È comparso oggi su Effedieffe, il sito di Maurizio Blondet, un documento che mi tira personalmente in ballo sulla questione del crollo delle Torri Gemelle. È firmato da un "professor Raffaele Giovanelli", le cui qualifiche esatte non sono precisate nel documento. Secondo un commento anonimo (fonte tutt'altro che granitica, insomma) presso il mio blog, si tratterebbe di un "ingegnere civile professore universitario fuori ruolo di fisica, Università di Parma, facoltà di Medicina."
In attesa che Giovanelli chiarisca la propria qualifica o Blondet lo faccia per lui, rispondo pubblicamente qui alle sue critiche.
Innanzi tutto c'è un equivoco metodologico di fondo. Se l'ingegnere civile Giovanelli ha delle critiche da fare, non le deve rivolgere a me, che sono un semplice giornalista, ma ai suoi colleghi ingegneri civili, le cui conclusioni io mi limito a riferire in forma divulgativa. Sarebbe corretto quindi che Giovanelli si rivolgesse ai suoi colleghi esperti del NIST, della FEMA, e all'intera comunità mondiale degli ingegneri civili, che non ha finora sollevato obiezioni sulla dinamica del crollo delle Torri Gemelle tali da necessitare l'utilizzo di esplosivi o "altri agenti distruttori", per usare l'ambigua espressione del Giovanelli.
Sarebbe anche opportuno che Giovanelli chiedesse come mai, appunto, nessuno di loro ha finora invocato le demolizioni controllate come necessaria giustificazione dei crolli del WTC. Alcuni complottisti sostengono che si tratti di una straordinaria, monolitica congiura del silenzio. Secondo questa spiegazione, gli ingegneri civili sanno, ma tacciono per paura di ritorsioni. Non sono incazzati per le tasse e la burocrazia: sono agitati perché sono in costante pericolo di vita. Tutti, nessuno escluso.
I "normalisti", invece, ritengono che semplicemente nessun esperto voglia perdere tempo con queste panzane, esattamente come si fa quando arriva all'ufficio brevetti l'ennesimo inventore del moto perpetuo. Gli si sorride, si nascondono gli oggetti taglienti, e lo si accompagna alla porta con una cordiale ma ferma pacca sulla spalla.
Ma vediamo quali sono le osservazioni di Giovanelli. Mi soffermo soltanto sui punti principali per non scivolare nel baratro della polemica del batti e ribatti infinito. Per esempio:
"Le conseguenze di quei crolli, sull'attuale ingegneria dei grattacieli, inspiegabilmente fu [sic] di fatto nulla"
In realtà fu tutt'altro che "nulla". Giovanelli dimentica di considerare la vastissima produzione di letteratura tecnica post-WTC nelle riviste di settore e le nuove scelte di progettazione che ne sono scaturite. Basta considerare il progetto della Freedom Tower, con la sua base blindata e le sue strutture di rinforzo incrementate contro impatti aerei, per vedere che l'ingegneria dei grattacieli ha recepito eccome le lezioni di quei crolli.
Aggiornamento: Ricordo, giusto per fare un esempio particolarmente significativo, l'International Building Code, la principale normativa statunitense per l'edilizia, che nel 2007 è stata riveduta e aggiornata proprio sulla base delle raccomandazioni del NIST derivanti dallo studio dei crolli del World Trade Center (fonte).
Ci sono ormai anni di articoli di analisi e ricerca sull'argomento in tutte le riviste specialistiche. È un classico esempio di MSC: Memoria Selettiva da Complottismo. Si fa finta che non esista la massa di dati contrari alla propria tesi preconcetta, e così la tesi è salva.
Giovanelli obietta poi che
"I detriti, che si vedono scagliati lontano, non hanno una temperatura elevata, certamente non superiore a 500 °C, altrimenti apparirebbero luminosi.
