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2008/08/05

"L'incredibile menzogna" in edizione economica: il complottismo non vende più

di Hammer

E' disponibile da qualche settimana in Italia l'edizione economica di "L'incredibile menzogna" di Thierry Meyssan. Lo stesso editore dell'edizione precedente, Fandango, stampa ora il libro in edizione ridotta al prezzo di 8 euro.

Se servisse qualche altra dimostrazione della crisi nera del complottismo undicisettembrino, questa è davvero degna di nota.

Il guru e pioniere del complottismo non vende più.

Colui che per primo inventò la clamorosa panzana dell'assenza di un aereo al Pentagono non raccoglie più l'interesse del pubblico che, evidentemente, non è più disposto a sborsare 15 euro (costo della prima edizione) per portarsi a casa un libro infarcito di ingiustificabili manomissioni (come quella del carrello a discesa automatica) e che mostra tuttora in copertina una foto che nasconde le vere dimensioni della breccia d'impatto al Pentagono.

Indipendentemente dal prezzo, ci sentiamo, infatti, di sostenere che mai titolo fu più azzeccato. Ma l'incredibile menzogna è quella che Meyssan tenta di propinare, a pagamento, ai suoi lettori. E' davvero incredibile come una simile accozzaglia di invenzioni e falsità venga tuttora pubblicata da un editore italiano. Chi volesse una rassegna delle panzane documentate di Meyssan finora catalogate da Undicisettembre può cliccare qui.

Invitiamo i lettori a lasciare il volume sugli scaffali delle librerie. Ma forse lo farebbero anche senza il nostro consiglio.

Aspettiamo insieme di vedere se la prossima mossa di Fandango sarà quella di regalarlo all'uscita dei negozi.

2008/07/25

L'origine della teoria del carrello a discesa automatica

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Hammer e dei lettori indicati nei commenti. L'articolo è stato ampliato dopo la pubblicazione iniziale del 25/7/2008. Alcuni link sono stati rimossi o modificati il 10/4/2023 perché sono diventati vettori di malware e virus, secondo segnalazione di Blogger.com.

Uno degli esempi più classici dell'impreparazione tecnica dei cospirazionisti e della loro accettazione incondizionata di qualunque affermazione supporti le loro fantasie, per poi far finta di niente e autocensurarsi quando vengono sbufalati, è il mito del "carrello a discesa automatica".

La teoria che i carrelli degli aerei di linea scendessero automaticamente al di sotto di una certa quota, e che quindi nel prato davanti al Pentagono mancassero misteriosamente i solchi delle ruote del Boeing 757 che si schiantò contro l'edificio, era uno dei capisaldi del primo cospirazionismo. Oggi è praticamente scomparsa: attualmente la ricerca della frase "carrello a discesa automatica" restituisce praticamente soltanto pagine di siti di debunking. Ne restano alcune tracce nelle tante mail d'indignata protesta ricevute in questi anni e nei commenti dei complottisti in questo blog ("da pilota esperto dovresti sapere che sotto una certa quota il carrello scende automaticamente!" esclamava Da77si qui ancora nel 2006).

Grazie alle ricerche dei lettori, però, se ne possono segnalare tuttora alcuni esempi residui. C'è questa discussione, sempre datata 2006, su HWUpgrade.it ("ma in una fase "atterraggio" il pilota automatico, tira "automaticamente" fuori i carrelli"); c'è il sito cospirazionista* che sentenzia che "Il carrello di un simile aero [sic] è alto intorno ai 4 metri, controllato da un sistema automatico che al di sotto di una data quota lo fa uscire dalla carlinga. Avrebbe dovuto lasciare un solco ben visibile sul prato". Non manca chi critica i primi articoli italiani di debunking su Autistici.org qui, chiedendosi "come riesce a scansare tutti i pali dell'illuminazione stradale e non fare nemmeno un graffio al prato antistante, nonostante il carrello di atterraggio esce [sic] automaticamente a bassa quota?". C'è qualcosa anche in questo blog del 2005. Ma siamo lontani dalla popolarità iniziale di questa teoria.

* Il 10/4/2023 il link a questo sito, Pummarulella.org, è stato segnalato da Blogger.com come attualmente contenente malware e quindi il link è stato rimosso da questo articolo. Una vecchia copia del sito è visitabile su Archive.org.

Soprattutto, è dai siti principali dedicati al tema delle ipotesi di complotto undicisettembrine, i siti degli "esperti" in queste teorie, che sembra essere scomparsa ogni discussione in merito. Fa eccezione il sito Giuliettochiesa.it, che in una risposta del 2006 documenta che anche Chiesa era convinto del carrello a discesa automatica (le evidenziazioni sono aggiunte):

Ma la Boeing le confermerà che a quattro metri di altezza il carrello è già automaticamente abbassato (a meno che l'aereo e i suoi computers non siano stati manomessi prima di partire da una equipe di tecnici molto esperti. Non mi risulta che questo sia avvenuto e la Commissione ufficiale d'Inchiesta non ne fa cenno. Dunque se dobbiamo occuparci della versione ufficiale, ecco un buco grande come il Pentagono.

Inoltre: può un aereo volare ad oltre 700 chilometri orari (come risulta dalla Commissione d'inchiesta ufficiale) con il carrello abbassato a circa 4, o 5 metri di altezza, senza sfiorare il prato?




A parte questi avanzi, insomma, il "movimento per la verità" ha compiuto un'opera di autopurga del proprio passato degna del miglior Orwell: non ha pubblicato una rettifica o una correzione per avvisare dell'errore in modo che altri non v'incappassero (e infatti Chiesa vi è incappato), ma ha completamente, sistematicamente rimosso ogni traccia di aver mai creduto a questa teoria del carrello a discesa automatica.

Ma se è facile cambiare una pagina Web senza lasciare tracce, non è altrettanto facile cambiare le pagine dei libri. In particolare, è grazie ai libri cospirazionisti che abbiamo collezionato in questi anni che possiamo ricostruire la vera storia del cospirazionismo e possiamo arrivare alla probabile origine della Teoria Che Nessuno Osa Nominare.

Uno dei suoi padri, o perlomeno dei suoi sostenitori, è nientemeno che Thierry Meyssan, l'autore-guru del vendutissimo L'Effroyable Imposture che lanciò la moda del cospirazionismo con lo stesso stile e le stesse tecniche usate a suo tempo da Charles Berlitz per lanciare il mito del Triangolo delle Bermuda nel libro omonimo. Basta infatti andare a pagina 18 del libro di Meyssan per scoprire questa perla:



"En baissant d'altitude, le train d'atterrissage sort automatiquement."


La versione italiana è altrettanto inequivocabile:



Scendendo di quota il carrello esce automaticamente.


Carta canta, villan censura.

Lasciamo perdere le altre perle che Meyssan inanella in questa singola pagina: l'affermazione che nessun lampione fu colpito dall'aereo (ne furono colpiti ben cinque) e che i danni interessarono soltanto il primo anello del Pentagono. Quello che conta è che la storia del carrello a discesa automatica dimostra l'inettitudine investigativa di Meyssan, che pure continua ad essere presentato dai cospirazionisti come un maestro (tanto da essere tuttora citato da Megachip.info di Giulietto Chiesa nella "Bibliografia essenziale" con ben due titoli, come si può vedere nella schermata qui accanto, cliccabile per ingrandirla).

Soprattutto, però, ripescare questa storia documenta la scelta dell'intero "movimento per la verità": far finta di non aver mai detto un'idiozia di questo calibro, non avere il coraggio di ammettere i propri errori e migliorarsi, non avvisare gli altri dell'errore, ma tentare di cancellare ogni traccia del proprio imbarazzante passato. Un segno esemplare di correttezza investigativa e di approccio trasparente.

E non si tratta di un comportamento occasionale: lo stesso trattamento è stato riservato ad altre teorie un tempo in auge ma ora relegate nel dimenticatoio, come il "pod" appeso sotto uno degli aerei alle Torri Gemelle, il transponder impossibile da spegnere, il B-52 che avrebbe colpito l'Empire State Building, o il Volo 93 che sarebbe atterrato a Cleveland (Loose Change prima edizione).

Ma noi non dimentichiamo.

2008/06/23

Der Spiegel e l'attentato al Pentagono

di Paolo Attivissimo con il contributo di Brain_Use. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Questa è la quarta e ultima parte della traduzione dell'articolo Panoply of the Absurd pubblicato nel settembre del 2003 dalla testata tedesca Der Spiegel. La prima parte della traduzione è disponibile qui; la seconda è qui; la terza è qui. Le immagini sono state aggiunte traendole dagli archivi di Undicisettembre.

Missili Cruise contro il Pentagono?


Quello che è sicuro è che Wisnewski e Brunner alzano il tiro delle loro affermazioni cospiratorie ancora di più nella seconda parte del documentario della WDR sull'11 settembre.

Proprio come nel caso di Shanksville, sostengono che anche nell'attacco al Pentagono potrebbe essere stato coinvolto "un missile o una bomba". Ancora una volta, tutto sembra quadrare: il foro era troppo piccolo per un aereo e i rottami erano praticamente non identificabili. E ancora una volta il loro messaggio è formulato in forma di domanda: Fiabe al Pentagono?

Tutto ciò è una totale sciocchezza. Secondo i calcoli degli esperti dell'NTSB, il Boeing 757 pesava circa 82 tonnellate, di cui 16 erano il carburante a bordo. La massa di alluminio, kerosene, arredo di cabina, bagagli e passeggeri si schiantò contro il Dipartimento della Difesa statunitense a circa 850 chilometri l'ora. A quella velocità, dice Mete Sozen, specialista in costruzioni in cemento armato della Purdue University dell'Indiana, la fusoliera dell'aereo avrebbe opposto all'incirca la resistenza di “un budello di salsiccia”.

