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2008/11/25

WTC7, pubblicato il testo finale del rapporto NIST

di Paolo Attivissimo

Il 20 novembre scorso il NIST (National Institute of Standards and Technology) ha pubblicato il testo finale del suo rapporto sulle cause del crollo del WTC7, la cosiddetta "terza torre" crollata l'11 settembre 2001.

Viene riconfermata la dinamica del crollo: incendi incontrollati, innescati dall'impatto delle macerie delle Torri Gemelle, e assenza d'acqua negli impianti antincendio (per via delle condotte tranciate dal crollo delle Torri), hanno prodotto la dilatazione e i cedimento di alcuni solai. Questo ha tolto il supporto laterale a una colonna particolarmente sollecitata, la numero 79, che si è piegata. Da lì, il cedimento si è propagato inarrestabilmente al resto della struttura.

Sono esclusi fenomeni esplosivi, perché una detonazione sufficiente a causare la rottura della colonna vitale avrebbe sfondato i vetri delle finestre dell'edificio, scagliandoli violentemente in fuori, cosa che non è avvenuta. Inoltre la detonazione avrebbe prodotto un boato ad oltre 130 decibel, udibile a grandi distanze.

Il rapporto definitivo è scaricabile qui. Il NIST sottolinea che sono oltre 20 le modifiche alle normative edilizie ed antincendio già adottate negli Stati Uniti sulla base delle scoperte e delle raccomandazioni del NIST, e che altre verranno introdotte.

Oltre al rapporto definitivo, il NIST ha anche pubblicato i commenti alle precedenti bozze del rapporto ricevuti dal pubblico, compresi quelli dei complottisti.

Interessanti i commenti di Richard Gage (AE911truth), che dopo aver disquisito prolissamente su microscopiche discrepanze lessicali nei vari capitoli del rapporto, affronta il ragionamento ovvio del NIST (l'impossibilità di un'esplosione che non sfondi i vetri dell'edificio) abbandonando la propria teoria delle cariche esplosive ed abbracciando la nanotermite cara a Steven Jones (pag. 17). Poi risolleva la storia ormai trita delle anticipazioni del crollo da parte di CNN e BBC (pag. 20), e infine lamenta ancora (pag. 22) la mancata spiegazione della fusione dei resti metallici del WTC7, a suo avviso sospetta, che invece è già stata data da tempo (per esempio dal professor Sisson nel documentario The Third Tower della BBC). Nulla di nuovo, insomma.

Fra gli altri nomi di cospirazionisti i cui commenti sono stati pubblicati si può citare Christopher Bollyn, che definisce il rapporto "A PACK OF LIES" ("un'accozzaglia di bugie") ripetendo la consueta litania di presunte prove di complotto, dal "pull it" al metallo fuso: anche lui sposa la teoria della termite.

Una menzione speciale va a Judy Wood, che ha partorito ben 121 pagine di commenti che tirano in ballo di tutto un po', dall'uragano Erin alle bobine di Tesla, per arrivare al suo cavallo di battaglia: le "directed energy weapons". Armi ad energia guidata. Secondo la Wood, infatti, il WTC7 fu distrutto da armi supersegrete a microonde o a raggi laser oppure (pagina 58) da dispositivi che creano "ondulazioni e trame nella stessa struttura dello spaziotempo... manipolate per incontrarsi e interferire in, e presso, lo spaziotempo locale di un bersaglio remoto". Non occorre alcun commento.

Kevin Ryan, uno degli "esperti" chiamati da Giulietto Chiesa in Zero a parlare di metallurgia pur essendo un tecnico della potabilizzazione delle acque, fornisce invece un commento tanto conciso quanto del tutto privo di considerazioni tecniche: "Avete disonorato il mio paese e la razza umana. Inoltre, siete ora personalmente responsabili per la perdurante morte e distruzione derivante dalle guerre dell'11/9. La storia del vostro disonore verrà ripetuta senza fine". Il suo intervento non sembra un approccio efficace per farsi prendere sul serio.

Spicca, nel lungo elenco di commentatori, un nome italiano, "Massimiliano" (il suo indirizzo di e-mail è nel PDF del commento), il cui maccheronico inglese deve aver dato non pochi problemi d'interpretazione ai membri del NIST. La sua obiezione è incentrata sui resoconti di boati uditi nelle ore precedenti il crollo: boati che il commentatore ritiene debbano per forza essere stati prodotti da esplosioni. Ma come già detto da tempo dal NIST, un'esplosione sufficiente a tranciare una singola colonna del WTC7 avrebbe prodotto un boato di oltre 130 decibel a 800 metri di distanza, dunque udibilissimo da tutte le persone in zona e dalle telecamere dei reporter: eppure di questo enorme boato non c'è traccia né testimoniale, né materiale nelle riprese.

Di ben altro significato sono le osservazioni degli enti e delle società coinvolte nel disastro, come per esempio i commenti della Silverstein Properties, che contestano con forza il giudizio di conformità soltanto generale, ma non totale, dell'edificio alle norme edilizie (per le dimensioni delle scale e per l'entità dei rivestimenti antincendio): segno che il NIST non sta pubblicando una velina concordata e non è in combutta con Larry Silverstein per spianargli la strada dei risarcimenti assicurativi. La stessa obiezione viene fatta nei commenti della Port Authority, che rincara la dose di disaccordo contestando al NIST di non aver preso in considerazione gli effetti dei danni alla struttura prodotti dalle macerie delle Torri Gemelle.

Vediamo dunque che non c'è alcun tabù nel contestare la “versione ufficiale” del NIST, neppure da parte di enti sicuramente lontani dalle idee cospirazioniste. Ma vediamo anche che ci sono due approcci completamente differenti. Mentre Silverstein Properties e Port Authority argomentano educatamente e documentatamente, i complottisti si affidano all'insulto personale o alla fantascienza di serie B.

Il fatto che dopo sette anni i complottisti non abbiano ancora capito che strillare e insultare è controproducente per la loro causa e li mette automaticamente dalla parte del torto, anche agli occhi del profano che non sa nulla di 11 settembre, la dice lunga sulla dissociazione dalla realtà che caratterizza le persone che fanno parte di questo cosiddetto “movimento per la verità”.

2007/08/18

Fiat lux 3: diatriba Jones/Wood

di mother

Un parere è stato espresso sulla possibilità che a 1000°C l'alluminio presenti una radiazione compatibile con quella visibile nel WTC2 in questo post.

Vediamo comunque alcuni aspetti della diatriba fra Steven Jones e Judy Wood non inerenti quanto avvenuto l'undici settembre, ma riguardanti soltanto gli esperimenti in se da loro eseguiti a supporto delle loro tesi.

