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2009/09/01

National Geographic sbufala la teoria della termite

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Questo articolo è provvisorio e verrà integrato con maggiori informazioni non appena saranno disponibili.

La teoria della termite, la miscela incendiaria che secondo alcuni complottisti sarebbe stata usata per tranciare le colonne delle Torri Gemelle e indurne il collasso, è crollata miseramente sotto il peso della verifica sperimentale. I vari Steven Jones, Niels Harrit, Kevin Ryan, le loro pubblicazioni "scientifiche" e tutti coloro che se ne sono fidati rimangono ancora una volta con un pugno di mosche, smascherati per quello che sono: ciarlatani incapaci di fare vera ricerca ma provetti nel saccheggiare le paure e le sofferenze altrui.

E' stato da poco trasmesso sui canali televisivi dedicati statunitensi il documentario di National Geographic 9/11 Science and Conspiracy, nel quale è stata effettuata la prova pratica che finora nessuno fra i sostenitori delle "teorie alternative" aveva avuto il coraggio di fare: verificare se è davvero possibile usare la termite per tagliare rapidamente una colonna verticale d'acciaio, come asseriscono le loro teorie.

Secondo i primi dati, National Geographic si è rivolta agli specialisti dell'Energetic Materials Research and Testing Center (EMRTC), che hanno allestito condizioni di prova decisamente favorevoli alla tesi complottista: una colonna d'acciaio ben più piccola di quelle delle Torri Gemelle, intorno alla quale è stata applicata una struttura a vasca contenente una dose generosa di termite: circa 70 kg (150 libbre). La termite è stata innescata ed ha iniziato la propria violenta reazione, producendo le altissime fiammate visibili qui sotto.



E questo, qui sotto, è il risultato dopo l'uso di questi 70 kg di termite: secondo la teoria complottista, la colonna si sarebbe dovuta tranciare di colpo all'altezza della vasca. Niente da fare.




Ma, ma, ma... ma la colonna non era caricata!


Si potrebbe obiettare che l'esperimento non è valido perché sulla colonna non gravava il carico di punta prodotto dal peso delle strutture soprastanti e quindi l'acciaio dell'esperimento era meno sollecitato. Ma lo scopo dell'esperimento era vedere se la termite è in grado di tagliare istantaneamente l'acciaio di una colonna, come richiesto dalle principali teorie complottiste: tutte quelle che sostengono che il crollo fu troppo veloce o che si sarebbe dovuto fermare senza arrivare fino a terra e quindi deve essere stato "aiutato" piano per piano tramite tagli effettuati piano per piano in perfetta e rapidissima sequenza. E se il taglio deve essere istantaneo, conta ben poco se c'è o non c'è carico di punta. Oltretutto va ricordato che la colonna di prova era molto più piccola di quelle del WTC e che la dose di termite era particolarmente generosa.

Invece di mettersi a criticare, i complottisti sono invitati a ripetere l'esperimento nelle condizioni a loro più congeniali. Sempre che abbiano il fegato di fare qualcosa di concreto, invece di generare aria fritta come hanno fatto fin qui in otto anni, per poi vedersi sbufalare la propria teoria "scientifica" prediletta da un semplice esperimento pratico.


Ma, ma, ma... ma alle Torri Gemelle non c'era termite, c'era supertermite!


E' l'obiezione che ha tirato fuori subito Steven Jones, uno dei leader del movimento complottista, intervistato da National Geographic durante la produzione del documentario. Ne parla su 911blogger qui il giorno dopo la messa in onda del documentario stesso, lamentandosi in una mail inviata ai suoi produttori:

Sacchi di termite commerciale messi contro una colonna d'acciaio – che "esperimento" patetico. Non corrisponde neanche vagamente alle mie tesi, come sapete bene, dalla nostra discussione sulle schegge rosso-grigie, e la distinzione fondamentale fra termite ordinaria e supertermite!

Bags of commercial thermite set against a steel column -- what a pathetic "experiment." Not anywhere close to representing my views, as you must know, from our discussion about the red/gray chips and the crucial distinction between ordinary thermite and super-thermite!


Il produttore gli risponde che soldi per la costosissima supertermite non ce n'erano, per cui s'è fatto quello che s'è potuto: anche i programmi TV hanno un budget da rispettare. A parte il fatto che già il test con la termite sulla colonna è più di quanto abbiano mai fatto i complottisti, l'obiezione del produttore è più che sensata, perché la teoria della termite (quella non "super") è stata propugnata dai complottisti per anni proprio da Steven Jones.

Lo faceva, per esempio, nella sua presentazione alla Idaho State University del primo settembre 2006, nella quale la parola "thermite" compare ben settantasei volte e la termite veniva invocata come spiegazione per il "metallo fuso" visto colare da una sola delle Torri Gemelle. Ne cito giusto un esempio:



Era sempre Steven Jones a proporre la termite nel suo articolo Why Indeed Did the WTC Buildings Completely Collapse? pubblicato dal suo Journal of 9/11 Studies a settembre del 2006 (evidenziazione aggiunta):

Thus, molten metal was repeatedly observed and formally reported in the rubble piles of the WTC Towers and WTC 7, metal that looked like molten steel or perhaps iron. Scientific analysis would be needed to conclusively ascertain the composition of the molten metal in detail.
I maintain that these observations are consistent with the use of high-temperature cutter-charges such as thermite, HMX or RDX or some combination thereof, routinely used to melt/cut/demolish steel.


Jones parlava ancora di termite a maggio del 2007 nel suo articolo Revisiting 9/11/2001 --Applying the Scientific Method, sempre sul suo Journal of 9/11 Studies (evidenziazioni aggiunte):

The confluence of WTC data and thermate data provides a very compelling case that thermite variants were used in the destruction of the World Trade Center. And the use of thermite in this way requires pre-positioning of the thermite (and probably other) cutter-charges over time, which in turn implies that at least some of the 9/11 events were orchestrated and intentional.


Ma ora che la sua teoria a lungo promossa viene messa alla prova e fallisce, l'uso di termite normale per tagliare le colonne è secondo Jones un "esperimento patetico". Si sta dando del patetico da solo, insomma.

I complottisti sono quindi stati colti ancora una volta a spostare i paletti man mano che le loro teorie vengono sbufalate. Adesso la termite, che era così tanto in, è out: ora parlano di "nanotermite", "supertermite esplosiva" o di esplosivi speciali o di chissà quale altra fantomatica sostanza che sarebbe stata usata al posto della termite.

Se non vorranno essere sepolti dalle risate di chi ricorda loro che gli esplosivi fanno bum, altrimenti non sono esplosivi, e che nell'audio dei crolli delle Torri il bum non c'è, dovranno fare una cosa molto semplice, oltre che sparare l'ennesima teoria per mascherare il fallimento di quelle precedenti: i complottisti dovranno dimostrare in pratica che la loro sostanza magica di turno è capace di tagliare istantaneamente una colonna d'acciaio come quelle delle Torri Gemelle.

Restiamo in trepidante attesa di questa dimostrazione.

2009/04/13

"Active Thermitic Material" Claimed in Ground Zero Dust May Not Be Thermitic At All

by Enrico Manieri (Henry62) - Adapted and translated by Paolo Attivissimo with the author's permission. Original Italian text is available here.

Abstract: A recent paper claiming "active thermitic material" in dust collected in the vicinity of the Twin Towers after their collapse is found to have shortcomings in its methodology. The paper also fails to explore adequately alternative, non-thermitic explanations for its findings.

Specifically, the paper's use of methyl ethyl ketone (MEK) to demonstrate the presence of elemental aluminum is known to yield inconsistent results because MEK reacts with aluminum; alleged elemental aluminum nanoparticles are claimed to remain unreacted after 55 hours of MEK bath, but also contradictorily to react violently already at 430°C; photographic and spectral comparisons between commercial thermite and spheroidal particles in Ground Zero dust omit any other comparison with possible alternative sources of such findings; DSC analysis was conducted in air, but should have been conducted in an inert gas environment in order to obtain reliable results for thermite, which does not require an external oxidizer.

The paper also does not consider the chemical composition of the corrosion-proofing paints and of the vermiculite used as thermal insulation and soundproofing at the World Trade Center and
extensively documented by NIST. These products contain exactly the same elements and exhibit the same structural characteristics as the allegedly thermitic material found by the paper's researchers in their samples.

The researchers therefore appear to have been somewhat hasty in reaching their conclusions.





The debate regarding the collapse of New York's Twin Towers as a consequence of the 9/11 terrorist attacks has been revived by a study published by a US journal: "Active thermitic material discovered in dust from the 9/11 World Trade Center catastrophe" (Bentham Science Publishers).



Some of the authors of this study, such as Steven Jones and Kevin Ryan, are well-known for their strong support of so-called "conspiracy theories". The main author, Danish chemistry professor Niels Harrit, has also stated publicly his unorthodox views on 9/11 in writing and in TV appearances.

However, I will not deal with who supports these theories. Rather, I will simply assess the conclusions and facts stated by these researchers.

The authors claim to have analyzed debris dust from multiple New York sites located in the vicinity of Ground Zero, finding particles characterized by the presence of two layers, a red one and a gray one, joined in a wafer-like arrangement.





