2010/01/07

Recensione: 9/11 Press for Truth (2006)

di Paolo Attivissimo

Questo video viene recensito da Undicisettembre in dettaglio soltanto ora, a distanza di vari anni dalla sua uscita nel 2006, su richiesta di un collega debunker francese, chiamato a un dibattito sul complottismo undicisettembrino durante il quale verrà presentato appunto 9/11 Press for Truth.

C'è una ragione per cui la recensione è così tardiva: si tratta di un film che non si adatta affatto al filone classico del cospirazionismo. Non presenta nessuna teoria di demolizioni controllate segrete di edifici o di sparizioni di aerei di linea, ma soltanto la storia della lotta dei familiari delle vittime per ottenere chiarezza sullo svolgimento degli eventi e sulle responsabilità della tragedia, raccontata attraverso un collage di interviste e di servizi delle reti televisive statunitensi che pone l'accento sulle falle, reticenze e inadempienze dell'amministrazione Bush e sulla riluttanza dei media ad affrontare la questione di cosa andò così terribilmente storto quella mattina e come ci si arrivò.

In altre parole, c'è abbastanza poco da smontare in Press for Truth, perlomeno nelle sue argomentazioni di fondo: non c'è alcun ragionevole dubbio che la difesa e l'antiterrorismo statunitensi abbiano mostrato falle clamorose e che l'amministrazione Bush sia stata estremamente riluttante ad avviare una commissione d'inchiesta e a fornire le risposte chieste dall'opinione pubblica. Ma da questo a dire che c'erano esplosivi nelle Torri Gemelle e che nessun aereo colpì il Pentagono, come asseriscono i sostenitori delle tesi alternative più frequenti, il passo è lunghissimo, e infatti Press for Truth non lo compie affatto.

In effetti non si capisce perché sia messo in programma in un dibattito sul complottismo come documento pro-complotto, visto che non abbraccia nessuna delle tesi complottiste ricorrenti. Forse lo si vuole usare come cuneo "soft", privo di affermazioni e accuse clamorose e fantascientifiche, per predisporre la mente dello spettatore ai prodotti più hardcore.

Comunque sia, se si vuole avere successo nel criticare un governo è importante farlo sulla base di fatti rigorosamente verificati, per non porgere il fianco a controcritiche di superficialità o inettitudine sui dettagli che distolgano dalle argomentazioni centrali. In questo senso Press for Truth fallisce in varie occasioni, perché annacqua le critiche legittime con alcune asserzioni errate, distorcendo ripetutamente i fatti e danneggiando quindi proprio la causa peraltro legittima che vorrebbe difendere.

Press for Truth è consultabile su Google Video (anche con sottotitoli italiani) e acquistabile presso 911pressfortruth.com. Questa recensione si riferisce alla versione presente su Google Video, che dura 84 minuti.

Il film inizia con i ricordi dell'11 settembre delle cosiddette "Jersey Girls": quattro vedove di vittime perite nel crollo delle Torri Gemelle (Patty Casazza, Lorie Van Auken e Mindy Kleinberg, Kristen Breitweiser), che pongono alcune domande.


Perché la difesa USA non riuscì a fermare nessuno dei quattro aerei dirottati?


A 6:20 circa, viene affermato che la difesa ebbe a disposizione "quasi due ore" per intercettare gli aerei dirottati, e questa è una premessa errata che guasta tutte le considerazioni successive, perché non è corretto contare il tempo complessivo. Si trattò di quattro dirottamenti separati, che i controllori di volo dovettero rilevare separatamente e notificare ai militari (specificamente al Northeast Air Defense Sector o NEADS). Bisogna quindi valutare il tempo a disposizione per l'intercettazione in ciascuno dei dirottamenti. Questa valutazione separata fornisce subito la risposta alla domanda delle Jersey Girls:
  • Il dirottamento del volo American Airlines 11 fu notificato al NEADS alle 8:37; l'aereo colpì la Torre 1 alle 8:46. Tempo a disposizione per il decollo e l'intercettazione: nove minuti.
  • Il dirottamento del volo United Airlines 175 fu notificato al NEADS alle 9:03; l'aereo colpì la Torre 2 alla stessa ora. Tempo a disposizione per l'intercettazione: zero.
  • Il volo American Airlines 77 fu segnalato al NEADS come dirottato alle 9:34 e colpì il Pentagono alle 9:37. Tempo a disposizione per l'intercettazione: tre minuti.
  • Il volo United Airlines 93 fu segnalato al NEADS alle 10:07, ossia quattro minuti dopo essere caduto in Pennsylvania.

