2009/09/30

Le zone grigie: il viaggio di Atta e Al-Omari a Portland

di John - www.crono911.org

Come avevamo anticipato, iniziamo ad approfondire la tematica delle zone grigie dell'11 settembre 2001, ossia di quegli aspetti che non sono stati sufficientemente chiariti o spiegati e che – pur non modificando di punto la ricostruzione dei fatti – potrebbero rivelarsi utili per integrare e completare la conoscenza storica dell'evento.

In questo articolo parleremo delle ultime 24 ore di vita di Mohammed Atta, capo operativo dei 19 terroristi e pilota suicida del volo American 11, e di Abdulaziz Al-Omari, uno degli altri dirottatori dello stesso volo.


Il fatto anomalo


Alle 6 del mattino dell'11 settembre 2001, Atta e Al-Omari si imbarcarono su un volo diretto da Portland, nello stato del Maine, a Boston. L' immagine di apertura, ripresa dai sistemi di videosorveglianza dello scalo di Portland, mostra i due terroristi al momento dell'imbarco. All'aeroporto di Boston, dove erano atterrati alle 6:45, i due si imbarcarono sul volo AA11, il cui decollo era previsto alle 8.

Fin qui niente di strano, ma la circostanza anomala è che i due dirottatori si trovavano già a Boston il giorno precedente e si erano recati in auto a Portland, dove avevano trascorso l'ultima notte della loro vita.

E' quindi del tutto legittimo domandarsi per quale ragione i due terroristi fecero quel viaggio a Portland assumendosi il rischio – nel caso in cui il volo da Portland avesse subito ritardi – di perdere la coincidenza con il volo American 11, ossia l'aereo che avevano deciso di dirottare.

E in effetti la mossa non fu priva di conseguenze: le due valigie che i terroristi avevano imbarcato a Portland, entrambe registrate a nome di Atta, rimasero a terra, nell'aeroporto Logan di Boston, probabilmente a causa dei tempi stretti di coincidenza. I due bagagli si rivelarono una fonte preziosa di informazioni, per i documenti e il materiale che contenevano.


La cronologia


Ricostruiamo nel dettaglio i movimenti dei due terroristi.

Alle 18:08 del 9 settembre 2001 Atta ritirò un'autovettura Nissan Altima di colore blu da un'agenzia di noleggio di Boston. Il contratto prevedeva la restituzione dell'auto sempre a Boston alle 18 dell'11 settembre 2001.

Con quell'auto, il 10 settembre, Atta e Al-Omari raggiunsero Portland. Alle 17:37 presero una camera presso l'albergo Comfort Inn; in serata prelevarono denaro contante da apparecchiature Bancomat e furono ripresi dalla telecamera di uno sportello automatico (ore 20:41).

Successivamente effettuarono acquisti in alcuni negozi nei pressi dell'aeroporto di Portland e anche in questo caso furono ripresi dai sistemi di videosorveglianza installati negli esercizi commerciali (ore 21:15).

Risulta documentato che i due acquistarono un "adattatore per batterie da 6 volt". Anche se non è specificato l'utilizzo dell'adattatore, questo tipo di attrezzo è adoperato come accessorio per consentire l'impiego di comuni batterie AA nelle apparecchiature che utilizzano batterie da 6 volt, come taluni ricevitori GPS professionali.

La mattina dell'11 settembre, Atta e il suo compagno lasciarono l'albergo alle 5:33, raggiunsero l'aeroporto e si imbarcarono per Boston con il volo Colgan Air 5930. Al momento del check-in, i due pretesero all'arrivo il trasbordo diretto sul volo AA11, ma il personale aeroportuale di Portland comunicò loro che avrebbero dovuto ripetere il check-in a Boston.


Le indagini


La Commissione 9/11 si è posta il problema di capire lo scopo del viaggio di Atta e Al-Omari a Portland e ha indagato in tal senso.

Ramzi Binalshibh, il terrorista che manteneva i contatti con Atta dalla Germania, è stato interrogato sul punto ma non ha saputo spiegare la circostanza.

Le indagini della Commissione non hanno permesso di scoprire alcun indizio utile a chiarire il comportamento di Atta, ma è stato accertato che l'aeroporto di Portland era quello più vicino con un volo per Boston utile per imbarcarsi sull'American 11.

Atta aveva acquistato i biglietti per sé e Al-Omari il 28 agosto 2001, sul sito Internet dell'American Airlines, pagando 4226 dollari con carta di credito.

Infatti la Colgan Air era una compagnia sussidiaria dell'American Airlines, per cui la tratta coperta dai biglietti era unica: da Portland a Los Angeles via Boston.

Di conseguenza i bagagli furono caricati sul volo Colgan 5930 a Portland con destinazione Los Angeles: solo per essi (ma non per i viaggiatori) non era previsto un ulteriore check-in.

Quando apprese che avrebbe dovuto ripetere i controlli di imbarco a Boston per salire a bordo dell'AA11, Atta manifestò il proprio disappunto e protestò affermando che gli era stato garantito che avrebbero potuto imbarcarsi direttamente su quel volo.


Conclusioni e ipotesi


E' improbabile che Atta e Al-Omari si recarono a Portland per incontrare qualcuno. La distanza tra Boston e Portland è pari a circa 200 km e la percorrenza in auto non supera le due ore.

Se ci fosse stato un incontro prima delle 17:37, quando i terroristi affittarono la camera al Comfort Inn, non si vede la ragione per cui non avrebbero dovuto rientrare a Boston in auto.

Dopo le 17:37, i due erano soli sia quando fecero i prelievi Bancomat, sia quando fecero acquisti nei negozi, sia quando consumarono la pizza.

Questa circostanza, unita al fatto che l'aeroporto di Portland era l'unico ad avere un volo utile in coincidenza con la partenza di American 11, lascia ritenere che Atta e Al-Omari raggiunsero Portland perché il loro scopo era proprio quello di arrivare in volo a Boston.

La conclusione è pacificamente confermata dal fatto che i biglietti Portland-Boston-Los Angeles erano stati acquistati sin dal 28 agosto 2001.

Tra l'altro, il rischio che Atta e Al-Omari perdessero la coincidenza con American 11 era remoto: trattandosi di biglietti acquistati in “bundle” dall'American Airlines, quest'ultima era responsabile dell'intera tratta da Portland a Los Angeles (con cambio a Boston) e chiunque abbia viaggiato in aereo sa che le compagnie aeree non hanno problemi a ritardare di qualche minuto la partenza di un proprio velivolo se è necessario per garantire la coincidenza a passeggeri in arrivo con un altro velivolo della stessa compagnia.

Non c'è alcun dubbio, quindi, che Atta e Al-Omari intenzionalmente previdero e decisero di partire da Portland per imbarcarsi sull'American 11.

Questa constatazione lascia però in piedi l'interrogativo: perché optarono per questa soluzione?

La domanda è probabilmente destinata a rimanere senza risposte certe, perché non possiamo sapere cosa pensarono Atta e i suoi complici. Tuttavia si possono esaminare un paio di ipotesi.

L'ipotesi avanzata dalla Commissione 9/11 è quella che Atta pensava che a Portland i sistemi di sicurezza sarebbero stati meno severi che a Boston. A sostegno di questa ipotesi va il disappunto con cui Atta reagì alla notizia che avrebbe dovuto ripetere i controlli di imbarco a Boston.

Se l'ipotesi fosse corretta, però, ci sarebbe da chiedersi che senso avrebbe avuto non adottare lo stesso stratagemma per gli altri tre terroristi che componevano il team destinato a dirottare il volo AA11 o per i cinque destinati a prendere il controllo di United 175, anch'esso in partenza da Boston. Atta e Al-Omari da soli, infatti, avrebbero potuto fare ben poco.

Un'altra ipotesi è che il volo Portland-Boston fu una specie di controllo finale, l'ultimo test per verificare che i servizi di contro-terrorismo non fossero pronti a saltare addosso ai dirottatori nel momento in cui salivano a bordo degli aerei.

Quando Atta fece i biglietti, il 28 agosto, erano trascorse nemmeno due settimane dall'arresto di Zacarias Moussaoui, e all'inizio del mese Mohamed Al-Khatani era stato respinto all'ingresso negli Stati Uniti.

Entrambi erano coinvolti nell'operazione ed è verosimile che i due episodi abbiano indotto Atta a considerare la possibilità che l'FBI fosse venuta a conoscenza del piano.

Atta si era personalmente occupato di accogliere e smistare i vari terroristi in arrivo negli Stati Uniti, aveva personalmente mantenuto i contatti con i quadri di Al-Qaeda in Europa e aveva curato che nessun team fosse a conoscenza dell'identità e degli obiettivi degli altri team, per cui rappresentava l'anello di congiunzione tra tutti i terroristi implicati nel piano. Era quindi il più esposto nell'eventualità di una fuga di notizie.

Il suo biglietto online Portland – Boston – Los Angeles era una vera e propria esca, perché gli agenti dell'FBI eventualmente sulle sue tracce avrebbero avuto una precisa indicazione del volo su cui si sarebbe imbarcato e avrebbero potuto arrestarlo quando partiva da Portland o all'arrivo a Boston.

In tal caso gli altri dirottatori avrebbero avuto un preavviso sufficiente per tentare di allontanarsi dagli aeroporti e far perdere le proprie tracce.

Se invece si fosse imbarcato senza intoppi a Portland e fosse sbarcato a Boston per salire direttamente sul volo American 11 senza ulteriori controlli (come abbiamo visto, Atta era convinto che non ci sarebbe stato un secondo check-in), quella sarebbe stata una prova significativa che la segretezza dell'operazione non era stata compromessa.

Per tutte queste ragioni, l'ipotesi che la sortita di Portland sia stata concepita come una vera e propria esca appare quella più verosimile.