Il Boeing si è disintegrato completamente dopo l'impatto. Parti dei corpi dei terroristi, che si trovavano presumibilmente in cabina di pilotaggio, sono state trovate accanto alla facciata dell'anello più esterno del Pentagono, come se la fusoliera dell'aereo si fosse aperta nell'impatto e avesse scagliato fuori le proprie parti più interne. Resti dei passeggeri sono stati invece trovati ben all'interno dell'edificio.

Distribuzione dei resti umani al piano terra del Pentagono. Fonte: Exhibit 200318 del Processo Moussaoui.

Gli scienziati stimano che all'incirca 2,2 tonnellate di carburante esplosero in una palla di fuoco fuori dall'edificio al momento dell'impatto. Le rimanenti 14 tonnellate di carburante penetrarono nell'edificio insieme ai rottami. Per alcune frazioni di secondo prima che il carburante esplodesse, la miscela di carburante e parti del velivolo produsse una “valanga di fango” ad alta velocità. La temperatura superiore agli 850°C tolse ogni residua resistenza alle putrelle d'acciaio, che già erano state denudate dal cemento. Venti minuti dopo lo schianto, la sezione dell'edificio danneggiata crollò sopra il cratere d'impatto.

L'unico testimone che supporti lo scenario dei giornalisti di WDR per il Pentagono è un uomo che nel film viene presentato semplicemente come John Judge.

Ciò che non viene detto agli spettatori è che Judge [nella foto qui accanto, tratta dal video Zero, N.d.T.] è una sorta di istituzione nel mondo cospirazionista statunitense. Nei circoli a tema è considerato un esperto in “controllo del pensiero individuale e collettivo”. Judge collega il suicidio di massa dei seguaci del Tempio del Popolo in Guyana all'omicidio di Martin Luther King e crede che entrambi gli eventi siano stati un'operazione di oscuri agenti della CIA e dei militari. Naturalmente è anche interessato all'omicidio Kennedy e sostiene di aver scoperto collegamenti che puntano ai responsabili dell'omicidio del leader musulmano di colore Malcolm X.

Coincidenza vuole che questo testimone di un presunto attentato-bomba conosca il Pentagono fin da quando era “un ragazzino”. Ricorda piuttosto bene il giorno in cui, a dieci anni, lui e i suoi genitori, che erano impiegati civili al Pentagono, mangiavano un pasto nel cortile dell'edificio. Dice: “Mi sedetti su una scatola argentata e mio padre mi disse di scendere perché stavo seduto su un lanciatore di missili”.

Wisnewski e Brunner sono lieti di scrivere in sintesi che secondo Judge “l'affermazione 'era impossibile rilevare e respingere questo pericolo abbastanza in fretta' è assolutamente insostenibile”.

La stessa affermazione viene fatta dall'uomo sul cui lavoro Wisnewski basa la propria teoria del “Pentagate” nel libro: Thierry Meyssan. Una delle circostanze che Meyssan usa per giustificare la sua teoria che qualcuno poteva sapere in anticipo qualcosa degli attacchi è il fatto che il dominio Internet "www.wtc2001.com" era già stato registrato prima dell'11 settembre.

E' vero. Tuttavia non c'entrava assolutamente nulla con il World Trade Center. L'acronimo "wtc" stava per "World Track Championships", che sono i campionati mondiali di bicicletta su pista. Un clic col mouse avrebbe rapidamente fatto sgonfiare la storiella.

Un altro esempio è l'uso delle dichiarazioni rilasciate dal giornalista televisivo Mike Walter [nella foto, tratta dalla diretta CNN dell'11/9, N.d.T.], testimone oculare dell'attentato al Dipartimento della Difesa americano mentre andava al lavoro in auto. Meyssan ha usato una dichiarazione di Walter per dare sostegno alla sua teoria che il Pentagono sia stato distrutto con missili o aerei teleguidati.

Walter è ancora furibondo per questa manipolazione. Ha visto l'aereo volare verso l'edificio e accelerare in una “curva dolce”. Poi, dice Walter, “si è tuffato e ha colpito un lampione. Poco dopo si è schiantato contro il Pentagono. Le ali sono collassate, ho udito l'esplosione e poi ho visto la palla di fuoco. Chi lo pilotava sapeva cosa stava facendo. Si è comportato come un missile Cruise".

Questo è quello che disse Walter. Ma Meyssan ha riportato soltanto l'ultima frase.

Il fatto che ci sono stati molti testimoni che hanno visto l'aereo dell'American Airlines schiantarsi sul Dipartimento della Difesa statunitense rappresentava un problema per Wisnewski. Ecco come lo ha risolto: “Non si può seriamente credere a questi testimoni. Forse alcuni di loro mentivano per qualche motivo, ma altri potrebbero davvero aver visto qualcosa che ricordava loro un aereo di linea”.

Scorda di menzionare Penny Elgas, una testimone dello schianto, che ha detto che mentre guardava fuori dalla propria auto “la coda dell'aereo è scivolata dentro il Pentagono, come se vi fosse stata aperta una grande porta”.

Solo ore dopo, tornata a casa e dopo che lo shock dell'evento si era smorzato, ha scoperto che un pezzo dell'aereo era caduto dentro la sua auto dal tettuccio [nella foto qui sotto, il pezzo in questione; la testimonianza della Elgas è documentata qui]: un posto dove c'è ben poco posto per teorie fumose.

2008/06/22

Der Spiegel e i protocomplottisti europei

di Paolo Attivissimo con il contributo di Brain_Use.

Prosegue la traduzione dell'articolo Panoply of the Absurd pubblicato nel settembre del 2003 dalla testata tedesca Der Spiegel. La prima parte della traduzione è disponibile qui. Il testo è stato tradotto fedelmente: l'unica modifica è costituita dall'integrazione nel testo dei riquadri biografici degli autori cospirazionisti, che nell'originale erano in riquadri fuori testo. Le immagini sono state aggiunte traendole dagli archivi di Undicisettembre.

I sognatori


Questo uso scriteriato dei fatti, per lo più derivati da Internet, è particolarmente stupefacente perché le esperienze professionali della maggior parte dei teorici della cospirazione sono in realtà decisamente rispettabili.

Il leader spirituale dei sedicenti investigatori alternativi in Germania è Mathias Bröckers, 49 anni, già redattore di rubriche presso il “Tageszeitung" (“taz”): sicuramente una pubblicazione rispettabile. Bröckers, un esperto di cannabis, ha trascorso molti anni inondando il mondo di resoconti e libri sugli effetti della pianta di canapa.

Ora diffonde il mito dei falsi dirottatori sopravvissuti e sente di essere chiamato ad “emancipare le teorie cospirative dal loro stato di rozza e imprecisa epistemologia e assicurare che siano prese sul serio, come una scienza critica della percezione”. Il suo obiettivo è di costruire una “cospirazione anti-cospirazione”, qualunque cosa essa sia.

Il secondo membro di questo gruppo è l'autore televisivo e scrittore Gerhard Wisnewski, 43 anni, giornalista freelance per i network televisivi tedesco WDR e ZDF. Ha già dimostrato il proprio talento nel convertire sciocchezze in notizie a proposito dell'organizzazione terroristica tedesca “Rote Armee Fraktion” (la “RAF” tedesca, N.d.T.). Anni fa, il giornalista sostenne che la terza generazione della RAF fu fabbricata dai servizi segreti, che avevano urgente bisogno di un nemico rispettabile. Se andate sul sito web di Wisnewski, troverete articoli intitolati “I gas venefici usati contro i curdi furono un'operazione Iran-CIA” o “La crisi degli ostaggi di Mosca: ci sono dietro gli Stati Uniti?”. La formula è evidente: gli assassini sono sempre gli americani. Nel suo film, Wisnewski solleva il dubbio che un aereo si sia mai schiantato in Pensylvania.

Se non altro, Andreas von Bülow, 66 anni, ex ministro federale della ricerca e tecnologia e membro dell'SPD (Partito Socialdemocratico Tedesco), fa un'impressione in qualche modo più rispettabile. Ha alle spalle una carriera politica di tutto rispetto, era considerato una delle stelle in ascesa dei socialdemocratici sotto l'ex cancelliere Helmut Schmidt, ed è stato sottosegretario parlamentare nel Ministero della Difesa tedesco, dove si è trovato a stretto contatto con il mondo dei servizi segreti. Nel 1994 si è ritirato al piano più alto della propria casa a Bonn per spiegare il mondo alla gente. Nel suo libro, insinua che il Mossad israeliano possa essere implicato nell'11 settembre.

I sognatori tedeschi – Bülow, Bröckers, Wisnewski – potrebbero essersi facilmente ispirati al francese Thierry Meyssan. Il quarantaseienne guru parigino dei teorici della cospirazione preferisce vestire di nero, fino alle sue scarpe da ginnastica Puma, beve succo di frutta sulla terrazza sul tetto del Centro Pompidou di Parigi e fa la paternale. Parla per un'ora, due ore, tre ore, sempre ritornando a variazioni di una singola frase: “Sono convinto che nessun aereo si sia schiantato sul Pentagono”. Sta raccogliendo informazioni che secondo lui proveranno che sul Pentagono si è schiantato un missile Cruise, non un aereo.

A Meyssan piace discutere. A differenza degli altri teorici della cospirazione, non ha avuto bisogno dell'11 settembre per salire su un palco improvvisato e fare comizi: era già lì da sempre. Ha organizzato campagne di boicottaggio contro la Danone, ha usato le proprie ricerche per rendere difficile la vita al politico di destra radicale Le Pen e attaccato l'ordine segreto cattolico dell'Opus Dei. E' stato anche un uomo rispettato e temuto in affermati circoli politici. Ma mantiene ancora questa posizione oggi?

