2006/10/13

Il difficile percorso della ricerca della verità

di Henry62
http://11-settembre.blogspot.com/

L'attacco terroristico del'11/9 ha un indiscutibile aspetto mediatico che permea ogni sua possibile analisi. E' mia personale convinzione che l'intero complesso dell'azione sia stato concepito allo scopo di avere un impatto mai prima d'ora verificatosi sui media mondiali.

Chiunque abbia organizzato l'attacco ha certamente seguito i tempi di una regia cinematografica, in un crescendo di terrore destinato a lasciare un'impronta indelebile anche sulle generazioni future. E' indiscutibile che la nostra vita e quella dei nostri figli sia cambiata dopo l'11 settembre.

Se le vicende seguirono o meno una trama ed una regia unitaria, resta uno dei quesiti in attesa di risposta, ma certamente un nuovo fatto che si deve registrare è la relativa abbondanza di materiale documentale a disposizione di tutti relativamente ai fatti oggetto di analisi.

Certamente Internet ha favorito in maniera determinante la diffusione di conoscenza del più grande attacco terroristico della storia, ma proprio questa abbondanza di documentazione deve aprire una riflessione. Sgombriamo subito il campo da un equivoco di base: nell'analisi della documentazione non possono esistere "complottisti" ed "ufficialisti", ma solamente ricercatori, ci si augura liberi, della verità.

Le fonti, come in ogni ricerca, devono essere autorevoli e probanti, cioè avere al loro interno l'autorevolezza che contraddistingue l'informazione dalla disinformazione. Il problema, quindi, diventa di saper attribuire il giusto valore all'immensa mole di materiale che è possibile reperire in pochi istanti direttamente nel proprio PC con l'uso di motori di ricerca e portali dedicati.

L'autorevolezza di una fonte è difficile da valutare, né è possibile fare riferimento a valutazioni indirette. Mi spiego meglio: quando il magistrato affida ad una persona di sua fiducia, chiunque esso sia, l'incarico di effettuare degli accertamenti tecnici per suo conto e riferirne i risultati, compie un atto prescritto dalla Legge ma che, ricordo, vede sempre il giudice stesso come perito dei periti.

Cosa significa ciò? Significa che il parere del giudice terrà conto del risultato degli accertamenti tecnici del consulente da lui liberamente scelto, ma non sarà mai da questi condizionato, perché l'espressione del giudizio spetta ed è responsabilità unica del magistrato incaricato e non del consulente tecnico d'ufficio.

Sull'11 settembre troppo spesso si sentono e si vedono dichiarazioni rilasciate da esperti, fra cui, per ovvi motivi, mi ci metto anche io, che liberamente ed in coscienza esprimono la propria opinione sulle questioni tecniche, le uniche su cui un tecnico possa esprimere un parere motivato da particolare conoscenza professionale o da specializzazione personale, ma altrettanto spesso questi pareri vengono messi in dubbio da chi, pur non avendo particolari conoscenze, esprime tutte le proprie perplessità sugli accertamenti svolti.

Da una parte si hanno, quindi, pareri motivati tecnicamente, suscettibili certo di critica, ma fra persone aventi pari conoscenze tecniche (da qui il ruolo dei consulenti tecnici di parte), dall'altra si hanno opinioni spesso influenzate, se non unicamente determinate, da contrapposizioni ideologiche e di principio. Nel mondo della comunicazione libera, quindi, ogni individuo viene ad assumere il ruolo del magistrato giudicante, ma, troppo spesso, anche quello del consulente tecnico! E' ovvio che ciò non possa che condurre a conclusioni e sentenze palesemente di parte, perché viene a mancare sistematicamente il requisito base del magistrato giudicante, cioè l'imparzialità, dettata dall'equilibrio che solo determina la capacità di giudizio del magistrato.

La prova tecnica, quindi, da sola non può portare alla sentenza di colpa o di proscioglimento, ma certamente è un passo fondamentale e determinante per il raggiungimento della verità, perché di essa il magistrato deve tener conto nel formulare la sua sentenza, nel senso che il magistrato può anche contraddire le conclusioni della perizia tecnica, ma motivandone in maniera approfondita il perché del suo convincimento, e ciò, normalmente, deve essere ricondotto o alla cattiva fede del consulente (per cui scattano le conseguenze penali previste) o all'impreparazione tecnico-scientifica del consulente stesso, di cui, alla fin fine, la responsabilità ricade sul magistrato stesso che ne ha decretato liberamente la nomina.