Le fonti


La recente discovery della documentazione e dei materiali provenienti dal processo Moussaoui, dall'indagine PENTTBOM dell'FBI, dai lavori della Commissione di Inchiesta consente oggi di affrontare il tema delle zone grigie in modo più completo e pertinente, perché conosciamo molti dettagli prima del tutto ignoti.

Tuttavia il materiale disponibile è così copioso che difficilmente potremo esaminarlo e analizzarlo nella sua interezza: l'aiuto dei lettori è certamente prezioso e ogni segnalazione utile a integrare o correggere quanto esposto sarà graditissima.

Per questo articolo abbiamo consultato:

– l'intervista rilasciata alla CNN da Michael Touhey, l'addetto aeroportuale che effettuò il check-in di Atta e Al-Omari a Portland;

– il documento Chronology of events for hijackers, reperto n. OG00020.2 / 01-455A, tratto dai documenti del processo Moussaoui;

– il rapporto Colgan 302, File 280350 FD302, tratto dagli atti investigativi dell'indagine PENTTBOM condotta dall'FBI;

– Il memorandum for record MFR04020016 tratto dagli atti della Commissione 9/11;

– Il documento dell'FBI Working Draft Chronology;

– gli atti redatti dall'FBI per il sequestro della Nissan Altima e dei bagagli di Atta e Al-Omari;

– il 9/11 Report, in particolare alle pagg. 451 e 533.

Sono state scartate invece le segnalazioni di fonte giornalistica che indicavano la presenza di Mohammed Atta, la mattina del 10 settembre 2001, a New York. Si è accertato infatti che quelle segnalazioni erano riferite a un omonimo del dirottatore.

2009/09/24

Sondaggio: complottismo USA in declino

di Paolo Attivissimo

LIHOP quasi dimezzato fra gli americani. Secondo un sondaggio pubblicato da Public Policy Polling e condotto su un campione di 621 elettori statunitensi fra il 18 e il 21 settembre 2009, il 14% degli americani crede che Bush abbia lasciato accadere gli attentati dell'11 settembre perché voleva un coinvolgimento bellico statunitense in Medio Oriente (teoria del "lasciar accadere intenzionalmente" o LIHOP, Let It Happen On Purpose). Un sondaggio della Zogby del 2007 indicava invece che il 26,4% degli americani riteneva valida questa teoria.

Alla domanda "Lei ritiene che il Presidente Bush abbia intenzionalmente permesso che avvenissero gli attacchi dell'11/9 perché voleva che gli Stati Uniti andassero in guerra in Medio Oriente?", il 78% degli intervistati ha oggi risposto "No" e l'8% ha risposto "Non sono sicuro". Il margine d'errore indicato è il +/-3,9%.

Si noti che la teoria LIHOP è la più "soft": non ipotizza demolizioni controllate effettuate di nascosto, aerei fantasma al Pentagono o in Pennsylvania, o gli altri scenari fantascientifici cari alla produzione cospirazionista. Ipotizza semplicemente che Bush sapesse degli attentati in preparazione da parte di Osama bin Laden e i diciannove terroristi e abbia ordinato di chiudere un occhio affinché gli attentati andassero a segno, in modo da avere un ritorno politico e avere carta bianca in Medio Oriente.

Essendo una teoria "soft", basata esclusivamente sulla sfiducia verso il governo, è quella più facilmente condivisibile, tanto che il sondaggio Zogby indicava che nel 2007 solo il 4,5% degli americani aderiva agli scenari di demolizione controllata, ologrammi, missili al Pentagono e altre diavolerie. Eppure questa teoria ha perso quasi metà dei propri sostenitori.

Il nuovo sondaggio permette anche di conoscere altri dati. Credono ad un "lasciar fare" di Bush:
  • per fasce d'età, il 18% delle persone fra 18 e 29 anni, il 14% delle persone fra 30 e 45 anni, il 14% delle persone fra 46 e 65 anni e il 13% di quelle oltre i 65 anni.
  • per etnia, l'8% degli ispanici, il 12% dei bianchi, il 34% degli afroamericani e il 14% delle altre etnie.
  • per sesso, il 14% delle donne e il 15% degli uomini.
  • per affiliazione politica, il 25% dei democratici, il 6% dei repubblicani e il 9% degli indipendenti o affiliati ad altri partiti.
  • per scelta elettorale, il 2% degli elettori di McCain, il 27% degli elettori di Obama e il 9% degli elettori di altri candidati o di coloro che non ricordano la propria preferenza.
  • per ideologia, il 27% dei liberali, il 12% dei moderati e il 10% dei conservatori.

Sulla base di questi dati, sembra ragionevole dire che il cospirazionismo è in netto declino e che il vasto sostegno popolare vantato frequentemente dai guru del "movimento per la verità" esiste soltanto nei loro sogni malati.

2009/09/19

Mazzucco e Chiesa: il solito brodo insipido

di John - www.Crono911.org

I recenti "interventi" di Massimo Mazzucco e Giulietto Chiesa sulla questione "9/11" ripropongono un problema ormai annoso: l'inconsistenza di questi personaggi sia come "ricercatori", sia come interlocutori.

Parto da Mazzucco.

L'ex regista, oggi gestore del blog/forum Luogocomune, dopo aver "sfidato" Piero Angela autodefinendosi "uno dei maggiori esperti in Italia fra chi critica la versione ufficiale dell’undici settembre" ha offerto a Paolo Attivissimo uno spazio in un non meglio precisato video complottista.

Entrambe le iniziative sono cadute nel vuoto, com'è logico aspettarsi (anche per i motivi che dirò più avanti). A quel punto Mazzucco ha pubblicato sul suo sito una lista di domande (dodici, dice) con tanto di video, pretendendo altrettante risposte da Paolo Attivissimo.

E il buon Paolo gli ha risposto. Ha replicato a Mazzucco, beninteso, spiegando le ragioni per cui quelle domande non meritavano riscontro.

L'articolo di Paolo è del 16 settembre. Eppure, il 18 settembre Mazzucco – a chi gli chiedeva se era giunta risposta da Attivissimo – ha risposto:

"No. Se lo facesse, pubblicherei immediatamente la sua risposta".


E al momento in cui scrivo queste righe, ancora Mazzucco non ha pubblicato la risposta di Paolo, lasciando intendere ai propri iscritti che il "nemico" tace.

Nel frattempo però, sul mio forum ho messo giù un commento ironico sulle domande di Mazzucco, evidenziando quanto esse siano inutili, fuorvianti e basate su premesse false e illogiche.

Mazzucco che ha fatto? Si è inventato dodici risposte, le ha attribuite a me dicendo che sono la mia risposta alle sue domande e che le avrei scritte usando un imprecisato nick di copertura, ha pubblicato il tutto e ha persino affermato (mentendo spudoratamente) di aver avuto una corrispondenza con il sottoscritto!

Scorrettezza e menzogna, e poi Mazzucco si meraviglia che nessuno gli dia corda.

Ma in questa vicenda saltano fuori due affermazioni di Mazzucco che la dicono lunga su quanto egli sia "uno dei massimi esperti" complottisti.

Nella sua "controrisposta" alla domanda "9B", infatti, parla di "3 anelli di cemento armato" che sarebbero stati "perforati" dal volo American 77, al Pentagono. Dopo otto anni, Mazzucco ancora ignora che il Pentagono, ai piani in cui fu colpito dal velivolo, non è composto da tre anelli. Il Pentagono, infatti, forma anelli separati soltanto ai piani superiori: al piano terra e al primo piano, ossia i livelli colpiti, i tre anelli esterni sono in realtà un volume unico.

Dal Pentagon Building Performance Report della American Society of Civil Engineers (2002).

Ormai lo sanno tutti i complottisti che abbiano fatto un minimo di studio sulla materia, ma Mazzucco lo ignora.

Poi, tra i commenti nel suo blog, quando l'utente Ashoka parla del passaporto di uno dei dirottatori rinvenuto in strada dopo l'impatto del volo American 11 contro la North Tower di New York – circostanza anche questa nota da otto anni e al centro di innumerevoli diatribe tra complottisti e debunker, citata praticamente in tutti i testi e i servizi che parlano di 11 settembre compresi numerosi documenti – Mazzucco è sorpreso dalla "notizia":

"ASHOKA quel passaporto mi mancava. Se poi è stato ritrovato prima del crollo, significa che è "volato via" al momento dell'impatto. Forse Al Suqami lo teneva in mano, con la mano fuori dal finestrino (pensava di essere al valico di Chiasso, in macchina, e non in aereo a New York).
Mi metteresti il link alla notizia, se ce l'hai sottomano?
Grazie."


E questo signore sarebbe uno dei "massimi esperti" di critiche alla "versione ufficiale" dell'11 settembre? Suvvia...

Ma non è da meno Giulietto Chiesa.

In un suo lungo post pubblicato su Megachip e datato 16 settembre 2009, Chiesa parte dalla rivelazione di "dati nuovi che sono emersi dopo il lavoro della Commissione".

E quali sono i "dati nuovi"? Tre libri. Uno è del 2002, l'altro del 2006. Sarebbero "dati nuovi".

Il terzo è del 2008, ed è il libro Commission scritto dal giornalista Philip Shenon, che mette in luce alcune presunte omissioni e distorsioni nell'ambito della Commissione d'inchiesta sui fatti dell'11 settembre.

L'apprezzabile lavoro di Shenon, però, è di discutibile utilità: le sue fonti, come lo stesso autore ammette, sono in gran parte coperte dall'anonimato per cui non è possibile verificarne le affermazioni.

Soprattutto, Shenon non contesta affatto ciò che è accaduto l'11 settembre 2001 (come invece Giulietto vorrebbe lasciar intendere) ma contesta che la Commissione avrebbe taciuto sul coinvolgimento dell'Arabia Saudita.