E' inoltre errato sostenere che la difesa statunitense rimase a guardare e "non vi fu risposta militare". I primi caccia, due F-15 della base di Otis, decollarono alle 8:53, pur non avendo l'autorizzazione ad abbattere gli aerei civili dirottati. Che cosa avrebbe potuto fare la difesa USA contro degli aerei di linea nazionali pieni di passeggeri, secondo le Jersey Girls, anche avendo più tempo a disposizione, non è chiaro. Abbatterli a sangue freddo e senza autorizzazione?

Gli errori proseguono con il paragone fra le intercettazioni mancate dell'11/9 e quella del jet di Payne Stewart nel 1999. L'aereo di Stewart si depressurizzò, facendo perdere conoscenza a tutti gli occupanti, piloti compresi, e continuò a volare grazie al pilota automatico, schiantandosi 4 ore dopo nel South Dakota dopo essere stato raggiunto dai caccia. Ma ci sono due differenze fondamentali:
  • il suo transponder continuò a trasmettere, permettendo di identificarlo e localizzarlo sui radar dei controllori di volo; i transponder dei voli dirottati dell'11/9 furono disattivati o alterati proprio per non consentire l'identificazione e sfuggire agli intercettori;
  • pur sapendo esattamente dove si trovava il jet in avaria, la difesa USA ci mise un'ora e 19 minuti per raggiungerlo. Molte fonti cospirazioniste parlano di una ventina di minuti, ma dimenticano di tenere conto del cambio di fuso orario (i controllori persero i contatti con il jet alle 9:33 ora della fascia orientale degli USA; il caccia F-16 intercettò il jet alle 9:52 ora della fascia centrale degli Stati Uniti).

Anche in questo caso, insomma, le perplessità possono essere risolte con una semplice ricerca di informazioni tecniche.

Le Jersey Girls si chiedono anche perché Bush rimase a lungo nella scuola dove era in visita l'11 settembre invece di essere portato via di peso dalla scorta non appena arriva la notizia degli attacchi alle Torri Gemelle. E' una domanda lecita, ma non punta certo verso tesi di cospirazione: indica semmai un'apparente inettitudine di Bush e del suo apparato di protezione. Eventuali fantasie secondo le quali Bush non si sarebbe mosso perché – come organizzatore del complotto – sapeva di essere al sicuro si scontrano con la sua espressione di attonito smarrimento, inesorabilmente documentata da Press for Truth.

A 9:30 si discute delle notizie, circolanti nei giorni immediatamente successivi agli attacchi, secondo le quali vi erano anche altri gruppi di dirottatori e fiancheggiatori, ma non vi furono conferme. Poi le Jersey Girls lamentano che non ci furono i processi che si aspettavano, ma non si capisce perché se li aspettassero, considerato che tutti i dirottatori erano morti negli attentati e che l'11/9 era considerato un atto di guerra, quindi al di fuori dei canali ordinari della giustizia civile. Lamentano che le forze dell'ordine fecero una retata di quasi mille persone, ma poi le rilasciarono tutte tranne sei, e che nessuna di esse fu accusata di terrorismo: ma anche qui non è chiaro perché questo sia riprovevole, dato che in assenza di prove per incriminarle non c'era altra scelta che rilasciarle. Volevano che si arrestasse qualcuno pur di avere un capro espiatorio?