Quindi dove sarebbe la temperatura elevata (oltre 800 ÷ 900°C) necessaria per indebolire la struttura sino al collasso istantaneo? Che cosa può aver scagliato travi (o pilastri) d'acciaio «freddo» a tanta distanza?"
Il professore immagina semplicisticamente un incendio come un tutt'uno, nel quale ogni elemento deve raggiungere la medesima temperatura. Ma considerate le dimensioni enormi (64 metri di lato) del WTC, è perfettamente plausibile che vi siano state zone calde e zone meno calde: vale a dire, un interno ad alta temperatura e un esterno meno caldo. Thomas Eagar, professore di ingegneria dei materiali all'MIT, già nel 2001 scriveva che la differenza di temperatura poteva essere un fattore importante nel cedimento, a causa della dilatazione termica. Già 150°C di differenza sugli elementi orizzontali potevano generare sollecitazioni sufficienti al cedimento:
The temperature along the 18 m long joists was certainly not uniform. Given the thermal expansion of steel, a 150°C temperature difference from one location to another will produce yield-level residual stresses. This produced distortions in the slender structural steel, which resulted in buckling failures. Thus, the failure of the steel was due to two factors: loss of strength due to the temperature of the fire, and loss of structural integrity due to distortion of the steel from the non-uniform temperatures in the fire.
Inoltre, come si vede dalla loro conformazione, i detriti scagliati lontano provengono dalle facciate, non dalla zona centrale (core) degli edifici. Essendo gli incendi interni (e si rivela la loro violenza al momento del crollo, quando le fiamme divampano furiose dagli squarci che si aprono nelle facciate), hanno riscaldato principalmente la porzione interna dell'edificio, non le facciate. C'erano insomma detriti esterni relativamente freddi e detriti interni caldi. Quelli esterni, freddi, sono stati proiettati in fuori; quelli interni, caldi, hanno formato il cumulo principale di macerie, che appunto era tanto caldo che ha continuato a fumare per settimane. Tutto quadra.
Mi stupisce che un (per ora, senza offesa, presunto) professore di fisica si chieda poi cosa possa scagliare oggetti d'acciaio a tanta distanza. Suggerisco al professore di prendere una matita, oppure una molla di quelle contenute nelle biro, appoggiarla verticalmente su un tavolo, e schiacciarla con un dito dall'alto. Schizzerà via lateralmente, spinta dall'energia che le viene applicata dalla massa soprastante (dito, mano e braccio del Giovanelli). Esattamente come le travi della facciata del WTC (non del core) sono state compresse e divelte dal fronte di crollo soprastante.
Giovanelli obietta che
"Lo schiacciamento della struttura avrebbe accartocciato i pilastri e le travi, ben difficilmente avrebbe potuto scagliare lontano parti della struttura, certamente non nella fase iniziale del crollo."
Lo sfido cordialmente a mostrarmi un caso in cui delle travi d'acciaio di facciata portante di un edificio si sono accartocciate invece di rompersi in corrispondenza dei giunti, quando sono state colpite dalla valanga di detriti del crollo dei piani sovrastanti, come lui asserisce debba succedere. Lo invito anche a prendere visione dei resti del WTC conservati nell'Hangar 17 dell'aeroporto Kennedy di New York, con i loro giunti tranciati.
Ci sono poi momenti nei quali Giovanelli rivela un'indole curiosamente propensa al complotto:
"Paolo Attivissimo è stato imprudente nel mostrare il crollo della Torre Sud nella fase iniziale."
No, professore; a casa mia il giornalista non tace le notizie che non gli fanno comodo. Le dice tutte, e le dice come sono, e poi ne accetta le implicazioni qualunque esse siano, per cui l'imprudenza non c'entra proprio nulla. Chi si preoccupa dell'imprudenza ha evidentemente l'abitudine di selezionare le notizie utili e omettere quelle sfavorevoli alla propria tesi, ma questo è un giochino squallido che lascio tutto ai complottisti.