La diatriba fra Steven Jones e la Wood che portò alla separazione del movimento Scholars for 911 thrut in due basati su teorie dietrologiche incompatibili (Jones con la teoria termitica e la Wood con la teoria delle bombe nucleari) è stata descritta qui.
  1. L'esperimento di Steven Jones atto a verificare le affermazioni del NIST consiste nel porre dell'alluminio in una ciotola con delle materie plastiche e del legno (il NIST si esprimeva a riguardo della presenza di fibre di legno e materie plastiche nel crogiolo fuoriuscito dal WTC), nel scaldarlo con una fiamma ossidrica e nel far colare l'alluminio su un pianale (pressione ambiente e condizione di luce diffusa). Si può quindi notare la radiazione luminosa dell'alluminio e il colore emanato non conforme con quanto visibile nei video dell'undici settembre.
  2. L'esperimento di Judy Wood invece pone dell'alluminio su un catodo di tungsteno (temperatura di fusione oltre 3000°C). L'elettricità passante nei metalli riscalda i materiali secondo caratteristiche legate alla resistenza elettrica e permette di ottenere all'aumentare della potenza temperature sempre maggiori.
Entrambi soffrono cronicamente della mancata indicazione della temperatura a cui hanno portato il loro alluminio.

Mancano quindi i dati cruciali dai quali impostano esperimenti i cui risultati sfruttano per sostenere le proprie opinioni.

Vediamo più approfonditamente questi esperimenti.

Nell'esperimento di Steven Jones abbiamo dei video (video1 video2) che mostrano il metodo di riscaldamento scelto ed i risultati.

S. Jones nel suo articolo di critica alle considerazioni del NIST ci dice che nell'esperimento ha anche inserito assieme all'alluminio fuso delle parti di plastica e di legno a simulare i polimeri ed il legno di una scrivania presenti in un generico ufficio del WTC. Il metodo di riscaldamento scelto è la fiamma ossiacetilenica.
We melted aluminum in a steel pan using an oxy-acetylene torch. link



Andando a riprendere un articolo di Henry sull'uso della fiamma ossidrica: Approfondimento tecnico sul taglio termico dell'acciaio
Il primo punto che voglio chiarire é che il taglio termico dell'acciaio non é un processo solamente fisico, come sarebbe stato se si fosse trattato semplicemente di portare a temperatura di fusione l'acciaio, ma si tratta di una tecnica di taglio essenzialmente chimica.
In particolare, il riscaldamento fisico crea le condizioni ottimali perché si possa realizzare la seguente reazione chimica che porta al taglio vero e proprio:
.
3 Fe + 2 O2 = Fe3O4
(con sviluppo di gran quantità di calore)
...
Per poter realizzare l'ossidazione rapida, é necessario quindi portare ad alta temperatura l'acciaio (a temperatura, comunque, che resta inferiore a quella di fusione dell'acciaio), per poi indirizzare un getto di ossigeno direttamente sull'acciaio surriscaldato.
...
Dopo aver riscaldato la zona da cui iniziare il taglio, viene mandato ossigeno purissimo ad alta pressione, dando origine ad una vera e propria "lama" di ossigeno che ossida ad altissima velocità l'acciaio, determinandone il taglio.
Perché il processo di ossidazione esotermica dell'acciaio abbia inizio, o meglio si "inneschi", é necessario che il punto di inizio della zona di taglio abbia raggiunto una temperatura sui 900° C, in modo che poi sia lo stesso calore liberato dall'ossidazione rapida dell'acciaio (che raggiunge la massima velocità di reazione alla temperatura di 1300°C) a consentire la fusione dell'ossido di ferro che si crea dalla reazione chimica, consentendone l'allontanamento da parte del getto di ossigeno.
Il meccanismo di taglio dell'acciaio, basato sulla reazione fortemente esotermica di ossidazione, si autosostiene, fino a quando é disponibile ossigeno per alimentare la reazione chimica.
...
La temperatura di fusione del prodotto della reazione (cioé gli ossidi del metallo da tagliare) deve essere inferiore alla temperatura di fusione del metallo da tagliare, altrimenti si formerebbe uno strato protettivo di ossidi che bloccherebbe l'autosostentazione della reazione chimica, impedendo al fronte di attacco di continuare ad impegnare nuovo metallo.
Se nel caso dell'acciaio ciò si realizza molto bene, perché i vari ossidi di ferro fondono dai 1370°C ai 1565°C circa, nel caso di altri materiali, come l'alluminio, ciò non accade, dato che l'ossido di alluminio fonde a 2050°C, mentre l'alluminio fonde a 660°C.
Solamente l'esiguo spessore del rivestimento in alluminio ha quindi consentito di affrontare la demolizione anche con apparati di questo tipo, senza dover procedere alla rimozione meccanica dell'alluminio, ma utilizzando la sola fiamma di riscaldo per portare a fusione localmente il rivestimento esterno e quindi innescare la "combustione" del ferro con l'ossitaglio.
Quindi nell'esperimento di S. Jones l'unica fonte di calore è quella fornita dalla reazione ossiacetilenica, poiché per l'alluminio non avviene una reazione di ossidazione esotermica capace di sostenere il processo di fusione (ciò corrisponde a tagliare senza l'uso del solo ossigeno ad alta pressione con possibilità di raggiungere grossi spessori, ma semplicemente tagliare portando a fusione una certa parte di metallo entro certi spessori). Il sito Minerva scrive riguardo alla fiamma ossidrica:
Il gas che si brucia nel cannello ossidrico è una miscela di idrogeno e ossigeno, che brucia con fiamma bluastra liberando una grande quantità di calore. La combustione avviene all'estremità del cannello costituito da due tubi che portano separatamente i due gas fino alla fiamma.... Ancora oggi si sfrutta la possibilità d generare alte temperature con la fiamma ossidrica. Una delle prime applicazioni fu la realizzazione della fusione del platino in un crogiolo di calce. L'alta temperatura (2250°C) della fiamma è impiegata in metallurgia per la saldatura autogena del ferro, della ghisa, del rame, dell'alluminio; per i lavori di fucinatura, di brasatura, di colata, ecc...Una lamiera di grosso spessore, per es. di 160mm può essere tagliata con la stessa nettezza di un utensile, a mezzo di un cannello ossidrico, in una decina di minuti, anche sott'acqua. Il costo dell'idrogeno e la necessità di usare bombole ad alta pressione come contenitori hanno spinto a sostiuirlo con altri combustibili, soprattutto con acetilene; si parla allora di fiamma e cannello ossiacetilenici.
Osservando le immagini dell'esperimento di Steven Jones si osserva proprio la fiamma bluastra simbolo di gas incandescenti ad alta temperatura. Tuttavia si nota anche che il contenitore dell'alluminio non emette nessuna radiazione di luce (le fiamme dal contenitore sono provocate dalla plastica e dal legno inseriti).


Nel post tecnico avevamo indicato alcuni video in cui l'alluminio appariva grigio ed altri in cui non appariva grigio (video1 video2).


L'effetto del calore dovrebbe investire sia il contenitore che l'alluminio.

La mancanza di dati sul contenitore non può fornire una significativa indicazione in nessun merito nè a favore nè contro.

