa ragione sono suscitate, sono nate diciamo così tutte queste teorie del complotto.

Per chiudere questa lunga parentesi mi soffermo un attimo sulla questione degli sbuffi. Sapete che un elemento che ha interessato molto a proposito della caduta, del crollo delle Torri Gemelle, anche perché veniva legato al meccanismo delle demolizioni controllate. Il nostro Paolo Attivissimo, che ha scritto due capitoli in questo libro dal titolo “11/9 la cospirazione impossibile”, ci spiega che si tratta di polvere e di fumo espulsi dall'edificio a causa della compressione dell'aria contenuta al suo interno e che, durante il rapido crollo dei solai che agirono come enormi stantuffi, l'aria presente fra un solaio e l'altro dovette trovare delle vie di sfogo e sfruttò quindi le finestre infrante distribuite irregolarmente lungo la facciata, trascinando con sé anche la polvere e il fumo presente all'interno della struttura. Solo alcune righe tratte dai capitoli scritti da Paolo Attivissimo, per farvi capire che allora, tutto sommato, con poche righe si può smontare una teoria come quella che crede alle demolizioni controllate per quanto riguarda il crollo delle Torri Gemelle.

Sicuramente un dibattito interessante e affascinante da proseguire, lo faremo nei prossimi appuntamenti qui a Pandemonium. Per quanto riguarda invece l'undici settembre, le puntate terminano qui...

2008/03/21

Critica della ragione cospirazionista

di Thomas Morton. L'originale è pubblicato qui; questa versione è stata riveduta, reimpaginata e pubblicata con il consenso dell'autore.



Possiamo ingannare tutti, una volta sola,
oppure ingannare uno solo ogni volta,
ma non possiamo ingannare tutti ogni volta
– Abramo Lincoln

Questo articolo non intende portare nuovi dati o argomenti a favore o contro la visione comunemente accettata riguardo gli attentati terroristici dell’11 settembre. L’autore non è un esperto di aeronautica, di esplosivi, di ingegneria strutturale, di termodinamica, o chissà che altro: la sua formazione è piuttosto di tipo filosofico. Lo scopo di questo intervento, quindi, è analizzare e criticare da un punto di vista epistemologico i metodi di ricerca e la strategia culturale che stanno dietro gli argomenti e le tesi dei cospirazionisti.

Al di là del ragionevole dubbio


Chiunque abbia studiato anche un poco di filosofia della scienza sa che c’è una cosa che bisogna riconoscere anche al cospirazionista più sfegatato e fantasioso, una cosa riguardo la quale non si può dire che abbia torto: niente è mai provato in maniera definitiva, e di tutto è possibile dubitare, anche di quello che oggi ci appare più certo ed evidente. Potrebbe sembrare, quindi, che il cospirazionista, nel mettere continuamente in dubbio i risultati delle “indagini ufficiali” su qualsivoglia argomento, non faccia altro che tradurre nella propria pratica di vita e di ricerca quello che è uno dei risultati maggiormente acquisiti dell’epistemologia dell’ultimo secolo, ovvero la lezione dello scetticismo, e la natura sfuggente e inattingibile della verità ultima.

Detto questo, però, occorre precisare meglio la portata e i limiti delle precedenti affermazioni. Innanzitutto potrebbe essere utile una distinzione fra certezza epistemica e certezza morale: infatti è vero che non abbiamo certezze epistemiche, ma abbiamo alcune certezze morali. La distinzione, in parole povere, è fra quando mi diverto a mettere in dubbio qualcosa solo per un puro passatempo intellettuale e quella mancanza di certezza che rende davvero difficoltoso passare all’azione.

Per esempio: niente potrà mai darmi la certezza assoluta che il fungo che sto per mangiare non è velenoso, neppure le analisi chimiche più approfondite. Eppure tutti noi mettiamo periodicamente a repentaglio le nostre stesse vite mettendoci a mangiare funghi quando ne abbiamo voglia, il che significa avere la certezza morale che quel fungo è mangereccio. Solo un filosofo potrebbe dubitare della realtà del mondo esterno, o delle altre menti, solo una persona incredibilmente tenace potrebbe continuare a credere, oggi, che il Sole giri intorno alla Terra, solo un pazzo può pensare che due più due non faccia effettivamente quattro, e solo un cospirazionista può credere che lo sbarco sulla Luna fosse una messinscena cinematografica.