Analysis of these layers showed the presence of elements that can be observed in spectra.


Red layer


The red layer shows the presence of carbon, oxygen, iron, zinc, aluminum, calcium, chromium, silicon and sulfur. The authors write that the presence of calcium and sulfur might be explained by the dust generated by the gypsum wallboard that was abundant in the Twin Towers. The other elements are always present in various analyses carried out on the four samples studied in the paper.

Therefore, attention is called to the constant presence of carbon, oxygen, iron, aluminum and silicon. Chromium and zinc are instead said to be present, but it is not clear in which samples they were found, since the caption of Figure 14 of the paper (shown below) suggests that the finding was occasional (note the word "sometimes").



The red layer appears to be porous and composed of particles having various shapes (faceted and laminar), embedded in a matrix that holds them. The faceted particles are rich in iron and oxygen (probably crystals) and the laminar ones are rich in silicon and aluminum. Carbon does not appear to be present specifically in the particles, but seems to be distributed within the matrix.



The porous region of the red layer, analyzed after soaking in a strong solvent, shows instead the presence of oxygen and silicon as well as carbon and iron.




Interface between red and gray layers


Spectral analysis of this separation region between the two layers shows the presence of oxygen and carbon.






Gray layer


This layer contains carbon, oxygen and iron. BSE (Back-Scattered Electron) imaging of this gray layer reveals lighter shades than the red layer. This means that the red layer is made of matter whose atomic number is, on average, lower than the matter that constitutes the gray layer.

Optical and electron microscope imaging also shows that the red layer has a larger particle size distribution than the gray layer, with evident porosities and heterogeneities, in sharp contrast with the compactness of the gray layer.

Both the red layer and the gray layer are sensitive to a magnetic field.

In summary, the two layers, despite their different appearance and color, are found to have an extremely similar chemical composition. In particular, the red layer has a carbon-rich matrix that embeds crystal-like particles rich in oxygen and iron and other laminar particles rich in silicon and aluminum (page 15 of the paper).


Use of methyl ethyl ketone (MEK)


The authors immersed samples of these particles in a bath of methyl ethyl ketone (MEK) for 55 hours in order to separate the elements of the red layer. They claim to have thus obtained, in addition to considerable swelling of the matrix of the red layer, segregation of the aluminum. They also claim that this demonstrates the presence of elemental aluminum.

However, it is trivial to find that the reactivity of MEK with light metals, and particularly with aluminum, is well-known, as reported for example in this Italian document, which states (in translation, emphasis added):

10. Stability and reactivity

The product is stable in normal conditions of storage and use. Heat or fire can cause the release of carbon oxides and vapors that can be harmful. Vapors can form explosive mixtures with air.

Methyl ethyl ketone reacts with light metals, such as aluminum, and with strong oxidizers: it attacks various kinds of plastic.

Unsuitable materials: natural rubber, butyl rubber, EPDM, polystyrene, polyethylene, polypropylene, polyvinyl chloride, polyvinyl alcohol, Polyacrylonitrile. Suitable materials: stainless steel, carbon steel, polyester, Teflon.


If the intention of the researchers was to break up the carbon matrix of the red layer to allow analysis of the nanoparticles embedded in it, the result regarding the presence of aluminum does not appear to be compatible with this goal, since it is well-established that MEK might react more or less violently with elemental aluminum.

This appears to be a rather important methodological error by the researchers, since such a test might yield inconsistent results depending on whether the temperatures are suitable for the triggering of chemical reactions.

The logical conclusion is that one should therefore hypothesize the very opposite of what is claimed in the study, i.e., that there is no elemental aluminum in the compound and that aluminum is present in chemical bonds, or that elemental aluminum is present but in highly oxidized conditions and therefore scarcely reactive.

From a commodity point of view, MEK is sold for the following uses (translated from Italian):

"Methyl ethyl ketone - Used as a substitute of acetone when it is necessary to use a less volatile solvent, it dissolves shellac, rosin, cellulose resins, epoxy resins, many phenolic and acrylic resins, polystyrene etc.
It is a component of vinyl and nitrocellulose paints.
Methyl ethyl ketone is also suitable for cleaning instruments and tools and for washing impurities and chemical products off mechanical parts.


A data sheet of the product is available here (in Italian).

Going back to the analysis of the red player, the iron-rich particles exhibit a simultaneous abundance of oxygen, with a 2:3 proportion of iron to oxygen.

This means that these particles are Fe2O3, i.e., iron oxide. The simultaneous presence of iron oxide and elemental aluminum thus leads the authors to the conclusion that this is thermite. However, we have seen that the presence of reactive metallic aluminum is not at all beyond doubt.

I believe, therefore, there is good reason to question this forced conclusion, which contrasts with the rules of chemistry. The authors claim to have found nanoparticles of elemental aluminum, which cannot be all that reactive if they remain unchanged after 55 hours in a methyl ethyl ketone bath (in other words, one can deduce that they should be surrounded by a compact layer of aluminum oxide, a material that withstands extremely high temperatures and has a very high hardness), yet react violently already at 430°C to trigger a thermitic reaction.

as pigment:

Misleading comparisons


In their study, the authors support their conclusions by showing charts of spectral analyses of various samples.

– Combustion products of commercial thermite:


- Spheroidal particles found in Ground Zero dust some time after the collapse and after work to demolish and clear the rubble had begun:


This is a clear attempt to influence the less than careful reader by suggesting explicitly the analogy between the analyzed samples and the products of thermite reaction, without investigating whether a similar spectrum might be due to other causes and reactions.

In other words, the authors jump immediately from the incorrect assessment of the presence of highly reactive elemental aluminum to the (evidently highly desired) conclusion that the collapse of the World Trade Center involved some sort of thermitic reaction of a mysterious product that is triggered at low temperature, provides twice the energy of ordinary thermite, and is characterized by the presence of nanoparticles that give explosive properties to a substance that otherwise is only an incendiary.

These are dramatic claims that need to be backed by equally dramatic evidence, not by suggestions.

Let's now consider the energy issue.

Thermal DSC analysis conducted in air



The authors analyze the behavior of the samples when heated in air in a differential scanning calorimeter (DSC). The result is that all the samples begin to burn in the temperature range between 415 and 435°C. In some cases, the heat generated by the exothermic reaction reaches 7.5 kJ/g.

After combustion, spheroidal particles are found in the porous burned residues. Some of these particles are rich in iron and other are rich in silicon (which is transparent and translucent). These particles indicate that high temperatures were reached as a result of an unspecified chemical reaction (which begins at 430°C!). According to the authors, this reaction can only be thermitic.

In particular, therefore, the authors claim (page 22 of the paper) that a highly exothermic reaction, such as to generate temperatures of approximately 1400°C, needed to melt iron and iron oxide, was triggered at only 430°C.

What this thermitic reaction that is triggered at 430°C might be is not known, since the ignition temperature of commercial thermite is higher than 900°C.

The authors seem to have failed to consider that the matrix of the red layer is highly abundant in carbon and that carbon has a lower heating value (or net calorific value) of 34.03 kJ/g, whereas thermite releases 3.9 kJ/g in combustion. In other words, one gram of carbon releases, in combustion at constant pressure, more than eight times the energy released by one gram of thermite.

Since the measurement was performed in air (why? Is this another rather embarrassing error in methodology, after the MEK blunder?), one cannot exclude the combustion of carbon, which is instead highly probable.

In order to obtain reliable results, since thermite does not require an oxidizer from the external environment, the DSC measurement should have been conducted in an inert gas environment (with nitrogen or argon).



The conclusions of the study are obviously favorable to the "alternative" hypotheses. In other words, they suggest that a nanothermite-based substance was used on 9/11 in the Twin Towers and was applied by unknown means, in unknown locations, at an unknown date by unknown individuals, yet was able to cause the collapse of the two giant steel buildings and of the comparatively smaller WTC7 building.

Here are the conclusions as stated in the article:





Remarks


After examining the paper, which we can now describe as pro-conspiracy in its conclusions, I would like to present a few thoughts and consider whether there might be other working hypotheses that should be examined before jumping to the hasty conclusions presented in the paper.

My memory goes back to photographs like these:







These pictures show parts of the structural steel of the Twin Towers preserved by NIST.

Since these buildings were entirely made of steel and stood in a brackish environment, one of the builder's main concerns was to protect the steel adequately against corrosion by setting high quality standards for the protective coating.

Here are some documents related to the standards agreed by the Port Authority, owner of the Twin Towers, with the suppliers of the corrosion-proofing coating (source: NIST NCSTAR 1-6A, page 302 onward):





These documents and others presented in NIST's final report allow to determine the methods used to provide the corrosion-resistant coating and the quality control tests (source: NIST NCSTAR 1-1A, page 146):





It is very important to know the chemical composition of the paint used, which was the following (source: NIST NCSTAR 1-3C, page 147 onward, "Appendix D - Forensic thermometry tecnique development"):



Here we find that a substantially oily and resinous base (linseed oil and alkyd resin) contained a mixture of the following substances
Fossil flour is an opacifier constituted essentially by silicon dioxide, aluminum oxide, iron oxide and other impurities. It is added to paint to give it an opaque finish and a rough feel when dry, so as to provide grip for subsequent spray-on fireproofing.