Se si sapesse di che materiale si tratta (si può solo presumere che sia ferro), ci si potrebbe chiedere a che temperatura sia stato portato vista la mancanza di radiazioni in relazione dei dati di riflessione/emissione più consoni.


La mancanza di indicazioni sulla misurazione della temperatura nel video non migliora un esperimento scientificamente poco significativo così come molti altri video diffusi in Internet.

Va fatto notare che il picco di 2200°C raggiunto da una fiamma ossiacetilenica non è garanzia che l'alluminio sia alla temperatura massima, a causa del periodo di esposizione che condiziona lo scambio di calore e la sua dispersione (anche questo non indicato nel video).

Facciamo un esempio semplice: il metano ha una temperatura di autoignizione di 600°C, ma questo non significa che appena vi si posa sopra una pentola piena d'acqua questa arrivi istantaneamente a 600°C.

Quindi l'esperimento si colloca in quel buco di rappresentazione che va dal punto di fusione dell'alluminio (660°C con alluminio riflettente più che emettitore di radiazioni luminose) fino al punto di fusione o di illuminamento del contenitore in cui è contenuto il metallo da analizzare, entrambi al di sotto dei circa 2200°C producibili con la fiamma ossidrica alla pari degli altri video precedentemente sorpa presentati.

Va fatto notare un ulteriore aspetto: l'ossidazione dell'alluminio. A contatto con l'aria, l'alluminio surriscaldato dalla fiamma ossiacetilenica forma subito uno strato di ossido in superficie reagendo con l'ossigeno.

Tuttavia se ci limitassimo ai soli scritti fra Jones e Wood perderemmo un passo curioso della diatriba Jones vs Greening.

In risposta ad quest'altro esperto (settembre 2006), F.D. Greening, con un altro esperimento inerente l'interazione fra alluminio fuso dell'aereo e ruggine depositata sopra un elemento strutturale come possibile causa di reazioni termitiche esplosive, Jones scrive:
We also noted that while a steel pan holding the aluminum glowed red and then yellow hot, when poured out the falling aluminum displayed a silvery-gray color, adding significantly to the evidence that the yellow-white molten metal flowing out from the South Tower shortly before its collapse was NOT molten aluminum. (Recall also that the yellow color of the molten metal (video clip above) implies a temperature of approximately 1100°C -- too high for the darksmoke hydrocarbon fires burning in the building.) This is a point worth emphasizing: aluminum has low emissivity and high reflectivity, so that in daylight conditions after falling through air 1-2 meters, molten aluminum will appear silvery-gray, while molten iron (with its characteristic high emissivity) will appear yellow-white (at ~1100oC) as observed in the molten metal dripping from the South Tower just before its collapse (see: link ). We also recall that this molten metal, after falling approximately 150 meters (or yards) still retained a reddish orange color (photograph above). This is not the behavior of falling, molten aluminum
Contrariamente all'esperimento atto a verificare le affermazioni del NIST utilizzato anche in risposta alla Wood per affermare l'impossibilità che l'alluminio emetta delle radiazioni luminose giallo aranciate e sia riconducibile così alla colata visibile nel WTC2, in questo testo di risposta a Greening, Jones ammette che l'alluminio nella ciotola raggiunge i colori giallo aranciati, ma al momento della colatura entro pochi metri perde queste caratteristiche raffreddandosi all'aria.

Per Jones tali colori sono attribuibili ad una temperatura di 1100°C del metallo.

Si può far notare che anche in questo caso mancano immagini che mostrino un effettivo riscontro sulle temperature indicate.

Da notare che a Judy Wood non è mai pervenuta questa risposta, visto che il 21 maggio 2007 ancora vi è un botta e risposta nei suoi confronti per la questione radiazioni luminose dell'alluminio a 1000°C (11-settembre.blogspot.com).

Stephen Philips, fisico americano a sostegno della causa di Judy Wood facendo affermazioni simili sull'emissione/riflessione dell'alluminio sposta i termini di comparsa della radiazione rendendo possibile che a 1000°C venga emessa una radiazione luminosa non completamente grigia.

Solleva poi una vasta serie di critiche in parte poco inerenti con il post ed in parte che prevedono questioni di riflessioni della luce ed emissività su quegli elementi che secondo la teoria di Steven Jones sarebbero stati tagliati con cariche di termite. Infatti la termite per tagliare scalda l'acciaio (discusso già qui punti 4-5).

Nell'esperimento di Judy Wood il catodo di tungsteno e i pezzettini di alluminio sono posati l'uno sull'altro. Questo fa sì che la corrente si ripartisca fra i due metalli descrivendo un sistema in parallelo (l'alluminio presenta minor resistenza e resistività rispetto al tungsteno sia a temperatura ambiente che ad alte temperature, quindi trasmette maggiore corrente elettrica).



Date le leggi di Ohm e le leggi sulla resistività si può stimare al temperatura dei conduttori.


I due conduttori raggiungono temperature differenti, tuttavia visto le piccole differenze e il contatto fra metalli si può immaginare che siano alla medesima temperatura, evitando così calcoli di scambio di calore.

Data la coppia di V, tensione elettrica ed I, intensità elettrica, applicata si ottiene la temperatura raggiunta (dietro a questo concetto stanno i fusibili); data la temperatura da raggiungere si può stimare la coppia di (V,I) da applicare.

L'uso di queste semplici equazioni è tuttavia una approssimazione allo studio.

All'aumentare della temperatura la resistività di ogni materiale tende a cambiare tendendo per alte temperature a perdere la linearità di comportamento.

Lo studio del comportamento elettrico di un metallo fuso risulta non normalizzato con leggi e richiede la sperimentazione in laboratorio.

Ricadono in questa casistica l'esperimenti di Judy Wood ed il caso pratico del WTC2, ricordandosi questo post di Henry che lascia paventare la presenza di cariche ioniche molto potenti e probabili correnti vaganti.

Un altro aspetto di interesse in un esperimento in cui la corrente elettrica ha un ruolo dominante è l'ossidazione dell'alluminio.

L'ossidazione che avviene al semplice contatto con l'aria e migliora con l'aumentare della temperatura, come sopra descritto crea un composto dal punto di fusione superiore rispetto a quello del metallo puro.

Il semplice contatto con l'aria crea un film estremamente sottile che difficilmente rimane integro sul metallo puro liquido.

Diverso è il caso di un metallo solidificato con un film di ossido sulla superficie a protezione del sottostante metallo puro o di altri metalli quali il ferro (vedi protezione con alluminio anodizzato).
L'alluminio è un forte agente riducente, ma, quando viene a contatto con l'aria, forma una sottile pellicola (10^4 -- 10^6 mm), molto dura e trasparente di Al2O3 che aderendo fortemente alla superficie metallica lo protegge da una ulteriore ossidazione. Per accelerare l'ossidazione si deve allora scaldare. (link)
In tal caso è interessante l'anodizzazione dell'alluminio. L'anodizzazione è il processo che permette di depositare uno strato protettivo di allumina sulla superficie di un oggetto di alluminio al fine di creare uno strato contro la corrosione avviene depositando il materiale sull'anodo in un bagno elettrolitico.