Siamo quindi già in grado di indicare un primo difetto del modo di pensare cospirazionista, ovvero la mancata distinzione tra la mancanza di certezza morale e la mancanza di certezza epistemica, quella distinzione che è anche adombrata nel principio giuridico della presunzione d’innocenza, nella formula “ognuno è innocente finché non sia provata la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio”. Non ogni dubbio possibile e immaginabile: ogni dubbio ragionevole.

L'eterno insoddisfatto


Il cospirazionista si distingue dunque per non essere mai soddisfatto da nessuna prova gli si presenti e per trovare appigli sempre più improbabili per sostenere che le cose potrebbero essere andate diversamente da come pensa il volgo. Certo, ci sono decine di testimoni che affermano di aver visto un aereo andare addosso al Pentagono, ma chi ha controllato che i testimoni non fossero tutti miopi e quel giorno non avessero lasciato gli occhiali a casa? I debunker sono spesso meravigliati dalla capacità del cospirazionista di arrampicarsi sugli specchi e di rifiutare come conclusiva ogni evidenza gli portino, ma la cosa cessa di essere così strana una volta compreso che il cospirazionista non può accontentarsi di una semplice certezza morale: quello che vuole è la certezza epistemica, e questa purtroppo non è qualcosa cui un essere umano possa aspirare.

Un’altra precisazione da fare è questa: è vero che possiamo dubitare di qualsiasi cosa, ma questo significa che possiamo dubitare di tutto? Le due cose non sono, come sembra, equivalenti. Come disse Abramo Lincoln, possiamo ingannare tutti una volta sola, oppure ingannare uno solo ogni volta, ma non possiamo ingannare tutti ogni volta. Parafrasando, ogni nostra singola credenza potrebbe un giorno rivelarsi falsa, ma possono tutte le nostre credenze essere false?

In realtà, sembra di no, perché in questo caso perderebbe completamente di senso la stessa distinzione tra il vero e il falso, e i nostri giudizi perderebbero il loro contenuto. Una bugia, infatti, può esistere ed essere compresa solo in un largo sfondo di verità condivise.

Immaginate di andare in un paese straniero e di doverne imparare la lingua. Immaginate anche di non potervi assolutamente fidare degli aborigeni, che sono dei noti bugiardi: qualunque cosa vi dicano o sentiate dalla loro bocca è sicuramente una menzogna. Riuscireste in queste condizioni ad assegnare un contenuto ai loro enunciati? In realtà, non potreste neanche assicurarvi che gli aborigeni stiano effettivamente dicendo qualcosa, tanto incomprensibile ed enigmatico apparirebbe il loro comportamento linguistico: per poter interpretare le parole e i pensieri delle altre persone occorre quindi applicare quelli che i filosofi chiamano “principio di carità” (la totale idiozia o la mendacia dell’interlocutore sono meno probabili di un mio errore di traduzione). L’esistenza del linguaggio, e del pensiero che ne viene espresso, presuppone dunque che quel che pensiamo ed esprimiamo sia in larga parte vero.

Ora, non credo che ci siano molte persone di buon senso disposte a giurare sul fatto che la versione ufficiale fornita dalle autorità americane riguardo ai fatti dell’11 settembre sia esatta in ogni suo dettaglio. In qualche caso potrebbero esserci degli errori, in altri casi delle omissioni, in altri casi ancora delle vere e proprie menzogne. Non ci sarebbe neanche molto da stupirsi: in fondo il lavoro dei servizi segreti consiste proprio nel mantenere segreto ciò che non deve essere rivelato per motivi di sicurezza di Stato (e ricordiamoci che è il Pentagono ad essere stato colpito).