The dried resinous and oily base might be the organic matrix that constitutes the base of the red layer, which is rich in carbon and, as shown, may have a primary role in the release of energy during the combustion process.

In practice, the red layer of the wafers identified by the researchers contains exactly the same elements that we now know were present in the corrosion-resistant coating used during the construction of the World Trade Center, including the organic base constituted by linseed oil and alkyd resin.

It's not just a matter of the same chemical elements being present. The presence of fossil flour in the paint, too, is compatible with the porosity observed in the samples of the red layer. If one considers, moreover, that mica is also often present in fossil flour, then the presence of laminar particles mixed with crystalline particles of iron oxide might also be explained.

The gray layer, which as noted is rich in iron and oxygen, might be linked to a green corrosion-proofing paint (Tnemec Green Metal Primer, page 303), used extensively to provide markings on steel and explicitly listed in the materials supply specifications, or to a bonding agent used during construction to fix thermal insulation and soundproofing elements.

Could this type of paint peel off, forming the small flakes found in Ground Zero dust? We can refer to the photographs provided by NIST to document its research aimed at determining the temperatures to which the perimeter columns of the Twin Towers were exposed. Some of these pictures, shown below, show the behavior of the corrosion-resistant paint used in the WTC when exposed to heat.









These pictures show that the coating, when subjected to temperatures above 250°C, begins to break up in irregular patterns and can flake off surfaces if subjected to impacts. For temperature far above 250°C, the coating separates completely from the part to which it was applied and the organic component undergoes combustion, causing complete separation from the steel and simultaneously producing a layer of dark burned residues.

This result is compatible with the description given in the paper:
"Several paint samples were also tested and in each case, the paint sample was immediately reduced to fragile ashes by the hot flame. This was not the case, however, with any of the red/gray chips from the World Trade Center dust."


The corrosion-proofing paint used in the WTC was tested by NIST by subjecting it to 650°C for one hour. Combustion of the organic matrix occurred, but the paint was not reduced to ash.

Bearing in mind the passive fire-retardant protection of the perimeter columns, one can notice that the inward face of the many columns that composed the building faces was protected by panels of vermiculite, i.e., by panels of a lightweight aggregate of magnesium phyllosilicate, trivalent iron and aluminum, which is generally found in the form of laminar or sheet-like particles.

Vermiculite used in the building sector is obtained by baking micaceous rocks and is used as a heat insulation and soundproofing product.

One should also bear in mind that mica is a combination of chemical substances that have the following chemical characteristics:
Mica classification

Chemically, micas can be given the general formula

X2Y4–6Z8O20(OH,F)4

in which X is K, Na, or Ca or less commonly Ba, Rb, or Cs;

Y is Al, Mg, or Fe or less commonly Mn, Cr, Ti, Li, etc.;

Z is chiefly Si or Al but also may include Fe3+ or Ti.

Structurally, micas can be classed as dioctahedral (Y = 4) and trioctahedral (Y = 6). If the X ion is K or Na the mica is a common mica, whereas if the X ion is Ca the mica is classed as a brittle mica.


These panels were bonded by means of adhesive to the internal face of the columns, in direct contact with the corrosion-proofing paint.

Vermiculite has practically no structural strength, and its use is limited to thermal insulation and soundproofing work. If impacted, it breaks into pieces.

The Twin Towers contained enormous amounts of vermiculite in direct contact, by means of adhesives, with the painted face of the perimeter columns. Yet the researchers that signed the study do not appear to have considered and investigated correctly this possibility before claiming residues of "active thermitic material" in Ground Zero dust.

2009/04/06

Rivista scientifica: "materiale termitico" nelle macerie del WTC

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Screwloosechange e degli utenti del forum della James Randi Educational Foundation. L'articolo è stato aggiornato e ampliato dopo la pubblicazione iniziale.

E' stato pubblicato nell'Open Chemical Physics Journal un articolo, intitolato Active Thermitic Material Discovered in Dust from the 9/11 World Trade Center Catastrophe, che asserisce la presenza di "materiale termitico non reagito" ("unreacted thermitic material") in alcuni campioni di polvere provenienti dalle macerie del World Trade Center.

L'articolo è firmato da Niels H. Harrit, Jeffrey Farrer, Steven E. Jones, Kevin R. Ryan, Frank M. Legge, Daniel Farnsworth, Gregg Roberts, James R. Gourley e Bradley R. Larsen.

Alcuni di questi nomi saranno familiari ai lettori di Undicisettembre: Steven Jones e Kevin Ryan, per esempio, sono fra i più assidui assertori delle teorie di demolizione controllata del World Trade Center; Roberts e Gourley sono membri di associazioni che sostengono queste ed altre teorie di complotto riguardanti gli eventi dell'11 settembre 2001. Altri nomi, compreso quello del primo firmatario, sono meno noti.


Chi è Niels Harrit?


Niels H. Harrit (immagine qui a destra, tratta da questa apparizione televisiva danese) è il firmatario principale dell'articolo, che lo associa al "Department of Chemistry, University of Copenhagen, Denmark". Secondo il dipartimento di chimica in questione, ha il ruolo di "lektor" e un notevole elenco di pubblicazioni scientifiche in campo chimico.

Alcuni suoi scritti lo presentano come "Associate Professor at the Department of Chemistry, University of Copenhagen", con una dicitura ("has been") che sembra indicare che non sia più in attività, ma è possibile che si tratti di un semplice errore grammaticale. Cosa più importante, questi stessi scritti indicano che il suo sostegno alle teorie cospirazioniste è basato su premesse fasulle.

Per esempio, sostiene che il crollo del WTC7 fu anomalo perché richiese soltanto 6,4 secondi; ma i dati sismografici e le registrazioni video indicano che il crollo durò almeno 13 secondi, ossia almeno il doppio di quanto asserito da Harrit.

Sostiene che nessuna struttura in acciaio fosse mai crollata prima per incendio, mentre abbiamo visto che non è affatto così (dettagli; altri dettagli).

Sostiene che il mancato crollo completo della Windsor Tower di Madrid dimostra che le Torri Gemelle non dovevano crollare, ma abbiamo visto che la Windsor Tower aveva una struttura in cemento armato e acciaio (mentre il WTC aveva soltanto elementi strutturali in acciaio), per cui il paragone è grossolanamente errato. Anzi, tutta la parte in acciaio della Windsor Tower crollò, nonostante l'edificio non fosse stato colpito da un aereo di linea e non fosse stato incendiato da oltre 30.000 litri di carburante (dettagli).

In altre parole, Harrit è un esperto nel proprio settore, ma come spesso avviene, quando esce dal proprio campo di competenza rischia di sbagliarsi tanto quanto qualunque altra persona se gli vengono passate informazioni errate e non si ferma a verificarle.


L'importanza del "materiale termitico"


Steven Jones, altro firmatario dell'articolo ed ex professore di fisica alla Brigham Young University, sostiene da tempo che le Torri Gemelle sarebbero state demolite grazie a una sostanza a base di termite, una miscela incendiaria usata per le saldature in vari campi, che sarebbe stata applicata a mo' di vernice alla struttura dei grattacieli e innescata (sempre secondo Jones) tramite impulsi radio: una tesi presentata dal professore anche durante il programma radiofonico Air America Radio (8 maggio 2008), come descritto qui a suo tempo.

L'articolo dell'Open Chemical Physics Journal è quindi significativo, perché sembra dare un inizio di base scientifica a questa tesi. Infatti i siti cospirazionisti celebrano questa pubblicazione come un successo, come si può leggere su Luogocomune.net, su Megachip.info o su Effedieffe.com, che traduce in italiano la segnalazione in inglese di 911blogger.com:

In breve, il documento cancella la versione ufficiale secondo cui “non esistono prove” per dimostrare la presenza di materiale esplosivo/pirotecnico negli edifici delle Torri Gemelle.

(da Effedieffe.com)



Clamoroso: trovata sabbia nel deserto, acqua nel mare


Tanto entusiasmo pare lievemente prematuro. Lascio la discussione estesa dei dettagli tecnici al parere dei chimici di Undicisettembre, che stanno esaminando l'articolo, ma va segnalato il commento a caldo dei tecnici del James Randi Educational Forum.

L'articolo di Harrit, Jones et al. afferma, in sintesi, che le analisi hanno trovato ossido di ferro e alluminio in alcuni campioni di polvere e macerie minute del WTC. Secondo Steven Jones e colleghi, questo dimostrerebbe inequivocabilmente che al WTC fu presente della termite, che è appunto costituita principalmente da ossido di ferro e alluminio.

Ma i tecnici del JREF notano che c'era un'altra cosa che al WTC conteneva ossido di ferro (ruggine) e alluminio: la struttura stessa degli edifici. Le Torri Gemelle, infatti, erano costruite in acciaio (ossia ferro e carbonio) e rivestite in alluminio, e le vernici protettive anticorrosione che si applicano all'acciaio spesso contengono alluminio e ossido di ferro (come si può vedere per esempio qui e qui). Per non parlare del fatto che gli arredi degli uffici presumibilmente includevano parti in alluminio e del fatto che quella mattina furono aggiunte alle Torri Gemelle grandi quantità di alluminio: quello degli aerei.

