di Leonardo Salvaggio. L'originale in inglese è disponibile qui.
Offriamo oggi ai nostri lettori il racconto personale del sopravvissuto Thomas Grassi che lavorava per la Port Authority all'ottantaduesimo piano della Torre 1 ed era nel suo officio quando il primo aereo colpì.
Ringraziamo Thomas Grassi per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che ti è successo l'11 settembre? Cosa ricordi di quel giorno?
Thomas Grassi: Lavoravo per la Port Authority di New York e New Jersey, che era proprietaria del sito e dei palazzi, ed ero all'ottantaduesimo piano della Torre 1. Era una mattina normale. Non stavo guardando fuori dalla finestra, parlavo con qualcuno e all'improvviso ci fu uno schianto e un suono fragoroso e la sensazione che l'edificio tremasse; non avevamo idea di cosa fosse, ma era stato così grande che iniziammo tutti a correre. Corsi subito verso le scale per uscire. Dopo due o tre minuti cominciammo a calmarci; smettemmo di scendere ed entrammo al settantottesimo piano per riprenderci. Cercammo un televisore per capire cosa fosse appena successo e sapere "Dobbiamo andarcene o restare?" perché io ero presente anche quando avvenne l'attacco del 93 e in larga misura capimmo che la cosa migliore da fare era rimanere negli uffici.
Non sapevamo cosa fare, pensammo anche di tornare in ufficio perché la situazione sembrava tornata normale: l'aria condizionata era accesa, l'illuminazione era accesa. Accendemmo una radio e dopo aver atteso un po' decidemmo di provare a uscire. Scendevamo lentamente perché le scale in alcuni punti erano molto affollate; c'erano persone che venivano trasportate, in quanto gravemente ferite, che arrivavano dietro di noi, quindi dovevamo spostarci per farle passare. Fu una discesa lenta ma non c'era alcun senso di panico o fretta. Ad un certo punto iniziarono a salire i vigili del fuoco, anche loro si spostavano per far passare i feriti, ma l’umore era buono, ci dicevamo cose tipo "Buona fortuna ragazzi, tenete duro". Ad un certo punto avevo raccolto da terra una bottiglia di Snapple [una popolare bibita analcolica, NdR] e la diedi a uno dei pompieri e gli dissi: "Penso che ne avrai bisogno più di me". Sembrava molto grato, la prese e continuò a salire.
Le comunicazioni allora non erano come oggi, con i social media e le applicazioni per chattare. Ma molte persone avevano dei cercapersone e ricevevano messaggi che dicevano che forse un aereo aveva colpito il World Trade Center, alcuni dicevano che degli aerei avevano colpito entrambe le Torri. Io non avevo sentito che la Torre 2 fosse stata colpita e quindi i messaggi dei cercapersone sembravano non confermati.
Continuammo a scendere molto lentamente; eravamo al settimo piano circa quando arrivò un altro fragoroso boato. In quel momento non lo sapevo, ma era la Torre 2 che stava crollando proprio accanto a noi. Ci giunse un rombo prolungato e il palazzo tremò, sembrava che il nostro edificio stesse crollando, un’imponente nuvola di fumo salì dalle scale dal basso. Poi le luci si spensero, ci fu buio totale e si diffuse il panico e la gente tornò su un paio di rampe, entrai in un ufficio solo per togliermi dalle scale perché c'erano tante persone e tanto fumo. Seguii le torce elettriche dei vigili del fuoco che mi indirizzarono verso un'altra scala e riuscimmo a scendere. Uscii circa cinque minuti prima che la Torre 1 crollasse, già in quel momento era scioccante vedere la lobby e la piazza, e sapevo bene cosa stesse succedendo. Uscii e vidi la piazza nel caos, c'erano fumo e polvere, pezzi di edificio crollavano o cadevano a terra.
Guardai in alto e non vedevo la Torre 2, qualcuno mi disse "Non si vede per via del fumo" e qualcun altro disse "No, la Torre 2 è crollata, dobbiamo solo andarcene da qui." Ribattei "Cosa hai appena detto?? Torre 2 cosa??” perché era ancora completamente incredibile. Era difficile da credere, ma evidentemente i messaggi ricevuti in precedenza sui cercapersone sul fatto che entrambe le Torri fossero state colpite da aerei erano corretti. Mentre ero lì a discutere della Torre 2, guardai la Torre 1 e lentamente cominciò a crollare.