Ma il cospirazionista va molto oltre queste ovvietà: egli è convinto che tutti mentano, sempre, su tutto. Uno degli argomenti dei cospirazionisti, per esempio, è che i dirottatori non avrebbero mai potuto avere le capacità tecniche di pilotare degli aerei di linea e condurli fino all’obiettivo colpito: a chi gli fa notare che in realtà avevano seguito dei corsi e conseguito dei certificati che affermano l’esatto contrario, replicano candidamente che tali certificati sono stati falsificati (un’ipotesi di complotto che ne sostiene un’altra). È anche inutile dire a un cospirazionista che ci sono dei testimoni che hanno visto l’aereo dirigersi sul Pentagono, o che è stato analizzato il DNA dei resti dei passeggeri: semplicemente, non può esserci un’affermazione in grado di confermare o confutare un’altra affermazione, perché tutte le affermazioni sono ugualmente false o non attendibili. In questo modo il cospirazionista si garantisce in un certo senso contro l’accusa di incoerenza (non si può dire che abbia delle credenze fra loro in conflitto) ma al caro prezzo di non sapere più, in modo chiaro, che cosa egli creda o di cosa effettivamente dubiti.

Nessuna alternativa coerente


A conferma di quanto detto, se si analizzano i discorsi dei cospirazionisti si può notare come essi non abbiano in realtà una ipotesi alternativa a quella ufficiale che tenti almeno di rendere conto della totalità delle osservazioni riguardanti quel fatidico 11 settembre: tutto quel che dicono, ripetutamente, è di contrastare quella che chiamano la “Versione Ufficiale” degli avvenimenti (da loro abbreviata in VU).

Ma che cos’è la versione ufficiale? Non è una singola proposizione, o una teoria le cui parti sono sistematicamente connesse, in modo che se ne salta una si porta dietro tutto il resto: è una molteplicità di affermazioni e di ipotesi spesso anche slegate fra di loro. Alcune di queste affermazioni ed ipotesi potrebbero benissimo rivelarsi false senza che ciò intacchi in maniera sostanziale il succo del discorso.

Il cospirazionista ha invece una visione olistica estrema, in cui ogni particolare inesatto concorre a confermare la sua teoria secondo cui tutto è falso. Facciamo un esempio testuale concreto: in questo acceso dialogo sull’attentato al Pentagono, che ho tratto dal sito "911 subito", il debunker Paolo Attivissimo ha appena detto a un certo Jack, che difende le tesi cospirazioniste, che probabilmente l’aereo quando ha impattato contro il Pentagono non volava perfettamente radente al suolo, ma con una leggera pendenza.


Jack: «Questo è il top. Hai toccato il fondo. Stai stravolgendo completamente la versione ufficiale che vorresti difendere, paradossalmente rendendola più logica e verosimile di quanto non sia. [...]
Ormai lo sanno anche i sassi. Uno dei punti più discussi dell'intera faccenda è proprio che secondo la versione ufficiale, e ti sfido a negarlo stavolta, l'aereo ha si è avvicinato al Pentagono in linea perfettamente retta, senza la benchè minima pendenza. IN LINEA PERFETTAMENTE RETTA».

Attivissimo: «Ehm... chi ti ha detto che io voglio difendere a tutti i costi la versione ufficiale?»

Jack: «Questo è un giochetto che fai spesso. Ogni tanto salti su a dire: “Ma io non difendo la versione ufficiale al millimetro”, in modo da poterti salvare in extremis quando si dimostra senza possibilità di errore che alcuni aspetti della versione ufficiale sono assolutamente impossibili. [...]. Difendi la posizione che vuoi. A me basta provare che quello che dice il governo USA a proposito dell'attentato è falso. Di provare che quello che dice attivissimo è falso non mi frega nulla, a meno che attivissimo non voglia difendere alcuni aspetti della versione ufficiale. In quel caso smentendo attivissimo smentisco anche la versione ufficiale. Capisci? Non sei il fine, sei il mezzo».