L'ossigeno contenuto nella soluzione acquosa viene quindi spinto a reagire con l'alluminio ricomprendo l'oggetto di uno strato d'ossido distribuito e compatto.

Al catodo questa operazione non sarebbe possibile, poichè l'alluminio caricato negativamente (potrebbe subire una reazione di riduzione e non di ossidazione) non verrebbe spinto a reagire con l'ossigeno formando uno strato di ossidi superficiali.

In questo caso ci si differenzia dall'esperimento di Steven Jones.

Si ricorda che a favore di Judy Wood era intervenuto anche un altro fisico: Stephen Philips.
Link segnalazione di Henry.

In conclusione, si può dire che entrambi gli esperimenti, volendo indagare comportamenti estremi del materiale sui quali anche la fisica teorica universitaria esprime poche leggi, formule e teoremi, avrebbero bisogno di indicazioni più chiare riguardo ai dati ed alle condizioni di sviluppo. Da questi si potrebbe trarre un risultato chiaro che permetta di identificare o comparare in modo certo il fenomeno fisico trattato.



Aggiornamento articolo 2-10-2007
Uno degli esempi analizzati da Judy Wood riguarda le immagini tratte dal libro Build an Oil Fired Tilting Furnance di Steve Chastain (libro dedicato alle tecniche di fonderia amatoriali ed alla costruzione di un forno per fondere metalli).
Le conclusioni della Wood sono che il materiale sia alluminio fuso, a pressione ambiente ed in normali condizioni di luce.

Osservando il processo di purificazione dell'alluminio presentato viene indicata la formazione di composti di ossidi che possono essere a galla, affondare o mescolarsi con l'alluminio:
Metallic aluminum is normally covered with a thin film of oxide because the metal readily oxidizes in air at room temperature. This oxide film forms a protective barrier against further oxidation. When melting aluminum, the exposed surface of the molten metal will oxidize to form dross. This dross may float on top, sink to the bottom, or it may become mixed in the melt. If the dross is not ³wetted² by the aluminum it will float. However if it is wetted, it may become mixed into the melt or sink to the bottom. The specific gravity (weight relative to an equal volume of water) of some of the materials found in dross are listed below. link
ossidi di Mg, Cu, Ca, Si avvicinano il composto alle condizione di mescolanza di più metalli sopra descritti con variazione del coefficiente di emissione verso il valore unitario.


Inoltre vengono aggiunte queste due immagini dei lavori di bonifica di Ground Zero in cui appare evidente come venissero impiegati sia i cannelli sia la fiamma ossidrica.



worker con cannello in azione


worker con fiamma ossidrica in azione



INDICE

Fiat lux 2: metallo fuso dal WTC2

di mother

Trattando il problema della radiazione luminosa in questo post più tecnico, abbiamo visto come sia difficile eseguire uno studio teorico privo di approssimazioni troppo restrittive che permetta di stimare con correttezza la radiazione emessa dall'alluminio nell'intorno dei 1273K.

Cerchiamo adesso di ragionare su quanto avvenuto nel WTC2 l'11 settembre 2001.


In primo luogo bisogna affermare che al momento non esistono studi comprovati sul materiale fuoriuscito dall'edificio quel giorno.

La necessità di mettere in salvo le persone circa 400 metri più in basso, la presenza di un'alta temperatura e il successivo crollo degli edifici non hanno permesso di prelevare un campione per analizzarlo e poter stimare se si trattasse di alluminio, leghe varie o acciaio.

Testimoni come William Rodriguez si soffermano più sui vetri e pannelli precipitati dall'alto, travolgendo persone, che sulle colate di metallo fuso.
...il suo corpo era stato tagliato a metà come da una gigantesca ghigliottina, perché mentre usciva una lastra di vetro le era caduta addosso precipitando dall'alto straziandola in quel modo in una frazione di secondo. link
Ciò è curioso, visto che teorie come quella termitica di Steven Jones prevedono colate di metallo fuso su tutte le facciate del WTC al fine di indebolire la portanza della struttura e creare un crollo progressivo (fosse l'unica critica alla teoria termitica...).

Quindi al momento sono utilizzabili solo le immagini ed i video.

In secondo luogo bisogna notare una profonda differenza: molten metal (metallo fuso) e molten steel/iron (acciaio/ferro fuso) sono cose diverse. Tuttavia spesso fra i dietrologi il passaggio da un generico metallo fuso ad acciaio fuso viene compiuto con la stessa facilità con cui si afferma che le temperature dentro il WTC erano così basse da non indebolire l'acciaio delle strutture portanti (le strutture portanti sono di acciaio, tuttavia vari metalli possono fondere a temperature inferiori rispetto quella dell'acciaio).

Il conflitto e la confusione imperversano e sono radicati dai lettori meno accorti fino ai vertici dei movimenti dietrologici a causa dell'esistenza di teorie complottistiche diverse in lotta fra loro, come già discusso in questo post.

Complottisti come Steven Jones e Judy Wood considerano che il metallo fuoriuscito dal WTC2 era rispettivamente ferro fuso (prodotto dalla reazione della termite) e alluminio fuso.

Il NIST stima il materiale in una mescolanza di una lega di alluminio ed altre componenti quali materie plastiche e fibre organiche.
Il Nist ritenne di precisare la propria posizione nel documento con le FAQ rilasciato nell' agosto 2006, in cui formulò, appunto, l'ipotesi di una pozza di alluminio fuso (composta da parte della lega aeronautica del Boeing 767/200 che colpì la Torre), a cui si erano unite sostanze organiche ed altre sostanze, come resine e plastiche, oltre al vetro, provenienti dal materiale d'ufficio e dalle strutture di rivestimento interno del piano commerciale, che era fuoriuscita dalla finestra per il cedimento ed il successivo inclinarsi delle floor-truss dei piani 81 e 80.

Il cedimento dei pavimenti dei piani citati è documentato anche da fotografie esterne del palazzo, in cui si vedono le travature orizzontali dei pavimenti assumere posizioni assai diverse da quelle di progetto.