Più tardi a casa, vivevo nel New Jersey dall'altra parte del fiume Hudson, c'erano dei traghetti che portavano le persone fuori dell'isola di Manhattan. Mi ci vollero ore per tornare a casa, ma ci riuscii. Poco dopo ricevetti molte telefonate di persone che mi chiedevano di chi avevo ricevuto notizie o chi era scomparso, chi ce l'aveva fatta e chi non ce l'aveva fatta.
Un paio di giorni dopo mi fu chiesto di tornare al lavoro, per lavorare alla ricostruzione. Lavorai alla ricostruzione del World Trade Center per quindici anni, fino al 2016, principalmente ai componenti dei trasporti perché sono un architetto e ho esperienza nell'architettura dei trasporti. Fui molto felice e orgoglioso di lavorare per così tanto alla ricostruzione fino all'apertura del Transportation Hub nel 2016.
Undicisettembre: Beh, è molto interessante, ci racconti qualcosa di ciò che hai fatto in quei quindici anni?
Thomas Grassi: Come ho detto, ero un dipendente della Port Authority di New York e New Jersey, proprietaria del sito che divenne poi responsabile della ricostruzione, ovviamente con la collaborazione di altri enti. Sotto al World Trade Center passa un sistema ferroviario gestito dalla Port Authority chiamato PATH, che sta per Port Authority Trans Hudson. L'agenzia volle ripristinarlo subito per aiutare a riportare il commercio e le persone a Lower Manhattan e per ritrovare un senso di normalità il più rapidamente possibile. Ero il project manager per la stazione temporanea del PATH; è stata inaugurata nel novembre 2003, poco più di due anni dopo gli attentati. Era al centro di un sito di sedici acri in cui non c’era nient’altro, ma riaprimmo la stazione del PATH con i nuovi binari che erano uguali a quelli che c’erano prima dell'11 settembre, nelle stesse posizioni ma con un nuovo ingresso e una nuova struttura. Fu molto utile per riportare le persone a Lower Manhattan.
Una volta aperto, ci mettemmo subito al lavoro alla progettazione dell'hub di trasporto definitivo e al master plan dell'intero sito. Il sito fu poi costruito con una serie di grattacieli e con il memoriale; questi progetti andavano avanti simultaneamente ma separatamente. La Port Authority ha assunto un architetto europeo, Santiago Calatrava, come direttore della progettazione dell'hub dei trasporti e fu lui, con il contributo di studi di ingegneria e architettura locali, il progettista dei componenti per il trasporto. Lavorare a stretto contatto con lui fu un vero brivido e fu entusiasmante; la struttura che abbiamo costruito ha fatto molto per la guarigione e la ricostruzione del sito. La struttura stessa, e soprattutto la parte di ingresso principale, l'Oculus, è diventata piuttosto famosa, è presente negli spot pubblicitari ed è già un simbolo.
Ora lavoro per un’azienda di ingegneria e architettura, HNTB, all'Empire State Building, e ogni giorno ho una splendida visuale dalla mia finestra del World Trade Center [Thomas Grassi gira la webcam e mi mostra la vista del World Trade Center dalla sua finestra – NdR].
Undicisettembre: Sei sopravvissuto a entrambi gli attacchi: 1993 e 9/11. Dopo il 93 ti aspettavi che accadesse di nuovo?
Thomas Grassi: Beh, non direi che proprio me lo “aspettassi”. L’attentato del 1993 fu uno shock, noi che lavoravamo nell'edificio non sapevamo che esistesse una cosa del genere, ma ci riprendemmo in fretta. Tornammo al lavoro nel giro di un paio di mesi e le scale di uscita furono dotate di nuove misure di sicurezza e le regole per l’ingresso e l’uscita dai palazzi divennero più rigide con tesserini di identificazione e tornelli. Anche entrare nei garage sotterranei divenne più difficile. Ma con il passare del tempo, anche se nessuno se ne è dimenticato, non ci pensavamo più tutti i giorni. Facevamo esercitazioni antincendio e cose del genere, ma sembrava un ricordo del passato. Non credo che avessimo la sensazione che potesse succedere di nuovo.
Alcune delle misure attuate in seguito all'attentato del'93 hanno salvato molte vite l'11 settembre. Ad esempio era stata applicata vernice fosforescente che si illumina al buio sui gradini e ai corrimani delle scale di uscita. Fu molto utile perché quando la Torre 2 crollò divenne tutto buio.
Undicisettembre: Lavorare alla ricostruzione è stato catartico per te?
Thomas Grassi: Assolutamente! Ognuno reagisce a modo suo, ci sono persone con cui ho lavorato prima dell'11 settembre o con cui ero l'11 settembre che non hanno voluto tornare nella zona o almeno non subito, ma io volevo tornarci prima possibile.