Lo scambio è significativo perché Attivissimo sta dicendo che un aereo è andato a sbattere contro il Pentagono, che in fondo è la stessa cosa che dice il governo americano; quel che è disposto a discutere sono le modalità con cui ciò potrebbe essere avvenuto, ma a quanto pare non è questo ad interessare Jack: non è minimamente interessato a verificare o confutare una singola affermazione di natura empirica. Quello che dice di volere è “provare che quello che dice il governo USA a proposito dell'attentato è falso”, qualunque cosa significhi e senza spiegare cosa questo esattamente comporti. È in effetti impossibile confutare simili ragionamenti, per il semplice motivo che non affermano e non negano nulla, sono assolutamente privi di contenuto. Si dice che qualcosa è falso, anzi, tutto lo è, ma si evita accuratamente di specificare il “cosa”.

Non si tratta di malafede: è che il mondo del cospirazionista è davvero un incubo in cui non vi è nessun punto fermo, nulla di saldo a cui aggrapparsi, la cui stessa realtà ontologica è messa continuamente in discussione (non a caso molti cospirazionisti sono cultori del film Matrix). In queste condizioni, è quasi sgarbato chiedergli di mantenere fermo il punto di una qualsiasi questione, o cosa vogliano dimostrare esattamente.

Altro esempio: è una tesi cospirazionista che le Torri Gemelle non sono crollate a causa dell’impatto con gli aerei, ma sono state fatte crollare nell’ambito di una demolizione controllata. Forse è così (per amor di discussione)... ma come esattamente? Beh, in uno dei cento modi diversi ipotizzati dai cospirazionisti (con esplosivi convenzionali, con l’utilizzo di un materiale chiamato termite in grado di sciogliere l’acciaio, con mini-esplosivi nucleari, con raggi provenienti dallo spazio...). Si presentano indizi che potrebbero andare in direzione di una o dell’altra ipotesi (trascurando, però, ogni evidenza contraria): la presenza, peraltro non dimostrata, di pozze di metallo fuso alla base delle macerie potrebbe essere un segno dell’uso della termite, mentre gli sbuffi di fumo che fuoriescono dalle torri nei piani sottostanti quelli che stanno crollando rivelerebbero la presenza di detonazioni.

Il problema è che tutte queste teorie sono in conflitto tra loro, quindi gli indizi a favore di una teoria confuterebbero non solo la VU, ma anche l’altra teoria concorrente. Ma il cospirazionista non si preoccupa di fortificare o rendere coerente la sua ipotesi spiegando l’evidenza contraria, perché in realtà non ha nessuna vera ipotesi. Egli accetta e usa tutti gli indizi, perché nella sua visione valgono ciascuno come prova contro la VU, e questo gli basta. Se abbiamo cento teorie in conflitto tra loro, ma che contrastano la VU, e se ognuna di queste teorie è supportata da una singola osservazione, allora abbiamo ben cento osservazioni diverse che smentiscono la VU. Si potrebbe dire che le ipotesi di complotto sono come il maiale: non si butta via niente.

Principio di carità e rasoio di Occam


Ciò che si è detto prima a proposito del principio di carità, secondo cui non è possibile che tutto quanto crediamo sia falso ma dobbiamo necessariamente nutrire un vasto corpus di credenze vere (condizione stessa per poter credere qualcosa), ha un importantissimo corollario per quanto riguarda la ricerca scientifica, che è anche noto col nome di “rasoio di Occam”. Il principio di carità, cioè, può servire a dare un significato operativo più preciso alla massima secondo la quale, di due spiegazioni concorrenti del medesimo fenomeno, bisogna scegliere quella più semplice: quando dobbiamo spiegare qualcosa che non si adatta al resto delle nostre credenze, la strada migliore da seguire è fare gli aggiustamenti minimi che si rendono necessari, piuttosto che rivoluzionare l’intero nostro sistema concettuale (le rivoluzioni concettuali, o cambiamenti di paradigma, sono talvolta necessari, ma solo quando gli aggiustamenti che dobbiamo fare cominciano ad essere in numero talmente imbarazzante da non essere poi così economici).