Ma se è per questo, altri autori prima ancora di Shenon avevano già focalizzato la questione delle responsabilità saudite (Coll, Wright, Lance) e loro hanno fatto anche nomi e cognomi.

Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, e la recentissima discovery di tutto il materiale della Commissione 9/11 – comprese le mail scritte dai componenti dello staff – consente a chiunque di verificare fino a che punto certi sospetti sull'Arabia Saudita siano giustificati o meno.

Chiesa supera poi del tutto il limite del ridicolo quando "scopre" che Khalid Sheikh Mohammed ha reso una confessione sotto tortura... e finge di ignorare che l'uomo aveva già confessato le proprie responsabilità - quand'era ancora libero e felice - al giornalista arabo Yosri Fouda; o quando afferma che la Commissione 9/11 servì per indurre gli Stati Uniti a invadere l'Iraq*, scordandosi che l'Iraq fu invaso un anno prima della pubblicazione del Rapporto; o quando "rivela" che quasi tutte le telefonate fatte dai voli dirottati sono false perché l'FBI ha scoperto che solo due di esse risultano partite dai telefoni cellulari... certo, infatti tutte le altre sono partite dai telefoni di bordo, come attestato dall'FBI e come noi diciamo da anni: sono i complottisti a sostenere che sono partite dai telefoni cellulari, mica noi.

Questa è quindi la profonda ignoranza dei complottisti "esperti" di casa nostra, che poi pretendono di vendere libri e film e di essere trattati da seri ricercatori.

Più che mai questi episodi dimostrano che il livello dei complottisti è quello dei banali venditori di fumo e paccottiglie, ed è per questo che ad essi non può riconoscersi la dignità di seri interlocutori.

*Nota: riferito al passaggio in cui Chiesa, interpretando a modo suo Shenon, sostiene che il governo «si servì della Commissione per promuovere la guerra contro l’Iraq».

2009/09/18

Mentre l'Italia piange i propri caduti, Giulietto Chiesa gigioneggia di complotti

di Paolo Attivissimo

Un'altra testimonianza dello scollamento dalla realtà che caratterizza il cospirazionismo è arrivato stamattina da Giulietto Chiesa su Radio 24. In una trasmissione dedicata alle riflessioni sulla morte di sei soldati italiani in un attentato in Afghanistan, Chiesa non ha trovato di meglio che riproporre le sue teorie di autoattentato dell'11 settembre, il tormentone vecchio di bin Laden non ricercato dall'FBI per l'11/9 e quello nuovo del libro di Philip Shenon che (secondo lui) dimostrerebbe che la Commissione 11/9 fu una farsa.

Il conduttore e gli ospiti (il giornalista Fausto Biloslavo e il generale Mini) si sono trattenuti a stento. Biloslavo ha detto esplicitamente che a lui pare che Giulietto Chiesa "vaneggi". Per chi volesse, la registrazione è negli archivi di Radio 24 qui. L'intervento di Chiesa inizia intorno al trentacinquesimo minuto della trasmissione.

2009/09/16

La verità in saldo

di Paolo Attivissimo

E' stagione di saldi per il complottismo. Quella che vedete qui accanto è la pubblicità inviata oggi via mail dal Mean More Store (Meanmore.com) statunitense.

La verità oggi costa il 20% in meno. Ma soltanto fino al 18 settembre. E se acquistate tre versioni alternative della verità ve ne danno una gratis in più. Perché accontentarsi di una sola, noiosa versione ufficiale, quando se ne possono avere tante?

Affrettatevi.

Domande stantie in cerca d'attenzione [UPD 2011/10/23]

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Alcuni complottisti più o meno noti mi hanno chiesto un confronto con le loro affermazioni e osservazioni. Qualcuno di recente ha anche preparato l'ennesima lista di domande "irrisolte", sfidandomi rumorosamente a rispondere. Magno cum fragore mons partorievit ridiculum mus.

Perché dovrei rispondere io? Le risposte sono già state date da anni, e dagli esperti più qualificati, ma i fanatici del complotto non le hanno ascoltate. Non c'è motivo di credere che stavolta andrebbe diversamente.

Le risposte, esaurienti, precise e ben documentate, sono nei rapporti e nei resoconti dei fatti accertati e attestati dai tecnici, dai testimoni, dagli investigatori, dai giudici, dai periti, dai colleghi giornalisti e persino dai rei confessi dell'11 settembre.

Rapporti e resoconti che evidentemente i cospirazionisti non si sono degnati di studiare, dichiarandoli falsi senza nemmeno conoscerli. Se li avessero studiati, saprebbero non solo le semplici risposte alle loro sempiterne domande, ma saprebbero anche che non esiste il concetto di "versione ufficiale" al quale loro si abbarbicano ostinatamente ormai da otto anni.

Infatti potremmo tranquillamente cancellare il rapporto della Commissione 11/9, al quale tanti cospirazionisti sembrano essere rimasti fermi: la storia dell'11 settembre resterebbe perfettamente coerente e comprovata da testimonianze, sentenze, video, inchieste giornalistiche, documenti e reperti. Potremmo anche buttar via i rapporti della FEMA e del NIST: resterebbero comunque i numerosi studi tecnici indipendenti, regolarmente sottoposti a peer review e pubblicati nelle riviste specialistiche anche da esperti italiani.

Diciamola tutta: sostenere che i rapporti tecnici del NIST e della FEMA sono falsi significa accusare di falso anche gli esperti italiani. Che i complottisti vadano a discutere con questi esperti, invece di accanirsi contro un semplice divulgatore come me. Ma non osano farlo, perché quando ci hanno provato ne sono usciti con le ossa rotte: si veda per esempio la loro intervista all'esperto di esplosivistica Danilo Coppe, che ha smentito categoricamente ogni teoria di demolizione controllata delle Torri Gemelle.

Quello che mi colpisce è che dopo otto anni, i cospirazionisti si siano ridotti ad elemosinare il confronto con un debunker, anziché decidersi finalmente ad affrontare i diretti attestatori tecnici dei fatti dell'11 settembre. Perché un debunker non attesta nulla: si limita a utilizzare il materiale attestato dagli esperti, per opporlo alle fandonie cospirazioniste, e lo presenta in forma divulgativa. Un debunker non dà fuoco a una struttura in acciaio per vedere se si ammorbidisce e cede in caso d'incendio: si consulta con i vigili del fuoco, che sanno bene come si comportano queste strutture, e riporta quello che i vigili del fuoco attestano. Tutto qui.

Se i complottisti volessero davvero risposte, andrebbero a chiederle a questi tecnici.

Se volessero davvero la verità, non ci espellerebbero dai loro forum.

Se volessero presentarsi come interlocutori seri, smetterebbero di tagliuzzare le dichiarazioni dei testimoni oculari e di truccare i video accelerandoli.

Se volessero davvero un dialogo civile, non tollererebbero di ospitare commenti come "personalmente ad Attivisismo potrei arrivare a pagargli al massimo l'iniezione letale che meriterebbe" o "la colpa è degli Attivissimo, degli Angela, dei Vespa (oltre che dei soliti noti) ... e la gente che ci ha portato a questa situazione non merita di vivere".

È evidente, quindi, che i sostenitori delle cosiddette "teorie alternative" che aspirano a confrontarsi con i debunker non hanno nessun interesse ad avere risposte. Le loro domande sono soltanto un pretesto: sono soltanto una patetica ricerca d'attenzione, visto che il complottismo undicisettembrino ormai giace morente, sostituito da teorie ancora più becere come la cura del cancro con il bicarbonato o la fine del mondo nel 2012. Vogliono fare un po' di chiasso, che serva a piazzare qualche libro o DVD rimasto invenduto o a mettersi in mostra con i propri seguaci, troppo infatuati per capire l'assurdità autolesionista dell'iniziativa.

Personalmente non intendo prestare il fianco a zuffe di questo genere, che sono un insulto ai morti dell'11 settembre e di tutte le tragedie che ne sono scaturite. Se e quando i complottisti dimostreranno di conoscere e saper citare correttamente tutto il materiale che costituisce quella che loro chiamano impropriamente "versione ufficiale" e sapranno porre domande che non siano viziate dall'ignoranza (colpevole o dolosa) di quel materiale quanto quelle fatte fin qui, allora ne riparleremo.

Undicisettembre resta, come sempre, a disposizione di chiunque voglia, senza ipocrisie, preconcetti e pregiudizi, conoscere meglio l'11 settembre.

Chi invece si ostina a pretendere risposte a domande dalle premesse bacate troverà ottime e dettagliate soddisfazioni qui e qui.

In quanto alle ripetute avances di Massimo Mazzucco nei miei confronti, già fattemi anche per le sue teorie di complotti lunari, vale la pena di documentare la sua ipocrisia. Mazzucco parla tanto di dialogo, ma la realtà è che dopo avermi bandito da Luogocomune con la finissima frase "hai insozzato a sufficienza le pareti di questo spazio", ha rincarato la dose escludendomi esplicitamente dalla sua magnanima "amnistia":

Restano esclusi dall’amnistia solo alcuni soggetti particolari, ovvero l’utente wewe, i debunkers professionisti (Attivissimo e soci), e quelli del Cicap espulsi durante la battaglia sui cerchi di grano.




Datemi una buona ragione, una soltanto, per la quale dovrei dialogare con un individuo del genere.


2011/10/20-23


Visto che a due anni di distanza non solo Mazzucco ma anche altri insistono ancora a chiedere una mia risposta personale a questa lista di domande (come se la mia opinione valesse qualcosa rispetto alle perizie tecniche e alle indagini giornalistiche) e continuano ad assillare Undicisettembre con questa questione come se fosse un ostacolo insormontabile, rispondo brevemente per chiudere il sospeso.