Comunque sia, ancora una volta, non c'è nessun accenno ai capisaldi del cospirazionismo.

Anzi, a 10:54 Lorie Van Auken fa una dichiarazione che spazza via ogni pretesa di adesione alle tesi di complotto "tradizionali": "We felt that the country was at risk from terrorists and from incompetence, and maybe worse", ossia "Avevamo la sensazione che il paese fosse a rischio per via dei terroristi e per via dell'incompetenza o forse anche peggio".

In altre parole, le Jersey Girls e Press for Truth sostengono che i terroristi c'erano davvero (addio, quindi, a tutte le teorie di ologrammi e aerei radiocomandati e missili contro il Pentagono) e parlano di incompetenza del governo USA, non di una sua astuta organizzazione della messinscena. E dal contesto di Press for Truth si capisce che quell'"anche peggio" non allude a complicità governative nell'ordire il complotto, ma a tentativi d'insabbiamento per non dover ammettere l'incompetenza.

Press for Truth infatti a questo punto non si lancia in racconti di esplosioni sospette alle Torri Gemelle o di missili Cruise al Pentagono, ma riepiloga le fatiche delle Jersey Girls nel tentare di avviare una commissione indipendente d'inchiesta con l'aiuto del Congresso e documenta, con spezzoni di telegiornali e conferenze stampa, l'opposizione del governo Bush all'apertura di un'inchiesta.



Perché le Torri Gemelle crollarono?


A 12:20 circa viene coinvolta nella narrazione Sally Regenhard, il cui figlio Christian fu uno dei 343 vigili del fuoco periti nel crollo delle Torri Gemelle. Lamenta che i rapporti e i nastri delle comunicazioni radio dei vigili del fuoco non sono stati resi pubblici, ma questo era vero all'epoca della realizzazione di Press for Truth: oggi tutto questo materiale è disponibile (Archive.org).

Si aggiunge poi Monica Gabrielle, che ha perso il marito nelle Torri. Chiede come sia stato possibile che le Torri siano crollate, e che lo abbiano fatto "in circa 10 secondi". Ma le ragioni del crollo sono state chiarite proprio dai vigili del fuoco colleghi del figlio: è un fatto ben documentato (per esempio dalle norme di sicurezza ISO 834, da ricerche ed esperimenti del National Institute of Standards and Technology e dei nostri Vigili del Fuoco) che un incendio di quelle dimensioni raggiunge temperature di 1000°C, in grado di ammorbidire una struttura portante in solo acciaio, come le Torri, e di farla quindi collassare. Il dato dei dieci secondi è sbagliato, perché si riferisce al tempo che ci misero le macerie dei piani alti, cadendo di lato, a raggiungere il suolo: registrazioni sismografiche e audio (per esempio quella dei fratelli Naudet) documentano una durata ben superiore.

A 13 minuti Press for Truth presenta un'altra affermazione falsa e gravemente ingannevole, asserendo che "mai prima, e mai più da allora, un incendio aveva causato il crollo di un edificio in acciaio". Anche qui, basta studiare gli archivi dei vigili del fuoco dei vari paesi per trovare casi (documentati per esempio qui e qui) che smentiscono quest'asserzione:
  • il McCormick Center di Chicago;
  • il Sight and Sound Theater in Pennsylvania;
  • la fabbrica della Kader in Thailandia;
  • la piattaforma petrolifera Mumbai High North;
  • una cartiera presso Malvern, nel Regno Unito.
Viene poi citato il WTC7, che secondo Press for Truth crollò "senza essere stato colpito da un aereo". Affermazione di per sé corretta: ma perché omettere il fatto, non certo trascurabile, che fu colpito dalle macerie del crollo delle Torri Gemelle e poi fu funestato da un incendio che bruciò incontrollato per sette ore?