Esempio: dopo che due aerei sono andati a sbattere a New York contro le Torri Gemelle, un terzo aereo a Washington fa perdere le proprie tracce. Viene visto da decine di testimoni sbattere contro una delle facciate del Pentagono. Vengono trovati rottami di aereo sul prato antistante. In seguito viene raccolta la scatola nera, mentre su ciò che rimane dei passeggeri vengono fatte le analisi del DNA per permettere l’identificazione.

Tutto insomma concorre verso un’unica spiegazione dei fatti, ma ci sarebbe un problema: quella breccia sul Pentagono è strana, sembrerebbe troppo piccola per essere causata da un aereo di quelle dimensioni. Una persona di buon senso, messa di fronte a questo dilemma, penserebbe: “Uhmm, interessante; cerchiamo di capire com’è possibile che un aereo così grande possa lasciare un buco in apparenza così piccolo, ammesso che lo sia”.

Ecco invece come pensa il cospirazionista: “Stupefacente! Occorre capire quale oggetto abbia colpito il Pentagono, per quale motivo i testimoni mentano e chi li abbia costretti a farlo, chi abbia sparpagliato finti rottami di aereo sul prato, dove sia finito l’aereo scomparso e in che modo siano stati eliminati i suoi passeggeri, e inoltre chi abbia falsificato i dati della scatola nera e le analisi del DNA”. Il cospirazionista non è in grado di applicare il rasoio di Occam, perché non ha un corpus di credenze che ritiene più centrali e più affidabili di altre, ma per lui tutto è egualmente sacrificabile. Non solo sospetta di tutto, ma non crede a niente, in maniera letterale, nel senso che non ha credenze di sorta.

Ma si potrebbe anche dire, senza reale contraddizione, che invece crede a qualsiasi cosa. Proprio la totale indifferenza nei confronti della verità lo rende al tempo stesso sia profondamente scettico (nei confronti di ciò che spesso è più che ragionevole) sia incredibilmente ingenuo (nei confronti delle più strampalate affermazioni). È solo in questo modo che possono trovare giustificazione sillogismi apparentemente assurdi quali «C’è qualcosa che non mi convince nella ricostruzione ufficiale, penso mi stiano mentendo e non mi fido di nessuno, quindi ho deciso di credere ciecamente nelle teorie del sedicente professor X, che afferma che gli aerei erano telecomandati, e di considerarle come verbo. Chiunque tenti di dimostrare l’inesattezza delle supposizioni del professor X è sicuramente al soldo della CIA».

Nel caso in cui qualche circostanza davvero dirompente riesca a far cambiare idea al cospirazionista, egli allora afferma: «Non importa se la teoria del professor X è sbagliata. Io so che il governo mente, quindi se gli aerei non erano telecomandati vuol dire che in realtà erano degli ologrammi, come afferma l’ingegner Y, che gode della mia totale fiducia».

Il cospirazionista nemico di se stesso


Si capisce quindi come il peggior nemico per la credibilità del cospirazionista è spesso il cospirazionista stesso: egli infatti non si accontenta quasi mai di un’ipotesi di complotto, ma immemore della frase di Lincoln posta in epigrafe a questo articolo, desidera strafare e vede complotti ovunque.

Così, se anche per caso avesse qualcosa da dire a proposito dell’omicidio di Kennedy, non viene ascoltato, perché al tempo stesso afferma che l’Area 51 pullula di alieni. Fra i più noti sostenitori delle “verità alternative” riguardo l’11 settembre, vi è ad esempio David Icke, il quale si dice anche convinto dell’esistenza di una specie aliena di rettili (in grado di nascondersi fra gli umani) che manovra i destini dell’umanità.

Per restare nel nostro paese, il sito che è il principale punto di riferimento per i cospirazionisti italiani (Luogocomune.net, gestito da Massimo Mazzucco) fra le varie cose ospita discussioni sullo sbarco sulla Luna come messinscena cinematografica, sulla cospirazione che ha portato all’uccisione di Kennedy, sulle scie chimiche (ultima moda del cospirazionismo), sugli UFO, sul ruolo della massoneria e delle sette segrete nella storia degli Stati Uniti (e l’instaurazione del “Nuovo Ordine Mondiale”), e sul creazionismo come valida alternativa alla selezione naturale darwiniana. Cosa ancora più deprecabile, fra i cospirazionisti si annidano a volte anche sostenitori di teorie meno “innocue” dal punto di vista ideologico e politico, come il negazionismo e l’antisemitismo.