Detta così, è come stupirsi di aver trovato sabbia nel deserto o acqua nel mare. Sembra che Harrit, Jones e colleghi, invaghiti della teoria della termite e ansiosi di trovare conferme, siano stati troppo frettolosi nell'escludere le altre possibili cause dei risultati analitici. Prima di saltare alla conclusione clamorosa che si tratta di termite, andrebbero escluse sistematicamente tutte le altre possibili origini di questi risultati: ma questo non è stato fatto.

Aspettiamo comunque il giudizio degli esperti che Undicisettembre sta consultando: intanto possiamo esaminare altri aspetti di questo apparente scoop pro-complotto.


Quand'anche fosse?


La teoria termitica sembra implausibile anche per motivi di ordine logico.

Supponiamo, per amor di discussione, che quella trovata da Harrit, Jones e colleghi sia davvero una sostanza termitica. I dati dell'articolo parlano di strati residuali sottilissimi, misurati in micron, ossia millesimi di millimetro ("Thicknesses vary from roughly 10 to 100 microns for each layer"), assolutamente insufficienti a fondere rapidamente le spesse lastre d'acciaio che formavano le colonne delle Torri Gemelle, come prevede la tesi della demolizione tramite termite.

Secondo quanto scritto dagli stessi complottisti in questo articolo del 2007, riveduto da Frank Legge, che è uno dei coautori del nuovo articolo, nel caso migliore ci vuole 1 grammo di termite per fondere 1,88 grammi di acciaio (grafico qui sopra, tratto dall'articolo del 2007). Il NIST è più generoso e dice nelle sue FAQ che bastano circa 130 grammi di termite per fondere 1 chilogrammo d'acciaio.

Come potrebbe uno strato di termite (o nanotermite o supertermite che dir si voglia) spesso al massimo un decimo di millimetro fondere di colpo delle colonne d'acciaio consistenti come quelle del World Trade Center? Anche supponendo che si tratti davvero di termite o simili, non ce n'è abbastanza per tranciare le colonne. E questo si evince dai dati degli stessi cospirazionisti.

Anche volendo essere più generosi con le ipotesi e supponendo che quel decimo di millimetro sia solo la termite residua, quanto avrebbe dovuto essere spesso lo strato originale per riuscire a tranciare le colonne? E perché la termite avrebbe dovuto lasciare residui incombusti? Come e quando sarebbe stata collocata senza che nessuno se ne accorgesse? Come sarebbe stata innescata? In che modo sarebbe stata tenuta a contatto con delle colonne verticali durante la sua violentissima reazione chimica? L'articolo di Jones e colleghi non spiega nulla di tutto questo.

In altre parole, ancor prima di approfondire gli aspetti tecnici dell'articolo, se ne accettiamo le conclusioni ci troviamo di fronte a una ulteriore serie di assurdità irrisolte dalla tesi cospirazionista. Questo fa pensare che la tesi sia errata e che quindi vi sia un'altra spiegazione per la presenza di questo materiale.

Se Harrit, Jones e colleghi vogliono sostenere seriamente la loro tesi, che facciano una prova molto semplice: spalmino la termite (super o nano o sol-gel o come la preferiscono) su una colonna verticale di struttura e spessore pari a quelle delle colonne del WTC, la inneschino (nel modo che preferiscono) e ci facciano vedere che si trancia in meno di dieci secondi. Undicisettembre è disposto a pagare il campione d'acciaio pur di assistere a questo fenomeno fantascientifico.

In breve: da qui a dire che quest'articolo di Harrit, Jones e colleghi "cancella" la ricostruzione tecnica fatta dal NIST e le testimonianze dei vigili del fuoco ce ne passa eccome.


Cos'è l'Open Chemical Physics Journal


C'è di più. Ci si potrebbe chiedere con incredulità come una rivista scientifica possa aver pubblicato un articolo contenente un errore logico apparentemente così madornale nelle sue conclusioni. Dopotutto, è noto che queste riviste sottopongono ogni articolo a una rigorosa selezione e all'impietosa revisione di colleghi (un processo chiamato peer review).

Ma c'è un fatto che chi non frequenta le riviste scientifiche per lavoro probabilmente non sa: non tutte queste pubblicazioni sono uguali, esattamente come non lo sono i giornali generalisti. Come ci sono quotidiani autorevoli e giornali spazzatura, così ci sono riviste scientifiche di alto livello e riviste di scarso valore.

L'Open Chemical Physics Journal ricade, secondo i dati finora disponibili, in questa seconda categoria: questa rivista pubblica qualunque cosa, basta che l'autore paghi, e non c'è nessuna revisione significativa da parte di esperti. Anche altre riviste blasonate chiedono un onorario di pubblicazione e revisione, ma nel caso dell'OCPJ sembra (stando a quanto emerso finora) che pagare sia l'unico criterio di selezione.

Secondo questa discussione su un forum dell'Università di Yale, l'editore del Journal, la Bentham Science Publishers, effettua addirittura operazioni di spamming alla ricerca di autori che scrivano articoli sulle sue riviste e persino di revisori che valutino questi articoli, ossia l'esatto opposto di quello che avviene nelle riviste normali, dove i ricercatori lottano non poco per riuscire a farsi pubblicare ed essere addirittura revisori è un attestato di esperienza e professionalità ambitissimo.

Un chiaro esempio del livello di serietà dell'Open Chemical Physics Journal arriva da Chris Reed, Distinguished Professor of Chemistry presso la University of California - Riverside, che nota il comportamento della Bentham nella lista di discussione CHMINF-L:

Nell'ultimo mese ho ricevuto ben tre inviti a far parte dei comitati di redazione di nuove riviste della Bentham – "Notizie di questo", "Frontiere di quello"nessuno dei quali ricadeva nei campi in cui sono effettivamente esperto.

In the past month, I have received no less that three invitations to join the editorial boards of new Bentham journals -- "Current this", "Frontiers of that" -- none in areas of my real expertise.


L'abitudine della Bentham di reclutare membri del comitato di redazione (editorial board) fra persone che non hanno alcuna competenza nella materia che vengono chiamati a valutare è testimoniata anche dal giornalista Richard Poynder, che la commenta qui:

Dopo la prima ondata d'entusiamo, tuttavia, i ricercatori cominciarono a mettere in dubbio le attività della Bentham, anche perché molti degli inviti che ricevevano sembravano decisamente mal mirati. Per esempio, gli psicologi venivano invitati a contribuire articoli sull'ornitologia; i ricercatori sulle politiche per la salute venivano invitato a inviare articoli di chimica analitica; e gli economisti ricevevano inviti a inviare articoli sulla ricerca sul sonno oppure, ancora più bizzarramente, ad unirsi al comitato di redazione di riviste sull'educazione. Questo ha inevitabilmente sollevato preoccupazioni sulla probabile qualità di queste nuove riviste, specialmente perché ai ricercatori veniva chiesto di pagare da 600 a 900 dollari per volta per il privilegio di esservi pubblicati.

Per aggiungere l'ingiuria al danno, alcuni degli inviti ricevuti dai ricercatori erano indirizzati a una persona completamente diversa o il campo del nome era vuoto e riportava semplicemente "Egregio Dott., ...". Era difficile non sentirsi più insultati che lusingati nel ricevere lettere di questo genere.

Oltretutto quello che era chiaramente un invio postale di massa automatizzato si stava dimostrando un po' troppo generoso con i suoi inviti, spedendoli non solo a ricercatori, ma a chiunque: per esempio, in almeno una occasione un giornalista (che ha chiesto di non essere nominato) è stato sorpreso di ricevere dalla Bentham una lettera che lo invitava a inviare un articolo "sulla base dei suoi contributi precedenti al campo della scienza dell'informazione". Come lui stesso spiega, "La cosa mi ha sorpreso abbastanza, visto che come giornalista scientifico in attività non sapevo di aver dato simili contributi!"

After the first flush of enthusiasm, however, researchers began to question Bentham's activities, not least because many of the invitations they were receiving seemed decidedly badly targeted. For instance, psychologists were being invited to contribute papers on ornithology, health policy researchers were being invited to submit papers on analytical chemistry and economists were being invited to submit papers on sleep research or, even more oddly, invited to join the editorial board of educational journals. This inevitably raised concerns about the likely quality of the new journals, particularly as researchers were being asked to pay from $600 to $900 a time for the privilege of being published in them.

To add insult to injury, some of the invitations researchers were receiving were addressed to a completely different person, or the name field was empty, and addressed simply to "Dear Dr.,". It was hard not to feel more insulted than flattered on receiving such letters.

Moreover, what was clearly an automated mass mailing exercise was proving a little profligate with its invitations, sending them out not just to researchers, but to any Tom, Dick or Harry. On at least one occasion, for instance, a journalist (who asked not to be named) was surprised to receive a letter from Bentham inviting him to submit a paper, "Based on your record of contributions in the field of information science." As he explains, "I was rather surprised by this, since — as a practicing science journalist — I wasn't aware that I had made any such contributions!"