La prima volta che ci tornai fu il 12 ottobre 2001. La Port Authority prese in affitto un ufficio molto vicino al sito per quelli di noi che erano coinvolti nella ricostruzione. La possibilità di tornarci e di svolgere il mio piccolo ruolo e fare tutto ciò che potevo per contribuire ai lavori di sgombero e ripristino divenne molto importante per me e parte della mia guarigione personale.
Undicisettembre: Cosa pensi della scelta dell'aspetto attuale del World Trade Center? Poteva essere migliore di così?
Thomas Grassi: L'agenzia ha da subito deciso di non ripristinare le torri come erano, e di questo si discute ancora nei social media o altrove. Immagino che ne discuteremo per sempre e ci chiederemo se sia stata la decisione giusta. Ma c'era la sensazione che la gente non volesse tornare in edifici che avevano lo stesso aspetto delle Torri Gemelle, non so se sia vero o no.
Il nuovo design include molte ottime cose, alcuni percorsi che il complesso originale interrompeva sono stati ripristinati. Il sito originale del WTC era stato progettato alla fine degli anni '60 con un concetto di super-blocco, il sito attuale invece è meglio integrato nella rete cittadina. C'è molta più vita e attività a livello di strada. Il World Trade Center, dopo le 17 o le 18 o durante i fine settimana era di solito deserto, non era un campus aperto 24 ore su 24. Ora c’è un centro per le arti performative che sarà presto completato, un'altra torre da costruire, e la ricostruzione delle strade ha dato un ottimo contributo positivo. Tantissime persone si sono trasferite a downtown, credo che ci siano circa tre volte più residenti in quella zona oggi rispetto a prima dell'11 settembre.
Quindi la ricostruzione del sito, il miglioramento del trasporto pubblico, il reinserimento delle strade e la fervente vita cittadina hanno fatto molto. Ha avuto molto successo.
Undicisettembre: In che modo l'11 settembre influisce sulla tua vita quotidiana anche oggi?
Thomas Grassi: Beh, per i primi 15 anni mi sono occupato della ricostruzione. Alla fine mi sono dimesso dalla Port Authority e ho accettato un lavoro nel settore privato, nel quale fortunatamente posso vedere il World Trade Center dalla finestra. Ora lavoro per una società di architettura e ingegneria chiamata HNTB, lavoriamo a progetti di trasporto in tutti gli Stati Uniti. Quindi sono entrato in una nuova fase della vita, ma sicuramente il ricordo ritorna, quando mi alzo anche solo per andare a parlare con qualcuno, anche per poco, porto sempre con me il cellulare perché penso sempre “Se succedesse ancora e dovessi scappare voglio assicurarmi di avere con me il cellulare”.
Ci sono cose del genere che restano impresse, piccole modifiche al mio comportamento; ho sempre in mente che se dovesse succedere di nuovo devo essere pronto a scappare.
In occasione degli anniversari ci sono grandi commemorazioni. Nei quindici anni in cui sono stato nel quartiere sono stato molto coinvolto con il Tribute Center e il 9/11 Museum, sono stato una delle guide e sono stati esposti i miei disegni della ricostruzione per un paio d'anni. Quindi in quegli anni ero collegato non solo per il mio lavoro quotidiano, ma anche per il museo.
Me lo porto sempre appresso, in modi piccoli e sottili.
Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11 settembre è stato un inside job?
Thomas Grassi: Ho letto, ascoltato e approfondito quelle teorie, ma non ho mai trovato alcuna prova realistica o convincente che mi portasse verso quel punto di vista. Non vedo alcun motivo di crederci.
Undicisettembre: Sei stato alle celebrazioni per il ventesimo anniversario?
Thomas Grassi: Non fisicamente lì per il ventesimo anniversario, ci sono stati anni in cui sono andato alle celebrazioni per l'anniversario e anni in cui lo vivo come un evento più personale. Il memoriale è stato aperto nel decimo anniversario e prima ancora avevo avviato un'organizzazione benefica chiamata "Memorial Miles"; io e molti dei miei colleghi, che stavano lavorando con me alla ricostruzione, ci siamo impegnati a camminare o correre un miglio al giorno nell'anno che ha preceduto il decimo anniversario e abbiamo raccolto fondi per l'apertura del memoriale. Quindi nel decimo anniversario ero fisicamente lì e ed ero ancora molto coinvolto. Ci sono ancora celebrazioni importanti agli anniversari per fare in modo che la gente non dimentichi mai cosa è successo ed è una cosa molto importante, ma non sono andato a quest’ultimo anniversario.
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