Domanda n. 1 : Perchè non è stato incriminato nessuno fra i responsabili del progetto e della costruzione delle Torri Gemelle, nè è mai stata nemmeno suggerita una responsabilità penale da parte loro?

Perché la colpa del disastro è dei terroristi che pilotavano gli aerei pieni di carburante che si sono schiantati contro le Torri, non dei progettisti degli edifici. Fra l'altro, le Torri non erano formalmente soggette al rispetto delle norme edilizie della città di New York perché erano di proprietà della Port Authority of New York and New Jersey, e questo consentì deroghe ed eccezioni importanti, sollevando i progettisti e i costruttori da eventuali responsabilità (dettagli).


Domanda n. 2 : Che cosa ha causato le pozze di acciaio e metallo fuso, piegato le colonne senza incrinarle, continuando a bruciare per settimane sottoterra?

Probabilmente le pozze di metallo furono causate dagli incendi che continuarono ad ardere sotto le macerie, come testimoniato dai vigili del fuoco di New York. Non è chiaro se si trattasse di acciaio o di altri metalli, come l'alluminio, che hanno temperature di fusione molto più basse dell'acciaio: non risultano esserci analisi metallurgiche di questo metallo fuso, ma solo descrizioni aneddotiche. La piegatura delle colonne può essere stata causata dalle enormi sollecitazioni meccaniche dovute ai crolli, coadiuvate dal fatto che le colonne nelle zone incendiate raggiunsero presumibilmente temperature tali da ammorbidirle (l'acciaio per costruzioni perde il 50% della propria resistenza già a 600°C).

L'ipotesi che questi fenomeni siano stati causati da termite o “nanotermite” non è plausibile, perché la reazione di queste sostanze sprigiona temperature altissime solo per brevi periodi, mentre gli incendi sotterranei rimasero attivi per circa tre mesi.


Domanda n. 3: Sapete spiegare come sia accaduto che le leggi della fisica, che prevedono che un corpo in caduta segua la linea di minore resistenza, siano state aggirate in ciascuno dei tre casi?

Le leggi della fisica non prevedono affatto che un corpo che cade debba sempre seguire la linea di minore resistenza. Un corpo cade nella direzione nella quale agisce la somma delle forze che lo interessano (somma vettoriale): nel caso delle Torri Gemelle, la forza di gran lunga prevalente era la gravità, quindi le Torri dovevano cadere verticalmente, come infatti è successo. La resistenza opposta dai piani sottostanti fu sostanzialmente trascurabile e comunque insufficiente a deviare lateralmente la massa che stava cadendo, perché la struttura era concepita per reggere i piani soprastanti come carico statico, non come massa in caduta. In altre parole, non fu aggirata nessuna legge della fisica.


Domanda n. 4 : Visto che quel giorno non c'era vento forte, e siccome nessuno ha sparato all'aereo in volo, come è stato possibile ritrovare dei resti dell'aereo a 14 Km. dal luogo di impatto?

Secondo i resoconti dei giornali, i resti dell'aereo trovati a queste distanze furono tutti frammenti leggeri che potevano essere stati scagliati in aria dall'urto violentissimo contro il terreno (con un'angolazione di circa 40°), sollevati dalla colonna ascendente d'aria calda prodotta dalla deflagrazione del carburante a bordo e poi portati dal vento (che soffiava a 16 km/h in direzione ovest-nord ovest). Dettagli: Flight93crash.com, CNN, BBC.

La disseminazione di frammenti leggeri a distanze notevoli dall'impatto in caso di caduta quasi verticale di aerei di linea non è un mistero: accadde, per esempio, per il Volo USAir 427, un Boeing 737, nel 1994 (Aviation Safety Network; rapporto NTSB; Flight93crash.com).


Domanda n. 5 : Visto che l'aereo sembra essere scomparso in questa buca, come è stato possibile ritrovare e identificare tramite il DNA i resti di ogni singolo passeggero? E anche il 95% dell'aereo, fra le altre cose?

L'identificazione fu possibile con le tecniche che si usano normalmente quando i corpi sono dilaniati (incidenti molto violenti, bombe fatte esplodere nella folla, e simili): l'impatto del Volo 93 dilaniò e carbonizzò in gran parte i corpi, ma per l'analisi del DNA è sufficiente anche un piccolo frammento di tessuto, anche se consumato da incendi (si veda, per esempio, Identification Of Exhumed Remains Of Fire Tragedy Victims, American Journal of Forensic Medicine and Pathology, 2005). Dalla zona d'impatto furono recuperati circa 1500 campioni di tessuti umani, anche al di fuori del cratere, per un totale di circa 300 chili (circa l'8% della massa complessiva delle 44 persone a bordo).

Il dato del 95% dell'aereo recuperato è citato per esempio da CNN qui, sulla base di dichiarazioni dell'FBI. Fu possibile perché il cratere (collassato su se stesso dopo l'impatto, seppellendo molti rottami, come accaduto anche in altri schianti aerei analoghi; per questo l'aereo “sembra essere scomparso”) fu scavato fino a una profondità di circa 15 metri (Pennsylvania Department of Environmental Protection) e perché i soccorritori setacciarono tutta l'area circostante, raccogliendo i resti umani e i rottami. Questo lavoro è documentato anche fotograficamente.


Domanda n. 6 : Se l'aereo bianco era davvero un aereo privato, perchè Popular Mechanics ha usato prove falsificate per sostentare la propria affermazione?

Popular Mechanics, nel proprio documentario citato da Mazzucco, non ha usato affatto “prove falsificate”: ha commesso un errore di montaggio. Succede: ne ha fatti anche Mazzucco nei suoi video. Ma non dipendiamo certo da un documentario di Popular Mechanics per sapere che l'aereo bianco che sorvolò l'area dell'impatto del Volo 93 era un aereo privato della VF Corporation. Questo fatto è documentato dalle perizie tecniche e dai reperti (tracciati radar, testimonianze del pilota dell'aereo bianco, eccetera): sono queste le prove che vanno esaminate, non i documentari, che sono sintesi narrative con tutti i compromessi che ogni sintesi comporta. Prendersela con un errore di un documentario, invece di studiare le fonti dirette dell'evento, significa creare un falso problema.


Domanda aggiuntiva: Lo sapevi che sul luogo di impatto sono stati trovati i seguenti oggetti: un intero e riconoscibile documento di identità di un dirottatore. Il testamento, non strappato nè bruciato, di un dirottatore. Una ricevuta con il nome di un dirottatore. Il foto-ritratto di un dirottatore. Un coltellino appartenuto ad un dirottatore. Una ricevuta della lavanderia, con il nome di un dirottatore. La bandana, non bruciata nè strappata, di un dirottatore. Il passaporto di un dirottatore, con foto e nome chiaramente visibili?

Sì, lo sapevo. Ma l'elenco non è completo: furono trovati anche gli effetti personali dei passeggeri, come gioielli, carte di credito, fotografie, documenti, portafogli, passaporti, patenti, carte d'identità: in totale sei scatole di effetti personali, come per esempio l'anello nuziale e il portafogli del passeggero Andrew Garcia o le credenziali e la spilla dello U.S. Fish and Wildlife Service di Richard Guadagno, la patente di John Talignani, la patente e la tessera Marriott Rewards dell'assistente di volo CeeCee Lyles, la scatoletta-regalo donata al comandante del volo, Jason Dahl, dal figlio (foto e dettagli).

Se la domanda è da intendere nel senso che Mazzucco è perplesso che degli oggetti fragili possano sopravvivere a un impatto così violento, questo è un fenomeno già osservato in altri incidenti aerei (per esempio l'attentato di Lockerbie o il rientro dello Shuttle Columbia).

L'elenco presentato da Mazzucco è disonesto, perché fa sembrare che furono misteriosamente trovati soltanto oggetti dei dirottatori.

Poiché la lista delle domande è lunga, le risposte alle altre domande verranno aggiunte man mano nei prossimi giorni.

2009/09/14

La differenza fra un vero pilota e un dirottatore

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Talvolta le risposte alle teorie cospirazioniste sull'11/9 finiscono per sminuire, almeno in apparenza, la preparazione dei piloti di linea. La litania è sempre la stessa: il complottista di turno si rifiuta di credere che dei dirottatori muniti di licenza di pilotaggio per aerei piccoli siano stati in grado di pilotare degli aerei di linea. Se è così facile, obietta, allora perché i piloti di linea studiano così tanto?

Il debunker gli risponde che quello che fecero i dirottatori l'11 settembre 2001 non fu pilotare: fu prendere i comandi di aerei già in volo, impostare il pilota automatico per dirigersi verso i bersagli, e cercare di schiantarsi contro due bersagli larghi 64 metri (le Torri Gemelle) e contro un edificio largo 281 metri.

Quello, appunto, non è pilotare. Questo, invece, è pilotare:



Si tratta di un Fokker 100 della Contact Air, marche D-AFKE, che ha effettuato oggi un atterraggio d'emergenza all'aeroporto di Stoccarda, con a bordo 73 passeggeri e 5 membri d'equipaggio, a causa del carrello non estratto correttamente. I nomi del comandante e del copilota non sono stati comunicati.

Ed è questa la differenza fra un pilota e un dirottatore che si siede ai comandi per qualche terribile manciata di minuti.

Fonti: FlightGlobal, Bild.de.

Aggiornamento: il video dell'atterraggio pubblicato qui inizialmente non è più disponibile per l'embedding ma è consultabile presso Bild.de.

2009/09/13

Otto anni, si volta pagina: chiudiamo i commenti, apriamo la mail

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

In occasione dell'ottavo anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, il gruppo Undicisettembre ha riflettuto sull'utilità di mantenere ancora aperto il canale di dialogo dei commenti.