Un'altra testimonianza arriva da Gunther Eysenbach, senior health care research scientist presso la University of Toronto:

Negli ultimi due mesi circa ho ricevuto ben undici mail dalla Bentham, tutte praticamente identiche per testo e forma, tuttte firmate da "Matthew Honan, Editorial Director, Bentham Science Publishers" o da "Richard Scott, Editorial Director, Bentham Science Publishers", che mi "invitavano" a inviare articoli di ricerca, revisioni e lettere a varie riviste (ho ricevuto una mail per ciascuna rivista!), fra cui "The Open Operational Research Journal", "Open Business Journal", "Open Management Journal", "Open Bioinformatics Journal", "Open Ethics Journal", "Open Analytical Chemistry Journal" e via dicendo – tutti inviti mandati a me "per via della sua eccellenza nel campo" [...]

La mail mi "invita" a inviare articoli e a pagare per la pubblicazione. [...] I ricercatori che avessero dubbi sulla reputazione e la levatura scientifica di una rivista dovrebbero controllare se la rivista stessa è indicizzata da Medline (nessuna delle riviste della Bentham lo è, nonostante la mail di spam suggerisca il contrario) e se la rivista riceve citazioni significative (si controlli Web of Science o Journal Citation Reports) prima di inviare alcunché a qualunque rivista Open Access.

In the past couple of months I have received no less than 11 emails from Bentham, all mostly identical in text and form, all signed by "Matthew Honan, Editorial Director, Bentham Science Publishers" or "Richard Scott, Editorial Director, Bentham Science Publishers", "inviting" me to submit research articles, reviews and letters to various journals (I got one email per journal!), including "The Open Operational Research Journal", "Open Business Journal", "Open Management Journal", "Open Bioinformatics Journal", "Open Ethics Journal", "Open Analytical Chemistry Journal" and so on - all of them sent to me "because of your eminence in the field" [...]

The bulk email "invites" me to submit articles and to pay for publication [... ] Researchers who are in doubt about the reputation and scientific standing of a journal should check if the journal is Medline-indexed (none of the Bentham journals is actually Medline-indexed, although the spam emails suggest otherwise), and whether the journal receives any significant citations (check Web of Science or the Journal Citation Reports) before submitting to any Open Access journal.


A tutto questo si aggiunge il dato che la rivista attualmente non ha impact factor. L'impact factor è un importantissimo indice di importanza settoriale, che si assegna a ogni rivista scientifica: viene calcolato sulla base della quantità e qualità delle citazioni di suoi articoli in altre riviste specialistiche.

L'Open Chemical Physics Journal non ha questo impact factor perché è stato fondato troppo recentemente per essere stato classificato, come ci ha confermato personalmente Nicola Pinna, Investigador coordenador (senior researcher) presso il Dipartimento di Chimica dell'Università di Aveiro, in Portogallo, che è membro del comitato di redazione (editorial board) della rivista, come si evince dal suo curriculum.

Pinna ha inoltre indicato che non ha "partecipato al 'reviewing' di questo articolo né come editor né come referee". Undicisettembre ha già preso contatto con l'editor in chief del Journal per conoscere l'iter reale di riesame e valutazione dell'articolo in questione.

Viene da chiedersi come mai Steven Jones, Kevin Ryan e gli altri autori dell'articolo si siano ridotti a pagare almeno 600 dollari (come indicato sopra) ad una rivista la cui reputazione è perlomeno equivoca, invece di sottoporsi all'esame di riviste più autorevoli di settore e conquistare quindi autorevolezza per le proprie teorie. Sembra quasi che il loro scopo sia screditare il cospirazionismo mediante gesti palesemente ridicoli. E' come se si vantassero di aver pubblicato un articolo di ginecologia in una rivista porno.

Al lettore attento non sfuggirà, inoltre, la profonda contraddizione della tesi cospirazionista, che sostiene l'esistenza di una congiura del silenzio da parte delle riviste scientifiche ma al tempo stesso si vanta di avere come prova una pubblicazione proprio su una rivista scientifica.



Zolfo al WTC, Steven Jones sbufala Zero e se stesso


C'è un altro aspetto interessante di questo articolo di Niels Harrit e Steven Jones: smonta una delle tesi presentate dal video Zero di Giulietto Chiesa e Franco Fracassi.

In questo video, infatti, Paolo Marini afferma che nelle macerie del WTC si nota la presenza "a livello della struttura granulare del materiale dell'acciaio" di "un elemento che normalmente non dovrebbe essere presente, e soprattutto in quantità cospicua, cioè dello zolfo."

Il video Zero afferma anche che "siamo molto sicuri della provenienza di questo metallo. Proviene da un materiale chiamato "termate", che è polvere di alluminio, ossido di ferro e zolfo." L'affermazione è fatta dallo stesso Steven Jones.

Ma adesso, in quest'articolo, Steven Jones non è più molto sicuro di questa provenienza e inseme ai colleghi offre a pagina 11 una spiegazione più che banale per la presenza dello zolfo che per Marini "normalmente non dovrebbe essere presente":

I grandi picchi di calcio e zolfo possono essere dovuti a contaminazione dal gesso proveniente dal materiale in cartongesso polverizzato negli edifici.

The large Ca and S peaks may be due to contamination with gypsum from the pulverized wallboard material in the buildings.


Che è esattamente quello che il NIST afferma da tempo in risposta al presunto mistero dello zolfo al WTC: si vedano, in proposito, le FAQ del NIST datate 2006, alla domanda numero 12. Un complottista DOC, insomma, avvalora la "versione ufficiale".

Siamo dunque tornati al solito copione: si scatenano facili entusiasmi per l'ennesima "prova" sfoderata dal virtuosismo investigativo dei ricercatori della verità, ma quando si va a verificare (e lo fanno i debunker, perché i complottisti sono incapaci di autocritica) si scopre che la "prova" non è altro che l'ennesima cantonata autolesionista. Sembra di essere ancora i tempi dell'ormai mitico "Seven is exploding".

Considerato il ripetersi periodico di questi autogol, viene quasi da chiedersi se si tratti di un'operazione di discredito dall'interno ben pianificata. Quale modo migliore per creare confusione e depistare le ricerche serie sull'11/9, che piazzare nel "movimento per la verità" dei personaggi che sappiano conquistare la fiducia incondizionata dei cospirazionisti, facciano montare l'entusiasmo e poi devastino psicologicamente il movimento rivelandosi dei ciarlatani e addirittura abbracciando progressivamente la versione ufficiale?

2008/11/25

WTC7, pubblicato il testo finale del rapporto NIST

di Paolo Attivissimo

Il 20 novembre scorso il NIST (National Institute of Standards and Technology) ha pubblicato il testo finale del suo rapporto sulle cause del crollo del WTC7, la cosiddetta "terza torre" crollata l'11 settembre 2001.

Viene riconfermata la dinamica del crollo: incendi incontrollati, innescati dall'impatto delle macerie delle Torri Gemelle, e assenza d'acqua negli impianti antincendio (per via delle condotte tranciate dal crollo delle Torri), hanno prodotto la dilatazione e i cedimento di alcuni solai. Questo ha tolto il supporto laterale a una colonna particolarmente sollecitata, la numero 79, che si è piegata. Da lì, il cedimento si è propagato inarrestabilmente al resto della struttura.

Sono esclusi fenomeni esplosivi, perché una detonazione sufficiente a causare la rottura della colonna vitale avrebbe sfondato i vetri delle finestre dell'edificio, scagliandoli violentemente in fuori, cosa che non è avvenuta. Inoltre la detonazione avrebbe prodotto un boato ad oltre 130 decibel, udibile a grandi distanze.

Il rapporto definitivo è scaricabile qui. Il NIST sottolinea che sono oltre 20 le modifiche alle normative edilizie ed antincendio già adottate negli Stati Uniti sulla base delle scoperte e delle raccomandazioni del NIST, e che altre verranno introdotte.

Oltre al rapporto definitivo, il NIST ha anche pubblicato i commenti alle precedenti bozze del rapporto ricevuti dal pubblico, compresi quelli dei complottisti.

Interessanti i commenti di Richard Gage (AE911truth), che dopo aver disquisito prolissamente su microscopiche discrepanze lessicali nei vari capitoli del rapporto, affronta il ragionamento ovvio del NIST (l'impossibilità di un'esplosione che non sfondi i vetri dell'edificio) abbandonando la propria teoria delle cariche esplosive ed abbracciando la nanotermite cara a Steven Jones (pag. 17). Poi risolleva la storia ormai trita delle anticipazioni del crollo da parte di CNN e BBC (pag. 20), e infine lamenta ancora (pag. 22) la mancata spiegazione della fusione dei resti metallici del WTC7, a suo avviso sospetta, che invece è già stata data da tempo (per esempio dal professor Sisson nel documentario The Third Tower della BBC). Nulla di nuovo, insomma.