Secondo Giovanelli, inoltre,
"le condizioni iniziali lasciavano prevedere un crollo laterale di tutta la struttura (figura 5b)."
In altre parole, a detta del professore i grattacieli, quando crollano, cadono rigidi, come tronchi d'albero. Abbiamo qualche esempio di grattacielo in acciaio crollato in questo modo? No. Quindi non si capisce su che basi Giovanelli arrivi a quest'affermazione. Semmai basta riflettere che una struttura concepita per reggersi quando è verticale non può reggersi quando s'inclina. Lo si vede, per esempio, nella dinamica dei crolli delle ciminiere da demolire:
Ma la perla dell'analisi segnalata da Blondet è questa deduzione:
"Si deve infine notare che durante le demolizioni le cose non vanno sempre perfettamente come previsto e l'iniziale deviazione nel crollo della Torre Sud è da considerare normale durante queste operazioni."
Questa precisazione rivela che le Torri Gemelle, secondo Giovanelli, sono state distrutte senza alcun dubbio con tecniche da demolizione controllata. Come sia stato possibile piazzare di nascosto l'esplosivo, detonarlo dopo che era stato investito da un aereo pieno di carburante, e farne sparire ogni traccia, questo Giovanelli non lo spiega; ma fa niente, questi sono dettagli trascurabili per chi è di fede complottista. Trascurabile come lo è, naturalmente, anche la totale assenza di qualsiasi prova tangibile.
Ma c'è di meglio: Giovanelli dice che chi ha fatto la demolizione è stato forse un po' pasticcione, e questo spiega l'inclinazione "misteriosa". Con questi discorsi si può giustificare tutto e il contrario di tutto. E' andato tutto liscio? Questo dimostra che erano abilissimi attentatori. È andato storto qualcosa? Questo dimostra lo stesso che erano abilissimi attentatori, ma con un po' di sfiga che li rende più umani.
Secondo queste fantasie, i demolitori erano dei geni (mai nessuno ha demolito un edificio dall'alto verso il basso, mentre era in fiamme e dopo che era stato centrato da un aereo, eppure loro ci sarebbero riusciti), ma al tempo stesso un po' pasticcioni. Ethan
Questa costruzione di ipotesi basate su teorie fondate su assunti indimostrabili raggiunge però il culmine con la "spiegazione" della velocità di caduta delle torri. Giovanelli mi rimprovera quando dico che il fronte del crollo non viaggia a velocità di caduta libera e che lo si capisce chiaramente dal fatto che ci sono detriti enormi, documentati da foto e video, che raggiungono il suolo prima del fronte del crollo. La sua obiezione è che
"ignoriamo con quale velocità iniziale sono state scagliate le travi prese a confronto"
Siamo all'assurdo che per giustificare una tesi fantasiosa se ne inventa un'altra ancor più fantasiosa. Non solo le torri sarebbero state demolite cogli esplosivi (di cui non v'è la benché minima traccia, non un filo, non un detonatore, niente), ma le macerie sarebbero state spinte verso il basso, durante il crollo, da possenti quanto misteriose forze, e questo creerebbe una percezione ingannevole.
Giovanelli, scagliate da cosa, mi scusi? Non risultano tracce di motori a razzo che spingessero giù questi detriti, né esiste un meccanismo plausibile che consenta alla struttura della torre che sta crollando di spingerli verso il basso.
Si ricorda l'esperimento della molla di biro? Schizza lateralmente, appunto, non verso il basso. Siccome non c'è alcun modo concepibile che permetta all'edificio che sta crollando di spingere quei detriti a velocità superiori a quella di caduta libera, essi sono giocoforza in caduta libera, mentre il fronte di crollo non lo è; quindi l'edificio ha effettivamente opposto una lieve, quasi trascurabile, resistenza all'avanzare del crollo. Fine della storia.