Secondo il Nist, quindi, materiale in lega leggera, sia proveniente dall'aereo che dalla Torre stessa, si era fuso restando sul pavimento, per essere portato a temperature molto elevate nel corso del violento incendio che ha interessato i piani 80-81 in prossimità della facciata Nord, e sarebbe colato, probabilmente dal piano 81 sul piano 80 e da questo all'esterno, dopo aver inglobato sostanze chimiche presenti in abbondanza nel palazzo, come solfato di calcio (gesso) e materie plastiche. 11-settembre.blogspot.com
F.D. Greening, in un post di analisi della presenza di alluminio e della teoria termitica, indica:
The other major source of aluminum at the WTC was the aluminum alloy airframes of the Boeing 767 aircraft that crashed into the Twin Towers on the morning of 9-11. It may be estimated that, on impact, these aircraft weighed about 124,000 kg including fuel; of this weight, 46,000 kg comprised the fuselage and 21,000 kg made up the mass of the wings – all of which were fabricated from aluminum alloys. Modern airframes are invariably constructed from series 2000 aluminum alloys. Alloy 2024 is a typical example containing 93 % Al, 4.5 % Cu, 1.5 % Mg, and 0.5 % each of Mn and Fe. These metallic additions to aluminum lower the melting point of the alloy from a value of 660°C, for pure aluminum, to about 548 °C for alloy 2024. This relatively low temperature indicates that the fires within the Twin Towers were quite capable of melting at least some of the Boeing 767 aluminum airframe structures remaining in the WTC before its collapse. link
Steven Jones ha contestato alcune affermazioni dello scritto in alcuni documenti (interazione calcestruzzo-alluminio, possibilità di reazione termitica esplosiva fra ruggine depositata sopra elementi strutturali e alluminio dell'aereo), tuttavia questo argomento non è inerente al post.

Recentemente Henry ha postato questo articolo in cui si può leggere:
In ambito bancario ed informatico, la sigla "ups" ha un ben preciso significato, e cioé "uninterruptible power supplies" ed individua i cosiddetti "gruppi statici di continuità", cioé quelle strutture, composte da batterie stazionarie, che devono garantire la continuità dell'alimentazione elettrica per centri di calcolo e sistemi elettromedicali che non possono accettare la benché minima interruzione di servizio.
...
Del resto, numerose sono le testimonianze che su quel piano, l'81esimo della Torre Sud, ci fossero attrezzature informatiche relative al centro di elaborazione dati: ne parlano i sopravvissuti e, anche da parte complottista, Bollyn ne parla diffusamente citando una non ben definita "gola profonda" che avrebbe lavorato proprio in quella struttura.
...
Il piano 81 della Torre sud avrebbe quindi avuto un'ampia porzione della sua estensione occupata da batterie stazionarie di un "ups" della Fuji Bank.
...
Come è possibile vedere, l'ups si compone di un numero elevatissimo di batterie al piombo,
...
A questo punto, credo che si debba considerare come molto probabile che la colata sia da ricondurre ad alluminio delle leghe leggere, ma anche al piombo delle batterie, in combinazione con altri materiali derivanti da ciò che era presente sul piano 81 del WTC2 e che è colato, dopo il cedimento del pavimento, sul piano 80 da cui é successivamente fuoriuscito dalla facciata: un ruolo importante, nel cedimento del piano 81, credo sia da attribuire anche al peso delle batterie e all'azione di "indebolimento" operato dall'incendio al piano 80, che ha minato dal basso la capacità strutturale delle floor-truss sovrastanti.
Una piccola aggiunta che potrebbe essere fatta all'articolo di Henry e alla quale tra l'altro è si è sempre espresso a favore, riguarda l'azione dirompente dell'aereo al momento dell'impatto.

Come descritto dal NIST, il Boeing, impattando nei piani, ebbe non solo un'azione dirompente nelle strutture della facciata ed in parte delle strutture del core, ma contribuì a ridistribuire e con la successiva esplosione sconquassare pareti e oggetti nei piani, in parte addensando materiale proprio laddove Henry descrive la presenza del gruppo UPS di batterie.

Si può inoltre supporre, come già qui paventato, la presenza di archi voltaici e correnti vaganti dovute alle batterie al piombo.

Viene logico pensare che se doveva esserci acciaio fuso allora a maggior ragione dovevano essere fusi prima tutti gli altri metalli, materiali e composti presenti.

Tuttavia analizzare le radiazioni luminose emesse per determinare la temperatura senza un'adeguata considerazione sul coefficiente di emissione può indurre enormemente in errore.
Per comprendere questo concetto si può pensare all'esperimento di Judy Wood.


Se qualcuno ci presentasse quest'immagine e non conoscessimo né Judy Wood/Michael Zebhur né i dati dell'esperimento da loro sviluppato, saremmo portati a dedurre che l'ammasso fuso indicato sia lo stesso materiale, poiché vi è una medesima radiazione emessa.

In realtà ben sappiamo che il catodo è composto di tungsteno e sopra vi è depositato l'alluminio fuso.

La presenza di materiali diversi (piombo, silicio, alluminio, rame, latta, polimeri vari, materiali da ufficio, magnesio, manganese, ....), molti dei quali con temperature di fusione inferiori ai 1000°C, alcuni dei quali paventati dal NIST, non può far altro che richiamare ad un passo di questo testo di Scaglioni (link).

Si può però osservare che quanto più un materiale è chimicamente complicato, tante più sono le sue righe spettrali, tanto più il suo spettro si avvicina a quello del corpo nero.

Le condizioni per cui il molten metal emesso sia da descrivere come un corpo nero, piuttosto che come un corpo grigio od un corpo reale, sono quindi dovute alla presenza sul piano di svariati materiali composti, metalli e detriti di varia natura: quelli con temperatura di fusione inferiore ai 1000°C capaci di mescolarsi in un'unico amalgama all'esplosione dell'incendio.

Secondo questa deduzione, che tuttavia richiederebbe una conferma su un campione del metallo fuso fuoriuscito (che sfortunatamente manca), si può descrivere il comportamento del metallo fuso emesso dal WTC2 con un coefficiente di emissione elevato e prossimo al valore unitario (tanto più che la maggior parte dei metalli tende ad aumentare secondo leggi non note il proprio coefficiente di emissione al crescere della temperatura).

Si fa notare che nelle tabelle qui indicate l'acciaio presenta un coefficiente fra 0.075 fino a 0.88 a seconda del tipo di acciaio e delle sue condizioni superficiali.

Per vedere in modo semplice la radiazione emessa da un corpo nero ad una data temperatura si può usare questo applet o meglio ancora lo stesso su un sito italiano.

Il funzionamento è molto intuitivo:

1) si inserisce la temperatura in gradi kelvin e si osserva il colore risultante della radiazione

2) si sposta la lunghezza d'onda massima con il mouse tenendo premuto il tasto sinistro e si osserva la colorazione

3) si usa la barra a scorrimento e si osserva la colorazione.

4) i segni spuntabili sono gli assi x e y che vengono autodimensionati in funzione del grafico.


A 1273K il colore risultante è un rosso vivo.

Bisogna tuttavia ricordare qualche concetto precedentemente spiegato. Il contributo del sole non deve essere considerato, poiché si sta lavorando con un coefficiente di emissione prossimo ad un corpo nero. Al massimo il contributo sarebbe una piccola percentuale ed essendo una luce grigia porterebbe ad un tenue schiarimento.

Perchè una candela è gialla: in questo caso, poiché la percezione di un osservatore standard non recepisce tutti i colori nel medesimo modo, il colore complessivo subisce una variazione nelle concentrazioni con uno schiarimento e traslazione verso il giallo.