Dall'anno scorso è invischiato in una battaglia legale contro i principali quotidiani francesi. Li ha citati in tribunale perché si prendevano gioco di lui. Ma li ha anche citati perché lui, Meyssan, crede di doverli costringere ad affrontare la loro responsabilità di rivelare cosa è accaduto realmente l'11 settembre.

Il suo libro è già stato tradotto in diciotto lingue: sostiene che sicuramente non fu un Boeing a schiantarsi sull'ala ovest del Pentagono l'11 settembre 2001, ma molto più probabilmente un missile Cruise, prova dell'intenzione dell'industria militare statunitense di conquistare il potere con la forza.

Meyssan siede sopra i tetti di Parigi e si allunga sopra il tavolo verso il suo libro. Mostra una fotografia della facciata del Pentagono. Nella foto, il foro nella facciata non sembra molto grande. “E lei crede che un Boeing sia scomparso in questo foro? Sì? E' questo che crede, monsieur?”

Il libro contiene molte fotografie che mostrano fumo, vapori e fiamme. Meyssan le mostra come un tesoro. Come prova. Fatti. Verità. Ma restano delle domande: quali foto mancano? Quali sono quelle che si è lasciato sfuggire? E quali ha lasciato fuori?

Il doppio Atta


La più grande teoria cospiratoria è stata tralasciata completamente. Gli autori di questi libri hanno sostanzialmente ignorato gli antefatti riguardanti i piloti che lavorarono con Mohammed Atta e avevano trascorso del tempo ad Amburgo. Forse l'hanno fatto perché la questione è già stata chiarita, lasciando poco spazio a personaggi equivoci. O forse perché è più rischioso rigurgitare teorie cospiratorie basate su eventi avvenuti sotto casa. Tuttavia i pochi brani che hanno scritto sulla cellula di Amburgo sono piuttosto rivelatori e di fatto gettano luce sulla malaccortezza e trascuratezza di questi ricercatori della verità alternativi.

Prendiamo i presunti esecutori innocui, per esempio. “Per quel che riguarda gli atteggiamenti politici e religiosi”, sostengono Bröckers e Hauß, “tutte le fonti indicano che Atta non si fece notare durante il periodo di Amburgo”. Tutte le fonti?

Quattro suoi ex amici, compresi Shahid N. e Marek M., descrivono Mohammed Atta come il guru di una setta che vomitava invettive piene d'odio. Una famiglia di insegnanti con cui Atta visse per un certo periodo lo cacciò via. Perché? Perché il fanatico puritanesimo dell'islamico stava seriamente stravolgendo la loro vita familiare.

La soluzione degli autori? Nessun problema, perché c'erano due Atta: “Esistono crescenti indicazioni che Atta possa aver avuto un doppione”. Restano fortemente imprecisi, glissando sulla causa della confusione. Sostengono che Atta usò il nome Amir in Germania. Il suo nome completo era Mohammed Mohammed al-Amir Awad al-Sajjid Atta. Diverse grafie e parti del suo nome compaiono nei rapporti degli investigatori. Praticamente tutto qui.

Il terzo esempio riguarda una società informatica, definita inquietante e misteriosa, situata nella cittadina di Wentorf, vicino ad Amburgo: vi lavorarono alcuni dei futuri terroristi e dei loro amici. “Si dice vi siano segnalazioni anonime da ambienti vicini ai servizi segreti che suggeriscono che la società potrebbe essere stata soltanto una facciata”, sostiene von Bülow.

E' una fandonia totale. La Hay Computing Company possiede indubbiamente una facciata, ma essa è saldamente attaccata a un edificio in mattoni rossi, in cui impiegati in carne e ossa lavorano realmente. E la società ha a che fare con i servizi segreti tanto quanto questo ex ministro tedesco ha a che fare con la verità: nulla.

“Non è compito mio sviluppare un'ipotesi dimostrabile”, dice von Bülow, “Io posso solo mettere insieme i pezzi del rompicapo e dire che questo o quell'elemento sembrano insoliti”.

Foschi sospetti devono aver mulinato nelle menti di Bröckers e Hauß quando vennero a conoscenza di un piano dei servizi segreti tedeschi. Anche durante gli anni 90, l'Ufficio Federale Tedesco per la Protezione della Costituzione intercettò le comunicazioni telefoniche nell'ambiente dei futuri piloti suicidi. Secondo gli indignati giornalisti investigativi Bröckers e Hauß, queste intercettazioni avrebbero richiesto un ordine del tribunale. “Può essere che non ci sia mai stato un ordine del tribunale e che i servizi segreti abbiano svolto il loro operato ad Amburgo in completa violazione della legge?”. E' una domanda intesa a generare sfiducia, ma non fa altro che rivelare una cosa: la totale e profonda ignoranza di questi esperti di cospirazioni.

Infatti a differenza di un'intercettazione della polizia, per un'intercettazione dei servizi segreti non è richiesto un ordine del tribunale; queste attività di monitoraggio richiedono invece l'approvazione della commissione G-10 competente. Nulla fu fatto illegalmente, e nulla fu nascosto alle commissioni di controllo. Questo pone un altro problema: può essere che questi autori abbiano investigato “meticolosamente” in modo da poter eludere ogni dovere giornalistico di usare cautela e buon senso?

Ogni dettaglio apparentemente incoerente viene usato come prova che c'è qualcosa di sospetto. Invece di chiarire queste presunte incongruenze svolgendo ricerche in proprio, gli autori usano le lacune delle loro competenze come prova di ciò che secondo loro è una manipolazione da parte di loschi agenti segreti e funzionari di polizia, disseminando i loro scritti di domande e insinuazioni.

Per esempio, Wisnewski tenta di usare l'esempio del testamento di Atta, ritrovato dopo gli attacchi, per scoprire incongruenze delle quali Wisnewski stesso dovrebbe essere considerato responsabile: “Da un lato, nessuno sa se davvero esista il testamento. Dall'altro nessuno può verificare l'originale in arabo per stabilire se fu correttamente tradotto dall'FBI. In altre parole, semplicemente non abbiamo accesso al testamento originale di Atta”.

L'unico dato esatto è che Wisnewski conosce la faccenda poco quanto la conoscono Bröckers e soci, che fanno sproloqui sul “testamento equivoco”. Avrebbero dovuto saper evitare quest'errore. L'originale arabo esiste eccome, e coloro che l'hanno firmato come testimoni, su richiesta di Atta, non sono scomparsi.

Uno di loro, Abdelghani Mzoudi, il presunto collaboratore attualmente sotto processo ad Amburgo, mostrò il documento in arabo a Der Spiegel poco dopo gli attacchi. E verificò non solo l'autenticità del documento, ma anche quella della sua firma.

Dov'erano gli ebrei?


Gli autori tedeschi sembrano trovare più semplice tessere le loro teorie cospiratorie da lontano. Per esempio, von Bülow scrive che ci fu “una sola vittima israeliana l'11/9” nelle torri del World Trade Center, ma che ci sono “numerose indicazioni che puntano a una sorta di connessione tra il Mossad israeliano e gli atti e gli esecutori dell'11/9”.

E' una teoria che l'ex ministro ha spiegato in un'intervista con Der Spiegel in modo piuttosto arzigogolato.

Domanda: Supponiamo che sia vero che morì un solo israeliano. Tutti gli altro che non erano nelle torri quel giorno sapevano?

von Bülow: La gente dice che l'umore generale era depresso, prima degli attacchi. Non ho idea del perché, o se le persone si avvisassero a vicenda attraverso il passaparola.

Domanda: Intende suggerire che ci fossero molte persone a conoscenza della cosa?

von Bülow: Non lo sapevano, lo sospettavano.

Domanda: E perché nessuno di loro ne parla ora?

von Bülow: E' successo. Dicono che un ragazzino pachistano abbia detto: “Le torri non svetteranno più domani”.

Tutto questo è poco più che pettegolezzo. Una cosa è certa, tuttavia: il mito di una cospirazione ebraica cominciò a girare per Internet poco dopo gli attacchi. Secondo questo racconto, 4000 ebrei che lavoravano al World Trade Center non si presentarono al lavoro l'11 settembre. Ciò significa che gli ebrei sapevano, dato che il Mossad deve aver pianificato l'attacco.

Questa teoria è data per scontata nei paesi arabi. Fu partorita dalla televisione libanese al-Manar, che orgogliosamente annuncia sul proprio sito web di condurre una “guerra psicologica contro il nemico sionista”.

Abraham Foxman, della Jewish Anti-Defamation League di New York, sa bene quanto siano coriacee queste maldicenze. Ha spesso tentato di utilizzare le cifre a sua disposizione per smontare queste voci. I suoi collaboratori hanno contato le vittime ebree dell'attacco, e Foxman dice che furono almeno 400, probabilmente di più. Non ci sono cifre ufficiali, dal momento che le autorità statunitensi non documentano l'appartenenza religiosa.

Mentre von Bülow si attiene alla propria teoria del Mossad, Wisnewski dubita che gli islamici abbiano mai pensato di attaccare il World Trade Center. “Lo stesso titolone – 'Attacco all'America' – apparve ovunque dopo gli attacchi, sui giornali, sui periodici e in televisione, e rappresenta un grossolano fraintendimento, probabilmente intenzionale, del vero obiettivo degli attacchi”.

Infatti il World Trade Center a New York, sottolinea Wisnewski, non era in alcun modo esclusivamente un simbolo dell'America. “Invece”, dice Wisnewski, “le spettacolari torri gemelle 'appartenevano' a tutto il genere umano”.