Con pochissime, pregevoli eccezioni, negli ultimi mesi i commenti hanno subìto un notevole calo qualitativo: hanno ospitato principalmente insulti (che non sono stati pubblicati), deliri di complottisti irriducibili (quelli che parlano di ologrammi e di dirette TV falsificate, per esempio), polemiche sterili e domande già abbondantemente chiarite nelle FAQ.

A ciascuno di questi commenti è stato necessario dare comunque risposta, e questo si è tradotto in un investimento di tempo sottratto alla produzione di nuovi articoli e, non da ultimo, alla nostra vita personale.

E' giunto dunque, secondo il nostro parere, il momento di guardarsi indietro, considerare gli oltre 800 articoli fin qui pubblicati su Undicisettembre, i libri, le conferenze, le partecipazioni a programmi radio e televisivi, e di trovare una nuova formula di comunicazione che ci permetta di ricevere il feedback costruttivo dei lettori senza avere l'assillo dei commenti squallidi dell'ennesimo complottista che considera lo scontro verbale con i debunker come una sorta di battesimo del fuoco che donchisciottescamente lo nobilita.

I commenti sono stati quindi chiusi e congelati: quelli pubblicati finora resteranno intatti, come preziosa memoria storica, ma non ne verranno accettati di nuovi. Chi vorrà mettersi in contatto con noi per segnalare notizie, errori, aspetti da chiarire o per soddisfare dubbi non risolti dalle FAQ potrà continuare a farlo liberamente inviando una mail a undicisettembre@gmail.com.

Confidiamo che chi vuole realmente contribuire a chiarire i fatti dell'11 settembre non si farà intimidire da questa novità.

Va da sé che il canale dell'e-mail resta aperto anche ai vari leader del movimento cospirazionista che dovessero decidere finalmente di affrontare un dibattito pubblico faccia a faccia con noi o che volessero provare a rispondere alle nostre dodici domande chiave per i complottisti.

2009/09/10

11-9: facciamo il punto sulle "zone grigie"

di John - www.crono911.org

L'11 settembre 2009 segna l'ottavo anniversario del più sanguinoso attentato terroristico della Storia, che ha portato via per sempre le vite di tremila civili innocenti e di decine di migliaia di altri uomini, donne e bambini vittime delle guerre scatenate in conseguenza di quell'evento.

Lo ricordiamo, a beneficio dei tanti giovanissimi che non hanno vissuto consapevolmente quella tragedia.

Un gruppo di terroristi suicidi – organizzati e finanziati da Khalid Sheikh Mohammed, affiliato a Osama bin Laden nell'ambito della rete terroristica di matrice integralista islamica nota con il nome di al-Qaeda – entrò regolarmente negli Stati Uniti. Alcuni di loro frequentarono regolarmente le scuole di volo private di quella nazione e conseguirono regolari brevetti di abilitazione al pilotaggio.

La mattina dell'11 settembre del 2001 i terroristi salirono a bordo di quattro aerei di linea delle compagnie American e United, ne presero il controllo dopo aver soppresso l'equipaggio, e pilotarono tre di essi contro le Twin Towers a New York e contro il Pentagono a Washington, colpendoli prima che l'aviazione militare riuscisse a intercettarli.

Il quarto aereo, in rotta verso Washington, precipitò in una campagna in Pennsylvania in seguito alla ribellione dei passeggeri.

Le Twin Towers, a causa dei danni strutturali subiti e degli incendi sviluppatisi, collassarono provocando la distruzione dell'intero World Trade Center.

Questi eventi si svolsero sotto gli occhi di migliaia di testimoni: l'impatto del volo United 175 contro la South Tower e il crollo dei due grattacieli furono ripresi in diretta dalle telecamere di numerosi network d'informazione.

Nei giorni seguenti si resero disponibili alcuni filmati girati da operatori privati che avevano ripreso l'impatto del primo aereo, American 11, contro la North Tower e un po' di tempo dopo il Pentagono rilasciò le immagini dell'impatto del volo American 77, riprese da un paio di telecamere di sicurezza.

Da tutti gli aerei dirottati, passeggeri e assistenti di volo riuscirono a mettersi in contatto telefonico con parenti, conoscenti, addetti ai servizi di terra: grazie a queste telefonate abbiamo un'idea abbastanza chiara di quanto accadde su quei voli.

Nei mesi successivi gli Stati Uniti avviarono una campagna di guerra globale contro il terrorismo, attaccarono l'Afghanistan e distrussero le basi logistiche che al-Qaeda vi aveva impiantato, invasero l'Iraq e spazzarono via il regime di Saddam Hussein, sospettato di aiutare il terrorismo internazionale e di sviluppare armi di distruzione di massa, catturarono centinaia di presunti affiliati ad al-Qaeda e li reclusero nella base militare di Guantanamo, dove è stato allestito un tribunale militare per processarli.

Ecco, questi in sintesi sono i fatti, così come sono conosciuti dalla stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

Infatti, di fronte a un avvenimento così ampiamente documentato da testimonianze e servizi televisivi, la gente comune non si sofferma negli approfondimenti e non segue più di tanto le inchieste e le indagini che cercano di far luce sui dettagli e i particolari della lunga sequenza di eventi che ha portato alla tragedia finale.

Per esempio, quasi tutti ricordano la strage di Nassiriya, che costò la vita a molti militari italiani, ma ben pochi conoscono i retroscena di quella strage e in tanti non sanno che perirono anche 9 iracheni e che tra i 19 italiani c'erano anche due civili, tra cui il regista di una troupe televisiva che era lì per girare un servizio.

Ecco allora che sfruttando la sommarietà delle informazioni conosciute dalla gente comune, è piuttosto facile insinuare dubbi e proporre teorie alternative: potremmo insinuare che il vero obiettivo della strage era il regista, che nessuno ha mai scoperto i mandanti, che nessun responsabile ha pagato... sarebbero tutte falsità che apparirebbero verosimili.

Questa è appunto la tecnica dei complottisti, troppo spesso favorita dalla semplificazione e superficialità con cui i giornalisti riportano le notizie, dalla ritrosia delle autorità a rendere pubblico tutto il materiale documentale acquisito nel corso delle indagini, dall'imprecisione delle testimonianze oculari e dalla difficoltà di comprendere questioni tecniche che richiedono competenze estremamente specifiche.

L'incompleta o inesatta conoscenza dei fatti spesso moltiplica irragionevolmente quelle che noi chiamiamo "zone grigie", ossia quei fatti e quegli aspetti poco chiari di una vicenda, generalmente presenti in eventi drammatici e complessi.

Per esempio, nelle settimane successive agli attentati era ragionevole chiedersi come fossero riusciti i passeggeri dei voli dirottati a utilizzare i propri telefonini cellulari a quote e velocità elevate, così come riportavano quasi tutti i media. C'era chi – anche tra noi "debunker" – cercava di capire se sarebbe stato fisicamente possibile effettuare quelle telefonate e non mancarono studiosi e commentatori che fecero test reali a bordo di aerei in volo.

Ebbene, quella zona grigia non esisteva: in realtà tutte le telefonate dei passeggeri furono effettuate utilizzando i telefoni di bordo appositamente progettati per funzionare in quelle condizioni, tranne una o due chiamate in cui furono sì utilizzati i telefonini personali, ma a quote e velocità compatibili e in prossimità di ripetitori a terra.

E ancora, tutti i giornali scrissero che i dirottatori erano armati di semplici taglierini, alimentando così i dubbi sulla capacità di prendere il controllo di un aereo e uccidere i piloti usando simili attrezzi. In realtà le trascrizioni e le registrazioni delle telefonate da bordo hanno poi dimostrato che su tutti gli aerei i dirottatori erano armati di coltelli e spray irritanti. Solo in un caso si parlava anche di taglierini.

Così, le dichiarazioni del ministro dei trasporti Mineta che affermava di aver sentito nel bunker della Casa Bianca una specie di conto alla rovescia sull'avvicinamento del volo American 77 prima che si schiantasse contro il Pentagono, offrirono la spalla a chi sosteneva che quel volo fosse stato lasciato passare indisturbato attraverso le maglie della difesa aerea. Invece documenti e registrazioni dimostrano che Mineta attribuì al volo 77 una sequenza che era propria del volo United 93, che i caccia erano autorizzati ad abbattere.

E che dire dei dati sugli ultimi secondi di volo estrapolati dalla "scatola nera" di American 77, del tutto incompatibili con l'orografia del terreno sorvolato in quel momento? Dopo anni di feroci dibattiti si è accertato che quei dati non coprono affatto gli ultimi secondi di volo dell'aereo, che la scatola nera non è riuscita a memorizzare, e sincronizzandoli correttamente al tempo reale corrispondono perfettamente all'orografia del terreno effettivamente sorvolato.

E per concludere, ma di esempi se ne potrebbero citare ancora decine, per anni si è sostenuto – anche sui media – che un passeggero di United 93 vide del fumo uscire dall'aereo prima dello schianto. La circostanza deponeva in favore di chi sosteneva la tesi dell'abbattimento. Ma una volta diffusa la registrazione della telefonata fatta da quel passeggero, si è scoperto che non aveva mai parlato di fumo: la circostanza era stata inventata di sana pianta.

In effetti, la discovery di atti e documenti è stata tutt'altro che rapida e prosegue ancora oggi.

Soltanto nel 2004, tre anni dopo la tragedia, è stato pubblicato il Rapporto della Commissione d'inchiesta sui fatti dell'11 settembre. E soltanto negli anni successivi sono stati pubblicati i rapporti tecnici definitivi sui collassi delle Twin Towers e tutti i documenti che erano stati mantenuti segreti prima della conclusione del processo contro Zacarias Moussaoui.