Sul sito dell'applet java non indicano questa correzione, ma solo il semplice calcolo delle concentrazioni.
A simulation of the visible spectrum is displayed under the curve, corresponding to 400 (blue), 500 (green), and 600 (red) values. The colored circles on the left represent the percent of each color present and a simulation of the total color of the object.
D'altra parte già in passato era state fatte notare due tabelle indicanti la correlazione fra colore e temperatura utilizzate da Judy Wood e Steven Jones.

(from Process Associates of America)

Tabella utilizzata dalla Wood per indicare a Steven Jones che "i metalli" alle alte temperature sviluppano una radiazione luminosa.


Questa tabella è stata indicata da Steven Jones nella parte del suo documento PDF in cui discuteva di WTC7 ed affermava che la radiazione prodotta dal metallo in foto era sicuramente prodotta da una fonte di calore superiore come la termite.
La scritta "WTC steel temp. due to fires" riferita alla temperatura di 600°C si rifà alle analisi delle colonne perimetrali del WTC1&2 compiute dal NIST (dimentica le analisi della FEMA di un campione di colonne del WTC7).

Si segnala inoltre il commento espresso da Steven Jones in risposta a Greening visibile in questo post.



In questo video (trovato dal blogger Bisqui) si può apprezzare la radiazione luminosa offerta dalla reazione termitica.

Colore radiazione durante colata materiale incandescente



Flash di luce durante la reazione

Colore blocco di ferro

Colore a freddo pezzo di ferro

Sulla termite sono stati scritti vari altri post.

Rimangono tuttavia altri aspetti da prendere in considerazione riguardo all'argomento molten metal.

1) molten metal - testimonianze
2) molten metal - sulfur
3) molten metal - colate laviche nelle subway
4) molten metal - USGS e GeoNews
5) molten metal - melted car




Aggiornamento articolo 2-10-2007

In base alle considerazioni svolte da Enrico sull'UPS ed in base alle considerazioni svolte qui sull'esperimenti di Judy Wood appare del tutto ovvio far notare che la presenza di elevate cariche elettriche (6000-10000 ampere) ha contribuito all'aumento della temperatura.

Un dato interessante da valutare é la corrente di corto circuito che una singola batteria é in grado di erogare, ricavabile da questa tabella:


da cui si vede che una batteria con una C10= 400 Ah libera, in caso di corto circuito, ben 6.816 Ampere, che salgono a ben oltre i 10.000 Ampere per le batterie con C10=1.340Ah.
Stiamo parlando di correnti di migliaia di ampere, che possono produrre effetti termici inimmaginabili.

Un esempio similare è rappresentato dai fusibili, elementi inseriti nei circuiti per limitare la corrente elettrica che vi può scorrere (cause esterne potrebbero esserci picchi indesiderati) grazie ad un elemento di differente metallo rispetto al rame del circuito capace di fondersi sopra determinati valori di rapporto fra potenziale e intensità di corrente (in altre parole in funzione della limitazione che si vuole ottenere si inserisce il fusibile del materiale più adatto).
Tale effetto della corrente si inserisce in un quadro già caotico e di difficile previsione, quale quello dato dal raggruppamento delle macerie ad opera dell'impatto del boeing e dell'esplosione.

Si ricorda inoltre un altro esempio chiaro.
Nei casi in cui si subisca un elettroshock il termine utilizzato per descrivere i danni di un eccesso di corrente elettrica transitante nel corpo umano (sopra i 10-15 milliampère) è ustioni a tessuti ed organi interni.
LIMITI DI PERICOLOSITÀ DELLA CORRENTE
Nel caso più frequente di corrente alternata con frequenza di 50Hz, si è potuto stabilire che per la maggior parte delle persone risulta che:
  1. i valori di corrente che vanno da 0 mA a 0,5 mA non vengono neanche percepiti e non provocano alcun effetto qualunque sia la loro durata. Il valore di 0,5 mA è considerato la soglia di percezione.
  2. Per valori che vanno da 0,5 mA a 10 mA la corrente viene percepita ma non provoca effetti dannosi qualunque sia la durata, e la persona è sempre in grado di staccarsi dal contatto. Il valore di 10 mA è considerato la soglia di pericolosità.
  3. Per valori di corrente da 10 mA a 200 mA il contatto può essere dannoso oppure no secondo la durata. Il tempo di sopportabilità della corrente diminuisce all’aumentare dell’intensità di corrente.
  4. Per valori di corrente maggiori di 200 mA il contatto provoca sempre effetti dannosi qualunque sia la durata.

Si ricorda inoltre questo post in cui si parla di una pratica storica, come il carbone da legna e questi post (Fumo dalla base delle Torri Gemelle, Smoke plume) in cui si analizza il fumo prodotto dal WTC.





INDICE

Fiat lux 1: parte tecnica

di mother

Nei riguardi della diatriba che ha portato alla scissione del gruppo Scholars For 911 Truth in due movimenti dal nome similare, basati su teorie incompatibili (teoria della demolizione controllata con uso di bombe nucleari e con l'uso della termite, vedi link) uno dei metodi paventati per discernere quanto avvenuto quel giorno è l'analisi della radiazione emessa dal metallo fuoriuscito dal WTC2.


Per fare questo bisogna fare un piccolo ma proficuo ripasso delle leggi che regolano le radiazioni dello spettro.

Visitando Google Video o YouTube possiamo vedere come vi siano molti video amatoriali di persone che hanno lavorato con l'alluminio fuso (temperature non indicate) ottenendo sia radiazioni di colore rosso sia radiazioni grigio lucente (ovviamente si presume la bontà dei dati inseriti nel video):


Trovo interesssanti soprattutto questi, in quanto si può notare in parte lo scolorimento dell'alluminio dovuto al raffreddamento:


Nel confronto con questo video si può inoltre notare un altro dato, ovvero il contenitore riscaldato che contiene l'alluminio.

Anche in questo caso manca un dato significativo, ovvero di che metallo si tratti. Tuttavia la mancanza di una radiazione luminosa in uno dei due casi lascia intendere che i metalli nel/del contenitore si trovano a temperature assai diverse. Le radiazioni luminose emesse dal metallo fuso vanno dal giallo acceso al grigio chiaro tipico dell'alluminio con un tenue rosso sbiadito di intermezzo.


Premetto che la scienza che studia il comportamento radiativo nei corpi (illuminotecnica e cromatografia) è poco sviluppata nell'ambito cromatografico di previsione delle radiazioni emesse da un corpo reale sottoposto ad un certo ambiente e temperatura.

Infatti la riproducibilità di tali condizioni a basse e medio alte temperature è assai facile tanto quanto migliore è la resa di strumenti di misura della temperatura indiretta basati su altri concetti fisici.

Campi paralleli più sviluppati si hanno per le altissime temperature nello studio delle radiazioni luminose prodotte dai corpi stellari e in applicazioni di rendering di ambienti simulato (programmi che simulano ambienti senza dover passare per gli integrali ed il loro calcolo).

