2008/06/22

Der Spiegel e i protocomplottisti europei

di Paolo Attivissimo con il contributo di Brain_Use.

Prosegue la traduzione dell'articolo Panoply of the Absurd pubblicato nel settembre del 2003 dalla testata tedesca Der Spiegel. La prima parte della traduzione è disponibile qui. Il testo è stato tradotto fedelmente: l'unica modifica è costituita dall'integrazione nel testo dei riquadri biografici degli autori cospirazionisti, che nell'originale erano in riquadri fuori testo. Le immagini sono state aggiunte traendole dagli archivi di Undicisettembre.

I sognatori


Questo uso scriteriato dei fatti, per lo più derivati da Internet, è particolarmente stupefacente perché le esperienze professionali della maggior parte dei teorici della cospirazione sono in realtà decisamente rispettabili.

Il leader spirituale dei sedicenti investigatori alternativi in Germania è Mathias Bröckers, 49 anni, già redattore di rubriche presso il “Tageszeitung" (“taz”): sicuramente una pubblicazione rispettabile. Bröckers, un esperto di cannabis, ha trascorso molti anni inondando il mondo di resoconti e libri sugli effetti della pianta di canapa.

Ora diffonde il mito dei falsi dirottatori sopravvissuti e sente di essere chiamato ad “emancipare le teorie cospirative dal loro stato di rozza e imprecisa epistemologia e assicurare che siano prese sul serio, come una scienza critica della percezione”. Il suo obiettivo è di costruire una “cospirazione anti-cospirazione”, qualunque cosa essa sia.

Il secondo membro di questo gruppo è l'autore televisivo e scrittore Gerhard Wisnewski, 43 anni, giornalista freelance per i network televisivi tedesco WDR e ZDF. Ha già dimostrato il proprio talento nel convertire sciocchezze in notizie a proposito dell'organizzazione terroristica tedesca “Rote Armee Fraktion” (la “RAF” tedesca, N.d.T.). Anni fa, il giornalista sostenne che la terza generazione della RAF fu fabbricata dai servizi segreti, che avevano urgente bisogno di un nemico rispettabile. Se andate sul sito web di Wisnewski, troverete articoli intitolati “I gas venefici usati contro i curdi furono un'operazione Iran-CIA” o “La crisi degli ostaggi di Mosca: ci sono dietro gli Stati Uniti?”. La formula è evidente: gli assassini sono sempre gli americani. Nel suo film, Wisnewski solleva il dubbio che un aereo si sia mai schiantato in Pensylvania.

Se non altro, Andreas von Bülow, 66 anni, ex ministro federale della ricerca e tecnologia e membro dell'SPD (Partito Socialdemocratico Tedesco), fa un'impressione in qualche modo più rispettabile. Ha alle spalle una carriera politica di tutto rispetto, era considerato una delle stelle in ascesa dei socialdemocratici sotto l'ex cancelliere Helmut Schmidt, ed è stato sottosegretario parlamentare nel Ministero della Difesa tedesco, dove si è trovato a stretto contatto con il mondo dei servizi segreti. Nel 1994 si è ritirato al piano più alto della propria casa a Bonn per spiegare il mondo alla gente. Nel suo libro, insinua che il Mossad israeliano possa essere implicato nell'11 settembre.

I sognatori tedeschi – Bülow, Bröckers, Wisnewski – potrebbero essersi facilmente ispirati al francese Thierry Meyssan. Il quarantaseienne guru parigino dei teorici della cospirazione preferisce vestire di nero, fino alle sue scarpe da ginnastica Puma, beve succo di frutta sulla terrazza sul tetto del Centro Pompidou di Parigi e fa la paternale. Parla per un'ora, due ore, tre ore, sempre ritornando a variazioni di una singola frase: “Sono convinto che nessun aereo si sia schiantato sul Pentagono”. Sta raccogliendo informazioni che secondo lui proveranno che sul Pentagono si è schiantato un missile Cruise, non un aereo.

A Meyssan piace discutere. A differenza degli altri teorici della cospirazione, non ha avuto bisogno dell'11 settembre per salire su un palco improvvisato e fare comizi: era già lì da sempre. Ha organizzato campagne di boicottaggio contro la Danone, ha usato le proprie ricerche per rendere difficile la vita al politico di destra radicale Le Pen e attaccato l'ordine segreto cattolico dell'Opus Dei. E' stato anche un uomo rispettato e temuto in affermati circoli politici. Ma mantiene ancora questa posizione oggi?

Dall'anno scorso è invischiato in una battaglia legale contro i principali quotidiani francesi. Li ha citati in tribunale perché si prendevano gioco di lui. Ma li ha anche citati perché lui, Meyssan, crede di doverli costringere ad affrontare la loro responsabilità di rivelare cosa è accaduto realmente l'11 settembre.