Per questo motivo, sostiene, non avrebbe senso ritenere che “terroristi arabi e/o islamici” avrebbero scelto le torri come obiettivo, perché scegliersi “questo obiettivo significa scegliersi il mondo intero come nemico”.

Nel mondo di Wisnewski, questa analisi dell'aria fritta non può che condurre a queste conclusioni: “O gli assassini islamici... fallirono miseramente. Oppure si trattò di... assassini che erano interessati a generare una coalizione mondiale di guerra sotto la guida degli Stati Uniti”.

Wisnewski e soci sembrano ignorare il fatto che le torri del World Trade Center erano già state oggetto di un attacco da parte di integralisti islamici. Lo fanno per un'ottima ragione, dal momento che le prove erano schiaccianti nei confronti di coloro che fecero esplodere un'autobomba nel garage sotterraneo delle Twin Towers il 26 febbraio del 1993, uccidendo sei persone e ferendone oltre un migliaio.

Tra i documenti che gli investigatori sequestrarono ai terroristi e ai loro fiancheggiatori associati a Sheikh Omar Abd al-Rahman c'era una chiamata alle armi, che suona come un ordine di marcia permanente per coloro che hanno dedicato le proprie vite alla guerra santa: “Dobbiamo completamente abbattere il morale dei nemici di Dio distruggendo le torri che sono i pilastri della loro civiltà – le loro attrattive turistiche e gli alti edifici di cui vanno tanto orgogliosi”.

(continua)

2008/03/22

La Cospirazione Impossibile alla radio

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Andrea Occhi per la trascrizione.

L'11 e 12 marzo scorsi, l'emittente bolognese Radio Città Fujiko ha dedicato due spazi d'intervista al libro di debunking "11/9 La Cospirazione Impossibile", a cura di Massimo Polidoro. La registrazione dell'intervista è disponibile in formato MP3 in due blocchi (primo e secondo). Qui sotto viene pubblicata la trascrizione a titolo di documentazione e per chiarire alcune frasi erroneamente citate da alcuni commentatori.


ANIMATORE: ...Vi abbiamo già anticipato in apertura del programma di oggi che l'argomento oggi è abbastanza delicato, soprattutto perché è un dibattito che non si ferma mai, sempre piuttosto dinamico e vivace. A ottobre, qualcuno si ricorderà, avevamo ascoltato le parole di Giulietto Chiesa, che era stato l'autore di un libro, precisamente il curatore di un libro che si intitolava “Zero”, edito dalla casa editrice Piemme. Dovete sapere che la Piemme ha pubblicato, proprio qualche tempo dopo, un altro volume, diciamo così, a cui hanno lavorato diversi autori, nel quale invece, a proposito dell'undici settembre, si sostiene la teoria esattamente opposta.

Cioè, facciamo un attimo d'ordine: Giulietto Chiesa era comunque fra quelli che sostenevano la tesi dell'inside job, come viene detto in inglese, insomma dell'intervento, comunque, di un qualche ruolo ancora tuttora misterioso dell'amministrazione americana e del governo Bush nei fatti dell'undici settembre, quindi le cosiddette teorie del complotto. Sapete che ci sono tanti elementi che ancora non tornano a proposito dei fatti, appunto, di quel giorno, anche perché, pensate, che a sei anni di distanza da quegli eventi, un sondaggio della Scripps News Service, dell'università dell'Ohio, rivela che un americano su tre al momento è convinto che dietro agli attentati ci sia, in un modo o nell'altro, il governo americano. Quindi un dato sicuramente da cui partire per andare un po' più a fondo.

Vi dicevo, qualche mese dopo, sempre la stessa casa editrice, la Piemme, ha pubblicato un altro volume, che è curato da Massimo Polidoro, si intitola “Undici Settembre, la cospirazione impossibile” e qui, caro Mingo, gli autori sostengono un po' l'esatto opposto, cioè sono contro gli elementi forniti dai complottisti, da quelli che sostengono la teoria del complotto e quindi cercano come loro obiettivo di smontare tutte le principali osservazioni, ecco, che vengono avanzate per parlare del coinvolgimento del governo americano in questi fatti, quelli dell'undici settembre. In particolare, tanti autori, fra questi Piergiorgio Odifreddi, Umberto Eco e, appunto, Paolo Attivissimo, che è proprio il co-curatore, il coautore di questo libro che abbiamo voluto ascoltare a proposito dei fatti dell'undici settembre. Ascoltiamo allora questo botta e risposta, questa conversazione che il nostro Francesco Giovannetti ha realizzato proprio con Paolo Attivissimo a proposito delle teorie del complotto.


F.G. Innanzi tutto diamo il benvenuto a Paolo Attivissimo su Radio città Fujiko.


P.A. Buongiorno.


F.G. Paolo, tu sei un giornalista informatico e un consulente per Rai, Mediaset e RTSI. Da anni curi un blog: www.disinformatico.info, su cui tenti di smascherare le piccole e grandi bufale informatiche che ogni giorno circolano sulla rete e che molto spesso i media riprendono e pubblicano come notizie. Vieni per questo definito uno studioso di disinformazione nei media. Recentemente è uscito il libro “11/9, la cospirazione impossibile”, a cura di Massimo Polidoro e edito dalla Piemme. Nel libro si parla delle teorie alternative alle versioni ufficiali delle vicende di quella tragica giornata e di come queste teorie, spesso molto affascinanti, non reggono ad una analisi oggettiva dei fatti. Il libro è scritto a più mani, raccoglie contributi di diversi esperti e di intellettuali autorevoli, tra cui pure i tuoi. Quante sono le teorie alternative che circolano sui fatti dell'11/9 e quali sono le principali?


P.A. Mah, dozzine. Ne nasce una nuova ogni giorno. Le teorie principali sono che, per esempio, le torri gemelle non siano crollate perché colpite da 120 tonnellate di aeroplano, incendiate da 38.000 litri di carburante e quindi siano venute giù spontaneamente, per necessità fisica, ma sia stato necessario aggiungerci, come dire... dare un aiutino, se posso essere irriverente, quindi metterci dell'esplosivo o delle sostanze che ne facessero crollare i supporti. Questa è una delle più... più diffuse.

Un'altra popolarissima da anni è quella secondo la quale al Pentagono non si sarebbe schiantato nessun aereo di linea ma, a seconda di chi la sostiene, potrebbe essere stato, che so, un missile, un aereo militare o addirittura un camion, che stranamente è stato scambiato da una cinquantina di testimoni oculari per un aereo di linea che volava.


F.G. Ecco, hai fatto qualche esempio. Cosa hai scoperto che non andava in queste argomentazioni?


P.A. È molto facile. Se uno osserva queste cose con un minimo di freddezza può capire che non stanno in piedi. Ad esempio, una teoria molto popolare a proposito dell'impatto al Pentagono è che il foro prodotto dall'aereo sia troppo piccolo rispetto alle dimensioni di un aereo di linea. Però uno si... dovrebbe chiedersi, ma, se c'è una terribile cospirazione per far finta che un aereo sia caduto lì quando in realtà è stato colpito da qualcos'altro, non sarebbe stupido fare un buco troppo piccolo per un aeroplano?

E basandosi su queste semplici argomentazioni di buon senso ci si rende conto che le teorie cospirazioniste sono affascinanti, ma non stanno assolutamente in piedi. Per esempio, nel caso delle Torri Gemelle si parla spesso di demolizioni controllate piazzando dell'esplosivo. Ma come si fa a piazzare dell'esplosivo lungo 110 piani di un edificio occupato continuamente da persone su tutti i suoi livelli senza che si vedano in giro, che so, cavi, detonatori, oggetti... masse di esplosivo applicate alle colonne portanti? Qualcuno se ne sarebbe dovuto accorgere. Queste sono le cose che le teorie alternative non riescono a spiegare. Appena si comincia a chiedere una definizione più precisa della dinamica degli eventi, cadono in contraddizione.

Andando a scavare in queste cose, poi, sono saltati fuori degli aspetti tecnicamente molto interessanti, a volte anche tragici, ma non ci sono state conferme delle teorie alternative che le supportavano, anzi piuttosto ci siamo scontrati con molto disappunto con una spiccata tendenza a falsificare le prove. Abbiamo trovato persone che sostenevano queste teorie e che pubblicavano ricerche apparentemente serie, autorevoli, prestigiose e poi basate su fotografie false. Per cui, per esempio il bagliore che veniva dalle macerie, che sembrava essere la prova di presenza di materiale incandescente molto sospetto, in realtà poi saltava fuori essere il fascio di luce emesso dalle torce dei soccorritori.

Quindi è molto facile, alla fine, darsi da fare e scoprire che dietro queste affermazioni stanno molto spesso delle persone che non solo non hanno competenze, ma usano anche la malizia e la disinformazione.


F.G. Nella copertina di "Cospirazione impossibile" si legge che un evento così drammatico e rilevante come l'undici settembre impone una ricerca appassionata, rigorosa e razionale della verità, e che utilizzare il metodo scientifico, invece che parodie della scienza, sia la strada da percorrere. Parlaci quindi di questo metodo: di cosa si tratta e come si applica.


