2010/01/30

Visita al memoriale del Pentagono

di Mattia Butta - www.butta.org

Trovandomi a Washington per lavoro, sono andato a visitare il memoriale costruito davanti al Pentagono per ricordare le vittime dell'attacco terroristico dell'11 settembre.

È il 18 gennaio, giorno in cui si ricorda Martin Luther King, e quindi festività nazionale. L'area attorno al Pentagono è perciò deserta, visto che nessuno va al lavoro. Deserta e silenziosa, il che rende tutto ancora più suggestivo.

Il memoriale è semplice, vi si entra senza formalità, perché è direttamente connesso col parcheggio antistante il Pentagono. È formato da panchine sulle quali sono incisi i nomi delle vittime, tutte rivolte verso il punto dell'impatto.

Nella sua semplicità ha una grande forza visiva, perché quando ci si trova al suo interno, la struttura del memoriale crea la prospettiva che richiama con le panchine e i vialetti la dinamica dello schianto. Non so quale sia l'intenzione del progettista, ma la struttura delle panchine mi ha dato la sensazione di quelle strutture flessibili, che se le schiacci poi si rialzano, come un filo d'erba. Un po' come se ogni panchina rappresentasse una vita schiacciata da quell'aereo, ma che poi si rialza nella memoria di chi ricorda quell'avvenimento.


Gli aerei sopra il Pentagono


Durante la visita al memoriale ho visto tanti aerei sorvolare il Pentagono. Chi ha gli occhi aperti già lo sa: a un tiro di schioppo dal Pentagono sorge un aeroporto, perciò sono moltissimi gli aerei che quotidianamente sorvolano l'edificio, senza che nessuna contraerea modello Mazinga si metta ad abbatterli. Ma siccome ripetere fa bene, soprattutto in considerazione del fatto che ogni tanto qualche personaggio se ne esce ancora con la storia che gli aerei non possono volare sopra il Pentagono, ho fatto qualche foto per dare un'ulteriore testimonianza del fatto che l'edificio viene sorvolato ogni cinque minuti.

Si noti una cosa: le foto le ho fatte dal memoriale (dove è consentito fotografare) e dal piazzale adiacente. Ho provato a fotografare un aereo dal lato del Pentagono dove sorge la fermata della metro. Da quel punto gli aerei sono notevolmente più grandi, essendo più vicino al tragitto dell'aereo, e la vicinanza col Pentagono si nota meglio. Ho provato, dicevo, perché in quel momento ho sentito una sirena della polizia che significava "metti via la macchina fotografica se non vuoi avere casini". Cosa che ho fatto prontamente, con un rapido movimento delle orecchie che si piegavano in basso.

Faccio notare che i poliziotti non sono poi venuti ad identificarmi. Questo per far capire, ancora una volta, quanto è leggera la sorveglianza attorno al Pentagono: io già mi immaginavo di essere fermato dalla polizia, che mi controllassero le foto in memoria... Niente, giusto un cicchetto con la sirena, come se il discorso fosse "oh, dobbiamo farti rispettare le regole, però non è che ci interessi più di tanto".

E lo stesso vale per le foto al memoriale, dove sono consentite e dove quindi puoi fotografare in libertà l'edificio, mentre questo è vietato fuori dal memoriale. Sinceramente non capisco la logica: se è potenzialmente pericoloso che cittadini fotografino il Pentagono da un lato perché non lo è dall'altro?


Airfone del volo 93


Una particolare tipologia di complottisti undicisettembrini è quella secondo i quali il Volo 93 non si è schiantato in Pennsylvania, ma è stato dirottato altrove, con la gente che non è morta ma è andata a farsi un'altra vita chissà dove.

Queste persone ovviamente chiudono gli occhi di fronte ai resti, benché minuti, che sono stati ritrovati di quell'aereo. Ieri, al Museo della Storia Americana, ho visto uno di quei resti, un Airfone. Ve lo propongo con queste immagini, giusto per tenerci a mente che i resti del Volo 93 sono stati ritrovati eccome.

2010/01/26

Chiuso il processo militare a KSM e complici

di John - www.crono911.org

Anche se la notizia non ha nulla di eccezionale, perché rappresenta un passaggio obbligato nel trasferimento dei processi militari contro i terroristi dell'11 settembre ai tribunali ordinari, è bene spendere qualche parola sui titoli apparsi nei giorni scorsi sui media americani, per evitare che i soliti noti ne approfittino per spargere ulteriore disinformazione.

Abbiamo già visto in innumerevoli occasioni, infatti, che i complottisti amano sfruttare la superficialità e l'approssimazione con cui frequentemente giornali e televisioni riportano fatti e notizie.

Così, un titolo come quello di Fox News, "Ritirate le accuse nei processi militari contro i presunti autori degli attentati dell'11 settembre", ben si presta a essere utilizzato per distorcere la notizia e trasmettere un messaggio del tutto diverso da quello reale.

Com'è noto, il Dipartimento della Giustizia americano, in esecuzione delle direttive impartite dal presidente Obama, ha stabilito che Khalid Sheikh Mohammed (abbreviato in KSM, nella foto) e gli altri complici accusati di aver organizzato gli attentati dell'11 settembre 2001 saranno processati da una Corte Federale dello Stato di New York.

La decisione comporta, ovviamente, l'interruzione dei processi militari in corso presso la base di Guantanamo e si innesta sul programma di chiusura del carcere militare speciale istituito in quella base e di trasferimento dei detenuti in prigioni comuni americane ed estere.

Il carcere militare speciale di Guantanamo, si ricorderà, fu creato per ospitare le centinaia di terroristi e combattenti (o presunti tali) catturati dalle forze americane nel corso di operazioni militari e spionistiche avviate in risposta agli attentati dell'11 settembre, considerati atto di guerra.

Nel carcere finirono anche un certo numero di terroristi implicati nell'organizzazione degli attentati del 2001, tra i quali KSM, considerato il cervello dell'operazione (un ruolo che lo stesso KSM aveva ammesso prima ancora di essere catturato).