Il suo libro è già stato tradotto in diciotto lingue: sostiene che sicuramente non fu un Boeing a schiantarsi sull'ala ovest del Pentagono l'11 settembre 2001, ma molto più probabilmente un missile Cruise, prova dell'intenzione dell'industria militare statunitense di conquistare il potere con la forza.

Meyssan siede sopra i tetti di Parigi e si allunga sopra il tavolo verso il suo libro. Mostra una fotografia della facciata del Pentagono. Nella foto, il foro nella facciata non sembra molto grande. “E lei crede che un Boeing sia scomparso in questo foro? Sì? E' questo che crede, monsieur?”

Il libro contiene molte fotografie che mostrano fumo, vapori e fiamme. Meyssan le mostra come un tesoro. Come prova. Fatti. Verità. Ma restano delle domande: quali foto mancano? Quali sono quelle che si è lasciato sfuggire? E quali ha lasciato fuori?

Il doppio Atta


La più grande teoria cospiratoria è stata tralasciata completamente. Gli autori di questi libri hanno sostanzialmente ignorato gli antefatti riguardanti i piloti che lavorarono con Mohammed Atta e avevano trascorso del tempo ad Amburgo. Forse l'hanno fatto perché la questione è già stata chiarita, lasciando poco spazio a personaggi equivoci. O forse perché è più rischioso rigurgitare teorie cospiratorie basate su eventi avvenuti sotto casa. Tuttavia i pochi brani che hanno scritto sulla cellula di Amburgo sono piuttosto rivelatori e di fatto gettano luce sulla malaccortezza e trascuratezza di questi ricercatori della verità alternativi.

Prendiamo i presunti esecutori innocui, per esempio. “Per quel che riguarda gli atteggiamenti politici e religiosi”, sostengono Bröckers e Hauß, “tutte le fonti indicano che Atta non si fece notare durante il periodo di Amburgo”. Tutte le fonti?

Quattro suoi ex amici, compresi Shahid N. e Marek M., descrivono Mohammed Atta come il guru di una setta che vomitava invettive piene d'odio. Una famiglia di insegnanti con cui Atta visse per un certo periodo lo cacciò via. Perché? Perché il fanatico puritanesimo dell'islamico stava seriamente stravolgendo la loro vita familiare.

La soluzione degli autori? Nessun problema, perché c'erano due Atta: “Esistono crescenti indicazioni che Atta possa aver avuto un doppione”. Restano fortemente imprecisi, glissando sulla causa della confusione. Sostengono che Atta usò il nome Amir in Germania. Il suo nome completo era Mohammed Mohammed al-Amir Awad al-Sajjid Atta. Diverse grafie e parti del suo nome compaiono nei rapporti degli investigatori. Praticamente tutto qui.

Il terzo esempio riguarda una società informatica, definita inquietante e misteriosa, situata nella cittadina di Wentorf, vicino ad Amburgo: vi lavorarono alcuni dei futuri terroristi e dei loro amici. “Si dice vi siano segnalazioni anonime da ambienti vicini ai servizi segreti che suggeriscono che la società potrebbe essere stata soltanto una facciata”, sostiene von Bülow.

E' una fandonia totale. La Hay Computing Company possiede indubbiamente una facciata, ma essa è saldamente attaccata a un edificio in mattoni rossi, in cui impiegati in carne e ossa lavorano realmente. E la società ha a che fare con i servizi segreti tanto quanto questo ex ministro tedesco ha a che fare con la verità: nulla.

“Non è compito mio sviluppare un'ipotesi dimostrabile”, dice von Bülow, “Io posso solo mettere insieme i pezzi del rompicapo e dire che questo o quell'elemento sembrano insoliti”.

Foschi sospetti devono aver mulinato nelle menti di Bröckers e Hauß quando vennero a conoscenza di un piano dei servizi segreti tedeschi. Anche durante gli anni 90, l'Ufficio Federale Tedesco per la Protezione della Costituzione intercettò le comunicazioni telefoniche nell'ambiente dei futuri piloti suicidi. Secondo gli indignati giornalisti investigativi Bröckers e Hauß, queste intercettazioni avrebbero richiesto un ordine del tribunale. “Può essere che non ci sia mai stato un ordine del tribunale e che i servizi segreti abbiano svolto il loro operato ad Amburgo in completa violazione della legge?”. E' una domanda intesa a generare sfiducia, ma non fa altro che rivelare una cosa: la totale e profonda ignoranza di questi esperti di cospirazioni.