P.A. Beh, molto semplicemente: la prima cosa da fare è andare alla radice delle informazioni, quindi non basarsi sulle dichiarazioni riportate di terza mano, ma andare a sentire direttamente i testimoni, procurarsi tutto il materiale originale. Andiamo a vedere quali sono i documenti tecnici, andiamo a leggere la letteratura tecnica prodotta dagli architetti e dagli ingegneri civili di tutto il mondo per vedere se loro hanno dei sospetti riguardo, per esempio, il crollo delle Torri Gemelle. Andiamo a sentire gli esperti di aeronautica per sapere come si decifrano i dati di una scatola nera e vediamo di applicare queste conoscenze ai dati pubblicati dal governo, perché il governo americano in alcuni aspetti è stato molto trasparente. Noi abbiamo ricevuto, senza alcun aggravio di spesa, i dati originali delle scatole nere dei voli dirottati. Quindi abbiamo potuto analizzare la dinamica degli eventi, capire per esempio che l'aereo caduto in Pennsylvania, che poteva essere almeno apparentemente abbattuto, invece era precipitato intatto: i motori erano ancora funzionanti quando ha urtato il terreno ad altissima velocità, e questo quindi ha demolito completamente le ipotesi, peraltro abbastanza plausibili inizialmente, di un abbattimento.


F.G. Nella tua analisi critica citi molto spesso il rapporto del NIST: il National Institute of Standards and Technology, che, ricordiamo, è un istituto indipendente. Perché consideri attendibile quel rapporto?


P.A. È attendibile perché falsificare 43 volumi di materiale tecnico è una operazione abbastanza fantascientifica. Non solo: questo materiale tecnico è scaricabile da Internet e consultabile da tutti gli esperti del mondo e quindi sarebbe molto difficile riuscire a farla franca. E non solo: il NIST è un ente prestigiosissimo e, come dicevi giustamente, indipendente e ci sarebbe un problema logico nel sospettare che il NIST abbia falsificato tutta questa massa colossale di dati: significherebbe che le persone coinvolte nella cospirazione a tutti i livelli sono numerosissime, quindi tutti i settanta membri del NIST che hanno partecipato direttamente, più tutti coloro che hanno avuto a che fare con la raccolta dei materiali. Ci sarebbe in teoria da ipotizzare una omertà assolutamente impenetrabile, che neanche la Mafia riesce ad ottenere, quindi figuriamoci se ci riescono gli americani.


F.G. Abbiamo parlato appunto del rapporto NIST. Ce ne sono molti altri di questo genere?


P.A. Sì, ce ne sono moltissimi. Ecco, un mito che vorrei cogliere l'occasione di sfatare è che ci sia soltanto questa specie di riassunto fatto dalla commissione d'indagine, che è il famoso Rapporto della Commissione 11/9 che tutti conoscono. In realtà c'è una inchiesta giudiziaria, prodotta dagli organi giudiziari americani civili: il processo contro Zacarias Moussaui, che ha prodotto una messe enorme di documentazione. Oltre alla Commissione 11/9 c'è un'altra indagine governativa, che è lo “Staff Report" e il "Joint Inquiry” che, anche lì, sono altre 800 pagine di documentazione dettagliatissima.

E ci sono cinque indagini tecniche, fatte dalla FAA, che è l'ente dell'aviazione civile americana, dall'NTSB, che è l'ente americano preposto alla sicurezza dei trasporti, dalla FEMA, che è l'ente americano per la gestione delle emergenze, dall'ASCE, che è l'associazione degli ingegneri civili statunitensi, e quella già citata del NIST. E poi a queste possiamo aggiungere anche i rapporti fatti dai soccorritori, dai pompieri e da tutti gli altri esperti che hanno collaborato, non solo all'analisi tecnica dei dati, ma anche ai soccorsi. Dovremmo implicare una quantità smisurata di persone se vogliamo ipotizzare una cospirazione.


F.G. Per Radio Città Fujiko, Francesco Giovannetti.


ANIMATORE: E grazie allora proprio al nostro Francesco Giovannetti, che ha raccolto per noi questa intervista con Paolo Attivissimo. Sicuramente, Mingo, mi verrebbe da dire, il dibattito è vivacissimo e sicuramente non si fermerà qui. Questa è solo ovviamente una delle voci che abbiamo voluto ricordare a proposito di questo dibattito, appuntto, sui fatti dell'undici settembre. Sarà nostra premura, anche prossimamente, farvi riascoltare le voci di chi invece sostiene l'opposto e quindi dare la possibilità magari a Giulietto Chiesa di rispondere anche a Paolo Attivissimo, no?


MINGO: Certo, certo, anche perché ci sono stati alcuni programmi televisivi, anche ultimamente, è ritornato un po' fuori con l'uscita di alcuni libri sia pro che contro e ci sono... rimangono ancora alcuni punti che sono misteriosi. È indubbio, come appunto diceva Paolo Attivissimo, che su certe cose probabilmente si è andato all'inizio con delle ipotesi che potessero essere più ipotesi. Anch'io credo sia difficile minare tutto il World Trade Center con delle bombe, insomma, su tutti i piani anche se le immagini, magari realizzate in un certo modo, potevano far pensare perché quando crollano le torri ci sono questi sbuffi, che in realtà potrebbero essere benissimo la rottura di quella zona lì e non solo un'esplosione, anche se sembra veramente un'esplosione. A vedere ricorda molto il crollo classico degli edifici a caduta controllata. Comunque continueremo a sentire domani la seconda parte dell'intervista a Paolo Attivissimo, poi gireremo l'intervista a Giulietto Chiesa e faremo rispondere a lui. Poi continueremo e continueremo...

Seconda parte


ANIMATORE: ...dobbiamo parlare di 11 settembre, caro Alessio...


ANIMATORE: E' vero, è vero, caro Dado. In questo pomeriggio chiudiamo questa parte piuttosto parlata di Pandemonium, questa seconda ora, poi torneremo tra pochissimo anche alla musica. Seconda puntata del nostro viaggio a proposito dell'undici settembre, anche perché abbiamo preso spunto da un libro che si intitola “11/9 la cospirazione impossibile”, un libro che è curato da Massimo Polidoro. Tanti gli autori che hanno collaborato; fra questi anche Paolo Attivissimo. Allora, ieri abbiamo già ascoltato la prima parte delle sue dichiarazioni. Approfitto per ricordarvi anche un indirizzo Internet, che è attivissimo.blogspot.com. Abbiamo anche già parlato, insomma, dell'obiettivo di questo volume, quello certamente di andare un po' a smontare le teorie del complotto e del cosiddetto inside job, del lavoro sporco che riguarderebbe il coinvolgimento dell'amministrazione Bush nei fatti dell'undici settembre. Allo stesso tempo diciamo che l'obiettivo del libro è anche di analizzare decine di teorie alternative, avvalendosi della collaborazione di tecnici che appartengono a molti settori. E anche molte delle tesi dei complottisti possono certamente essere affascinanti ma, è questa la teoria, è questa la tesi del libro, non reggono ad una analisi oggettiva dei fatti. Per estremo paradosso, infatti, il mantra della cospirazione si fonda su una immotivata idealizzazione dell'infallibilità americana.

Questo un po' il succo, la logica che sta alla base di questo libro. Ieri eravamo partiti anche da un dato, quello per il quale a sei anni di distanza da quegli eventi, un sondaggio della “Scripps Service”, dell'università dell'Ohio, rivela che un americano su tre è convinto che dietro gli attentati ci sia, in un modo o nell'altro, il governo statunitense. Devo dire che è abbastanza interessante il fatto che se oggi si cercano con Google le parole “9/11", quindi 11 settembre, oppure la parola "conspiracy”, si trovano, pensate, un milione e seicentomila pagine web dedicate a sostenere questa oppure quella teoria del complotto. Sapete benissimo anche che si è creato un mercato piuttosto fiorente, dal punto di vista editoriale e cinematografico, a proposito dei fatti dell'undici settembre. Infatti potremmo parlare benissimo di tremila saggi e di decine di film e documentari pubblicati su Internet oppure su DVD che propagandano la vera storia dell'undici settembre in contrapposizione alla cosiddetta versione ufficiale.

Ci sono tante tesi, ovviamente che riguardano l'undici settembre, tante teorie che ne parlano, ovviamente quelle che sono oggetto di questo libro sono certamente quelle del complotto. Diciamo anche che c'è anche chi ritiene responsabile Bush e i suoi cortigiani e chi invece lo vede come un complotto israeliano; c'è chi lo interpreta come una cospirazione ordita dai baroni del petrolio e dai fabbricanti di armi e chi invece dà la colpa alla CIA e ai servizi deviati.

Insomma, giusto per darvi, così, un'idea ovviamente del fatto che ovviamente la discussione, il dibattito è ancora molto acceso, ci sono ancora tanti filoni ovviamente da ascoltare e da analizzare, noi ci siamo soffermati questa volta su quello che ha detto il nostro Paolo Attivissimo, che, come vi dicevo, ha smontato le teorie del complotto. Vi dicevo anche nella puntata di ieri che prossimamente ci sarà spazio per ascoltare, ovviamente anche per correttezza e per completezza soprattutto dell'informazione, l'intervento a questo proposito di Giulietto Chiesa, che è l'autore di un libro che è uscito ormai diversi mesi fa, che si intitola “Zero” ed è sempre pubblicato dalla casa editrice Piemme. Caro Dado, allora, è il momento di ascoltare questa seconda parte dell'intervista a Paolo Attivissimo, coautore di questa “Cospirazione impossibile”. Andiamo a sentire allora questo secondo stralcio che è stato raccolto per noi dal nostro Francesco Giovannetti.


F.G. Avrai sicuramente studiato nei dettagli la versione ufficiale, quella della commissione parlamentare sulle vicende dell'undici settembre. Sono mai emerse, secondo la tua opinione, degli errori o delle incongruenze? E se sono emerse, quali sono le principali?


P.A. Beh, ci sono stati dei momenti di reticenza da parte di alcune autorità. Ad esempio i militari, a proposito di intercettare il Volo 93, l'ultimo, quello caduto in Pennsylvania, hanno fornito delle informazioni fasulle o per incompetenza loro, o per desiderio di fare, come dire, figura meno imbarazzante rispetto a quella realmente fatta, ma la Commissione se ne è accorta, per cui fu addirittura necessario da parte della Commissione arrivare alla richiesta giudiziaria formale di desegretare dei dati.