Riassumendo per punti:

1) La luce è descrivibile con la legge di Planck, in cui al variare della lunghezza d'onda della radiazione che entra in un corpo nero si ha un determinato comportamento energetico del corpo nero con modificazione della sua temperatura.
(sono indicate due formulazioni)

In condizioni di equilibrio, assorbimento ed emissione sono identici, quindi la legge descrive anche le radiazioni che un corpo è in grado di emettere se sottoposto ad una certa temperatura.

Nel caso il corpo nero sia immerso in un ambiente a temperatura differente, il sistema non è in equilibrio, quindi assorbimento ed emissione di radiazioni potrebbero differire, anche se di poco.

2) Un corpo che assorbe tutte le radiazioni incidenti è un corpo nero (costante di assorbimento pari a 1, costante di riflessione e di trasmittanza nulle). Un corpo che assorbe solo parte delle radiazioni incidenti è un corpo grigio; vale la legge di Prevost.

Si può ben capire che un metallo non ha trasmittanza, quindi dato l'assorbimento/emissione, si ha la costante di riflessione (un corpo completamente riflessivo rispetto ad una radiazione elettromaghetica è un corpo bianco che riflette la luce bianca del sole o gialla di una lampada).

Un corpo reale come l'alluminio possiede un coefficiente di assorbimento/emissione variabile con molte caratteristiche: la temperatura, la lunghezza d'onda (l'alluminio, essendo di aspetto grigio, tende a riflettere egualmente rispetto ai colori base), la condizione della superficie del materiale (opaca, lucida...), la legge di Lambert.

In altre parole, alla funzione di Planck si sovrappone per moltiplicazione un ulteriore coefficiente, capace di descrivere il comportamento emissivo dell'oggetto variando la forma della curva all'aumentare della temperatura, accentuando picchi in corrispondenza di determinati valori di emissione luminosa (in questo modo possono essere definiti colori diversi alla stessa temperatura con diverse sostanze).

Si pensi, per esempio, ad un oggetto che di riflesso alla luce solare bianca appare come blu.
La radiazione bianca è data dalla mescolanza di blu, verde e rosso, il primo completamente riflesso e gli altri due assorbiti dal corpo.

(tratta da hyperphysics.phy-astr.gsu.edu vincitore del Merlot Classic Award winner for 2005)

Per comprendere il comportamento di un materiale al variare della temperatura ci si deve basare sulle indagini cromatografiche, che permettono di determinare il comportamento del coefficiente di emissione al variare di temperatura e lunghezza d'onda.

Dell'alluminio esistono pochissimi dati riguardanti indagini cromatografiche: a malapena qualche tabella indicante a qualche temperatura la costante di assorbimento/emissione, senza possibilità di prevedere in modo preciso il comportamento che ha fuori dai valori indicati.

Scaglioni indica questi valori

(520K = 247°C 900K = 627°C)
Judy Wood indica questi valori


3) A complicare ulteriormente lo studio interviene la legge di Lambert. Questa legge indica come si comporti una superficie di un materiale ad una data radiazione luminosa riflessa o emessa.
Alcuni metalli, come l'alluminio, non inviano in tutte le direzioni la medesima intensità luminosa, ma variano al variare dell'angolo di emissione rispetto la normale della superficie (per questo si costruiscono dei solidi fotometrici o sezioni di solido a cui si associano direzioni e quantità luminose definendo lo steradiante, angolo solido).

(tratto da qui)

Detto questo, si può ben capire che per studiare il problema posto da Steven Jones e Judy Wood nei riguardi delle emissioni dell'alluminio al variare della temperatura bisogna in primo luogo immaginare il metallo fuso in ambiente diurno, con una radiazione incidente del sole a cui si sovrappone un comportamento emissivo dato dal corpo caldo.

Le due radiazioni, sovrapponendosi, definiscono al variare della temperatura del corpo la radiazione visibile (si immagini di prendere due curve di Planck, una riferita al Sole e l'altra con temperatura variabile dell'alluminio con un corretto coefficiente di emissione al variare della temperatura e dell'assorbimento).

A tal riguardo bisogna fissare qualche altro concetto.

4) Il sole è una sorgente situata fuori dall'atmosfera terrestre, costituita da un corpo che emette una luce bianca alla temperatura di circa 5507°C (5780K). La luce emessa, che giunge fino a noi dopo aver subito il passaggio attraverso lo spazio (scarsa dispersione), fenomeni di riflessione, assorbimento e trasmittanza nell'atmosfera terrestre, fenomeni di dispersione per l'ozono, il pulviscolo contenuto nell'aria e la presenza di gas come l'azoto diluito nell'atmosfera, subisce una riduzione di intensità da tenere in considerazione.

Tuttavia il calcolo della riduzione in modo corretto non è semplice: basti pensare agli studi sul surriscaldamento del pianeta o agli studi sui pannelli fotovoltaici.

La radiazione che giunge a terra è strettamente dipendente dall'angolo di incidenza, dalle condizioni dell'atmosfera (maggiore o minore densità dell'aria), dall' alta o bassa pressione (UR umidità dell'aria), dai gas dispersi, dal pulviscolo e dallo spessore dello strato d'ozono, eccetera.

(tratto da miniwatt.it in un PDF riferito ai pannelli solari)


La radiazione varia con l'ora del giorno e la nuvolosità del cielo, raggiungendo picchi di 900-1200W su metro quadro per l'Italia.


La radiazione diffusa si attesta attorno ai 200-300 W su metro quadro.

Anche in questo punto il calcolo preciso risulta difficoltoso, tuttavia data la temperatura di emissione o da testo universitario la potenza emessa dalla superficie (P=3.77*10^26W) ed il raggio del sole (R=6.96*10^8m), si può calcolare in modo molto approssimativo, utilizzando la legge di Stefan-Boltzmann, un fattore medio correttivo alla radiazione ("molto approssimativo", poiché lo si pone costante rispetto alla lunghezza d'onda quando studi complessi indicano che gas diverse assorbono radiazioni diverse).

Il grado d'ombra in cui è inserito l'oggetto indicherebbe poi quanta parte della radiazione solare diretta riflessa o diffusa colpisce il materiale.
5) Una volta ottenuta la curva data dalla sovrapposizione della radiazione solare diretta o diffusa che illumina l'oggetto e dalla radiazione termica emessa, si può passare alla stima del colore.

Per comprendere come sia possibile percepire i colori da intensità di energia a varie lunghezze d'onda si può pensare ai milioni di recettori posti nell'occhio come ai pixel di una qualsiasi televisione.

Lo schermo della televisione è diviso in N pixel (in genere n pixel per pollice) che definiscono la risoluzione; ogni pixel emette un determinato colore.

Supponendo di lavorare con soli tre colori base, si può comprendere come per creare uno schermo bianco basti inserire omogeneamente nello schermo un'eguale quantità di pixel di ognuno dei colori base (N/3 per ogni colore).