Anche in questo caso i rapporti tecnici e le testimonianze dei vigili del fuoco spiegano che non c'è nulla di anomalo, se si conosce la materia (si veda per esempio la dichiarazione in video del pompiere Frank Papalia: "Io ho visto gli incendi, ho visto i danni, e per me è sufficiente. Non ho sentito cariche, nessuna sequenza di esplosioni temporizzate"). Il crollo del WTC7 era ampiamente atteso, tanto che fu predisposto un perimetro di sicurezza e tutti i soccorritori furono allontanati.

Prosegue la narrazione degli sforzi dei familiari delle vittime di ottenere una commissione d'inchiesta. Viene intervistato Bob McIlvaine, padre di una vittima del crollo delle Torri, già noto ai lettori di Undicisettembre per la sua partecipazione al video Zero, di matrice apertamente complottista. Anche lui, però, qui non sostiene alcuna tesi di complotto.

Viene poi dato ampio risalto al ruolo dei media nel portare alla ribalta le domande e le sofferenze dei familiari delle vittime. E anche qui Press for Truth si distanzia palesemente dalle tesi cospirazioniste "standard", secondo le quali i media vogliono insabbiare tutto per paura o per complicità.

Finalmente, a novembre 2002, Bush autorizza l'avvio di una commissione d'inchiesta, nominando Henry Kissinger come presidente: ma i suoi legami d'affari con membri della vasta famiglia bin Laden vengono rivelati dalle Jersey Girls e amplificati dai media, per cui la candidatura viene ritirata con imbarazzo. Verranno poi scelti Thomas Kean e Lee Hamilton.

Press for Truth segue lo svolgimento dell'inchiesta e delle udienze, criticando la mancanza d'incisività delle indagini e delle audizioni. McIlvaine parla di "cover-up", insabbiamento. Le Jersey Girls rivelano ai media i legami dell'executive director della commissione, Philip Zelikow, con l'amministrazione Bush, e lamentano il conflitto d'interessi, ma Zelikow rimane al suo posto.

Si parla di finanziamenti inadeguati, di lentezza governativa nel fornire la documentazione richiesta dalla commissione e di pastoie burocratiche, e di come l'arrivo dei media (la seguitissima trasmissione 60 minutes) e la pubblicazione del libro-denuncia Against All Enemies di Richard Clarke, membro dell'esecutivo Bush all'epoca dell'11/9, faccia cambiare tutto (tranne la memorabile, imbarazzata, farfugliata riluttanza di Bush a testimoniare da solo, senza il vicepresidente che gli faccia da chaperon).

Siamo a oltre 25 minuti dall'inizio, e non c'è ancora stato il minimo accenno a demolizioni controllate, ad aerei fantasma al Pentagono o a dirottatori ancora vivi: soltanto critiche ben documentate a come si avviò la commissione d'inchiesta. E questo sarebbe un film complottista?

A 26:30 si parla del rapporto finale della commissione, pubblicato a luglio 2004. A questo punto Press for Truth accusa i media di non aver "collegato i puntini". Questo compito viene svolto invece, secondo il film, dal ricercatore indipendente Paul Thompson, che crea un sito, Complete 9/11 Timeline, oggi disponibile presso Historycommons.org, nel quale vengono raccolti in forma indicizzata e cercabile i dati e le notizie sull'11/9 provenienti dai media.


L'asserita mancanza di avvisaglie dell'attacco


A 31:50 si affrontano le affermazioni iniziali dell'amministrazione Bush sulla mancanza di qualunque avvisaglia dei dirottamenti suicidi dell'11/9, contraddette dalla rivelazione (amplificata anche qui dai media, tutt'altro che servi del governo) che il Presidential Daily Briefing del 6 agosto 2001 avvisava eccome Bush che bin Laden era "deciso a colpire negli Stati Uniti".