E questo credo che sia interessante, perché credo dimostra che non fu una commissione-farsa giusto per trovare un minimo di plausibilità politica all'evento, ma ci fu una vera e propria lotta all'interno delle autorità per arrivare a una definizione concreta della realtà, anche perché lo scopo delle indagini non era tanto quello di provare ad additare un colpevole, che in realtà non c'è all'interno delle istituzioni americane: è stato un fallimento generale dei sistemi di difesa. Sarebbe stupido prendere un capro espiatorio.

Lo scopo dell'indagine della commissione d'inchiesta era determinare che cosa fare per evitare che si ripetesse un disastro del genere. E questo, fino adesso, mi sembra che sia riuscito.


F.G. Nei capitoli che hai scritto te del libro, quasi tutti i dati che citi a supporto delle tue analisi provengono da Internet. Come si rintracciano e si pescano le risorse sul Web?


P.A. Beh, con molta fatica, devo dire... No, in realtà ci sono moltissime operazioni di trasparenza fatte dagli enti specialistici statunitensi, che abbiamo già citato: FAA, NIST, per cui praticamente tutta la documentazione attinente all'undici settembre è pubblicamente disponibile e quindi consultabile. E poi c'è la disponibilità di molti piloti, che magari non volendo apparire in prima persona, però ci segnalano informazioni, ci segnalano eventi.

Una delle cose che molti non sanno è che l'intero catalogo degli incidenti aerei della storia è disponibile su Internet. Quindi attingendo a tutta questa massa di dati si riesce effettivamente a creare un quadro molto... molto completo della situazione.


F.G. In giro per il mondo sono in molti che sostengono che dietro ci sia la lunga mano della amministrazione Bush. Anche in Italia, personalità come Massimo Mazzucco o Giulietto Chiesa sono assolutamente convinte di ciò. Qual è la motivazione profonda che spinge le persone a credere nell'inside job?


P.A. Bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati. Io posso fare delle ipotesi in questo senso. So per esperienza, dal lavoro che ho fatto su altre ipotesi di complotto, che c'è un forte desiderio di far associare a una grande tragedia una grande spiegazione. Come dire, psicologicamente ci turba l'idea che un gruppo sparuto di persone ben determinate, disposte a suicidarsi e disposte a spendere e a passare anni ad addestrarsi, come hanno fatto per esempio i dirottatori dell'undici settembre, queste persone possano cambiare la storia. Ci sembra dissonante, ci sembra stonato che una causa così piccola possa avere un effetto così grande e quindi cerchiamo rifugio in una cospirazione che sia proporzionata all'evento.

Un altro effetto di questo atteggiamento è che in questo modo, come dire, siamo rassicurati. Se noi pensiamo che sia la CIA o il Mossad a ordire queste... queste grandi cospirazioni, il terrorismo non ci può colpire perché in realtà non esiste, è una macchinazione inventata e quindi possiamo andare avanti nella nostra vita quotidiana pensando di essere più tranquilli e al sicuro. In più c'è questa soddisfazione, da parte di molti sostenitori delle teorie alternative, non solo economica, perché vendendo libri di fantasia effettivamente si vende molto più che vendendo libri di ricerca concreta, e si fatica molto meno a produrli.

Ma soprattutto c'è la creazione di questo... seguito di persone appassionate, e quindi c'è l'effetto guru, insomma: si va, come per esempio fa Thierry Meyssan, che è stato il primo a lanciare queste teorie cospirazioniste, lui gira per il mondo, ospite di capi di stato e vari dignitari, spesato grazie alle sue teorie sul Pentagono, per esempio.


F.G. L'impressione è che alla pubblicazione de “La cospirazione impossibile” potrebbe seguire un altro libro che sostiene le teorie del complotto. Insomma c'è l'impressione che dalla spirale delle ricostruzioni non si esca. Secondo te, arriveremo mai a una versione conclusiva che vada bene sia per i complottisti che per i sostenitori della teoria ufficiale?


P.A. Mah, ai complottisti, purtroppo, ad alcuni complottisti non bastano neanche le prove più evidenti. Del resto, basti pensare che siamo ancora fermi, dopo sette anni, alle dimensioni del buco nel Pentagono. C'è ancora Giulietto Chiesa che recentemente in televisione ha dichiarato che il foro di ingresso dell'aereo nel Pentagono è largo 5 metri. Ora ci sono delle fotografie, non è necessario un calcolo ingegneristico. Ci sono delle fotografie che mostrano chiaramente che non sono quelle le dimensioni: il foro è largo ben 35 metri, esattamente quanto l'aeroplano. Non si riesce ad andare avanti in questo senso, perché persone di questo livello rifiutano di esaminare i dati. Quindi non ci sarà mai una spiegazione che soddisfi chiunque. C'è già adesso, se si va ad esaminare l'immensa massa di dati e la si trova... soprattutto la si trova coerente, c'è già una spiegazione precisa e dettagliata di come si sono svolti gli eventi.

Ci sono delle piccole zone grigie, che sarebbe opportuno magari rendere più trasparenti, e questo probabilmente sarà il risultato dei processi che si stanno per celebrare a carico degli organizzatori e dei fiancheggiatori dell'undici settembre, ma l'architettura generale, ovvero il fatto che ci siano stati 19 dirottatori e questi dirottatori abbiano preso il comando degli aerei dopo il decollo e li abbiano lanciati contro i loro bersagli, questo è ormai assodato e indiscutibile. C'è una massa di prove tali e talmente... incrociata tra le varie fonti, senza cadere in contraddizione, che sarebbe sciocco insistere per cercare delle spiegazioni alternative. Purtroppo, però, c'è ancora gente che, anche di fronte alle prove più evidenti preferisce continuare a fare propaganda ai propri prodotti, ai propri cappellini, gadget, magliettine e via dicendo.


F.G. Paolo, ti ringrazio tantissimo per essere stato assieme a noi.


P.A. Grazie a voi.


F.G. Per Radio Città Fujiko, Francesco Giovannetti.


ANIMATORE: Beh, noi ringraziamo sicuramente il nostro Francesco Giovannetti e ringraziamo allo stesso tempo Paolo Attivissimo per queste due puntate dedicate all'undici settembre che tra l'altro, molto hanno suscitato da discutere anche sul “Disinformatico”. Vi ricordo il riferimento Internet per quanto riguarda Paolo Attivissimo: attivissimo.blogspot.com. Un saluto anche a tutti quelli che hanno ascoltato questa intervista via streaming ovviamente dal nostro sito Internet www.radiocittafujiko.it, sicuramente il nostro Attivissimo si è anche soffermato sulla necessità di un metodo anche a proposito della ricerca di materiali sul Web che, a quanto pare, comunque presenta diverse informazioni che vanno cercate e devono essere cercate in modo corretto, ovviamente. È giusto e c'è bisogno anche di una grande spiegazione, ha ribadito il nostro Attivissimo, per un evento di grande proporzione. Quindi forse anche per questa ragione sono suscitate, sono nate diciamo così tutte queste teorie del complotto.

Per chiudere questa lunga parentesi mi soffermo un attimo sulla questione degli sbuffi. Sapete che un elemento che ha interessato molto a proposito della caduta, del crollo delle Torri Gemelle, anche perché veniva legato al meccanismo delle demolizioni controllate. Il nostro Paolo Attivissimo, che ha scritto due capitoli in questo libro dal titolo “11/9 la cospirazione impossibile”, ci spiega che si tratta di polvere e di fumo espulsi dall'edificio a causa della compressione dell'aria contenuta al suo interno e che, durante il rapido crollo dei solai che agirono come enormi stantuffi, l'aria presente fra un solaio e l'altro dovette trovare delle vie di sfogo e sfruttò quindi le finestre infrante distribuite irregolarmente lungo la facciata, trascinando con sé anche la polvere e il fumo presente all'interno della struttura. Solo alcune righe tratte dai capitoli scritti da Paolo Attivissimo, per farvi capire che allora, tutto sommato, con poche righe si può smontare una teoria come quella che crede alle demolizioni controllate per quanto riguarda il crollo delle Torri Gemelle.

Sicuramente un dibattito interessante e affascinante da proseguire, lo faremo nei prossimi appuntamenti qui a Pandemonium. Per quanto riguarda invece l'undici settembre, le puntate terminano qui...

2007/09/24

Meyssan e l'incendio all'Old Executive Building

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Durante una recente intervista per il Corriere del Ticino, il giornalista Carlo Silini mi ha segnalato una teoria cospirazionista che non conoscevo e che credo possa essere un buon esempio di come si crea con estrema facilità un falso mistero e come lo si può indagare attingendo alle risorse tecniche pubblicamente disponibili a chiunque voglia studiare seriamente gli eventi.

La domanda di Silini è stata questa:

Qualcuno fa osservare che la notizia diffusa dalla «ABC» alle 9.42 dell'11 settembre con immagini trasmesse in diretta di un incendio sviluppatosi in un edificio annesso alla Casa Bianca, l'Old Executive Building, sia sparita quasi subito dalla circolazione e nessuno ne abbia più parlato.

Il giornalista non ha specificato chi fosse questo "qualcuno": un elemento importante per risalire alla teoria nella sua forma originale. Ma è stato sufficiente immettere "old executive building" e "9/11" in Google per trovare il probabile padre di questa teoria: Thierry Meyssan, autore del più venduto libro cospirazionista sull'11 settembre (L'Effroyable Imposture) e ospitato da Giulietto Chiesa nel libro Zero.

