di Leonardo Salvaggio. L'originale inglese è disponibile qui.
In occasione del diciannovesimo anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, Undicisettembre offre ai suoi lettori il racconto personale dell'ex sergente dell'NYPD Darrin Porcher, che è intervenuto sulla scena dopo lo schianto del secondo aereo.
Ringraziamo Darrin Porcher per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?
Darrin Porcher: L'11 settembre ero un sergente dell’NYPD ed ero assegnato all'Accademia di Polizia, che è abbastanza vicina al World Trade Center. Dovevo fare il turno diurno che iniziava alle 7:07, quindi probabilmente arrivai alle 6:30 per vestirmi, perché era un incarico in uniforme. Ho condotto una serie di ispezioni sulle reclute che erano sotto il mio controllo per quel giorno e dopo che terminai l'ispezione le reclute entrarono in classe. Erano le 7:40 e lessi una lista di istruzioni, alla fine delle istruzioni andai nel mio ufficio e uno dei miei colleghi mi disse che un aereo aveva colpito il World Trade Center. Pensai chiaramente che fosse stato un incidente e non ci pensai più, vidi il danno causato dal primo aereo e pensai "Wow, è piuttosto grande." Ma pensai che la cosa fosse al di fuori del mio controllo, non previdi la necessità di doverci andare perché avevamo unità di pattuglia e vigili del fuoco che pensai fossero già stati inviati sul luogo.
Poco dopo che il secondo aereo colpì la seconda torre, mi trovavo proprio fuori dal mio ufficio e un altro dei miei colleghi mi disse che un secondo aereo aveva colpito il World Trade Center. A quel punto fu chiaro che si trattasse di un attacco terroristico. Tornai al mio armadietto e sebbene indossassi un'uniforme, mi misi il giubbotto antiproiettile e un abbigliamento adatto ad andare in strada perché sapevo chiaramente che sarei stato inviato verso la scena e probabilmente ci avrebbero inviato anche le reclute.
Fui inviato sulla scena e mi fu assegnato il compito di fermare tutti gli autobus che arrivavano in zona e di far scendere tutti i passeggeri; quegli autobus furono requisiti dal Dipartimento di Polizia e li usammo per trasportare gli agenti al sito del World Trade Center, che era a circa ottocento metri di distanza. Quando arrivammo lì, il mio compito fu principalmente il controllo della folla e la creazione di un perimetro per il traffico. Mentre ero lì, le torri crollarono. Ho visto molte foto e video dei crolli, ma impallidiscono tutti rispetto a ciò che vedemmo lì; la distruzione fu enorme ed è molto difficile per me spiegarne l'entità.
Dopo il crollo delle torri iniziò il pandemonio di massa, non c’era alcun piano di emergenza che fosse efficacemente adatto per un evento di tale portata. Aspettavamo indicazioni. Uno dei ragazzi che lavoravano per me era entrato nelle torri e sfortunatamente aveva perso la vita, e un'altra agente che lavorava nello stesso edificio in cui lavoravo era deceduta nello stesso orribile modo. Molti agenti dell’NYPD e circa trecento pompieri entrarono nelle torri e persero la vita. Fu una giornata orribile per noi, non solo per i newyorkesi, non solo per l’NYPD, ma per la nazione. Ci fu molta confusione, nessuno capiva come gestire una distruzione di quella portata, non avevamo mai sperimentato nulla di quelle dimensioni.
Non ricordo a che ora tornai a casa, fu il turno più lungo della mia carriera; iniziai alle 6:30 e non so dirti esattamente a che ora tornai a casa, ma ero esausto. Dovetti tornare il giorno successivo per continuare l'operazione di salvataggio.
Undicisettembre: Quanto tempo sei stato a Ground Zero dopo l'11 settembre?
Darrin Porcher: Non lo ricordo con precisione, fu un periodo lungo. La missione cambiò, dapprima fu ricerca e soccorso e poi divenne assicurarsi che la catena di approvvigionamento funzionasse in modo da portare sul posto i materiali e le risorse, come i veicoli da cantiere con cui rimuovere i detriti o cose del genere, e far entrare il personale medico e i familiari delle vittime.
Undicisettembre: Quanto tempo ci volle prima che la situazione tornasse alla normalità?