Attraverso la procedura FOIA (una normativa americana che consente a chiunque di accedere ai documenti custoditi dagli enti pubblici, a patto che la richiesta sia indirizzata esattamente all'ufficio che ha la materiale disponibilità di quei documenti e che non vi siano esigenze di segretezza), numerosi studiosi hanno poi ottenuto una gran mole di documentazione: rapporti dell'NTSB, rapporti della FAA, registrazioni delle "scatole nere", tracciati radar, perfino gran parte degli atti di indagine espletati dall'FBI.

Di recente l'intero archivio della Commissione d'Inchiesta è stato diffuso al pubblico, e si sono resi disponibili migliaia di ulteriori documenti (compresa la corrispondenza dei membri dei vari staff investigativi) che probabilmente richiederanno anni per essere accuratamente analizzati.

Anche le dichiarazioni rese da Khalid Sheikh Mohammed e altri complici catturati e trasferiti a Guantanamo sono oggi di pubblico dominio.

La copertura mediatica, l'importanza dell'evento e le norme americane che regolano la diffusione di atti e documenti di enti e agenzie pubbliche, fanno dell'11 settembre 2001 la tragedia più documentata di tutti i tempi.

A tutto ciò va poi aggiunto il lavoro – spesso sconosciuto al grande pubblico – dei reporter investigativi che ci hanno consegnato approfondimenti, testimonianze e ricerche pubblicati in numerosi e corposi volumi fitti di preziose informazioni.

Si può ancora parlare, quindi, dell'esistenza di "zone grigie"?

Se per "zone grigie" intendiamo i temi tanto cari ai complottisti, sicuramente no. Non c'è alcun aspetto, alcun elemento, alcun indizio che possa anche solo lontanamente insinuare dubbi su quanto è successo e sulla responsabilità degli attentati.

La cosiddetta "versione ufficiale" (un termine del tutto improprio, giacché i fatti dell'11 settembre sono di pubblico dominio e non sono certo una versione contenuta in qualche velina governativa) è quella corretta ed è confermata da una miriade di fonti indipendenti.

Se per "zone grigie" intendiamo invece aspetti e circostanze particolari a margine degli eventi principali, che non li mettono in discussione ma che possono servire a completare del tutto alcuni dettagli, un po' come piccolissimi tasselli mancanti ai bordi di un gigantesco puzzle ormai completamente ricostruito, allora la risposta è: sì, c'è ancora qualche zona grigia.

Per esempio, non abbiamo certezza sul ruolo che avrebbe dovuto avere Zacarias Moussaoui – l'aspirante dirottatore arrestato pochi giorni prima degli attentati mentre si addestrava in una scuola di volo americana – nell'ambito dell'operazione terroristica. Doveva sostituire il 20° dirottatore che non era riuscito a entrare negli Stati Uniti? Era un pilota di riserva? Doveva partecipare a una seconda ondata di attentati o pilotare un quinto aereo?

Certo, sul punto abbiamo le dichiarazioni (peraltro contrastanti tra loro) dello stesso Moussaoui e quelle del suo "mandante" Khalid Sheikh Mohammed, ma nessun riscontro documentale.

Non sappiamo con sicurezza se quella mattina ci fossero altri aerei su cui erano imbarcati altri dirottatori pronti a entrare in azione, che però rimasero bloccati a terra per l'interruzione di tutti i voli sullo spazio aereo americano. Alcune testimonianze potrebbero far pensare alla presenza di un quinto aereo, ma non ci sono riscontri oggettivi che consentano di confermarle o di smentirle, e le dichiarazioni dei terroristi catturati non bastano ad escludere questa possibilità.

Non conosciamo le ragioni per cui Atta e Al-Omari si spostarono da Boston a Portland il 10 settembre 2001, per poi tornare in volo da Portland a Boston la mattina seguente rischiando di perdere l'imbarco sul volo American 11, né gli esperti hanno reso note ipotesi verosimili che spieghino questo comportamento.

Non disponiamo di elementi oggettivi che ci consentano di comprendere le ragioni del comportamento di Jarrah, il pilota suicida del volo United 93. Il suo team di dirottatori entrò in azione con notevole ritardo rispetto al momento in cui l'aereo aveva raggiunto la quota di crociera, e il transponder non fu spento tempestivamente. Jarrah fece poi schiantare l'aereo in un posto desolato anziché contro un qualsiasi obiettivo civile situato nei paraggi e riaccese il transponder una manciata di secondi prima dell'impatto. Perché?

Alcuni elementi acquisiti nel corso delle indagini legittimano il sospetto che Hani Hanjour possa aver beneficiato di consigli e lezioni di pilotaggio da parte di almeno un pilota esperto di voli di linea, ma non sono mai emersi riscontri oggettivi che consentano di confermare o escludere definitivamente questa eventualità.

La sorte dei rottami appartenenti ai quattro voli e recuperati nel corso delle operazioni di rimozione delle macerie è nota ma non completamente documentata. Fonti giornalistiche hanno riferito che i rottami del volo United 93 sono stati preservati in ricordo dell'eroismo dei passeggeri, quelli degli altri velivoli sono stati restituiti alle compagnie aeree. La documentazione relativa a questi passaggi non risulta però mai divulgata.

Numerosi elementi lasciano ritenere che esista una grandissima quantità di materiale video e fotografico (principalmente in relazione alle operazioni di soccorso e recupero) che non è mai stata pubblicata. Parte di questa documentazione è custodita da enti pubblici, parte da soggetti privati intervenuti a vario titolo sui luoghi degli schianti. Non è chiaro se e quando questo materiale sarà diffuso pubblicamente, ma esso potrebbe fornire utili indicazioni (soprattutto con riferimento ad American 77) per ricostruire il comportamento strutturale dei velivoli al momento dell'impatto e per studiare la proiezione dei rottami e i suoi effetti.

Quali furono le valutazioni che portarono alla decisione di autorizzare l'abbattimento degli aerei di linea dirottati, e perché questa decisione non fu presa tempestivamente ma soltanto dopo il collasso della South Tower?

Se il volo United 93 non si fosse schiantato a causa della ribellione dei passeggeri, il velivolo avrebbe effettivamente colpito Washington D.C. (come sostiene la Commissione d'Inchiesta) o sarebbe stato abbattuto dai caccia inviati a proteggere la capitale (come sostiene l'USAF)?

Queste tematiche sono un esempio delle "zone grigie" che presentano interessanti e significativi margini di approfondimento, utili a chiarire alcuni dettagli di natura storica o tecnica.

Su questi punti intendiamo proseguire le nostre analisi e ricerche, anche con la collaborazione dei lettori seriamente interessati, attraverso una serie di articoli dedicati.

Il debunking in senso stretto, infatti, ha ormai ampiamente sepolto sotto tonnellate di fatti documentati tutte le variegate teorie complottiste e le loro innumerevoli variazioni. Non smetteremo di occuparcene, ma vorremmo mettere a frutto l'esperienza acquisita per dare un ulteriore contributo alla completa conoscenza storica e tecnica di un evento che ha cambiato le vite di tutti noi.

2009/09/08

Osama bin Laden e il messaggio del 12 novembre 2002

di John - www.crono911.org. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Di tanto in tanto rispunta – anche tra i commenti a questo blog – la teoria complottista che i messaggi di Osama bin Laden, sia video che audio, sarebbero dei falsi, confezionati dalla CIA o altri servizi segreti occidentali allo scopo di perpetuare un clima di terrore che ha avuto il suo apice negli attentati dell'11 settembre 2001.

A dire il vero la teoria contraddice altre affermazioni degli stessi complottisti, secondo cui al-Qaeda e bin Laden sarebbero stati creati e foraggiati dagli stessi servizi segreti occidentali.

Vien da chiedersi, infatti, per quale ragione la CIA dovrebbe falsificare i messaggi di bin Laden, se quest'ultimo è sul suo libro paga.

Ma lasciamo da parte la logica e vediamo qual è l'appiglio di simili teorie.

In sostanza, al centro della questione (come dimostra questo articolo del giornalista complottista Maurizio Blondet) ci sarebbe un messaggio attribuito a bin Laden e diffuso dall'emittente al Jazeera il 12 novembre 2002.

Questo messaggio sarebbe stato dichiarato "falso al 95%" da esperti dell'istituto scientifico svizzero Dalle Molle, con sede a Losanna, dopo uno studio commissionato da un'emittente televisiva francese.

Bene, per prima cosa partiamo dal messaggio "incriminato", di cui è disponibile la trascrizione sul sito della BBC.

Notiamo subito che il messaggio è solo audio, non video, e si apre con queste parole:

In the name of God, the merciful, the compassionate, from the slave of God, Osama Bin Laden, to the peoples of the countries allied with the tyrannical US Government:

Come si vede, l'annuncio attribuisce il messaggio a Osama bin Laden ("dal servitore di Allah, Osama bin Laden, ai cittadini dei paesi alleati al governo tiranno americano"), ma questo da solo non consente di affermare che il messaggio sia materialmente letto dallo sceicco e non, per esempio, da un suo portavoce.

Appena poco più avanti il messaggio afferma:

The incidents that have taken place since the raids on New York and Washington up until now – like the killing of Germans in Tunisia and the French in Karachi, the bombing of the giant French tanker in Yemen, the killing of marines in Failaka [in Kuwait] and the British and Australians in the Bali explosions, the recent operation in Moscow and some sporadic operations here and there – are only reactions and reciprocal actions.

In sostanza, dice che gli attentati avvenuti dopo i fatti di New York e Washington sono una reazione alle azioni dei paesi occidentali.

Bene, questo è l'unico riferimento ai fatti dell'11 settembre, ed è un riferimento generico e indiretto, perché finalizzato a motivare gli attentati terroristici avvenuti dopo quell'evento.