Di fatto, quindi, perché si possa affrontare la discussione fra le parti, deve esistere una base tecnico-scientifica comune su cui vengano imbastite le analisi. In questa base comune, indiscutibile e frutto dello stato dell'arte della conoscenza della materia, devono rientrare tutte le affermazioni su cui si costruiscono i ragionamenti. Non è possibile e non è accettabile, a nessun livello, mettere in dubbio artificiosamente, per soli fini dialettici, affermazioni tecnico-scientifiche di questa base comune, riconosciute valide da qualunque esperto del settore perché frutto di esperimenti scientifici.

Per esempio, è una realtà scientifica e tecnica che un certo tipo di acciaio da costruzione ad una temperatura prossima ai 650°C abbia un drastico calo delle sue caratteristiche meccaniche rispetto allo stesso acciaio a temperatura ambiente. Chi nega questo, non può che farlo in cattiva fede. Nella stessa base comune devono essere accolte osservazioni empiriche della vita quotidiana; per esempio, se un incendio domestico ha mediamente temperature di fumo dai 550 ai 650°C, non è né corretto né lecito affermare che un incendio equiparabile a quello domestico possa raggiungere temperature massime pari a un terzo di quelle indicate per i casi più comuni.

Un ulteriore problema nasce poi dall'ammissibilità delle prove: che caratteristiche deve avere una prova perché possa essere considerata tale? Da Wikipedia si definisce una prova in senso giuridico come la dimostrazione della sussistenza di fatti da cui si possa arguire l'esistenza di fatti giuridicamente rilevanti. La prova, quindi, è la sussistenza di fatti, non una simulazione o un modello di relazioni fra i fatti. Una simulazione, che per definizione è l'approssimazione della ricostruzione di una serie di fatti secondo determinati modelli di rappresentazione o di calcolo, non rappresenta mai una prova.

Per definizione, il semplice fatto che ci si avvalga di modelli introduce un grado di alea, quindi di errore, che inficia la validità giuridica della prova. Una simulazione, quindi, può essere un valido sussidio per le parti per esporre e rappresentare una ricostruzione degli eventi, ausilio tanto più valido alla parte quanto più efficace nell'orientare a proprio favore il giudizio della Corte, ma certamente non è assolutamente mai una prova.

Allo stesso modo si devono valutare tutte quelle evidenze che afferiscono al mondo della multimedialità, particolarmente insidiose perché capaci di penetrare le barriere consapevoli od inconsapevoli che ciascuno di noi innalza nei confronti della manipolazione della realtà. Che valore probatorio si deve attribuire a immagini, filmati e suoni a fronte di una tecnologia digitale talmente evoluta e diffusa da consentire, in pratica, a ciascun possessore di un PC di creare, manipolare, alterare inserendo o cancellando, rallentando o accelerando, con poca fatica e elevatissima possibilità di farla franca, qualunque documento multimediale? Ma non si deve solamente pensare alla possibilità di un intervento in cattiva fede: anche la semplice duplicazione di un documento digitale introduce, potenzialmente e anche praticamente, elementi di difformità dall'originale, in maniera tale per cui diviene tecnicamente impossibile per un non esperto discernere quale sia, dalla sola osservazione esterna, l'originale e la copia.

Prendiamo un filmato. Un conto sono i fatti che il filmato racconta o vorrebbe raccontare, un altro le caratteristiche del filmato stesso, come codec, numero di fotogrammi, struttura tecnica del filmato e cose simili. Tutti possiamo vedere il filmato, non tutti possiamo farne un'analisi tecnica. Da questo punto di vista, si deve quindi prestare particolare attenzione e, se mi è consentito, ancora maggiore diffidenza nell'accettare come prove filmati e ricostruzioni, oltre che immagini e suoni, provenienti da generici o addirittura ignoti autori. Quindi sarà una prova il filmato su supporto originale sequestrato dal sistema TVCC del Pentagono, non lo è più la sua copia integrale su DVD distribuita al pubblico.

Un'analisi eseguita sui filmati distribuiti dal DoD non consente di affermare, in via di principio, che questi siano o meno originali: si sa già che non sono originali, in quanto copia di un originale e qualunque analisi sarebbe semplicemente un'interessante esercitazione di analisi che, per avere valore di prova, andrebbe eseguita sull'originale.