Infatti a differenza di un'intercettazione della polizia, per un'intercettazione dei servizi segreti non è richiesto un ordine del tribunale; queste attività di monitoraggio richiedono invece l'approvazione della commissione G-10 competente. Nulla fu fatto illegalmente, e nulla fu nascosto alle commissioni di controllo. Questo pone un altro problema: può essere che questi autori abbiano investigato “meticolosamente” in modo da poter eludere ogni dovere giornalistico di usare cautela e buon senso?

Ogni dettaglio apparentemente incoerente viene usato come prova che c'è qualcosa di sospetto. Invece di chiarire queste presunte incongruenze svolgendo ricerche in proprio, gli autori usano le lacune delle loro competenze come prova di ciò che secondo loro è una manipolazione da parte di loschi agenti segreti e funzionari di polizia, disseminando i loro scritti di domande e insinuazioni.

Per esempio, Wisnewski tenta di usare l'esempio del testamento di Atta, ritrovato dopo gli attacchi, per scoprire incongruenze delle quali Wisnewski stesso dovrebbe essere considerato responsabile: “Da un lato, nessuno sa se davvero esista il testamento. Dall'altro nessuno può verificare l'originale in arabo per stabilire se fu correttamente tradotto dall'FBI. In altre parole, semplicemente non abbiamo accesso al testamento originale di Atta”.

L'unico dato esatto è che Wisnewski conosce la faccenda poco quanto la conoscono Bröckers e soci, che fanno sproloqui sul “testamento equivoco”. Avrebbero dovuto saper evitare quest'errore. L'originale arabo esiste eccome, e coloro che l'hanno firmato come testimoni, su richiesta di Atta, non sono scomparsi.

Uno di loro, Abdelghani Mzoudi, il presunto collaboratore attualmente sotto processo ad Amburgo, mostrò il documento in arabo a Der Spiegel poco dopo gli attacchi. E verificò non solo l'autenticità del documento, ma anche quella della sua firma.

Dov'erano gli ebrei?


Gli autori tedeschi sembrano trovare più semplice tessere le loro teorie cospiratorie da lontano. Per esempio, von Bülow scrive che ci fu “una sola vittima israeliana l'11/9” nelle torri del World Trade Center, ma che ci sono “numerose indicazioni che puntano a una sorta di connessione tra il Mossad israeliano e gli atti e gli esecutori dell'11/9”.

E' una teoria che l'ex ministro ha spiegato in un'intervista con Der Spiegel in modo piuttosto arzigogolato.

Domanda: Supponiamo che sia vero che morì un solo israeliano. Tutti gli altro che non erano nelle torri quel giorno sapevano?

von Bülow: La gente dice che l'umore generale era depresso, prima degli attacchi. Non ho idea del perché, o se le persone si avvisassero a vicenda attraverso il passaparola.

Domanda: Intende suggerire che ci fossero molte persone a conoscenza della cosa?

von Bülow: Non lo sapevano, lo sospettavano.

Domanda: E perché nessuno di loro ne parla ora?

von Bülow: E' successo. Dicono che un ragazzino pachistano abbia detto: “Le torri non svetteranno più domani”.

Tutto questo è poco più che pettegolezzo. Una cosa è certa, tuttavia: il mito di una cospirazione ebraica cominciò a girare per Internet poco dopo gli attacchi. Secondo questo racconto, 4000 ebrei che lavoravano al World Trade Center non si presentarono al lavoro l'11 settembre. Ciò significa che gli ebrei sapevano, dato che il Mossad deve aver pianificato l'attacco.

Questa teoria è data per scontata nei paesi arabi. Fu partorita dalla televisione libanese al-Manar, che orgogliosamente annuncia sul proprio sito web di condurre una “guerra psicologica contro il nemico sionista”.

Abraham Foxman, della Jewish Anti-Defamation League di New York, sa bene quanto siano coriacee queste maldicenze. Ha spesso tentato di utilizzare le cifre a sua disposizione per smontare queste voci. I suoi collaboratori hanno contato le vittime ebree dell'attacco, e Foxman dice che furono almeno 400, probabilmente di più. Non ci sono cifre ufficiali, dal momento che le autorità statunitensi non documentano l'appartenenza religiosa.

Mentre von Bülow si attiene alla propria teoria del Mossad, Wisnewski dubita che gli islamici abbiano mai pensato di attaccare il World Trade Center. “Lo stesso titolone – 'Attacco all'America' – apparve ovunque dopo gli attacchi, sui giornali, sui periodici e in televisione, e rappresenta un grossolano fraintendimento, probabilmente intenzionale, del vero obiettivo degli attacchi”.

Infatti il World Trade Center a New York, sottolinea Wisnewski, non era in alcun modo esclusivamente un simbolo dell'America. “Invece”, dice Wisnewski, “le spettacolari torri gemelle 'appartenevano' a tutto il genere umano”.