L'amministrazione Bush istituì speciali tribunali militari per processare questi individui, ma l'opinione pubblica americana e quella internazionale si mostrarono sempre più insofferenti e critiche nei confronti di un meccanismo di detenzione e di giustizia la cui straordinarietà non era più giustificata dalla particolare situazione di emergenza che si era creata dopo gli attentati del 2001.

Nel corso degli anni, infatti, c'era stato tempo in abbondanza per identificare i detenuti e accertare per ciascuno di essi la sussistenza di elementi idonei a sostenere un'incriminazione penale di fronte a una corte ordinaria.

Durante la campagna elettorale per le presidenziali, Obama aveva assicurato che la chiusura del carcere di Guantanamo sarebbe stata in cima alle sue priorità di governo, e dopo aver risolto una serie di difficoltà di carattere logistico e procedurale, il neoeletto presidente ha finalmente sciolto le ultime riserve, avviando il processo di chiusura definitiva della struttura e di trasferimento dei detenuti presso istituti di detenzione civili, per essere sottoposti a processi ordinari presso le corti federali americane. Un certo numero di detenuti è stato invece estradato in prigioni estere, Italia compresa.

Questo comporta l'estinzione dei processi militari in corso, e l'atto di cui parlano i media americani è quello con il quale il procuratore militare ha ritirato le proprie accuse per consentire al giudice militare di dichiarare estinto il processo.

Un mero meccanismo procedurale, quindi, propedeutico a riesumare il processo in sede ordinaria, che per KSM e complici è costituita dalla Corte Federale competente per il distretto meridionale dello Stato di New York.

Particolarmente significativa è la locuzione "without prejudice" iscritta nel provvedimento con il quale è stato estinto il processo militare a carico degli imputati: con essa il giudice ha inteso specificare che la decisione non produce alcun altro effetto né a favore né contro l'imputato.
 
Da un lato ciò implica il diritto del Dipartimento di Giustizia a perseguire gli imputati in altra sede (che è per l'appunto ciò che avverrà) come se non fossero mai stati sottoposti a un precedente processo; dall'altro comporta che le eventuali prove (a carico o a discarico) emerse nel corso del procedimento militare non potranno considerarsi precostituite e pertanto i nuovi giudici dovranno valutare "ex novo" ogni posizione e i relativi elementi probatori.

Il processo, in concreto, è stato quindi azzerato a tutela sia dei diritti degli imputati che di quelli dell'accusa federale.

2010/01/24

Rivendicazione del 14 settembre 2009: "ciò che ha spinto noi a realizzare gli eventi dell'11/9"

di Paolo Attivissimo

Il 14 settembre 2009 il sito As-Sahab ha pubblicato un messaggio audio attribuito a bin Laden. La voce nel messaggio rivendica esplicitamente la paternità degli attacchi dell'11/9:


"... lasciatemi dire che abbiamo dichiarato molte volte, nel corso di più di due decenni e mezzo, che la ragione del nostro conflitto con voi è il vostro sostegno ai vostri alleati israeliani, che occupano la nostra terra di Palestina. Il vostro atteggiamento, insieme ad altre ingiustizie, sono ciò che ha spinto noi a realizzare gli eventi dell'11 settembre."

L'elenco completo delle dichiarazioni di responsabilità per gli attacchi dell'11 settembre da parte di Osama bin Laden e dei suoi associati è disponibile qui.

Fonti: Al Jazeera, UPI. Audio originale disponibile presso Liveleak.com.

2010/01/07

Recensione: 9/11 Press for Truth (2006)

di Paolo Attivissimo

Questo video viene recensito da Undicisettembre in dettaglio soltanto ora, a distanza di vari anni dalla sua uscita nel 2006, su richiesta di un collega debunker francese, chiamato a un dibattito sul complottismo undicisettembrino durante il quale verrà presentato appunto 9/11 Press for Truth.

C'è una ragione per cui la recensione è così tardiva: si tratta di un film che non si adatta affatto al filone classico del cospirazionismo. Non presenta nessuna teoria di demolizioni controllate segrete di edifici o di sparizioni di aerei di linea, ma soltanto la storia della lotta dei familiari delle vittime per ottenere chiarezza sullo svolgimento degli eventi e sulle responsabilità della tragedia, raccontata attraverso un collage di interviste e di servizi delle reti televisive statunitensi che pone l'accento sulle falle, reticenze e inadempienze dell'amministrazione Bush e sulla riluttanza dei media ad affrontare la questione di cosa andò così terribilmente storto quella mattina e come ci si arrivò.

In altre parole, c'è abbastanza poco da smontare in Press for Truth, perlomeno nelle sue argomentazioni di fondo: non c'è alcun ragionevole dubbio che la difesa e l'antiterrorismo statunitensi abbiano mostrato falle clamorose e che l'amministrazione Bush sia stata estremamente riluttante ad avviare una commissione d'inchiesta e a fornire le risposte chieste dall'opinione pubblica. Ma da questo a dire che c'erano esplosivi nelle Torri Gemelle e che nessun aereo colpì il Pentagono, come asseriscono i sostenitori delle tesi alternative più frequenti, il passo è lunghissimo, e infatti Press for Truth non lo compie affatto.

In effetti non si capisce perché sia messo in programma in un dibattito sul complottismo come documento pro-complotto, visto che non abbraccia nessuna delle tesi complottiste ricorrenti. Forse lo si vuole usare come cuneo "soft", privo di affermazioni e accuse clamorose e fantascientifiche, per predisporre la mente dello spettatore ai prodotti più hardcore.

Comunque sia, se si vuole avere successo nel criticare un governo è importante farlo sulla base di fatti rigorosamente verificati, per non porgere il fianco a controcritiche di superficialità o inettitudine sui dettagli che distolgano dalle argomentazioni centrali. In questo senso Press for Truth fallisce in varie occasioni, perché annacqua le critiche legittime con alcune asserzioni errate, distorcendo ripetutamente i fatti e danneggiando quindi proprio la causa peraltro legittima che vorrebbe difendere.

Press for Truth è consultabile su Google Video (anche con sottotitoli italiani) e acquistabile presso 911pressfortruth.com. Questa recensione si riferisce alla versione presente su Google Video, che dura 84 minuti.