Giovanelli quantifica quanto sarebbe dovuto durare, secondo lui, il crollo naturale delle Torri:
"Mentre in caduta libera il blocco dei 25 piani impiegherebbe 8,07 secondi, con il rallentamento inerziale delle masse dei piani inferiori si avrebbe un tempo di caduta dell'ordine dei 15 secondi."
Infatti a quanto ammonta la durata del crollo, rilevata dai sismografi e non dai filmati, le cui nubi di polvere impediscono di cronometrare la reale durata? Secondo il rapporto NIST (NCSTAR 1-5A), 9 secondi (WTC2) e 11 secondi (WTC1). Quindi nessuno dei due crolli ha richiesto il tempo che Giovanelli stima per la caduta libera, ma entrambi hanno richiesto un tempo maggiore. E maggiore con uno scarto di oltre il 10%.
Inoltre la stima di "rallentamento inerziale" del professore (15 secondi) è basata su una serie di assunti nei quali basta modificare qualche decimale per ottenere risultati completamente differenti. Se ciascuno degli ottanta piani sottostanti la breccia d'impatto nella Torre 2 rallenta il crollo di un decimo di secondo, al tempo di caduta libera vanno aggiunti 8 secondi (totale 16). Se i decimi sono due, i secondi da aggiungere diventano sedici (totale 24). Giocando con i numeri in questo modo si può ottenere qualsiasi risultato.
Purtroppo i parametri di calcolo usati da Giovanelli sono "un piccolo rallentamento" (ma di quanto?), "la struttura diventa più pesante" (ma di quanto?), "deve sostenere un carico statico maggiore" (ma maggiore di quanto?). Questa non è una stima: è una crisi di spannometria galoppante.
Giovanelli conclude con una richiesta:
"Prima di distribuire patenti di bufala Attivissimo dovrebbe impegnarsi a fornire repliche tecnicamente accettabili ai punti sopra menzionati"
Caro Giovanelli, repetita iuvant: la patente di bufala non la distribuisco io, ma la regala alle teorie complottiste la comunità degli ingegneri strutturisti suoi colleghi, nessuno dei quali crede alle panzane degli esplosivi piazzati di nascosto per dare un aiutino. È a loro che deve chiedere le repliche tecnicamente accettabili. Lo faccia, e poi ne riparliamo.
Aggiornamento (2007/07/30)
Blondet e Giovanelli sono tornati sull'argomento. Il mio commento alle loro considerazioni, che confermano la non competenza di Giovanelli in materia di ingegneria strutturale, è qui.
3 commenti:
ciao Paolo
ho fatto "l'esperimento con la biro"... secondo te, è inverosimile che la molla schizzi non perfettamente lateralmente, ma inclinata verso il basso di qualche grado?
e se questo è plausibile, non è plausibile che anche i detriti siano stati scagliati verso il basso, con una velocità superiore a quella di caduta libera?
non sono un esperto di fisica, ma solo un curioso che cerca di farsi un'idea ascoltando differenti campane.
ciao e buon lavoro!
Ciao Valerio,
certamente: è un fenomeno fisico complesso, come qualsiasi fenomeno nel mondo reale, e quindi può dare risultati molto variabili. La caoticità delle forze applicate alle facciate del WTC può aver sospinto e compresso le colonne in ogni direzione. Sappiamo che ci sono colonne tirate verso l'interno prima del crollo, colonne piegate a U, colonne tranciate ai giunti, colonne arrivate a 220 m di distanza e colonne cadute ai piedi della torre, in blocchi enormi o come singole unità...
Tieni presente che in ogni caso il mio piccolo "esperimento" è puramente indicativo e non ha pretese di sostituirsi a una vera simulazione.
caro Paolo,
a quanto pare Giovanelli e' un professore con fior di pubblicazioni alle spalle. Segnalo la risposta a questo post sul sito di Maurizio Blondet EFFEDIEFFE.COM
Precisazioni sul crollo del World Trade Center
Trovo la risposta del Professor Giovanelli molto convincente.
saluti
Posta un commento