Già questa circostanza basterebbe a considerare il messaggio piuttosto "off topic" rispetto alla questione 11 settembre, ma andiamo oltre.

Esaminiamo l'archivio dell'Istituto Dalle Molle (più propriamente, Institut Dalle Molle d'Intelligence Artificielle Perceptive, Idiap.ch) alla ricerca dello studio commissionato dalla televisione francese, ma di esso non si trova alcuna traccia, a parte questo frammento reperito tramite Google e una citazione in un resoconto delle attività del 2002:

In late November, IDIAP was asked by French TV channel France 2 to analyse the latest recording of Ben Laden. Following the announcement that the recorded voice may not be that of Ben Laden, IDIAP was featured on many TV and radio stations, newpapers, online magazines, etc. The press release is available at
http://www.idiap.ch/pages/press/bin-laden-eval.pdf.


Il link citato nel resoconto, tuttavia, non è valido. L'assenza dello studio non solo non permette di verificarne i contenuti e i metodi e criteri adottati, ma nemmeno permette di stabilire se sia uno studio ufficiale dell'Istituto o una semplice consulenza fornita da alcuni dei suoi membri: niente di niente. Se i lettori dispongono dello studio completo o sanno dove reperirlo, saremo ben lieti di acquisirlo ed esaminarlo.

Dobbiamo quindi affidarci a notizie di fonte giornalistica, con tutte le incertezze e le imprecisioni che ne derivano: del resto, pare proprio che anche i complottisti si siano affidati solo a questo genere di fonti.

Leggiamo quindi un altro articolo della BBC, che spiega:

Researchers in Switzerland have questioned the authenticity of the recent audio recording attributed to Osama Bin Laden. A team from the Lausanne-based Dalle Molle Institute for Perceptual Artificial Intelligence, Idiap, said it was 95% certain the tape does not feature the voice of the al-Qaeda leader.

US intelligence officials have said they believe the recording – broadcast on the Arabic al-Jazeera television channel earlier this month – was almost certainly that of Osama Bin Laden. If verified, it would provide the first evidence in a year that Bin Laden survived the American-led bombing campaign in Afghanistan.

Prudence

The review of the tape was commissioned by France-2 television and its findings were presented by the institute's director, Professor Herve Bourlard. Mr Bourlard said the institute had compared the voice on the tape with some 20 earlier recordings allegedly made by Bin Laden.

"It could be an impostor," said one of Mr Bourlard's colleagues at Idiap, Samy Bengio, quoted by the French news agency AFP.

He said the system they had used was difficult to tamper with – the al-Jazeera tape was sufficiently different from other Bin Laden recordings as to raise doubts.

Dunque l'analisi avrebbe comparato il messaggio con altri 20 messaggi precedenti di bin Laden.

A questo punto, però, ammesso che il messaggio sia un falso, si deve però anche concludere che i precedenti 20 sono autentici!

Ma non è tutto. I giornalisti di AFP hanno citato un'affermazione di Samy Bengio, esperto del Dalle Molle: "Potrebbe essere un impostore".

L'affermazione sembra confermare i risultati presentati dal Dalle Molle, ma da altre fonti giornalistiche apprendiamo che Bengio, nella sua intervista, dice anche:

In order to have an irrefutable conclusion, you would need around 100 recordings of Bin Laden. They only had 20, and of poor quality.


Ossia:

Per averne la certezza, servirebbero circa 100 registrazioni di bin Laden. Loro ne avevano solo 20 e di cattiva qualità.

Quindi Bengio ha in realtà sottolineato l'incertezza delle conclusioni dei suoi colleghi, evidenziando che l'analisi si è basata su un campione insufficiente, sia per quantità che per qualità, di registrazioni.

Forse è questa la ragione per cui l'istituto svizzero si è rifiutato di fare altre analisi del genere e non ha pubblicato quello studio, di fatto sottraendolo a quel processo di verifica della comunità tecnica e scientifica che costituisce presupposto essenziale per la validità di qualsiasi ricerca.

Quindi, anche volendo mettere da parte la logica e la circostanza che questo fantomatico studio non si trova, le conclusioni diffuse dai media appaiono una semplice boutade contestata dagli stessi esperti del Dalle Molle.

Ma non finisce qui.

Da un servizio di Rai News24 apprendiamo che nella circostanza Yeslam bin Laden, uno dei fratelli di Osama bin Laden, ha dichiarato:

Riconosco quella voce. E' mio fratello Osama.... Non ne sono sicuro al cento per cento ma direi di sì, direi che i messaggi trasmessi nei mesi scorsi sono autentici. Quella sembra proprio la voce di mio fratello Osama.

Vero anche che Yeslam ha aggiunto di non vedere Osama dal 1981, ma la sua affermazione è in ogni caso un ulteriore affondo contro la tesi che i messaggi dello sceicco siano dei falsi.

Tra l'altro, le parole di Yeslam fanno riflettere sul fatto che Osama ha oltre 50 tra fratelli e sorelle, che non sono mica pochi, e nessuno di essi – per quanto ci risulta – ha mai smentito un video o un messaggio audio attribuito con certezza al capo di al-Qaeda.

Qualcosa vorrà pur dire...

L'intera vicenda, come abbiamo detto, ha ben a poco a che vedere con i fatti dell'11 settembre e con la responsabilità di Osama bin Laden, non dimostra nulla di significativo (il messaggio è solo audio e potrebbe essere stato letto da un portavoce) e non dimostra nemmeno che quel messaggio è un falso e che chi lo ha letto è persona diversa da bin Laden.

Tuttavia essa è utile per riflettere sull'opportunità che le notizie di fonte giornalistica siano sempre verificate e contestualizzate da elementi oggettivi, prima di trarne conclusioni assolute e affrettate.

In mancanza di elementi oggettivi è bene integrare le informazioni giornalistiche con più fonti e separare la cronaca nuda e pura (diretta cognizione del reporter) dalle opinioni, valutazioni, ipotesi, conclusioni, illazioni e dicerie con le quali molto spesso i mass-media condiscono i fatti di cui riferiscono.

Infatti nella vicenda appena esaminata potremmo dire che i fatti senz'altro veri sono che un'emittente televisiva ha commissionato uno studio su un audiomessaggio attribuito a Osama bin Laden e che quello studio ha messo in dubbio che lo "speaker" di quel messaggio sia effettivamente Osama bin Laden.

Ma è altrettanto vero che la validità di quello studio è dubbia anch'essa, che lo studio stesso non è disponibile, e che esistono altre indicazioni secondo cui quell'audiomessaggio è autentico.

E questi dati di fatto sono ben diversi da quanto affermato dai complottisti.

2009/09/07

Oltre il rogo non vive ira nemica

Con grande dispiacere ho appreso
la notizia della scomparsa in mare di

. Franco Caddeo
 (l'utente Frankad di Luogocomune)
Nonostante la profonda diversità di vedute
 e gli scontri su LuCom che ci videro contrapposti,
 mi unisco sinceramente alla tristezza della
 community di LuCom per l'improvvisa
 scomparsa di Frankad.

Mi sento vicino, con gli amici del Gruppo Undicisettembre,
alla sua famiglia in questo momento di dolore
per la tragedia che l'ha colpita.

Henry62

2009/09/06

Sopralluogo all'area del Pentagono: prima parte

Nota: L'articolo risale a circa un anno fa e descrive la situazione di quel momento, quando il Pentagon Memorial non era ancora stato completato e aperto al pubblico. Viene presentato solo ora perché la produzione continua di nuove asserzioni cospirazioniste nei mesi scorsi, combinata con lo scarso tempo libero degli autori di Undicisettembre, ha purtroppo imposto slittamenti a ripetizione. Ce ne scusiamo con Mattia. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.


La "collina Fo": finzione o realtà? – di Mattia Butta



Una delle tante teorie complottiste in merito all'attentato al Pentagono riguarda la “Collina Fo”. La tesi è spiegata da Dario Fo nel video Zero:

0:41:26. DARIO FO: Assurdo per assurdo, c'è anche l'altezza a cui volava questo aereo. Ha... continuato a ridisegnare le varianti del terreno a... sei metri dal suolo per un chilometro, scavalcando una collina, poi c'era un raccordo stradale, e poi è arrivato finalmente di fronte, senza fare altre virate, perché oramai c'era... non aveva più spazio.


Fo dice che la traiettoria ufficiale dell'aereo schiantatosi sul Pentagono è “assurda”, e per motivarla cita una fantomatica collina che l'aereo avrebbe dovuto scavalcare per arrivare a bersaglio. Ma esiste davvero questa collina?

Da anni ci siamo abituati ad usare la mappe satellitari di Google per acquisire in pochi istanti dettagli geografici delle più sperdute aree del pianeta. Ma con un limite: abbiamo le viste dall'alto, non abbiamo informazioni sull'altimetria. In questo caso una visita sul luogo è fondamentale per capire come stanno le cose.

Nell'agosto del 2008 mi sono trovato di passaggio da Washington, DC, e Paolo Attivissimo mi ha chiesto di indagare sull'esistenza o meno della Collina Fo. In questo articolo presento i risultati della mia indagine.


Arrivo a destinazione


Alle 17 sono arrivato alla stazione della metropolitana “Pentagon”. Sono uscito con un po' di trepidazione: finalmente avrei visto di persona tutti i dettagli che volevo di un luogo visto attraverso poche fotografie, spesso sgranate, in tutti questi anni. C'è o no la Collina Fo?

All'uscita della stazione della metro c'erano due poliziotti bonaccioni che hanno accolto i viaggiatori con un eloquente cartello “NO PHOTO”. Lo sapevo, me l'avevano detto, è vietato fare foto al Pentagono.