Il film inizia con i ricordi dell'11 settembre delle cosiddette "Jersey Girls": quattro vedove di vittime perite nel crollo delle Torri Gemelle (Patty Casazza, Lorie Van Auken e Mindy Kleinberg, Kristen Breitweiser), che pongono alcune domande.


Perché la difesa USA non riuscì a fermare nessuno dei quattro aerei dirottati?


A 6:20 circa, viene affermato che la difesa ebbe a disposizione "quasi due ore" per intercettare gli aerei dirottati, e questa è una premessa errata che guasta tutte le considerazioni successive, perché non è corretto contare il tempo complessivo. Si trattò di quattro dirottamenti separati, che i controllori di volo dovettero rilevare separatamente e notificare ai militari (specificamente al Northeast Air Defense Sector o NEADS). Bisogna quindi valutare il tempo a disposizione per l'intercettazione in ciascuno dei dirottamenti. Questa valutazione separata fornisce subito la risposta alla domanda delle Jersey Girls:
  • Il dirottamento del volo American Airlines 11 fu notificato al NEADS alle 8:37; l'aereo colpì la Torre 1 alle 8:46. Tempo a disposizione per il decollo e l'intercettazione: nove minuti.
  • Il dirottamento del volo United Airlines 175 fu notificato al NEADS alle 9:03; l'aereo colpì la Torre 2 alla stessa ora. Tempo a disposizione per l'intercettazione: zero.
  • Il volo American Airlines 77 fu segnalato al NEADS come dirottato alle 9:34 e colpì il Pentagono alle 9:37. Tempo a disposizione per l'intercettazione: tre minuti.
  • Il volo United Airlines 93 fu segnalato al NEADS alle 10:07, ossia quattro minuti dopo essere caduto in Pennsylvania.

E' inoltre errato sostenere che la difesa statunitense rimase a guardare e "non vi fu risposta militare". I primi caccia, due F-15 della base di Otis, decollarono alle 8:53, pur non avendo l'autorizzazione ad abbattere gli aerei civili dirottati. Che cosa avrebbe potuto fare la difesa USA contro degli aerei di linea nazionali pieni di passeggeri, secondo le Jersey Girls, anche avendo più tempo a disposizione, non è chiaro. Abbatterli a sangue freddo e senza autorizzazione?

Gli errori proseguono con il paragone fra le intercettazioni mancate dell'11/9 e quella del jet di Payne Stewart nel 1999. L'aereo di Stewart si depressurizzò, facendo perdere conoscenza a tutti gli occupanti, piloti compresi, e continuò a volare grazie al pilota automatico, schiantandosi 4 ore dopo nel South Dakota dopo essere stato raggiunto dai caccia. Ma ci sono due differenze fondamentali:
  • il suo transponder continuò a trasmettere, permettendo di identificarlo e localizzarlo sui radar dei controllori di volo; i transponder dei voli dirottati dell'11/9 furono disattivati o alterati proprio per non consentire l'identificazione e sfuggire agli intercettori;
  • pur sapendo esattamente dove si trovava il jet in avaria, la difesa USA ci mise un'ora e 19 minuti per raggiungerlo. Molte fonti cospirazioniste parlano di una ventina di minuti, ma dimenticano di tenere conto del cambio di fuso orario (i controllori persero i contatti con il jet alle 9:33 ora della fascia orientale degli USA; il caccia F-16 intercettò il jet alle 9:52 ora della fascia centrale degli Stati Uniti).

Anche in questo caso, insomma, le perplessità possono essere risolte con una semplice ricerca di informazioni tecniche.

Le Jersey Girls si chiedono anche perché Bush rimase a lungo nella scuola dove era in visita l'11 settembre invece di essere portato via di peso dalla scorta non appena arriva la notizia degli attacchi alle Torri Gemelle. E' una domanda lecita, ma non punta certo verso tesi di cospirazione: indica semmai un'apparente inettitudine di Bush e del suo apparato di protezione. Eventuali fantasie secondo le quali Bush non si sarebbe mosso perché – come organizzatore del complotto – sapeva di essere al sicuro si scontrano con la sua espressione di attonito smarrimento, inesorabilmente documentata da Press for Truth.

A 9:30 si discute delle notizie, circolanti nei giorni immediatamente successivi agli attacchi, secondo le quali vi erano anche altri gruppi di dirottatori e fiancheggiatori, ma non vi furono conferme. Poi le Jersey Girls lamentano che non ci furono i processi che si aspettavano, ma non si capisce perché se li aspettassero, considerato che tutti i dirottatori erano morti negli attentati e che l'11/9 era considerato un atto di guerra, quindi al di fuori dei canali ordinari della giustizia civile. Lamentano che le forze dell'ordine fecero una retata di quasi mille persone, ma poi le rilasciarono tutte tranne sei, e che nessuna di esse fu accusata di terrorismo: ma anche qui non è chiaro perché questo sia riprovevole, dato che in assenza di prove per incriminarle non c'era altra scelta che rilasciarle. Volevano che si arrestasse qualcuno pur di avere un capro espiatorio?

Comunque sia, ancora una volta, non c'è nessun accenno ai capisaldi del cospirazionismo.

Anzi, a 10:54 Lorie Van Auken fa una dichiarazione che spazza via ogni pretesa di adesione alle tesi di complotto "tradizionali": "We felt that the country was at risk from terrorists and from incompetence, and maybe worse", ossia "Avevamo la sensazione che il paese fosse a rischio per via dei terroristi e per via dell'incompetenza o forse anche peggio".

In altre parole, le Jersey Girls e Press for Truth sostengono che i terroristi c'erano davvero (addio, quindi, a tutte le teorie di ologrammi e aerei radiocomandati e missili contro il Pentagono) e parlano di incompetenza del governo USA, non di una sua astuta organizzazione della messinscena. E dal contesto di Press for Truth si capisce che quell'"anche peggio" non allude a complicità governative nell'ordire il complotto, ma a tentativi d'insabbiamento per non dover ammettere l'incompetenza.