Anche qui, il film sottolinea le reticenze del governo Bush che lo spinsero a tenere nascosta per mesi l'esistenza del PDB e conferma in pieno di sostenere che l'11/9 fu un attacco terroristico pianificato da al-Qaeda, citando fra l'altro l'operazione Bojinka. Sottolinea anche il lavoro dei network televisivi americani nel rivelare i dettagli di questa pianificazione e le segnalazioni di un possibile attacco da parte di Osama bin Laden provenienti dai servizi segreti di vari paesi, Italia compresa, e nel far riemergere il precedente costituito dalla minaccia di al-Qaeda di uccidere Bush con un aereo kamikaze durante il G8 di Genova.

Intorno a 42 minuti dall'inizio, Press for Truth demolisce un'altra delle tesi comuni del cospirazionismo, quella che la commissione d'inchiesta fu debole e servile, presentando gli spezzoni dell'audizione di Condoleezza Rice nei quali il membro della commissione Richard Ben-Veniste la torchia insistentemente sulla questione del Presidential Daily Briefing occultato.

Viene poi presentata una serie di notizie secondo le quali il procuratore generale Ashcroft e alcuni militari di alto rango avevano ricevuto raccomandazioni di non volare su aerei di linea nel periodo di settembre: un altro elemento che viene proposto come mistero, ma in realtà spazza via le ipotesi di autoattentato. Infatti se l'11/9 fosse stato pianificato dal governo Bush, come sostengono molti complottisti, non ci sarebbe stato bisogno di queste raccomandazioni, perché si sarebbe saputo con precisione quali aerei sarebbero stati dirottati e quali no.

La tesi, insomma, è che l'amministrazione Bush abbia fallito miseramente perché non fece nulla per fermare una minaccia fin troppo evidente, né prima né durante l'11/9, e poi abbia fatto di tutto per non far emergere le prove della propria inettitudine. Una tesi ben diversa da quella delle demolizioni controllate o degli aerei-missile. E a 47 minuti emerge chiaramente il motivo della rabbia delle Jersey Girls: non c'entra affatto la credenza in esplosivi nascosti nelle Torri Gemelle e non c'entra nessuna delle infinite tesi del repertorio classico del cospirazionismo undicisettembrino. Semplicemente, umanamente, pensano che se i cari che hanno perso l'11 settembre fossero stati al corrente del pericolo concreto di attentati con aerei suicidi, si sarebbero resi conto prima di quello che era successo e sarebbero fuggiti in tempo dalle Torri, invece di restarvi e perire.


Osama bin Laden fu aiutato?


Press for Truth prosegue con un riepilogo dell'invasione dell'Afghanistan, sostenendo attraverso varie notizie dei media la tesi che a Osama bin Laden sia stato permesso intenzionalmente di fuggire verso il Pakistan e che bin Laden abbia beneficiato indirettamente dei finanziamenti forniti dalla CIA e dall'Arabia Saudita ai mujaheddin attraverso l'ISI, il servizio segreto pakistano, durante la lotta contro l'occupazione russa dell'Afghanistan, ma non afferma che bin Laden sia una pedina della CIA come sostengono le principali tesi complottiste.

Bin Laden, secondo Press for Truth, sarebbe stato ricoverato per problemi renali a luglio del 2001 in un ospedale americano a Dubai, dove avrebbe ricevuto la visita di due agenti della CIA. Eppure bin Laden stesso ha smentito di avere disturbi ai reni e di essere andato a Dubai nel 2001, nel corso di un'intervista successiva all'11/9 con il giornalista Hamid Mir; nessuna delle persone che ebbe contatti con bin Laden sa nulla di sue dialisi o di problemi renali; e anche il suo medico, Amer Aziz, arrestato nell'ottobre del 2002 in Pakistan, nega qualunque disturbo del genere, come riferisce l'esperto di terrorismo Richard Miniter sul Washington Times.