Fra gli altri nomi di cospirazionisti i cui commenti sono stati pubblicati si può citare Christopher Bollyn, che definisce il rapporto "A PACK OF LIES" ("un'accozzaglia di bugie") ripetendo la consueta litania di presunte prove di complotto, dal "pull it" al metallo fuso: anche lui sposa la teoria della termite.

Una menzione speciale va a Judy Wood, che ha partorito ben 121 pagine di commenti che tirano in ballo di tutto un po', dall'uragano Erin alle bobine di Tesla, per arrivare al suo cavallo di battaglia: le "directed energy weapons". Armi ad energia guidata. Secondo la Wood, infatti, il WTC7 fu distrutto da armi supersegrete a microonde o a raggi laser oppure (pagina 58) da dispositivi che creano "ondulazioni e trame nella stessa struttura dello spaziotempo... manipolate per incontrarsi e interferire in, e presso, lo spaziotempo locale di un bersaglio remoto". Non occorre alcun commento.

Kevin Ryan, uno degli "esperti" chiamati da Giulietto Chiesa in Zero a parlare di metallurgia pur essendo un tecnico della potabilizzazione delle acque, fornisce invece un commento tanto conciso quanto del tutto privo di considerazioni tecniche: "Avete disonorato il mio paese e la razza umana. Inoltre, siete ora personalmente responsabili per la perdurante morte e distruzione derivante dalle guerre dell'11/9. La storia del vostro disonore verrà ripetuta senza fine". Il suo intervento non sembra un approccio efficace per farsi prendere sul serio.

Spicca, nel lungo elenco di commentatori, un nome italiano, "Massimiliano" (il suo indirizzo di e-mail è nel PDF del commento), il cui maccheronico inglese deve aver dato non pochi problemi d'interpretazione ai membri del NIST. La sua obiezione è incentrata sui resoconti di boati uditi nelle ore precedenti il crollo: boati che il commentatore ritiene debbano per forza essere stati prodotti da esplosioni. Ma come già detto da tempo dal NIST, un'esplosione sufficiente a tranciare una singola colonna del WTC7 avrebbe prodotto un boato di oltre 130 decibel a 800 metri di distanza, dunque udibilissimo da tutte le persone in zona e dalle telecamere dei reporter: eppure di questo enorme boato non c'è traccia né testimoniale, né materiale nelle riprese.

Di ben altro significato sono le osservazioni degli enti e delle società coinvolte nel disastro, come per esempio i commenti della Silverstein Properties, che contestano con forza il giudizio di conformità soltanto generale, ma non totale, dell'edificio alle norme edilizie (per le dimensioni delle scale e per l'entità dei rivestimenti antincendio): segno che il NIST non sta pubblicando una velina concordata e non è in combutta con Larry Silverstein per spianargli la strada dei risarcimenti assicurativi. La stessa obiezione viene fatta nei commenti della Port Authority, che rincara la dose di disaccordo contestando al NIST di non aver preso in considerazione gli effetti dei danni alla struttura prodotti dalle macerie delle Torri Gemelle.

Vediamo dunque che non c'è alcun tabù nel contestare la “versione ufficiale” del NIST, neppure da parte di enti sicuramente lontani dalle idee cospirazioniste. Ma vediamo anche che ci sono due approcci completamente differenti. Mentre Silverstein Properties e Port Authority argomentano educatamente e documentatamente, i complottisti si affidano all'insulto personale o alla fantascienza di serie B.

Il fatto che dopo sette anni i complottisti non abbiano ancora capito che strillare e insultare è controproducente per la loro causa e li mette automaticamente dalla parte del torto, anche agli occhi del profano che non sa nulla di 11 settembre, la dice lunga sulla dissociazione dalla realtà che caratterizza le persone che fanno parte di questo cosiddetto “movimento per la verità”.

2008/07/27

Zerobubbole: il NIST ha manipolato i dati, Zero lo dimostra. Con dati falsi

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

E' un po' che non proseguiamo pubblicamente le Zerobubbole, l'analisi punto per punto di tutte le fandonie dichiarate dal DVD Zero di Giulietto Chiesa e Franco Fracassi. Qualcuno potrebbe temere che non abbiamo più trovato nulla di contestabile. In realtà l'analisi procede, e procede tanto bene (si fa per dire), con la scoperta di così tante altre bubbole, che ci tocca rinunciare a pubblicare le singole bubbole in ordine cronologico. L'ultimo conteggio, stando al sunto disponibile in Zerobubbole Pocket, è arrivato a quota 108, comodamente oltre la media di una bubbola al minuto (Zero in DVD dura 104 minuti, titoli di testa e coda compresi).

La perla più recente è una perla addirittura doppia e ci arriva da Kevin Ryan (nella foto), l'addetto alla verifica della potabilità dell'acqua che Zero, per ragioni insondabili, cita ripetutamente come se fosse un esperto di incendi e strutture in acciaio.

A sedici minuti e mezzo dall'inizio del DVD, Kevin Ryan dice (stando al doppiaggio) a proposito del NIST, l'ente responsabile per la ricostruzione tecnica delle cause dei crolli delle Torri Gemelle, quanto segue:

Dopo aver indagato sull'argomento per un anno e mezzo, ho scoperto che non solo hanno contraddetto i risultati dei loro stessi test, ma in più hanno anche manipolato i parametri di quei test. Hanno raddoppiato qualcosa, hanno dimezzato qualcos'altro... Ad esempio, la loro versione sostiene che il velivolo trasportava 13 tonnellate di combustibile, ma l'aviazione civile sostiene che in realtà non erano più di sei tonnellate e mezza. La metà.

In realtà è Zero, non il NIST, che manipola i dati per bocca di Kevin Ryan, e lo fa in maniera molto stupida perché facilmente smascherabile. Infatti qualunque pilota di linea può confermare che un Boeing 767 che deve attraversare gli Stati Uniti, come quelli lanciati contro le Torri Gemelle, imbarca ben più di "sei tonnellate e mezza" di carburante. Molto di più. Un volo New York-Los Angeles su un 767 consuma in media 15.982 galloni (circa 60.000 litri), secondo dati forniti dalla American Airlines e pubblicati dal Wall Street Journal.

Sessantamila litri. Tenendo conto del fatto che il carburante per aerei pesa circa 0,8 kg/litro, sono circa 48 tonnellate. Soltanto un imbecille partirebbe con sei tonnellate e mezza di carburante quando ne servono quarantotto. Soltanto un incompetente patentato direbbe che un volo transcontinentale è decollato con sei tonnellate e mezza di carburante. Sarebbe come partire in auto con la spia della riserva già accesa e sperare di fare Milano-Napoli senza rifornimento.

Ma forse Ryan intendeva dire che gli aerei avevano a bordo quelle sei tonnellate e mezza al momento dell'impatto contro le Torri Gemelle e che un po' del carburante era stato consumato durante il tragitto.

Ebbene, la American Airlines ha dichiarato che il Volo 11 (WTC1) aveva a bordo, al momento dell'impatto, circa 66.100 libbre (29.982 kg) di carburante; la United Airlines ha dichiarato che il Volo 175 aveva a bordo, sempre al momento dell'impatto, 62.000 libbre (28.122 kg) di carburante. Questi dati tengono conto del carburante consumato durante il volo, durato 46 minuti per il Volo 11 e 49 minuti per il Volo 175, e sono riportati dai documenti NIST WTC Flammable Contents Request della United Airlines e In re September 11 Litigation C&F, come indicato dal rapporto NIST 1-2B, Analysis of Aircraft Impacts into the World Trade Center Towers, pagina 84.

Ventotto tonnellate; non sei e mezza. Ma allora, da dove ha tirato fuori Ryan le sue cifre? Mistero. Le attribuisce vagamente al NIST e all'Aviazione Civile, ma non indica nulla di più preciso.

In altre parole, Kevin Ryan sta asserendo dati quasi cinque volte inferiori alla realtà. Ha una bella faccia tosta ad accusare gli altri di manipolare i dati.

Nota (2008/08/17): ascoltando l'audio inglese di Zero, emerge che Kevin Ryan parla di "aircraft combustibles". Mentre in italiano "combustibile" è, nell'uso corrente, sinonimo di "carburante", in inglese "combustibles" significa esclusivamente "materiale in grado di bruciare"; "carburante" è invece "fuel". Sembra quindi che Ryan, in originale, parli di "13 tonnellate di materiali combustibili" trasportati dall'aereo, ossia dica che a bordo, oltre al carburante, c'erano 13 tonnellate di materiali in grado di prendere fuoco. Non è chiaro, quindi, cosa intenda Zero con "combustibile": forse gli arredi interni dell'aereo e/o i suoi passeggeri? Dato che Zero, tanto per cambiare, non chiede fonti o documentazioni ai propri "esperti", non c'è modo di saperlo. E in tal caso, quale differenza sconvolgente farebbe per l'entità dell'incendio delle Torri Gemelle il peso degli arredi e dei passeggeri dell'aereo?

Zero in aritmetica: Dalle 8:46 alle 10:28? Sono 50 minuti


Non è finita. Ryan, pochi secondi dopo, la spara ancora più grossa. Il doppiaggio di Zero gli attribuisce infatti questa frase:

L'hanno raddoppiata, e hanno raddoppiato il tempo di esposizione dei pilastri al fuoco: 90 minuti. Mentre sappiamo che tale esposizione è stata di 45 e 50 minuti, nei due edifici.