Press for Truth infatti a questo punto non si lancia in racconti di esplosioni sospette alle Torri Gemelle o di missili Cruise al Pentagono, ma riepiloga le fatiche delle Jersey Girls nel tentare di avviare una commissione indipendente d'inchiesta con l'aiuto del Congresso e documenta, con spezzoni di telegiornali e conferenze stampa, l'opposizione del governo Bush all'apertura di un'inchiesta.



Perché le Torri Gemelle crollarono?


A 12:20 circa viene coinvolta nella narrazione Sally Regenhard, il cui figlio Christian fu uno dei 343 vigili del fuoco periti nel crollo delle Torri Gemelle. Lamenta che i rapporti e i nastri delle comunicazioni radio dei vigili del fuoco non sono stati resi pubblici, ma questo era vero all'epoca della realizzazione di Press for Truth: oggi tutto questo materiale è disponibile (Archive.org).

Si aggiunge poi Monica Gabrielle, che ha perso il marito nelle Torri. Chiede come sia stato possibile che le Torri siano crollate, e che lo abbiano fatto "in circa 10 secondi". Ma le ragioni del crollo sono state chiarite proprio dai vigili del fuoco colleghi del figlio: è un fatto ben documentato (per esempio dalle norme di sicurezza ISO 834, da ricerche ed esperimenti del National Institute of Standards and Technology e dei nostri Vigili del Fuoco) che un incendio di quelle dimensioni raggiunge temperature di 1000°C, in grado di ammorbidire una struttura portante in solo acciaio, come le Torri, e di farla quindi collassare. Il dato dei dieci secondi è sbagliato, perché si riferisce al tempo che ci misero le macerie dei piani alti, cadendo di lato, a raggiungere il suolo: registrazioni sismografiche e audio (per esempio quella dei fratelli Naudet) documentano una durata ben superiore.

A 13 minuti Press for Truth presenta un'altra affermazione falsa e gravemente ingannevole, asserendo che "mai prima, e mai più da allora, un incendio aveva causato il crollo di un edificio in acciaio". Anche qui, basta studiare gli archivi dei vigili del fuoco dei vari paesi per trovare casi (documentati per esempio qui e qui) che smentiscono quest'asserzione:
  • il McCormick Center di Chicago;
  • il Sight and Sound Theater in Pennsylvania;
  • la fabbrica della Kader in Thailandia;
  • la piattaforma petrolifera Mumbai High North;
  • una cartiera presso Malvern, nel Regno Unito.
Viene poi citato il WTC7, che secondo Press for Truth crollò "senza essere stato colpito da un aereo". Affermazione di per sé corretta: ma perché omettere il fatto, non certo trascurabile, che fu colpito dalle macerie del crollo delle Torri Gemelle e poi fu funestato da un incendio che bruciò incontrollato per sette ore?

Anche in questo caso i rapporti tecnici e le testimonianze dei vigili del fuoco spiegano che non c'è nulla di anomalo, se si conosce la materia (si veda per esempio la dichiarazione in video del pompiere Frank Papalia: "Io ho visto gli incendi, ho visto i danni, e per me è sufficiente. Non ho sentito cariche, nessuna sequenza di esplosioni temporizzate"). Il crollo del WTC7 era ampiamente atteso, tanto che fu predisposto un perimetro di sicurezza e tutti i soccorritori furono allontanati.

Prosegue la narrazione degli sforzi dei familiari delle vittime di ottenere una commissione d'inchiesta. Viene intervistato Bob McIlvaine, padre di una vittima del crollo delle Torri, già noto ai lettori di Undicisettembre per la sua partecipazione al video Zero, di matrice apertamente complottista. Anche lui, però, qui non sostiene alcuna tesi di complotto.

Viene poi dato ampio risalto al ruolo dei media nel portare alla ribalta le domande e le sofferenze dei familiari delle vittime. E anche qui Press for Truth si distanzia palesemente dalle tesi cospirazioniste "standard", secondo le quali i media vogliono insabbiare tutto per paura o per complicità.

Finalmente, a novembre 2002, Bush autorizza l'avvio di una commissione d'inchiesta, nominando Henry Kissinger come presidente: ma i suoi legami d'affari con membri della vasta famiglia bin Laden vengono rivelati dalle Jersey Girls e amplificati dai media, per cui la candidatura viene ritirata con imbarazzo. Verranno poi scelti Thomas Kean e Lee Hamilton.

Press for Truth segue lo svolgimento dell'inchiesta e delle udienze, criticando la mancanza d'incisività delle indagini e delle audizioni. McIlvaine parla di "cover-up", insabbiamento. Le Jersey Girls rivelano ai media i legami dell'executive director della commissione, Philip Zelikow, con l'amministrazione Bush, e lamentano il conflitto d'interessi, ma Zelikow rimane al suo posto.

Si parla di finanziamenti inadeguati, di lentezza governativa nel fornire la documentazione richiesta dalla commissione e di pastoie burocratiche, e di come l'arrivo dei media (la seguitissima trasmissione 60 minutes) e la pubblicazione del libro-denuncia Against All Enemies di Richard Clarke, membro dell'esecutivo Bush all'epoca dell'11/9, faccia cambiare tutto (tranne la memorabile, imbarazzata, farfugliata riluttanza di Bush a testimoniare da solo, senza il vicepresidente che gli faccia da chaperon).

Siamo a oltre 25 minuti dall'inizio, e non c'è ancora stato il minimo accenno a demolizioni controllate, ad aerei fantasma al Pentagono o a dirottatori ancora vivi: soltanto critiche ben documentate a come si avviò la commissione d'inchiesta. E questo sarebbe un film complottista?

A 26:30 si parla del rapporto finale della commissione, pubblicato a luglio 2004. A questo punto Press for Truth accusa i media di non aver "collegato i puntini". Questo compito viene svolto invece, secondo il film, dal ricercatore indipendente Paul Thompson, che crea un sito, Complete 9/11 Timeline, oggi disponibile presso Historycommons.org, nel quale vengono raccolti in forma indicizzata e cercabile i dati e le notizie sull'11/9 provenienti dai media.