A 1:02, Bob McIlvaine sostiene che bin Laden da solo non avrebbe potuto organizzare l'11/9, perché gli attacchi erano troppo sofisticati. Non è chiaro cosa ci sia di particolarmente sofisticato nell'addestrare diciannove persone a pilotare aerei e poi a salire a bordo di aerei di linea, uccidere i piloti dopo il decollo (quindi quando la fase più difficile del pilotaggio era stata completata) e prendere i comandi dei velivoli fino a farli schiantare). Nessuna tecnologia sofisticata e un'operazione divisa in quattro azioni disgiunte e indipendenti, per cui ciascuna poteva avere successo a prescindere dall'esito delle altre (come in effetti è avvenuto). Ma McIlvaine non punta il dito contro il governo Bush accusandolo di complicità: dice che bisogna investigare "in Pakistan".

Si parla di Omar Saeed Sheikh, che i media indicano come il tesoriere di al-Qaeda che inviò i soldi ai dirottatori e lavorava per l'ISI, e della notizia del Times of India secondo la quale Omar Saeed Sheikh avrebbe inviato 100.000 dollari al capo dirottatore, Mohammed Atta, su richiesta del generale Mahmoud Ahmed, direttore dell'ISI. Ahmed, secondo altre fonti reperite da Paul Thompson, si sarebbe trovato negli Stati Uniti per un negoziato con il governo USA proprio l'11 settembre. L'accusa insinuata da Press for Truth è insomma che l'11/9 sia stato finanziato dai servizi segreti pakistani. Ancora una volta le tesi complottiste "standard" vengono contraddette.

Il documentario però è scorretto nel dire che le notizie di questo possibile coinvolgimento pakistano passano sotto silenzio proprio mentre nota che ne parlò la seguitissima trasmissione televisiva statunitense NBC Dateline.

Siamo a 1:15. Si parla del ruolo di Michael Moore e del suo film Fahrenheit 9/11, e del bavaglio imposto, o meglio autoimposto, ai media americani, riluttanti a criticare l'amministrazione Bush per paura di essere accusati di antipatriottismo, come spiega eloquentemente Dan Rather in uno spezzone tratto dalla NBC. Si fa il confronto con gli scandali Watergate e Lewinski, nei quali la stampa ebbe invece un ruolo decisivo, senza notare la contraddizione che il lavoro compilativo di Paul Thompson su cui poggia Press for Truth è basato proprio sulle notizie dei media.

Il documentario si conclude con le immagini delle commemorazioni a Ground Zero e con le parole di rabbia di Bob McIlvaine per la perdita del figlio e soprattutto con i commenti delle Jersey Girls, che mantengono ancora una volta le distanze rispetto ai documentari pro-complotto, solitamente gravidi di prove trionfanti e decisive di come sono andate davvero le cose: Press for Truth dice chiaro e tondo di non sapere la verità e che bisogna appunto premere per averla coinvolgendo la stampa (il titolo è anche un gioco di parole sul doppio significato di "press", ossia "premere" ma anche "stampa").

E così, dopo 84 minuti, termina il documentario, senza un singolo accenno a esplosioni nelle Torri, ad aerei fantasma contro il Pentagono, ad abbattimenti del Volo 93, a dirottatori ancora in vita ma nascosti, a bin Laden marionetta della CIA, a manovre aeree impossibili, a dirottatori incapaci di pilotare, a falsificazioni dei video di rivendicazione di bin Laden, al PNAC, alla mancanza di nomi arabi nelle liste dei passeggeri dei voli dirottati, o a nessun'altra delle mille tesi tipiche del cospirazionismo undicisettembrino.

Errori a parte, se tutti i documentari sulle tesi alternative fossero come Press for Truth, i debunker sarebbero disoccupati e ci si potrebbe concentrare sui veri misteri irrisolti dell'11 settembre; ma il movimento cospirazionista non avrebbe a disposizione le grandi tesi spettacolari alla James Bond che attraggono così tanti esaltati, pronti a far baccano ma incapaci di agire concretamente in difesa di quella verità che tanto sbandierano proprio mentre l'annacquano.