Scusatemi se non uso mezzi termini: qui siamo all'asineria pura in aritmetica di base. Vediamo se riesco a spiegare in modo che anche Ryan e gli autori di Zero che gli danno corda possano capire dove sta l'errore.

L'impatto del Volo 11 contro il WTC1 avvenne alle 8:46 e l'edificio prese fuoco subito, continuando a bruciare fino al suo crollo, avvenuto alle 10:28. Sono dati a disposizione di chiunque, testimoniati dai network di tutto il mondo e dalle decine di migliaia di persone che affollavano l'area degli attentati a New York, e che nessuno seriamente mette in dubbio.

Orbene, dalle 8:46 alle 10:28 ci sono 14 + 60 + 28 = 102 minuti. Non 45. Non 50. Ma addirittura il doppio.

Anche qui, insomma, è Zero che manipola i dati, proprio mentre accusa gli altri di farlo.

E questo sarebbe il modo di procedere di chi vuole arrivare alla verità?

2008/02/18

Zerobubbole 16: Kevin Ryan descrive i test d'incendio del NIST. A modo suo

di Undicisettembre. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. L'articolo si riferisce al contenuto della versione di Zero presentata a ottobre 2007 alla Festa del Cinema di Roma.

Riprendiamo l'analisi del video Zero da dove l'avevamo lasciata, a circa 15 minuti dall'inizio. Parla ancora Kevin Ryan, ex dipendente di una società per il controllo delle acque potabili. C'entra qualcosa, questa sua qualifica, con l'ingegneria strutturale, con i collaudi antincendio, con i test metallurgici o con altre materie pertinenti all'11 settembre? Certo che no. Ma non lasciamoci distrarre da queste sottigliezze. Almeno Ryan non è uno dei testimoni di Zero che dice di essere la reincarnazione di Re Artù. Accontentiamoci.

KEVIN RYAN: Well, the floor models didn't collapse in the tests, and they were... these were in furnaces. If... testing furnaces much hotter temperature for longer periods of time, they still didn't collapse.

TRADUZIONE: Be', i modelli dei piani non crollarono durante i test, ed erano... questi erano dentro dei forni. Se... forni di collaudo a temperatura molto più alta per periodi più lunghi di tempo, non crollarono lo stesso.

Una volta tanto, l'affermazione di Kevin Ryan è formalmente corretta: ma detta così, senza contesto, sembra suggerire che la struttura del World Trade Center non possa essere collassata per l'intensità degli incendi e che quindi ci debbano essere state all'opera forze ben più potenti e misteriose.

La realtà è che neanche la ricostruzione definitiva del NIST sostiene che i solai collassarono al WTC. Dice che i solai si imbarcarono per il calore, ma con poche eccezioni (i solai colpiti dagli aerei) non collassarono: anzi, resistettero tanto da deformare le colonne perimetrali, tirandole verso l'interno. Furono quindi queste colonne perimetrali a cedere, come documentato anche fotograficamente. I test del NIST, insomma, corrispondono a quanto osservato al World Trade Center.

Gli autori di Zero forse non se ne sono resi conto, ma Kevin Ryan sta dicendo maldestramente che il NIST non ha mentito e che la ricostruzione "ufficiale" è esatta.

Zero, infatti, presenta questa frase di Ryan come se fosse un mistero e una contraddizione rispetto alla ricostruzione comunemente accettata: ma lo è soltanto per chi è rimasto abbarbicato alla primissima ipotesi tecnica, fatta prima che si rendessero disponibili i dati e le immagini delle inchieste. Va ricordato, infatti, che il collasso pre-crollo dei solai fu ipotizzato da alcuni tecnici soltanto inizialmente, ma non fa parte della ricostruzione tecnica definitiva.

Ryan sembra appunto rimasto fermo a questa versione obsoleta della ricostruzione tecnica. Il risultato è un'argomentazione fasulla, che tenta di presentare le posizioni avversarie in modo parziale e tendenzioso per poi farle sembrare implausibili: un altro straw man argument. E' come se in un processo per omicidio l'avvocato della difesa facesse notare alla giuria il fatto inquietante e misterioso che la vittima stranamente non presenta alcuna ferita da arma da fuoco, dimenticandosi che in realtà la causa della morte è un avvelenamento e che l'hanno capito tutti tranne lui.

Non c'è dunque nulla di sospetto nei risultati dei test del NIST su modelli fisici dei solai, documentati nelle 470 pagine del rapporto NIST NCSTAR 1-6B: semplicemente, e in estrema sintesi, i test chiariscono che la struttura dei solai del World Trade Center era davvero conforme alle norme antincendio vigenti (ASTM E 119) e si sarebbe imbarcata, senza cedere, in caso d'incendio senza impatti che ne avessero asportato la protezione antincendio. Questo è un fatto mostrato per esempio nella figura mostrata qui sotto, tratta appunto dal rapporto NIST.


L'imbarcamento del modello di solaio delle Torri Gemelle, rivestito dalla protezione antincendio a spruzzo, nei test fisici del NIST. Questo non è l'imbarcamento massimo raggiunto nel corso dei test. Immagine tratta dalla Figura 3-11 del rapporto NIST NCSTAR 1-6.

Si noti che l'imbarcamento mostrato in questa figura è circa la metà di quello massimo raggiunto nel corso dei test, perché il raffreddamento della struttura ha prodotto un parziale recupero di forma dopo il termine del test ("Note that, upon cooling, the test specimen recovered at least half of the deflection achieved during the test so deflections seen in Fig. 3-11 are considerably less than the deflections at the end of the test". NIST NCSTAR 1-6, pag. 49).

Come già accennato, va ricordato inoltre che i modelli dei solai utilizzati nei test avevano una differenza fondamentale rispetto agli originali: la loro protezione antincendio era intatta, mentre quella delle Torri Gemelle fu dilaniata dagli impatti degli aerei, denudando l'acciaio in un volume molto ampio (la sezione di penetrazione degli aerei) ed esponendo il metallo direttamente al calore degli incendi.

Questa differenza è spiegata anche nella sintesi pubblicata dal NIST a dicembre 2007 e disponibile in traduzione italiana:

...il NIST ha svolto una serie di quattro test d'incendio standard (Standard Fire Tests) (ASTM E 119), come dichiarato nel documento NIST NCSTAR 1-6B. Poiché le strutture di prova per tutti e quattro gli Standard Fire Test erano state protette con materiale ignifugo applicato a spruzzo (sprayed fire-resistant material, SFRM), non è stato possibile trarre delle conclusioni in merito alla risposta delle Torri del WTC agli incendi dell'11 settembre 2001, perché l'impatto degli aerei causò la presenza di acciaio privo di protezione nella zona colpita dagli incendi.


Quanti sarebbero i cospiratori del NIST?


Fermiamoci un attimo, perché il rapporto NCSTAR 1-6B del NIST citato qui sopra non solo descrive i test, ma a pagina 320 prende anche una posizione esplicita nei confronti delle teorie complottiste che pone a Kevin Ryan e soci un problema piuttosto interessante:

Il NIST non ha trovato alcuna prova a sostegno delle ipotesi alternative che suggeriscono che le torri del WTC siano state abbattute da una demolizione controllata usando esplosivi collocati prima dell'11 settembre 2001. Il NIST, inoltre, non ha trovato alcuna prova che missili siano stati lanciati verso le torri o le abbiano colpite. Fotografie e video ripresi da varie angolazioni hanno invece mostrato chiaramente che il crollo è iniziato in corrispondenza dei piani degli incendi e degli impatti e che il crollo è progredito dai piani d'inizio verso il basso, finché le nubi di polvere ne hanno coperto la vista.

Questa negazione senza mezzi termini delle teorie complottiste da parte del NIST comporta che i sostenitori delle teorie alternative devono accusare il NIST di mentire e quindi far parte della cospirazione. Ma si fa in fretta a dire "il NIST" e a dimenticarsi che dietro quella sigla e dietro il rapporto tecnico sul World Trade Center ci sono oltre 170 persone: rendiamocene conto elencando i loro nomi, tratti dal rapporto NIST.