La teoria di complotto


Ecco come Meyssan descrive la questione nel suo libro Le Pentagate, scaricabile anche come documento PDF:

Circa tre quarti d'ora dopo gli schianti di due aerei sul World Trade Center di New York, anche la capitale federale, Washington, viene toccata. Sembra verificarsi un primo attentato nell'Old Executive Office Building, edificio annesso alla Casa Bianca. Alle 9:42, la rete televisiva ABC mostra immagini di un fumo spesso che si leva dall'edificio della presidenza degli Stati Uniti. Queste immagini furtive, rapidamente dimenticate, vengono eclissate due minuti dopo dall'annuncio di un secondo incendio, stavolta alla sede della difesa americana, il Pentagono.

Près de trois quarts d'heure après les crashs de deux avions sur le World Trade Center de New York, la capitale fédérale, Washington, est elle aussi touchée. Un premier attentat semble avoir lieu dans l'annexe de la Maison-Blanche, le Old Executive Office Building. A 9 h 42, la chaîne de télévision ABC montre des images d'une épaisse fumée se dégageant du bâtiment de la présidence des États-Unis. Ces images furtives que l'on a vite oubliées sont éclipsées deux minutes plus tard, par l'annonce d'un deuxième incendie, cette fois au siège de la défense américaine, le Pentagone.

Presentata così, sembra una prova piuttosto inequivocabile: un misterioso incendio che si leva dalle vicinanze della Casa Bianca, documentato oltretutto in diretta dalle telecamere di una rete televisiva.


I fatti


Le dirette televisive di quel giorno sono disponibili in streaming grazie ad Archive.org qui, per cui si può andare a controllare esattamente cosa ha mostrato la ABC alle 9:42. Ecco un fotogramma:


La diretta della ABC alle 9:42. Fonte: Archive.org.

La giornalista della ABC, Claire Shipman, a un certo punto dice chiaramente che sta guardando una grande nube di fumo che si leva da dietro l'Old Executive Office Building, un edificio che nell'inquadratura è a destra della Casa Bianca:

... all we know is it's a gigantic plume of smoke coming from behind the Old Executive Office Building...

Già questo indica un primo errore di Meyssan, che si sarebbe potuto evitare facilmente ascoltando le parole della diretta invece di limitarsi a guardare le immagini.

Meyssan ha erroneamente attribuito all'Old Executive Office Building (mostrato in dettaglio nella foto qui accanto) un incendio che in realtà sta avvenendo, dice la giornalista, dietro quest'edificio.

Si può determinare la vera fonte di quest'incendio in modo relativamente semplice combinando Google Earth, Wikipedia e gli indizi disponibili nella diretta stessa. I cronisti della ABC, infatti, dicono che la Shipman e la sua telecamera si trovano presso Lafayette Park, a nord della Casa Bianca, e una rapida controllata sulla Wikipedia permette di scoprire che l'Old Executive Office Building si trova sulla 17ma strada, fra la Pennsylvania Avenue e la New York Avenue. L'immagine qui sotto mostra la situazione in Google Earth.

Si può cliccare sull'immagine per ingrandirla.


Il confronto fra i fotogrammi della diretta e i dati di Google Earth permette di determinare la posizione approssimativa della giornalista della ABC. L'immagine qui a destra indica che la telecamera si trova in un edificio che ha a destra l'Old Executive Office Building, davanti e a sinistra la Casa Bianca e (dietro la Casa Bianca) l'obelisco del Washington Monument. Il verde in primo piano è Lafayette Park.

Tracciando una linea che unisce l'obelisco e la facciata della Casa Bianca si arriva a un edificio specifico vicino a Lafayette Park, che è il punto di vista della telecamera della ABC dal quale viene inquadrato l'incendio misterioso di Meyssan.

Si può cliccare sull'immagine per ingrandirla.


Avendo questo dato, possiamo tracciare una linea che ci permette di determinare cosa c'è dietro l'Old Executive Office Building dal punto di vista della telecamera. Il risultato probabilmente non sorprenderà chi ha notato l'orario delle immagini (9:42), successivo a quello dell'impatto al Pentagono: in linea d'aria dietro l'OEOB, al di là del fiume Potomac, c'è appunto il Pentagono.

Si può cliccare sull'immagine per ingrandirla.


Dunque l'incendio così apparentemente misterioso descritto da Thierry Meyssan non è altro che quello ben noto del Pentagono. Non è un incendio separato; non è un "secondo incendio". Ma Meyssan non si è soffermato a fare una semplice, banalissima verifica, come quella presentata qui, prima di far nascere l'ennesima storia fasulla sull'11 settembre.

Simili manifestazioni d'incompetenza sono giustificabili soltanto in due modi: con una manifesta stupidità del ricercatore o con una sua lucida malafede. Personalmente non credo sarebbe corretto insultare Meyssan dandogli dello stupido.

2007/08/18

Al-Qaeda: database della CIA?

di John - www.crono911.org

English abstract: the frequent claims that Al Qaeda is the name of a CIA database and was unknown before 9/11, and that Osama bin Laden was financially backed by the CIA are investigated. It turns out that the original source of these claims, often quoted even by prominent politicians, is a French conspiracy theorist. Legal papers, interviews and other documents dating as far back as 1989 prove instead that Al Qaeda was known well before 9/11 and that its name never stood for a database owned by the CIA or anyone else. CIA backing is denied by Ayman Al-Zawahri himself and other sources not tied to the US Government.

Quando si svolgono attività di studio e di ricerca sui fatti dell'11 settembre 2001, capita sovente di imbattersi in affermazioni ripetute e rilanciate su centinaia di siti, al punto che diventa quasi naturale pensare che le stesse rispondano a verità.

Molto spesso, però, quando si prende la briga di voler verificare tali affermazioni, si finisce per scoprire che la loro fondatezza è inversamente proporzionale alla loro diffusione e notorietà.

E' questo il caso dei presunti rapporti tra Al-Qaeda (la rete terroristica capeggiata da Osama bin Laden, responsabile degli attentati dell'11 settembre) e la CIA.

Un'affermazione frequente sull'argomento è quella secondo cui Al-Qaeda è un database della CIA:

"... Si è poi saputo che "Al-Queda", che infatti significa "la base", fosse il nome del database dato dalla CIA alla lista di guerriglieri arabi che avevano combattuto a fianco di bin Laden per cacciare i russi dall'Afghanistan, in un'operazione apertamente finanziata dalla CIA stessa."
(Massimo Mazzucco, regista, su Luogocomune)

"Al-Qaida, literally "the database", was originally the computer file of the thousands of mujahideen who were recruited and trained with help from the CIA to defeat the Russians..."
(Robin Cook, politico inglese, su The Guardian)

Un'altra affermazione largamente diffusa è quella per cui nessuno aveva mai sentito parlare di Al-Qaeda prima degli attentati del 2001:

"... di Al-Queda, la tentacolare organizzazione terroristica da lui fondata, fino al 12 Settembre 2001 nessuno aveva mai sentito parlare..."

"Dopo qualche giorno [dagli attentati] si scopre finalmente dell'esistenza di Al-Queda..."
(Massimo Mazzucco, regista, su Luogocomune);

"...nel 1998 Al Qaeda non esisteva ancora nemmeno nelle invenzioni del Pentagono"
(Massimo Fini, scrittore, su "Il Gazzettino", riportato da Disinformazione).

Risalendo tra le fonti, si scopre che proprio l'articolo pubblicato nel 2005 da Robin Cook sul giornale inglese The Guardian è quello che ha dato il via alla storia di Al Qaeda intesa come database della CIA.

Robin Cook (foto a destra) è stato ministro degli esteri britannico e si è dimesso in segno di protesta contro la presenza militare inglese in Iraq. E' morto per un infarto poche settimane dopo la pubblicazione dell'articolo, e questa circostanza ha subito attirato l'attenzione dei sostenitori delle teorie del complotto, come Maurizio Blondet, che nel novembre del 2005 riprendeva la vicenda su EffeDiEffe con un proprio articolo intitolato: "Al Qaeda? E' un database".

In realtà Robin Cook aveva a sua volta fatto proprio il contenuto di un testo pubblicato nella primavera del 2004 da Pierre-Henri Bunel sul giornale indiano World Affairs.

Bunel è un ex militare francese, e nel suo articolo egli sostiene che Al Qaeda era inizialmente il nome di un database utilizzato per le comunicazioni con i membri della Conferenza Islamica, organizzazione internazionale che riunisce una cinquantina di nazioni. Questo database sarebbe stato poi utilizzato come strumento di comunicazione fra gruppi terroristici ed enti governativi.

Gli scritti di Bunel possono essere consultati su FreedomForum, su GlobalResearch, su PolitiqueDeVie nonché sul suo sito DesordresMondiaux.

Una veloce ricerca ci porta a scoprire che Bunel ha collaborato con Thierry Meyssan, responsabile del network Voltaire.net e padre del cospirazionismo sull'11 settembre. In particolare, Bunel è autore di un'analisi che sostiene teorie alternative sull'attacco al Pentagono, integrata nel libro Le Pentagate, di Meyssan.

Nulla di nuovo sotto il sole, quindi: le fonti citate dai sostenitori di teorie complottiste risultano partire da... loro stessi.

I fatti sono invece ben diversi.

Già dal 5 novembre 1998 la Corte Distrettuale di New York aveva emesso un atto di accusa ufficiale contro Osama bin Laden, in cui si descrive dettagliatamente Al Qaeda e le sue attività:

Per tutto il periodo all'incirca dal 1989 fino al momento di questo atto d'accusa, ha operato un gruppo terroristico internazionale che si prefiggeva lo scopo di opporsi ai governi non islamici con la forza e la violenza... All'incirca dal 1989 fino ad oggi, il gruppo si autodefiniva "Al Qaeda" ("La base") . Dal 1989 fino al 1991 circa, aveva il proprio quartier generale in Afghanistan e a Peshawar in Pakistan. Intorno al 1992 i capi di Al Qaeda, incluso il suo "emiro" (o principe) Osama bin Laden qui accusato, e il suo comando militare si trasferirono in Sudan.