Se il cospirazionista non è interessato alla verità, a cosa è interessato? Probabilmente alla “sincerità” che è tutt’altra cosa, essendo un attributo delle persone e non delle affermazioni. Il che significa che ciò che interessa nel dire una cosa è soprattutto fornire una rappresentazione di se stessi come aderenti alla “giusta causa” e come persone di un certo tipo. L’accettazione di una frase come “La neve è bianca”, non dipende quindi dalla sua verità (dalla bianchezza della neve) ma dalle implicazioni di tale accettazione sul mio modo di concepire me stesso e sul modo in cui voglio apparire al resto del mondo. Il che è un altro modo, in fondo, per dire che l’ideologia ha il sopravvento su qualsiasi considerazione di natura critica e razionale. Ma è anche un modo elegante per dire che i cospirazionisti raccontano “stronzate”, nel senso messo magistralmente in luce dal filosofo americano Harry Frankfurt nel suo celebre saggio On Bullshit, di cui riportiamo alcuni passaggi:

[...] dire bugie non inficia la capacità di dire la verità quanto invece il raccontare stronzate. A causa di un eccessivo indulgere a quest’ultima attività, che implica il fare asserzioni senza prestare attenzione ad alcunché, tranne che a ciò che fa comodo al proprio discorso, la normale abitudini di badare a come stanno le cose può attenuarsi o perdersi. Uno che mente e uno che dice la verità giocano in campi opposti, per così dire, ma allo stesso gioco. [...]. Chi racconta stronzate ignora completamente tali esigenze, Non rifiuta l’autorità della verità, come fa il bugiardo, e non si oppone ad essa. Non le presta attenzione alcuna. A causa di ciò, le stronzate sono un nemico più pericoloso delle menzogne.

È chiaro che:

Le stronzate sono inevitabili ogni volta che le circostanze obbligano qualcuno a parlare senza sapere di cosa sta parlando. Pertanto la produzione di stronzate è stimolata ogniqualvolta gli obblighi o le opportunità di parlare di un certo argomento eccedono le conoscenze che il parlante ha dei fatti rilevanti attorno a quell’argomento. Questa discrepanza è comune nella vita pubblica, in cui le persone sono spesso spinte – vuoi dalle proprie inclinazioni, vuoi dalle richieste altrui – a parlare in lungo e in largo di materie delle quali sono, in grado maggiore o minore, ignoranti.

Ma soprattutto:

La contemporanea proliferazione delle stronzate ha origini anche più profonde in svariate forme di scetticismo, secondo le quali noi non abbiamo alcun accesso affidabile a una realtà oggettiva, e pertanto non possiamo conoscere la vera realtà delle cose. […] Le conseguenze di questa perdita di fiducia sono state l’abbandono dalla disciplina richiesta dalla fedeltà all’ideale dell’esattezza e l’adozione di una disciplina di genere del tutto diverso, imposta dal perseguimento dell’ideale alternativo della sincerità. […] È come se [una persona] decidesse che dato che non ha senso cercare di essere fedeli ai fatti, allora dovrà invece tentare di essere fedele a se stesso.


Credo ideologico


L’ideale della fedeltà a se stessi, e al proprio credo ideologico, sono a mio avviso il principale motore della cultura cospirazionista. Può una persona con certi ideali e con una certa immagine di sé presentarsi al mondo come un ingenuo che crede a quello che vede scritto nei giornali, che segue ciecamente il gregge nelle sue opinioni, e che si fa mansuetamente manipolare la coscienza dai giornalisti asserviti al potere? Certamente no, anche al costo di dire qualche “stronzata”, o persino al costo di non dire altro. Mai dare un’arma in mano al nemico: mai sospettare anche solo per un attimo che il governo americano, che è all’origine di tutti mali del mondo, possa essere stato la vittima di un attentato terroristico di matrice islamica, perché ciò significherebbe schierarsi dalla parte di una grande potenza militare imperialistica, e contro i deboli e i derelitti del Sud del mondo. Mai credere a una fonte di informazione “ufficiale”, se non si è soddisfatti dello status quo, perché tale fonte non può che essere un riflesso e una propaganda in favore di chi quello status vuole mantenere, ma sempre schierarsi con chi fa “contro-informazione”, a prescindere da quel che dice. L’importante, infatti, non è quel che dice, ma quale causa serve, e come ci si sente a difendere questa causa.