Mi è bastato girare il primo angolo dell'edificio per avere conferma di quello che già stavo capendo: non ero in un film. Se pensate al Pentagono come a un posto blindato militarmente, avete sbagliato alla grande. Alle 17 la gente stava uscendo dall'edificio come se uscisse da un normale ufficio dopo la giornata di lavoro. Qualcuno con la divisa invece che con abiti civili, ma era l'unica differenza.

Per il resto l'atmosfera era assolutamente rilassata. C'erano addirittura diversi podisti che facevano jogging passando davanti al Pentagono. Ho passeggiato sul marciapiede dell'edificio e sono salito fin sopra una scala che dà poi accesso al Pentagono. Nessuno mi ha detto niente, nessuno mi ha guardato male. Ero solo uno dei tantissimi civili che passavano nei paraggi.

Non c'era traccia di guardie armate; se volete un paragone, andate a Piazza Montecitorio a Roma e sostate qualche minuto facendo finta di niente: un agente della Digos (sempre presente) inizierà ad osservarvi. Al Pentagono, invece, niente di tutto ciò.

Ma veniamo al succo della missione. Anche se l'atmosfera era rilassata, non avevo voglia di rischiare problemi con i militari USA. Quindi diligentemente ho rimesso (per il momento) la macchinetta fotografica nello zaino.

Mi sono guardato attorno e ho cercato di capire da che direzione era arrivato l'aereo. Mi ero stampato questa cartina per orientarmi:



Dopo poco tempo sono riuscito a individuare il lato oggetto di attacco. Guardando in direzione del “quadrifoglio” autostradale ho notato che effettivamente una collina c'era. Chiamarla collina forse sembrava un po' eccessivo, soprattutto al sottoscritto nato ai piedi del Resegone.

Sarebbe stato bello farle una fotografia, ma ero vicino al Pentagono e non volevo rischiare. Ma potevo fare l'opposto: salire sulla collina.

L'idea di base era mappare il territorio misurandone l'altezza in punti dove l'aereo era passato, o comunque il più possibile vicino, evitando di entrare in luoghi vietati. Per farlo ho portato con me il mio Garmin Forerunner 305, un orologio con ricevitore GPS, che consente di memorizzare latitudine, longitudine e altitudine del percorso effettuato. Ho quindi acceso il GPS e ho cominciato a camminare, prima lungo il parcheggio, poi salendo, e infine ridiscendendo la collina. Il GPS ha diligentemente registrato tutto il percorso [i dettagli metodologici sono nella versione estesa di questo articolo, NdR].

Una fotografia composita panoramica scattata ai piedi della "collina Fo". A sinistra, la facciata del Pentagono colpita l'11 settembre 2001; a destra, il Navy Annex. La traiettoria dell'aereo è da destra verso sinistra. L'immagine è cliccabile per ingrandirla. Credit: Mattia Butta.


I calcoli


Una volta arrivato a casa, ho scaricato i dati memorizzati dal GPS sul PC ed ho iniziato ad analizzarli. Il programma fornito dalla Garmin mi ha consentito immediatamente di visualizzare il percorso che avevo fatto. Tramite Google Earth ho poi verificato che il percorso corrispondeva alle strade che avevo percorso.

Nell'immagine qui sotto vedete il percorso che ho fatto (in rosso) e la traiettoria del velivolo (in verde), dedotta dalla cartina mostrata prima.



Al culmine della collina, vicino al parcheggio del Navy Annex [l'edificio a forma di pettine, a sinistra nella foto, NdR], ho lambito la traiettoria dell'aereo.

Sfortunatamente il programma della Garmin non mi consente di visualizzare l'altitudine in modo da capire la pendenza della collina. Ho quindi esportato i dati in un file di testo in modo da acquisirli con un programma di calcolo numerico.

Il GPS mi ha restituito tre dati per ogni punto memorizzato: latitudine, longitudine e altitudine. Dovendo disegnare grafici corrispondenti alla geografia del suolo, ho dovuto convertire latitudine e longitudine in metri [i dettagli metodologici sono nella versione estesa di questo articolo, NdR].

Posso quindi disegnare in tre dimensioni la mappatura del percorso fatto salendo la collina. Per meglio capire la geografia del luogo, ho disegnato anche il Pentagono. Per semplicità ho disegnato soltanto il contorno dell'edificio, cioè il perimetro più esterno. Le coordinate sono state prese da Google Earth e l'altezza è tratta da questo articolo: siccome l'altezza non è costante, ho considerato l'altezza massima, in modo da disegnare l'inviluppo dell'edificio.

Dalla cartina illustrata in precedenza ho ricavato la traiettoria dell'aereo nelle coordinate x e y. Per l'altitudine ho disegnato una retta subito sopra il pendio. Ho plottato tutto insieme: percorso sulla Collina Fo (rosso), Pentagono (viola) e traiettoria (verde).

Il primo risultato è stato un po' sorprendente. Ecco alcune immagini del modello 3D:







Da questa vista laterale sembrerebbe impossibile per un aereo andare a planare contro la facciata del Pentagono. Ma attenzione, c'è il trucco: ho riportato appositamente queste prime immagini che ho ottenuto, per farvi vedere come sia facile manipolare i dati e far sembrare reale una cosa che non è.

In realtà potete osservare che mentre gli assi x e y (ossia il terreno) sono nella medesima scala, l'asse z (altitudine) è fortemente amplificato. Lo fa automaticamente il programma di calcolo, per mostrare tutti i dettagli, ma per noi è fuorviante. Noterete che gli assi x e y si estendono per 1,2 km, mentre l'asse z copre solo 45 m. Infatti chi ha l'occhio attento avrà notato che l'altezza del Pentagono è sproporzionata: in realtà il Pentagono è un edificio molto più “schiacciato” che non in queste immagini.

Disegniamo allora il modello 3D con le scale corrette; ecco come diventa.



Effettivamente ora il Pentagono assume una forma più familiare. Ecco allora la vista di lato:



Bene, questi sono i dati che ho raccolto, e i semplici calcoli che ho fatto per poter mostrare in 3D la famosa "collina". Un possibile miglioramento di questo modello 3D potrebbe consistere nell'inclusione di altri elementi che si sviluppano in altezza, come la sopraelevata, derivandone l'altitudine da fotografie. Tenete presente, però, che tale sopraelevata non supera il punto più alto della collina dove sono arrivato.

Ad ogni modo, lo scopo della missione è stato raggiunto. Ho identificato il pendio sopra il quale l'aereo è volato e ne ho misurato l'altitudine (avvicinandomi molto ad alcuni punti della traiettoria). Il risultato è un dislivello massimo (rispetto al parcheggio del Pentagono) di circa 35 metri al livello del Navy Annex.


Commento


Ovviamente ci si aspetterebbe un commento a questi dati, del tipo: questo aereo poteva arrivare al Pentagono con quella inclinazione oppure no?

Io mi limito a fornire le misure: non essendo un pilota, non ho la competenza per dire se tale manovra è fattibile o “assurda”, come asserisce Fo. Seguirà quindi il commento di persone competenti in materia.

Tuttavia vi propongo i pensieri che mi sono venuti durante la ricognizione sul luogo e che possono dare qualche spunto di riflessione.

Innanzitutto stiamo sempre attenti alle foto: spesso sono molto fuorvianti e fanno dire quello che vogliono. Un esempio è la grandezza del Pentagono: è vero, abbiamo i numeri, le larghezze, le lunghezze, ma nelle foto sembra sempre più piccolo di quello che è, forse perché lo riprendono per intero. Guardate che il Pentagono è un edificio enorme.

Talvolta si sente dire “Ma come ha fatto a colpire proprio la facciata del Pentagono?”; dopo averlo visto di persona, questa obiezione crolla. Non essere capaci di colpire un punto qualsiasi di quell'edificio enorme è come non saper parcheggiare una Smart nel parcheggio dei pullman. Con quattro posti liberi a destra e quattro a sinistra.

Un altro pensiero che mi è venuto è questo: ma che male fa questo pendio? Quando mi sono trovato al Navy Annex e ho guardato il Pentagono mi è sembrato che il pendio, invece che essere un ostacolo, facesse quasi “da invito” all'aereo.

Un'altra riflessione è sulle dimensioni dell'aereo: riguardate le immagini del modello 3D e cercate di indovinare quanto è grande il velivolo. E' importante, perché l'angolo di inclinazione del pendio non dice molto di per sé, bisogna compararlo con l'aereo. Il Boeing 757 che si schiantò sul Pentagono era lungo 47,3 m. Ho provato a disegnare questa lunghezza (in blu) nelle immagini che già vi ho mostrato, ed ecco cosa ne è uscito:

La realtà altimetrica della "collina".


La "collina" secondo Massimo Mazzucco (Luogocomune.net).

Benché io non sia un pilota, non mi sembra che la collina sia un ostacolo insormontabile per un velivolo di queste dimensioni, e tanto meno mi sembra che l'aereo sarebbe dovuto andare “in picchiata” sull'edificio a causa della collina.

C'è anche chi suppone che l'attentatore avrebbe dovuto fare la scelta logica di andare in picchiata sull'edificio, invece che colpirne la facciata; lo afferma per esempio Massimo Mazzucco in questo video (minuto 5:10 circa). Secondo lui, la manovra eseguita sarebbe illogica.

Sarà, ma a me è venuto un pensiero: un pilota alle prime armi cosa volete che faccia? Secondo voi si mette ad improvvisare manovre spericolate per andare giù in picchiata? Secondo me prova a fare un semplice atterraggio, per il quale si è già allenato, con la facciata da colpire di fronte a sé.

Ecco, riguardando le immagini tratte dalle misure che ho fatto mi viene da pensare: ma quella linea verde non è compatibile con le manovre di un normale atterraggio?