Per questo motivo, sostiene, non avrebbe senso ritenere che “terroristi arabi e/o islamici” avrebbero scelto le torri come obiettivo, perché scegliersi “questo obiettivo significa scegliersi il mondo intero come nemico”.

Nel mondo di Wisnewski, questa analisi dell'aria fritta non può che condurre a queste conclusioni: “O gli assassini islamici... fallirono miseramente. Oppure si trattò di... assassini che erano interessati a generare una coalizione mondiale di guerra sotto la guida degli Stati Uniti”.

Wisnewski e soci sembrano ignorare il fatto che le torri del World Trade Center erano già state oggetto di un attacco da parte di integralisti islamici. Lo fanno per un'ottima ragione, dal momento che le prove erano schiaccianti nei confronti di coloro che fecero esplodere un'autobomba nel garage sotterraneo delle Twin Towers il 26 febbraio del 1993, uccidendo sei persone e ferendone oltre un migliaio.

Tra i documenti che gli investigatori sequestrarono ai terroristi e ai loro fiancheggiatori associati a Sheikh Omar Abd al-Rahman c'era una chiamata alle armi, che suona come un ordine di marcia permanente per coloro che hanno dedicato le proprie vite alla guerra santa: “Dobbiamo completamente abbattere il morale dei nemici di Dio distruggendo le torri che sono i pilastri della loro civiltà – le loro attrattive turistiche e gli alti edifici di cui vanno tanto orgogliosi”.

(continua)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Mathias Bröckers
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Opinione personale: io credo che la mafia possa solo guadagnarci dalla legalizzazione della droga (solo leggere od anche pesanti), visto che ha già un'attività avviata: contratti con produttori, trasportatori e spacciatori. E' presente sul territorio, ha capitali che non può reinvestire in negozi/coffèe shop, decide lei quali attività favorire con la concorrenza sleale creata con il pizzo. Ha solo un problema: ogni tanto per delle retate perde intere partite di carico, e spende milioni con banchieri disonesti per riciclare il denaro. Ma se fosse tutto legalizzato non dovrebbe più riciclare il denaro sporco, quindi guadagnerebbe di più, ovviamente non fatturando l'iva sulla totalita vendite.
Non capisco quindi chi si dichiara antimafia e filolegalizzazione delle droghe.

In Italia si fa una forte pressione per la legalizzazione, soprattutto in internet ed in ambienti di centro sinistra, dove credo casualmente trovano maggiore pubblico le teorie cospirazioniste.
Tuttavia non bisogna dimenticare gli scandali di politici di centro drogati, tutte le sentenze (sentenze di tribunale, non le sentenze dei giornalisti) che accertano il connubio mafia-politica, specialmente a livello locale. Non bisogna nemmeno dimenticare la propensione alla dietrologia di anarchici (filo teorie del New World Order/rettiliani, schieramento che politicamente sembra stare fra l'estrema destra e l'estrma dinistra come anello di congiunzione) e rappresentanti di estrema destra (divisi sia in politica interna che esterna con il centrodestra).

Un appunto al testo: Mathias Bröckers è antiproibizionista (della cannabis parlano favorevoli e contrari, non si capisce bene dal testo da che lato si schieri M.B.).


Meyssan
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Già prima del 2001 Meyssan and figlio è stato coinvolto in cause legali relative all'associazione che dirige, ed alla disinformazione che propina.
Purtroppo nessuno ha mai deciso di denunciarlo per aver dato voce in europa alla guerriglia iraquena/terroristi pubblicando la traduzione di video a tema.
Cmnque il sito oggi risulta chiuso.

ebrei/israeliani
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http://usinfo.state.gov/media/Archive/2005/Jan/14-260933.html


Questione strana
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anti-israeliani/america a sinistra, antiarabi e filoamericani al centro destra, antiamericani nell'estrema destra, filoamericani/israeliani/arabi in centro/radicali, quando 60 anni fa era ben diverse le simpatie: sinistra filoebraica, destra filoaraba ed antisraeliana.
Questa diffidenza travalica il singolo fatto, l'attentato alle Torri Gemelle, ed indica un rapporto conflittuale fra popoli sin prima dell'evento. Ciò indica che non è nato tutto nel 2001 per invenzione di Bush al fine di perseguire la sua politica o PNAC-cate varie, bensì la diffidenza esisteva sin da prima. Il campo può essere esteso a tutte le sette/movimenti di guerriglia, anche non islamica. Come non ricordare gli attentati con gas nervino nella metropolitana Giapponese (Aum Shinrikyo) e la conseguente caccia alle sette in America (Wako docet).
Nel 2001 si è tentato, forse per la prima volta di dare una risposta radicale, diversamente alle soluzioni più moderate precedentemente applicate. I risultati sembrano deludere, le aspettative.

saluti C.P.