I discorsi cospirazionisti contengono innumerevoli esempi di “aria fritta” (altro modo in cui è possibile tradurre il colorito termine inglese), e c’è solo l’imbarazzo della scelta: a chi obietta che non ha molto senso far sparire un aereo di linea per poi non utilizzarlo come arma e sostituirlo di nascosto con un missile contro il Pentagono (soprattutto in considerazione che già sono stati usati due aerei contro le Torri), il cospirazionista può replicare che non è tenuto a rispondere a queste domande, e che casomai è l’organizzatore del complotto che è tenuto a spiegare come e perché ha agito in quel modo. A chi fa precise obiezioni di natura tecnica, si può rispondere con considerazioni intorno al “quadro generale” della situazione geopolitica d’inizio ventunesimo secolo (in altre parole “Bush è cattivo e tutto quel che puoi dire non può smuovere le mie convinzioni”). Oppure, dopo l’ennesima smentita, si può uscire con una frase come “ma noi non proponiamo teorie alternative, ci limitiamo a porre questioni sui punti oscuri riguardanti l’11 settembre”, salvo smentirsi immediatamente dopo con un nuovo volo pindarico di fantasia e nuove pesantissime accuse nei confronti di ogni persona che lavora per il governo Usa.

Ancora, dopo aver presentato “una prova incontrovertibile di complotto” che viene poi ridimensionata, il cospirazionista può dire “va bene, ma non era quella la prova incontrovertibile di cui parlavo, in realtà era quest’altra”, e così via finché non si ritorna nuovamente alla strategia del “quadro generale” (cfr. la diatriba “seven/salamino” su Luogocomune).

La testa nella sabbia


In conclusione, quindi, è giusto sottolineare come il cospirazionismo non abbia nulla a che vedere con l’atteggiamento del sano scetticismo scientifico, di cui si parlava all’inizio di questo intervento, il quale è in fondo l’ispiratore delle grandi innovazioni teoriche e delle conquiste tecnologiche dell’umanità. Lo scetticismo scientifico infatti è concepito dalle menti critiche non come una negazione della verità tout court, ma anzi come uno strumento che serve a evitare di credere, troppo facilmente, in cose che potrebbero rivelarsi false, e quindi come uno strumento che serve all’allargamento della nostra conoscenza.

Il tipo di scetticismo adottato dai cospirazionisti assomiglia più a un mettere la testa sotto la sabbia, serve a evitare di credere e basta. Non in vista, cioè, di una teoria migliore che potrebbe essere più serenamente accettata da tutti (sia dai cospirazionisti che dalla comunità scientifica). Il cospirazionista è infatti condannato a restare in minoranza perché questa è la missione che si è scelto. Se una teoria cospirazionista diventasse mainstream, il cospirazionista molto probabilmente smetterebbe di sostenerla, e anzi, troverebbe alquanto sospetta la circostanza (“Che sta succedendo? Qui gatta ci cova. Se mi hanno dato ragione, è perché evidentemente vogliono darmi uno zuccherino, in quanto sperano di distogliere la mia attenzione da quelle sono le loro reali malefatte. Ma io sono più furbo di loro, non credano di fregarmi”). Non è la verità che conta, conta solo la propria persona e il proprio sentire. Il mondo esterno si è dissolto, da tempo, in una cartesiana macchinazione contro l’essere umano, e l’essere umano si difende, cartesianamente, ripiegandosi su se stesso in un atto di onanismo mentale perpetuo.