L'asserita mancanza di avvisaglie dell'attacco


A 31:50 si affrontano le affermazioni iniziali dell'amministrazione Bush sulla mancanza di qualunque avvisaglia dei dirottamenti suicidi dell'11/9, contraddette dalla rivelazione (amplificata anche qui dai media, tutt'altro che servi del governo) che il Presidential Daily Briefing del 6 agosto 2001 avvisava eccome Bush che bin Laden era "deciso a colpire negli Stati Uniti".

Anche qui, il film sottolinea le reticenze del governo Bush che lo spinsero a tenere nascosta per mesi l'esistenza del PDB e conferma in pieno di sostenere che l'11/9 fu un attacco terroristico pianificato da al-Qaeda, citando fra l'altro l'operazione Bojinka. Sottolinea anche il lavoro dei network televisivi americani nel rivelare i dettagli di questa pianificazione e le segnalazioni di un possibile attacco da parte di Osama bin Laden provenienti dai servizi segreti di vari paesi, Italia compresa, e nel far riemergere il precedente costituito dalla minaccia di al-Qaeda di uccidere Bush con un aereo kamikaze durante il G8 di Genova.

Intorno a 42 minuti dall'inizio, Press for Truth demolisce un'altra delle tesi comuni del cospirazionismo, quella che la commissione d'inchiesta fu debole e servile, presentando gli spezzoni dell'audizione di Condoleezza Rice nei quali il membro della commissione Richard Ben-Veniste la torchia insistentemente sulla questione del Presidential Daily Briefing occultato.

Viene poi presentata una serie di notizie secondo le quali il procuratore generale Ashcroft e alcuni militari di alto rango avevano ricevuto raccomandazioni di non volare su aerei di linea nel periodo di settembre: un altro elemento che viene proposto come mistero, ma in realtà spazza via le ipotesi di autoattentato. Infatti se l'11/9 fosse stato pianificato dal governo Bush, come sostengono molti complottisti, non ci sarebbe stato bisogno di queste raccomandazioni, perché si sarebbe saputo con precisione quali aerei sarebbero stati dirottati e quali no.

La tesi, insomma, è che l'amministrazione Bush abbia fallito miseramente perché non fece nulla per fermare una minaccia fin troppo evidente, né prima né durante l'11/9, e poi abbia fatto di tutto per non far emergere le prove della propria inettitudine. Una tesi ben diversa da quella delle demolizioni controllate o degli aerei-missile. E a 47 minuti emerge chiaramente il motivo della rabbia delle Jersey Girls: non c'entra affatto la credenza in esplosivi nascosti nelle Torri Gemelle e non c'entra nessuna delle infinite tesi del repertorio classico del cospirazionismo undicisettembrino. Semplicemente, umanamente, pensano che se i cari che hanno perso l'11 settembre fossero stati al corrente del pericolo concreto di attentati con aerei suicidi, si sarebbero resi conto prima di quello che era successo e sarebbero fuggiti in tempo dalle Torri, invece di restarvi e perire.


Osama bin Laden fu aiutato?


Press for Truth prosegue con un riepilogo dell'invasione dell'Afghanistan, sostenendo attraverso varie notizie dei media la tesi che a Osama bin Laden sia stato permesso intenzionalmente di fuggire verso il Pakistan e che bin Laden abbia beneficiato indirettamente dei finanziamenti forniti dalla CIA e dall'Arabia Saudita ai mujaheddin attraverso l'ISI, il servizio segreto pakistano, durante la lotta contro l'occupazione russa dell'Afghanistan, ma non afferma che bin Laden sia una pedina della CIA come sostengono le principali tesi complottiste.

Bin Laden, secondo Press for Truth, sarebbe stato ricoverato per problemi renali a luglio del 2001 in un ospedale americano a Dubai, dove avrebbe ricevuto la visita di due agenti della CIA. Eppure bin Laden stesso ha smentito di avere disturbi ai reni e di essere andato a Dubai nel 2001, nel corso di un'intervista successiva all'11/9 con il giornalista Hamid Mir; nessuna delle persone che ebbe contatti con bin Laden sa nulla di sue dialisi o di problemi renali; e anche il suo medico, Amer Aziz, arrestato nell'ottobre del 2002 in Pakistan, nega qualunque disturbo del genere, come riferisce l'esperto di terrorismo Richard Miniter sul Washington Times.

A 1:02, Bob McIlvaine sostiene che bin Laden da solo non avrebbe potuto organizzare l'11/9, perché gli attacchi erano troppo sofisticati. Non è chiaro cosa ci sia di particolarmente sofisticato nell'addestrare diciannove persone a pilotare aerei e poi a salire a bordo di aerei di linea, uccidere i piloti dopo il decollo (quindi quando la fase più difficile del pilotaggio era stata completata) e prendere i comandi dei velivoli fino a farli schiantare). Nessuna tecnologia sofisticata e un'operazione divisa in quattro azioni disgiunte e indipendenti, per cui ciascuna poteva avere successo a prescindere dall'esito delle altre (come in effetti è avvenuto). Ma McIlvaine non punta il dito contro il governo Bush accusandolo di complicità: dice che bisogna investigare "in Pakistan".

Si parla di Omar Saeed Sheikh, che i media indicano come il tesoriere di al-Qaeda che inviò i soldi ai dirottatori e lavorava per l'ISI, e della notizia del Times of India secondo la quale Omar Saeed Sheikh avrebbe inviato 100.000 dollari al capo dirottatore, Mohammed Atta, su richiesta del generale Mahmoud Ahmed, direttore dell'ISI. Ahmed, secondo altre fonti reperite da Paul Thompson, si sarebbe trovato negli Stati Uniti per un negoziato con il governo USA proprio l'11 settembre. L'accusa insinuata da Press for Truth è insomma che l'11/9 sia stato finanziato dai servizi segreti pakistani. Ancora una volta le tesi complottiste "standard" vengono contraddette.

Il documentario però è scorretto nel dire che le notizie di questo possibile coinvolgimento pakistano passano sotto silenzio proprio mentre nota che ne parlò la seguitissima trasmissione televisiva statunitense NBC Dateline.