La differenza è apparentemente sottile, ma in realtà fondamentale per capire la difficoltà di avvalersi di tale genere di materiali. Lo stesso problema si pone nell'accettare acriticamente le testimonianze dirette. Le famose pozze di metallo fuso, di cui tanto si parla e di cui nessuno sa praticamente niente, visto che anche le poche testimonianze sono generiche e prive di particolari tecnico/scientifici, sono o non sono una prova? Non provano niente per almeno tre motivi:

  1. non è detto che, ammessa la loro esistenza, questa sia temporalmente e con vincoli di causalità connessa all'attentato e non invece ad una sua conseguenza;
  2. non se ne conosce in modo certo né la composizione, né l'estensione, né la localizzazione;
  3. alla luce delle carenze ai punti 1 e 2 precedenti, ogni associazione di queste pozze a probabili meccanismi di creazione del collasso è strumentale al tentativo di avallare presso il grande pubblico una particolare ricostruzione della realtà che risulta invece priva di fondamento tecnico-scientifico (in nessuna demolizione controllata le macerie ribollono per mesi, anche in coincidenza di edifici come il WTC6 che non risultano essere stati oggetto di collasso termico e crollo – testimonianza dell'1/4/2003 di Kenneth Holden alla National Commission on Terrorist Attacks upon USA: "Quick, but safe decisions regarding where to put the cranes had to be made, inspection of the slurry wall and water in the basement were conducted, while numerous fires were still burning and smoldering. Underground, it was still so hot that molten metal dripped down the sides of the wall from Building 6. Cars both burned and pristine, were suspended in the air balanced on cracked parking garage slabs." ["Era necessario prendere delle decisioni rapide ma sicure su dove collocare le gru, e furono svolte ispezioni del vascone di contenimento e della presenza d'acqua nei piani sotterranei, mentre bruciavano e covavano ancora numerosi incendi. Sottoterra, il calore era ancora così elevato che dai lati del muro dell'Edificio 6 sgocciolava metallo fuso. C'erano auto, sia incendiate sia intatte, sospese in aria, in equilibrio sui solai incrinati dei garage"]).
Personalmente sono assai scettico, per la normale esperienza della pratica giuridica, nell'attribuire particolare valore alla testimonianza oculare ed acustica diretta di testimoni, proprio perché ciascun essere ha una sua propria percezione della realtà, mediata dalle proprie conoscenze, dai propri sensi e dalle proprie limitazioni fisiche e psicologiche.

Ciascuno ricostruisce, in pratica, un proprio modello della realtà, che normalmente può anche differire in modo notevole da quello di altri testimoni del medesimo reato: per cui, per esempio, troviamo testimoni che affermano di aver visto e sentito impattare contro il Pentagono un aereo di grandi dimensioni, un aereo di medio/piccole dimensioni o addirittura un missile con le ali! A chi dar ragione? Certamente in questo caso non valgono le regole della democrazia, per cui la maggioranza prevale…

Nelle Torri abbiamo testimonianze di esplosioni, che però non risultano da audio di filmati girati con presa diretta: a chi dare ragione? Il dubbio non deve far prevalere la testimonianza della telecamera rispetto all'essere umano, perché non è detto che il mezzo fisico che effettua la ripresa sia in grado di restituire un racconto più aderente alla realtà, così come un testimone può alterare, più o meno consapevolmente, il proprio racconto per esagerare o sminuire il proprio ruolo individuale.

Personalmente, quindi, tendo ad attribuire il massimo valore probatorio a tutte le evidenze che sono misurabili e valutabili indipendentemente dalla capacità specifica dell'operatore che effettua la misura, con esperienze riproducibili in qualunque momento e secondo un metodo documentato. Ricostruzioni e animazioni sono solamente dei mezzi di sintesi, l'equivalente mediatico di un cartone animato molto evoluto, assolutamente privi di qualunque valore probatorio, mentre rilevazioni tecnico-scientifiche sulla scena del reato sono insostituibili per consentire di formulare un quadro realistico della situazione, da cui formulare ipotesi di ricostruzione.

In nessun caso il tecnico potrà farsi influenzare dalle proprie convinzioni emotive, dovendo mantenere il necessario distacco anche da una tragedia di queste dimensioni.

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