Qualcuno è disposto ad accusare Shyam S. Sunder, il direttore delle indagini tecniche del NIST (foto accanto), di coprire consapevolmente gli autori della strage di quasi 3000 persone? Tutti gli individui elencati qui sotto sarebbero cospiratori?
  • Membri del National Construction Safety Team: S. Shyam Sunder (nella foto), Sc.D., Richard G. Gann, Ph.D., William L. Grosshandler, Ph.D., .S. Lew, Ph.D., P.E., Richard W. Bukowski, P.E., Fahim Sadek, Ph.D., Frank W. Gayle, Ph.D., John L. Gross, Ph.D., P.E., Therese P. McAllister, Ph.D., P.E., Jason D. Averill, J. Randall Lawson, Harold E. Nelson, P.E., Stephen A. Cauffman.
  • Personale tecnico del NIST: Mohsen Altafi, Robert Anleitner, Elisa Baker, Stephen Banovic, Howard Baum, Carlos Beauchamp, Dale Bentz, Charles Bouldin, Paul Brand, Lori Brassell, Kathy Butler, Nicholas Carino, Sandy Clagett, Ishmael Conteh, Matthew Covin, Frank Davis, David Dayan, Laurean DeLauter, Jonathan Demarest, Stuart Dols, Michelle Donnelly, Dat Duthinh, David Evans, Richard Fields, James Filliben, Tim Foecke, Jeffrey Fong, Glenn Forney, William Fritz, Anthony Hamins, Edward Hnetkovsky, Erik Johnsson, Dave Kelley, Mark Kile, Erica Kuligowski, Jack Lee, William Luecke, Alexander Maranghides, David McColskey, Chris McCowan, Jay McElroy, Kevin McGrattan, Roy McLane, George Mulholland, Lakeshia Murray, Kathy Notarianni, Joshua Novosel, Long Phan, William Pitts, Thomas Ohlemiller, Victor Ontiveros, Richard Peacock, Max Peltz, Lisa Petersen, Rochelle Plummer, Kuldeep Prasad, Natalia Ramirez, Ronald Rehm, Paul Reneke, Michael Riley, Lonn Rodine, Schuyler Ruitberg, Jose Sanchez, Raymond Santoyo, Steven Sekellick, Michael Selepak, Thomas Siewert, Emil Simiu, Monica Starnes, David Stroup, Laura Sugden, Robert Vettori, John Widmann, Brendan Williams, Maureen Williams, Jiann Yang, Robert Zarr, Jeffrey Fong, Glenn Forney, William Fritz, Anthony Hamins, Edward Hnetkovsky, Erik Johnsson, Dave Kelley, Mark Kile, Erica Kuligowski, Jack Lee, William Luecke, Alexander Maranghides, David McColskey, Chris McCowan, Jay McElroy, Kevin McGrattan, Roy McLane, George Mulholland, Lakeshia Murray, Kathy Notarianni, Joshua Novosel, Long Phan, William Pitts, Thomas Ohlemiller, Victor Ontiveros.
  • Esperti e consulenti del NIST: Vincent Dunn, Steven Hill, John Hodgens, Kevin Malley, Valentine Junker.
  • Dipartimento del Commercio e supporto istituzionale al NIST: Michele Abadia-Dalmau, Kellie Beall, Arden Bement, Jr., Audra Bingaman, Sharon Bisco, Phyllis Boyd, Marie Bravo, Craig Burkhardt, Paul Cataldo, Virginia Covahey, Deborah Cramer, Gail Crum, Jane Dana, Sherri Diaz, Sandra Febach, Susan Ford, James Fowler, Matthew Heyman, James Hill, Verna Hines, Kathleen Kilmer, Kevin Kimball, Thomas Klausing, Donna Kline, Fred Kopatich, Kenneth Lechter, Melissa Lieberman, Darren Lowe, Mark Madsen, Ronald Meininger, Romena Moy, Michael Newman, Gail Porter, Thomas O’Brian, Nualla O’Connor-Kelly, Norman Osinski, Karen Perry, Sharon Rinehart, Michael Rubin, Rosamond Rutledge-Burns, John Sanderson, Hratch Semerjian, Sharon Shaffer, Elizabeth Simon, Jack Snell, Michael Szwed, Kelly Talbott, Anita Tolliver, Joyce Waters, Teresa Vicente, Dawn Williams.

La cospirazione s'allarga


Non solo: ai membri del NIST sopra elencati si dovrebbero aggiungere, secondo le argomentazioni dei complottisti, i circa 120 membri delle seguenti società, enti e università che hanno collaborato direttamente con il NIST alle indagini e quindi devono per forza essere a conoscenza dei fatti e di una loro eventuale falsificazione. L'elenco completo, con tutti i nomi, è nel rapporto NIST.
  • Applied Research Associates, Inc.
  • American Airlines
  • Baseline, Inc.
  • Blanford Land Development Corporation
  • Carr Futures, Inc.
  • City of New York Fire Department
  • Computer Aided Engineering Associates, Inc.
  • DataSource, Inc.
  • GeoStats, Inc.
  • Gilsanz Murray Steficek LLP
  • Hughes Associates, Inc.
  • Isolatek International, Inc.
  • John Jay College
  • Laclede Steel
  • Leslie E. Robertson Associates, R.L.L.P.
  • Marsh & McLennan Companies
  • Metal Management Northeast, Inc.
  • National Fire Protection Association
  • National Research Council, Canada
  • NuStats, Inc.
  • Rosenwasser/Grossman Consulting Engineers, P.C.
  • Science Applications International Corporation
  • Siemens
  • Silverstein Properties
  • Simpson Gumpertz & Heger Inc.
  • Simpson, Thacher & Bartlett LLP
  • Skidmore, Owings & Merrill, LLP
  • State University of New York
  • Structural Engineers Association of New York
  • Teng & Associates, Inc.
  • The Boeing Company
  • Underwriters Laboratories, Inc.
  • University of Chicago
  • University of Colorado
  • University of Michigan
  • Wachtell, Lipton, Rosen & Katz
  • Williams & Connolly LLP
  • Wiss, Janney, Elstner Associates, Inc.

La cospirazione s'allarga ancora


KEVIN RYAN: So... a few months later, the government put out an update on their report. And they stated, not only that the floors did not collapse...

TRADUZIONE: Così... alcuni mesi dopo, il governo pubblicò un aggiornamento al loro rapporto. E dichiararono non solo che i solai non erano crollati...

Kevin Ryan a questo punto attribuisce al governo la paternità dei rapporti tecnici. Questo è errato e ingannevole: i rapporti sul crollo delle Torri Gemelle sono stati tutti realizzati dalle più prestigiose autorità tecniche indipendenti degli Stati Uniti. Dire che sono opera del "governo" è una bubbola, un tentativo di spersonalizzazione, che serve a nascondere la loro autorevolezza e instillare diffidenza nello spettatore, suggerendo che siano invece il parto autoritario di un politico o di un burocrate. Zero, in sostanza, vuol far credere che i rapporti tecnici siano null'altro che una velina di governo priva di fondamento scientifico.

Si potrebbe argomentare che le autorità tecniche statunitensi sono comunque legate al governo USA e quindi potrebbero scrivere quello che ordina loro il governo. Ma siamo nel campo della scienza, nel quale è difficile mentire senza essere prima o poi scoperti. I tecnici di tutto il mondo leggono i rapporti del NIST: se ci fossero fandonie, le scoprirebbero. Contar frottole sarebbe quindi non solo difficile, ma anche stupido.

Non solo: se si ipotizza che il NIST, la FEMA, l'ASCE, la UL e gli altri enti interessati abbiano pubblicato menzogne su istigazione governativa, occorre includere fra i membri perfettamente omertosi della cospirazione non solo tutti i partecipanti all'inchiesta del NIST, ma anche quelli di tutti questi enti, e poi anche tutti gli addetti ai lavori statunitensi e i loro colleghi in tutto il mondo. Compresi gli ingegneri strutturisti, gli architetti e i Vigili del Fuoco italiani, nessuno dei quali contesta i dati dei rapporti tecnici riguardanti l'11 settembre.

A questo punto, affermazioni come quelle di Giulietto Chiesa a Raitre, secondo il quale "bastano alcune centinaia" di persone per organizzare l'immensa, quadrupla cospirazione dell'11 settembre, assumono una connotazione perlomeno surreale.

Più in generale, nessun esperto di settore, in nessun paese del mondo, che abbia studiato i rapporti tecnici aggiornati degli eventi dell'11 settembre li ha messi in discussione (i più abili tra i lettori saranno tentati di citare l'ingegnere strutturista svizzero Jörg Schneider, che sostiene che "il WTC7, con grande probabilità, è stato abbattuto mediante esplosivi", ma Schneider dichiara di essere arrivato alla propria conclusione soltanto "esaminando vari video disponibili su Internet che mostrano il crollo dell'edificio" e leggendo "solo alcune parti" dei rapporti NIST e FEMA).

Anzi, la letteratura di settore ha utilizzato i disastri del World Trade Center e specificamente i rapporti NIST come base per nuove normative edilizie e nuove tecnologie di costruzione: si vedano, per esempio, la Local Law 26/2004, entrata in vigore il 24/6/2004, che modifica le norme edilizie nella città di New York; la descrizione delle modifiche ai progetti in corso del New York Times; o le nuove tecniche utilizzate per il grattacielo che sostituisce l'Edificio 7 del WTC.

Per esempio, l'International Building Code, la principale normativa statunitense per l'edilizia, è stata riveduta e aggiornata proprio sulla base delle raccomandazioni del NIST derivanti dallo studio dei crolli del World Trade Center.

I sostenitori delle teorie alternative, e Kevin Ryan in primis, non hanno alcuna giustificazione per quest'assoluta omertà degli addetti ai lavori. Possiamo seriamente pensare che gli ingegneri italiani, francesi, cinesi, cubani, nordcoreani accettino di tacere o di dire menzogne su comando del governo degli Stati Uniti?