Siamo a 1:15. Si parla del ruolo di Michael Moore e del suo film Fahrenheit 9/11, e del bavaglio imposto, o meglio autoimposto, ai media americani, riluttanti a criticare l'amministrazione Bush per paura di essere accusati di antipatriottismo, come spiega eloquentemente Dan Rather in uno spezzone tratto dalla NBC. Si fa il confronto con gli scandali Watergate e Lewinski, nei quali la stampa ebbe invece un ruolo decisivo, senza notare la contraddizione che il lavoro compilativo di Paul Thompson su cui poggia Press for Truth è basato proprio sulle notizie dei media.

Il documentario si conclude con le immagini delle commemorazioni a Ground Zero e con le parole di rabbia di Bob McIlvaine per la perdita del figlio e soprattutto con i commenti delle Jersey Girls, che mantengono ancora una volta le distanze rispetto ai documentari pro-complotto, solitamente gravidi di prove trionfanti e decisive di come sono andate davvero le cose: Press for Truth dice chiaro e tondo di non sapere la verità e che bisogna appunto premere per averla coinvolgendo la stampa (il titolo è anche un gioco di parole sul doppio significato di "press", ossia "premere" ma anche "stampa").

E così, dopo 84 minuti, termina il documentario, senza un singolo accenno a esplosioni nelle Torri, ad aerei fantasma contro il Pentagono, ad abbattimenti del Volo 93, a dirottatori ancora in vita ma nascosti, a bin Laden marionetta della CIA, a manovre aeree impossibili, a dirottatori incapaci di pilotare, a falsificazioni dei video di rivendicazione di bin Laden, al PNAC, alla mancanza di nomi arabi nelle liste dei passeggeri dei voli dirottati, o a nessun'altra delle mille tesi tipiche del cospirazionismo undicisettembrino.

Errori a parte, se tutti i documentari sulle tesi alternative fossero come Press for Truth, i debunker sarebbero disoccupati e ci si potrebbe concentrare sui veri misteri irrisolti dell'11 settembre; ma il movimento cospirazionista non avrebbe a disposizione le grandi tesi spettacolari alla James Bond che attraggono così tanti esaltati, pronti a far baccano ma incapaci di agire concretamente in difesa di quella verità che tanto sbandierano proprio mentre l'annacquano.

2010/01/04

Recollections of a World Trade Center Survivor

by Hammer. An Italian-language version is available here.

The years are passing swiftly, and the relentless repetition of images that have now blended into history, together with the enormous scale of the tragedy, can easily make the events of 9/11 seem abstract and impersonal. There is no better way to avoid this pitfall than to listen to the words of the people who experienced 9/11 first-hand.

For this reason, Undicisettembre recently contacted one of the survivors of the attack on the World Trade Center. He agreed to answer a few questions and asked to be mentioned only as Bruce.

Undicisettembre wishes to thank Bruce for his precious help and his time.

Undicisettembre: What do you remember, generally speaking, about that morning? Can you give us a brief account of your experience?

Bruce: I wrote my story on 9/12 after I made it home. I was sitting in my home office and decided the best thing to do was document what had happened to me. I was still in a mild state of shock and it would be a few weeks before I would have work to do again. There are many things that I saw that day that will never leave my mind. The faces of the firemen going and the security staff that stayed behind to help others. These people never came out. The look on my families face when I got home. These are things I will never forget. As I walked through Manhattan I saw many people getting together to help the wounded and to give blood, but for the most part there were very few wounded, either you made it out or you did not.


Undicisettembre: You said that at first the airplane crash sounded like thunder. That's very unexpected for us, because other survivors said it shook the building violently and some of them even said they feared the building would collapse at that very moment. How would you explain this difference, perhaps comparing your experience with others you might have heard?

Bruce: I think it is very easy to explain this. What I have learned since that day is the main support system of those buildings was the very center of the structure. This is where the stairs and the elevators were located. Each floor was 1,000,000 pounds, more than 450,000 kilos of cement. What anyone heard or felt was dependent on where they were in the building. I was on the 71st floor of the north tower, sitting on the north side of the building, very close to the center of the building. I FELT NO MOVEMENT on impact, I only heard the explosion. Any vibration from impact would have had to pass through 20,000,000 pounds of cement. I have a friend that was standing next to the window on the north side, he saw the plane coming and, as that building was built to bend or sway in the wind, he was hit in the face by the glass on impact. I was about 20 floors from the strike zone, this is why it sounded like thunder, if I had been on the 80th floor I am sure it would have sounded more like an explosion but I had 20 floors to muffle the sound. Had I been sitting closer to the windows or on a higher floor, I might have felt the movement of the building. I do not know anyone that was above floor 72 so I do not know what they felt or heard.


Undicisettembre: What can you tell us about people who were leaving the building? Were they panicking or did they remain calm?

Bruce: The people were all great. There was no pushing or panic. When the firemen needed to get up or the injured needed to get down, everyone moved over so that they could. Some firemen used their axes to open vending machines and handed out the drinks so the people in the staircases would not be thirsty. The people in the staircases gave help to anyone that needed it, for some that meant offering a hand and for others carrying the injured. The firemen even asked to help with some of their equipment and everyone pitched in. People were calm, courteous and helpful in every way.


Undicisettembre: During Tower 1's evacuation, it took you a long time to get out of the building. In that time, what were the conditions of the building? Walking down the stairs, did you see any sign of the building being severely structurally damaged?

Bruce: For most of the journey you could not see any signs of what was to be. When I got to the lower floors there was a lot of water I assume from the sprinkler system. After the first tower came down, the lights started to fail and smoke filled the staircase. At that point I had to go up to the next floor where the hall was showing some damage, the drop ceiling was falling and some electric wires were dangling. But that was all. It was very crowded.


Undicisettembre: How was the evacuation: ordered or chaotic? I guess evacuation and fire drills were very frequent: did this training somehow help?

Bruce: It was very orderly. I had been through the evacuation exercises, but when I knew something was wrong and it was time to get out of the building, I ran for the nearest staircase and did not stop running until everything backed up. My adrenalin was flowing and survival instincts kicked in.


Undicisettembre: While evacuating, did you hear or see explosions or did anything else strike you in particular?

Bruce: No, I heard no explosions.


Undicisettembre: What can you tell us about the firefighters and the rescuers?