"At all relevant times from in or about 1989 until the date of the filing of this Indictment, an international terrorist group existed which was dedicated to opposing non-Islamic governments with force and violence... From in or about 1989 until the present, the group called itself "Al Qaeda" ("the Base"). From 1989 until in or about 1991, the group was headquartered in Afghanistan and Peshawar, Pakistan. In or about 1992, the leadership of Al Qaeda, including its "emir" (or prince) USAMA BIN LADEN the defendant, and its military command relocated to the Sudan..."

L'atto di accusa (indictment) traccia la storia dell'organizzazione e la sua diffusione a livello internazionale, nonché il ruolo di Osama bin Laden. L'indictment e altri documenti connessi possono essere scaricati dal sito della FAS.

Sempre nel 1998, Al-Qaeda ed Osama bin Laden sono citati in un decreto presidenziale emesso da Bill Clinton, in quanto elementi costituenti una minaccia nei confronti del processo di pace in Medio Oriente, nonché in un rapporto della CIA.

E' chiaro a questo punto che Al Qaeda era ben conosciuta non solo dai servizi segreti e governativi ma anche dai giudici almeno dal 1998 e non era certo un database, ma una vera e propria organizzazione terroristica.

Né è vero che di essa non si era mai parlato in precedenza: nel 1999 l'Emergency Response and Research Insitute, noto anche come ERRI, pubblicava il libro "Osama Bin Laden and Al-Qaeda: Compendium of Reports by the EmergencyNet News Service" in cui erano raccolti ben 17 articoli diffusi al pubblico sull'argomento tra il febbraio 1997 ed il febbraio 1999.

Semmai, la storia del "database" sembra richiamare l'origine del nome "Al Qaeda".

In lingua araba, Al Qaeda significa "La Base".

In questa intervista diffusa il 13 aprile 1999, il dissidente arabo Saad Al Fagih, poi risultato complice di bin Laden e della sua organizzazione terroristica (come testimoniano questa scheda e questa ordinanza del Consiglio Federale svizzero), ha spiegato che il termine è nato con riferimento alla base logistica di Peshawar (Pakistan) dove venivano registrati i nominativi dei volontari arabi ("20-30.000 persone") che venivano raggruppati in quella stessa base prima di essere avviati ai combattimenti in Afghanistan contro le truppe sovietiche. Al Fagih ha anche escluso che il nome "Al Qaeda", all'epoca, fosse utilizzato per indicare l'organizzazione capeggiata da bin Laden.

Un altro terrorista, Jamal Al-Fadl, arrestato e processato per aver partecipato agli attacchi sferrati da Al Qaeda contro alcune ambasciate americane in Africa, nel ricostruire la storia e la struttura dell'organizzazione, ha rivelato che essa nacque alla fine della guerra in Afghanistan, intorno al 1989. Le dichiarazioni di Al-Fadl possono essere scaricate dal sito CNS.

Il giornalista Peter Bergen (ripreso nella foto a destra, con la casacca blu, in occasione di un'intervista a bin Laden) esperto di terrorismo e di questioni riguardanti Al Qaeda, nel suo libro "The Osama bin Laden I Know: An Oral History of Al Qaeda’s Leader" (Free Press 2006) ha spiegato che alcuni documenti rinvenuti dalle autorità bosniache consentono di collocare la nascita ufficiale di Al Qaeda al 1988. Il giornalista ha confermato che Al-Qaeda era il nome di una base dell'organizzazione, e nel corso di un meeting fu deciso di conservare quello stesso nome per il nuovo gruppo terroristico che avrebbe raccolto l'eredità dei combattenti arabi in Afghanistan. Alcuni passaggi del libro possono essere consultati su TPMcafe.

Bergen scrive:

"Vi sono prove schiaccianti che Al Qaeda fu costituita nel 1988 da bin Laden assieme a un piccolo gruppo di militanti di analogo orientamento, e che quel gruppo si è poi evoluto in quella organizzazione globale riservata, disciplinata e sottoposta a Bin Laden che ha messo a segno gli attacchi dell'11 settembre. Le prove di ciò si rinvengono nei documenti citati in questo capitolo, rinvenuti in Bosnia nel 2002, e anche nelle interviste contenute in questo libro".

"There is overwhelming evidence that al Qaeda was founded in 1988 by bin Laden and a small group of like-minded militants, and that the group would eventually mushroom into the secretive, disciplined, global organization dominated by bin Laden that implemented the 9/11 attacks. That evidence can be found in the documents in this chapter, which were recovered in Bosnia in 2002, and can also be found in the interviews throughout this book".

Del resto, lo stesso Osama bin Laden, in un'intervista al giornalista Tayseer Alouni di Al-Jazeera, ha spiegato:

Il nome "Al Qaeda" fu deciso molto tempo fa in modo del tutto casuale. Lo scomparso Abu Ebeida El-Banashiri aveva organizzato i campi di addestramento per i nostri guerriglieri che andavano a combattere contro il terrorismo della Russia. Noi chiamavamo abitualmente il campo di addestramento con il nome "Al Qaeda" [che si traduce "la base"]. Ed è rimasto quel nome".

"The name "al Qaeda" was established a long time ago by mere chance. The late Abu Ebeida El-Banashiri established the training camps for our mujahedeen against Russia's terrorism. We used to call the training camp al Qaeda [meaning "the base" in English]. And the name stayed".

Abbiamo quindi una serie di fonti, diverse tra loro (esuli, giornalisti americani e arabi, terroristi in libertà e terroristi processati) che riferiscono tutte la stessa cosa: il nome Al-Qaeda nacque per indicare la base logistica creata a Peshawar negli anni '80 per raccogliere i guerriglieri arabi che accorrevano in Afghanistan per combattere contro i sovietici, e rimase a indicare l'organizzazione terroristica capeggiata da bin Laden e creata alla fine di quella guerra.

La storia del "database della CIA" è solo un'invenzione del complottista Bunel, così come è del tutto falso che nessuno sapesse di Al Qaeda prima del 2001.

Anche la convinzione diffusa che Al Qaeda e bin Laden siano stati creati e finanziati dalla CIA è un falso.

Oltre alle smentite ufficiali, lo conferma persino Ayman al-Zawahiri, numero due di Al Qaeda, che nel suo libro Knights Under the Prophet's Banner e in un'intervista rilasciata al giornalista Robert Fisk ha dichiarato:

Mentre gli Stati Uniti hanno appoggiato il Pakistan e le fazioni dei mujahideen [afghani] fornendo loro soldi ed equipaggiamenti, i rapporti fra gli Stati Uniti e i giovani mujahideen arabi erano del tutto diversi... La verità che tutti dovrebbero conoscere è che gli Stati Uniti non hanno dato un solo centesimo in aiuto ai mujahideen [arabi]..."

"While the United States backed Pakistan and the mujahidin factions with money and equipment, the young Arab mujahidin's relationship with the United States was totally different... The truth that everyone should learn is that the United States did not give one penny in aid to the mujahidin..."

Il già citato giornalista Peter Bergen ha dichiarato in un servizio della CNN:

La storia di bin Laden e della CIA - quella secondo cui la CIA ha finanziato o addestrato bin Laden - è semplicemente una leggenda popolare. Non c'è alcun riscontro di ciò. In effetti, ci sono davvero poche cose sulle quali bin Laden, Ayman Al-Zawahiri e il Governo USA concordano. Tutti loro concordano che non ci fu alcuna collaborazione negli anni '80. Del resto non ve n'era necessità. Bin Laden aveva il denaro che gli occorreva, era anti-americano e operava segretamente e in modo indipendente. La verità è che la CIA non aveva realmente cognizione di chi fosse questo personaggio fino al 1996, quando creò un'unità per iniziare davvero a seguirne i movimenti.

The story about bin Laden and the CIA -- that the CIA funded bin Laden or trained bin Laden -- is simply a folk myth. There's no evidence of this. In fact, there are very few things that bin Laden, Ayman al-Zawahiri and the U.S. government agree on. They all agree that they didn't have a relationship in the 1980s. And they wouldn't have needed to. Bin Laden had his own money, he was anti-American and he was operating secretly and independently. The real story here is the CIA didn't really have a clue about who this guy was until 1996 when they set up a unit to really start tracking him.

E' evidente che il mito di Al Qaeda e di bin Laden finanziati dalla CIA si fonda solo sulla confusione tra i Mujahideen (combattenti islamici) afghani e quelli provenienti dai paesi arabi. Mentre i primi furono effettivamente aiutati dalla CIA, i secondi erano reclutati e finanziati da Osama bin Laden.

Sfruttando l'origine del nome di Al Qaeda, la confusione tra mujahideen afghani e arabi, la scarsa familiarità dei mass media e del grande pubblico con queste tematiche prima del 2001 e ricorrendo a "fonti" fasulle, i sostenitori delle teorie complottiste sono riusciti a creare il diffuso convincimento che Al Qaeda sia solo un database creato dalla CIA e che lo stesso Osama bin Laden sia stato sul libro paga della medesima agenzia.

Questo convincimento è poi strumentale a mettere in discussione le rivendicazioni di Al Qaeda e di bin Laden relative ai fatti dell'11 settembre 2001 nonché a sostenere la teoria dell'auto-attentato.

La realtà, come abbiamo visto, è completamente differente.