Darrin Porcher: Beh, il termine normale è molto difficile da valutare. Ciò che percepivamo come normale allora cambiò drasticamente. Una delle prime cose fu l'antiterrorismo, due mesi dopo l'11 settembre il Presidente George Bush attuò una serie di cambiamenti e il Patriot Act, e questo rivoluzionò la polizia e il modo in cui gestivamo molte cose e conferì una serie di poteri e autorità al Procuratore Generale. Fu anche creato il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale, quindi da allora c’è un segretario alla Sicurezza Nazionale che ha molte e varie risorse per proteggerci come società. Anche i paesi di tutto il mondo iniziarono a rafforzare le loro misure di sicurezza in termini di antiterrorismo.
Per quanto riguarda il modo in cui le cose sono cambiate qui a New York, la rivoluzione è ancora in corso mentre parliamo. Siamo diventati più vigili, uno dei modi di dire che è nato è "Se vedi qualcosa, di’ qualcosa"; l'attenzione è totalmente cambiata rispetto a come eravamo in passato.
Undicisettembre: In che modo l'11 settembre influisce sul lavoro quotidiano dell’NYPD anche oggi?
Darrin Porcher: Sono state create due nuove unità a seguito dell'11 settembre: l'Unità Antiterrorismo e l'Unità di Intelligence. L'Unità di Intelligence c’era anche prima, ma il suo mandato era diametralmente diverso, ora esamina le attività legate al terrorismo oltre alle attività quotidiane su cui operavano anche prima qui negli Stati Uniti. Dopo l'11 settembre mandano anche ufficiali in tutto il mondo laddove si sono verificati attacchi terroristici in modo che possano acquisire informazioni e inviarle all’NYPD affinché le valutino e tengano al sicuro gli otto milioni e mezzo di residenti di New York City.
L'Unità Antiterrorismo è stata creata apposta ed è un'unità collaborativa che unisce membri dell’NYPD e dell'FBI allo scopo di sradicare gruppi terroristici o prepararci contro i loro attacchi.
E ci sono molti altri aspetti fino al livello granulare, cioè al livello della strada, degli agenti di pattuglia che danno loro degli indicatori da cercare per prevenire le attività terroristiche. Ci concentriamo più sulla prevenzione delle attività terroristiche che sulla reazione alle stesse.
Undicisettembre: L'11 settembre come influisce sulla tua vita quotidiana?
Darrin Porcher: Non diamo più nulla per scontato qui a New York, ti faccio un esempio: in passato quando qualcuno lasciava una borsa incustodita per strada o su una banchina della metropolitana, la gente ci passava accanto senza prestare attenzione. Ma ora se qualcuno vede una borsa incustodita chiama il 911 in modo che la polizia intervenga e si assicuri che non sia una bomba. Siamo diventati più coesi, le forze dell'ordine collaborano con la popolazione in modo da dare le informazioni sui canali corretti in modo che queste cose non accadano.
Undicisettembre: Cosa ne pensi delle teorie della cospirazione secondo cui l'11 settembre è stato un inside job?
Darrin Porcher: Non ci sono prove empiriche a supporto di queste teorie. Khalid Sheikh Mohammed, che è stato l’organizzatore dell'11 settembre, ha dato delle informazioni quando è stato catturato in Pakistan su come aveva orchestrato l’attacco, perché riteneva gli Stati Uniti uno stato malvagio e un nemico dell'Islam. Da allora, altri membri di al-Qaeda hanno rilasciato testimonianze che confermano che non è stato un inside job. Ci sono centinaia di detenuti a Guantanamo che sono stati arrestati perché facevano parte dell’organizzazione dell’attentato dell’11 settembre.
Undicisettembre: Come confronteresti la crisi successiva all'11 settembre con la crisi del COVID-19 a New York?
Darrin Porcher: Sono due casi diametralmente opposti. L'11 settembre è stato un attacco istantaneo in un giorno: aerei schiantati contro edifici, quasi tremila vittime e molti feriti. La pandemia da COVID-19 è uno stato di emergenza progressivo. Questo non è stato un attacco deliberato alla società ma un problema medico che è iniziato a Wuhan, in Cina, e si è diffuso in tutto il mondo, New York City è stata l'epicentro della pandemia da COVID-19 nel mondo, non solo negli Stati Uniti ma nel mondo: il numero di morti per la pandemia supera di gran lunga il numero di morti causate dagli attacchi dell'11 settembre.
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