Bruce: They were all great, working very hard to help in any way they could. For the most part the firefighters were going up and the safety works were directing people in how to get out. The only injured people I saw were walking down, I saw no rescue works in action nor did I see folks in need of rescue works. As I was 20 floors below the point of impact I was not close enough for that.


Undicisettembre: You got out about 10 minutes before Tower 1 collapsed. Did it give any signs of being on the verge of collapse, or did it just come down at once? Was the collapse expected?

Bruce: When I got far enough away from the building to find clear air I rested and wiped my eyes, I looked up at the building and I could see the outer structure of the building near the top was starting to peel off. The top of the building was unstable and started to sink down. I realized that the building was coming down and I turned and started to run. I went about 4 or 5 blocks before I turned and looked and the building was gone. Since I had gone several blocks east before I started north I was not in the path of that dust cloud you saw on TV. I know now that I did not have to run when I saw the building coming down but that is what my instincts led me to do. We had no idea those buildings were going to come down. If we did know I am sure many more would have died, people would have panicked and trampled others.


Undicisettembre: Did you see any wreckage of the airplanes in the streets?

Bruce: No, the streets were covered in a foot of dust and there was many types of debris. I did not spend any time looking around. The air was thick and unbreathable. I got out of there as fast as possible.


Undicisettembre: What do you think of the new World Trade Center currently being built? Will it ever represent NY as the Twin Towers used to do?

Bruce: I think it is a mistake to build those buildings higher. They are doing it with a false sense of pride, and asking for another attack. But whatever they do New Yorkers will accept it as their own.


Undicisettembre: In your opinion, have the city and the nation bounced back? Do you think people still live in fear or has the nation regained its world-leading position?

Bruce: Some live in fear, I refuse to be afraid of the unknown. I travel and live my life, what will be, will be. As for the world leadership position, you tell me, how are we seen by you and your country and other European countries. If it was up to me I would have my government focus on domestic issues and stop trying to be everything to everyone. We have too many of our own problems for them to constantly focus on world problems.


Undicisettembre: What do you think of conspiracy theories that claim that 9/11 was an inside job? Most of them say that the Twin Towers were filled with explosives (not seen by anyone) that caused them to collapse. Some more extreme theories say that no plane ever hit the towers and what we saw on TV were just fake images; they believe maybe missiles hit the buildings or a bomb exploded from inside. What's your opinion about them?

Bruce: This is the most ridiculous thing I have ever heard. People will believe what they want but there is no way these stories have any validity at all.

Intervista a un sopravvissuto della Torre Nord

di Hammer. Il testo originale dell'intervista è disponibile qui.

Gli anni passano veloci e la ripetizione insistente di immagini che ormai sono storia e la scala enorme della tragedia rendono facilmente astratti e impersonali gli eventi dell'11 settembre 2001. Per non perdere il contatto con quella realtà, non c'è modo migliore che ascoltare le parole di chi l'ha vissuta sulla propria pelle, in prima persona.

Per questo Undicisettembre ha recentemente contattato uno dei sopravvissuti all'attacco alle Torri Gemelle, che ha acconsentito a rispondere ad alcune domande ed ha chiesto di essere nominato solo come Bruce.

Undicisettembre ringrazia Bruce per il suo prezioso aiuto e per la sua disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi, in generale, di quella mattina? Ci puoi fare un breve racconto della tua esperienza?

Bruce: Ho scritto la mia storia il 12 settembre 2001 dopo che sono riuscito ad arrivare a casa. Ero seduto nel mio studio di casa e ho deciso che la cosa migliore da fare era mettere per iscritto quello che mi era successo. Ero ancora un po' sotto shock e ci sarebbero volute alcune settimane prima che avessi ancora del lavoro da fare. Ci sono molte cose che ho visto quel giorno che non si toglieranno mai dalla mia mente. I volti dei pompieri che avanzavano e il personale della sicurezza che restava indietro per aiutare gli altri. Queste persone non ne sono mai uscite. Lo sguardo sui volti dei miei familiari quando sono arrivato a casa. Queste sono cose che non dimenticherò mai. Mentre attraversavo Manhattan a piedi ho visto molte persone che univano i propri sforzi per aiutare i feriti e per donare il sangue, ma per la maggior parte c'erano pochissimi feriti: o ne uscivi intero, o non ne uscivi del tutto.


Undicisettembre: Hai detto che lo schianto dell'aereo inizialmente ti è sembrato un tuono. Questo per noi è molto strano, perché altri sopravvissuti hanno detto che scosse l'edificio violentemente; alcuni hanno addirittura detto che temevano che l'edificio sarebbe crollato in quello stesso momento. Come ti spieghi questa differenza, anche confrontando la tua esperienza con altre che puoi aver sentito?

Bruce: Credo che sia molto semplice da spiegare. Ciò che ho imparato da quel giorno è che il sistema principale di supporto di quegli edifici era il centro della struttura. Cioè dove erano situati le scale e gli ascensori. Ciascun piano aveva 1.000.000 libbre, oltre 450.000 chilogrammi, di cemento. Ciò che ciascuno ha sentito o udito dipende da dove si trovava nell'edificio. Io ero al 71° piano della Torre Nord, seduto verso il lato nord dell'edificio, molto vicino al centro del palazzo. NON HO AVVERTITO ALCUN MOVIMENTO all'impatto, ho solo sentito l'esplosione. Qualunque vibrazione causata dall'impatto avrebbe dovuto attraversare più di novemila tonnellate di cemento. Ho un amico che era in piedi vicino alla finestra sul lato nord, vide l'aereo arrivare e, siccome l'edificio era costruito in modo da flettersi o oscillare per il vento, fu colpito in faccia dal vetro al momento dell'impatto. Io ero a circa 20 piani di distanza dalla zona dell'impatto, ecco perché mi è sembrato simile a un tuono; se fossi stato all'80° piano sono sicuro che avrei avuto più l'impressione di un'esplosione, ma c'erano 20 piani ad attutire il suono. Se fossi stato seduto più vicino alle finestre o a un piano più alto, avrei potuto avvertire il movimento dell'edificio. Non conosco nessuno che fosse oltre il 72° piano, quindi non so cosa abbiano udito o sentito.