Per ottenere uno schermo nero, non illuminare nessun pixel. Per ottenere un grigio, secondo una scala di intensità, un certo numero di pixel illuminati dai colori base e parte di pixel spenti.

Sulla base di questo semplice concetto, abbiamo una tavola dei colori ottenibili con tre colori base che indica i colori puri e le mescolanze di questi: il diagramma di cromaticità.

Nella funzione di Planck, i tre colori base sono rappresentati da intervalli di lunghezza d'onda fra l'estremo d 380 nm e 740 nm (molti testi differiscono nella definizione degli estremi di poche decine di nanometri).

Quindi la quantità di potere emissivo specifico sotteso secondo la funzione di Planck per ogni singola lunghezza d'onda definisce per ciascuno di questi intervalli la presenza del colore nei recettori dell'occhio.

Il colore finale del corpo è definibile con tre colori base X ,Y, Z, in cui si soppesa la presenza di ogni singolo sulla base dell'intensità totale della radiazione luminosa (X, Y, Z).

Due di questi colori sono liberi e definiscono il massimo di concentrazione di tutti e tre i colori sulla base del piano secante X+Y+Z=1, dato X e Y si calcola Z (link).

A questi colori si associa un'altra grandezza che indica il livello di bianco presente nel colore (link).

Nell'immagine del diagramma di cromaticità si può notare come le mescolanze di colori siano basate sulla presenza in concentrazioni diverse dei tre colori base e senza un riferimento all'intensità luminosa; in altre parole, si ottiene il bianco come mescolanza di tonalità (0.33, 0.33, 0.33 per ogni colore base), ma non la scala dei grigi.

A tal riguardo, definito il massimo di concentrazione sulla base del calcolo per parti della funzione di Planck al variare della lunghezza d'onda nei tre campi dei colori di base e due rapporti fra il massimo di concentrazione e gli altri due colori presenti, si deve stimare un'ulteriore caratteristica che definisce in che posizione si trovi il massimo nei riguardi dell'intensità luminosa globale.

Il colore viene espresso in vari modi più o meno completi nei programmi di disegno. In casi semplici viene definito con i tre colori base ed una scala da 0 a 255, dove per 255 si ha il massimo nella scala di bianco e per 0 il minimo.

Per esempio, se i due rapporti con il massimo di concentrazione di uno dei colori base sono prossimi a 1 (il caso di 0.33, 0.33, 0.33 nel diagramma di cromaticità) ed il massimo viene situato per intensità luminosa a 255, si ottiene il colore bianco, poiché per rapporti anche gli altri colori base sono nell'intorno di 255. Se situato nell'intorno di 128 per i rapporti unitari si ottiene un grigio medio, eccetera.

Se per esempio il colore rosso domina sugli altri due, può comunque essere un rosso vivido con il massimo di scala di bianchi o appena percettibile dal colore nero.

In questo campo l'illuminotecnica viene in parte meno, visto che non esiste una relazione precisa che leghi l'intensità luminosa ad una scala di valori finita.

Il sito hyperphysics.phy-astr.gsu.edu dice che il livello di bianco percepito non è una funzione lineare ed esperimenti psicofisici indicano sia una funzione logaritmica legata al flusso luminoso.

Le applicazioni pratiche prevedono, più che l'ottenimento di una relazione teorica o pratica per stimare il livello di bianco dalla funzione di Planck in studi di spettro, un sistema di confronto con eguali sorgenti luminose artificiali.

Infatti una scala logaritmica diviene difficile normalizzare in un intervallo di valori finiti (0-255) con cui esprimere la varianza fra gli estremi (bianco e nero). Utilizzando la scala logaritmica del flusso si ha la mancata normalizzazione, quindi per alti valori di temperatura si eccede la scala di 255.

Un modo a cui avevo pensato di associare l'intensità luminosa era basato sulla differenza di emissione integrale (o potere emissivo integrale calcolato con la legge di Stefan-Boltzmann) rispetto una sorgente a 500°K (un polinomio con potenza quarta è facilmente normalizzabile).
Tuttavia, per quanto rispecchi i valori ottenuti in questo applet java dedicato ai corpi neri, non è costruito su solide basi scientifiche.

In tal modo si possono costruire delle tavole in cui si stima al variare della temperatura il colore emesso dal corpo.

Posto un coefficiente di emissione costante con la lunghezza d'onda e con la temperatura pari a 0.06 anche per 933K (660°C, punto di fusione dell'alluminio), ed inserendo gli altri dati utili a descrivere la radiazione solare, si ottiene


e per 1273K (1000°C)



1473K (1200°C)


Si può quindi notare come la radiazione solare riflessa sia, per un corpo a coefficiente di emissione 0.06, preponderante rispetto alla radiazione termica e la variazione di concentrazione nel campo del colore rosso si manifesti a 1473K in piccola parte (probabilmente con un tenue colore rosso sbiadito).

La quantità di approssimazioni eseguite e la loro importanza lasciano comunque presumere che vi sia un grosso errore nella stima compiuta e quindi un basso grado di affidabilità nella previsione (cioè poca sicurezza nell'affermare con certezza che a 1000°C l'alluminio non presenta un colore rosso, ma comincia a presentarlo a 1200°C).

E' utile notare anche come aumentando il coefficiente di emissione cambino i rapporti fra le radiazioni emessa e riflessa.

Coefficiente di emissione 0.25 e T 1273K


Coefficiente di emissione 0.5 e T 1273K


Coefficiente di emissione 0.75 e T 1273K


Coefficiente di emissione 0.95 e T 1273K


Appare inoltre ovvio far notare che per eseguire un accurato studio della radiazione emessa al variare della temperatura da parte di un corpo inserito nella luce solare serve una serie di dati alquanto accurati basati su apposite cromatografie.

Tuttavia la cromatografia consiste nel ricreare in laboratorio le condizioni per cui si valuti la variazione del coefficiente di assorbimento al variare della lunghezza d'onda e della temperatura, indicando i valori di progetto applicati e non solo i risultati ottenuti.

Sulla base di queste spiegazioni possono essere eseguite altre considerazioni nei riguardi dei dati disponibili l'11 settembre.

Fiat lux - molten metal dal WTC2
Fiat lux - diatriba Jones Wood - 3
Fiat lux - Torre Windsor e World Trade Center - 4
Fiat lux - La termografia di Carol Ciminiego - 5

Post scriptum


Judy Wood indica questo sito per stabilire l'andamento del coefficiente di emissione dell'alluminio utilizzato per lo specchio di un telescopio.

Si può notare qualche piccola variazione nella curva rappresentante il coefficiente di emissione fra i diversi valori di lunghezza d'onda contro l'assunzione di considerare la lunghezza d'onda costante precedentemente fatta.
Se si ripensa alle considerazioni riguardo ai colori grigi ed alla equa composizione di colori di base, si può capire la variazione del coefficiente di emissione al variare della lunghezza d'onda, notando che la curva di Planck non è piatta nell'intervallo dello spettro visibile.


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