Undicisettembre: Cosa puoi dirci delle persone che stavano uscendo dal palazzo? Erano in preda al panico o mantennero la calma?

Bruce: Tutte le persone furono eccezionali. Nessuno spingeva o era nel panico. Quando i pompieri dovevano salire o i feriti dovevano scendere, tutti si spostavano in modo da farli passare. Alcuni pompieri usarono le asce per aprire i distributori automatici e passarono le bibite alle persone che si trovavano sulle scale così che potessero dissetarsi. La gente che si trovava sulle scale aiutò chiunque ne avesse bisogno; per qualcuno si trattò di tendere una mano, per altri fu trasportare i feriti. I pompieri chiesero persino aiuto per parte del proprio equipaggiamento e tutti si diedero da fare. La gente era calma, cortese e si aiutava a vicenda in ogni modo.


Undicisettembre: Durante l'evacuazione della Torre 1 ti ci volle molto tempo per uscire dal palazzo. In quel lasso di tempo, quali erano le condizioni dell'edificio? Scendendo le scale notasti qualche segnale che i danni strutturali erano gravi?

Bruce: Per la maggior parte del tragitto non si vedevano affatto segni di ciò che sarebbe successo. Quando arrivai ai piani più bassi c'era molta acqua, che immagino provenisse dal sistema antincendio. Dopo il crollo della prima Torre le luci cominciarono a mancare e il fumo riempì la scala. A quel punto dovetti risalire al piano superiore, dove l'atrio mostrava alcuni danni, la controsoffittatura stava cadendo e alcuni fili elettrici penzolavano. Ma null'altro. Era molto affollato.


Undicisettembre: Come è stata l'evacuazione: ordinata o caotica? Immagino che le esercitazioni antincendio fossero molto frequenti. Si sono rivelate in qualche modo utili?

Bruce: E' stata molto ordinata. Avevo preso parte alle prove di evacuazione, ma quando capii che c'era qualcosa che non andava e che era il momento di abbandonare l'edificio, corsi verso la scala più vicina e non smisi di correre fino a quando non trovai la scala intasata. Avevo l'adrenalina che scorreva e l'istinto di sopravvivenza prese il sopravvento.


Undicisettembre: Durante l'evacuazione, udisti o vedesti esplosioni, o ti colpì qualcos'altro in particolare?

Bruce: No, non sentii esplosioni.


Undicisettembre: Cosa puoi dirci dei pompieri e dei soccorritori?

Bruce: Furono tutti straordinari, lavorarono molto duramente per aiutare in ogni modo possibile. Per gran parte del tempo i pompieri salivano e il personale della sicurezza indicava alle persone come uscire. Gli unici feriti che ho visto stavano scendendo le scale, non ho visto soccorritori all'opera né ho visto persone che ne richiedessero l'intervento. Essendo 20 piani sotto il punto dell'impatto, non ero abbastanza vicino da vederne.


Undicisettembre: Uscisti circa 10 minuti prima che la Torre crollasse. Dava segnali di essere sul punto di crollare o semplicemente crollò all'improvviso? Vi aspettavate che crollasse?

Bruce: Quando mi trovai abbastanza lontano dal palazzo da trovare dell'aria pulita mi fermai e mi pulii gli occhi. Guardai in su, verso l'edificio, e potei vedere che la struttura esterna dell'edificio verso la sommità stava cominciando a sfaldarsi. La parte superiore dell'edificio era instabile e cominciò a sprofondare. Capii che il palazzo stava crollando e mi voltai e cominciai a correre. Corsi per 4 o 5 isolati prima di voltarmi a guardare, e il palazzo non c'era più. Essendomi spostato di molti isolati verso est prima di andare verso nord, non ero sul perscorso della nube di polvere che si è vista in televisone. Ora so che non era necessario che mi mettessi a correre quando vidi il palazzo crollare, ma il mio istinto mi spinse a farlo. Non avevamo idea che quei due palazzi sarebbero crollati. Se lo avessimo saputo, sono sicuro che molte più persone sarebbero morte la gente si sarebbe fatta prendere dal panico e avrebbe calpestato gli altri.


Undicisettembre: Vedesti rottami di aereo per la strada?

Bruce: No, le strade erano ricoperte da una trentina di centimetri di polvere e c'erano tanti tipi di rottami. Non mi fermai affatto a guardare. L'aria era densa e irrespirabile. Mi allontanai più in fretta che potei.


Undicisettembre: Cosa pensi del nuovo World Trade Center attualmente in costruzione? Sarà mai il simbolo di New York come lo furono le Torri Gemelle?

Bruce: Credo che sia un errore costruire quegli edifici più alti. Lo stanno facendo con un falso senso di orgoglio e si stanno cercando un altro attacco. Ma qualunque cosa facciano, i newyorkesi lo accettaranno come una cosa propria.


Undicisettembre: Secondo te, la città e la nazione hanno reagito? Credi che la nazione viva ancora nella paura o abbia recuperato la propria posizione di leader mondiale?

Bruce: Qualcuno vive nella paura, io mi rifiuto di avere paura dell'ignoto. Viaggio e vivo la mia vita, ciò che sarà, sarà. Per quanto riguarda la posizione di leader mondiale, dimmi tu, come ci vedete voi e la vostra nazione e le altre nazioni europee. Se dipendesse da me, farei in modo che il mio governo si concentrasse sulle questioni interne e la smettesse di cercare di accontentare tutti. Abbiamo già troppi problemi per nostro conto perché possa occuparsi continuamente dei problemi del mondo.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie cospirazioniste che sostengono che l'11 settembre fu un autoattentato? La maggior parte sostiene che le Torri Gemelle furono imbottite di esplosivi, mai visti da nessuno, che le fecero crollare. Altre teorie più estreme sostengono che nessun aereo le colpì e che tutte le immagini viste in TV furono false; dicono che dei missili avrebbero colpito le Torri o che delle bombe sarebbero esplose all'interno. Qual è la tua opinione in proposito?

Bruce: Questa è la cosa più ridicola che abbia mai sentito. La gente può credere a ciò che vuole, ma in nessun modo queste storie hanno alcun valore.