di Hammer
Il film-inchiesta "Inganno Globale" di Massimo Mazzucco sostiene che il cratere causato dallo schianto al suolo del volo United Airlines 93 (caduto vicino a Shanksville, Pennsylvania) fosse troppo piccolo per essere causato da un Boeing 757-222. Il filmato parla di una "buca di pochi metri", eppure l'aereo aveva un'apertura alare di circa 38 metri e un'altezza di circa 13,5 metri. I dati del velivolo sono confermati dal sito www.757.org.uk, dal quale sono tratte le seguenti immagini.
Per verificare se i dati forniti da Inganno Globale sono corretti, ci siamo avvalsi dell'aiuto di Google Earth e delle foto del cratere rilasciate durante il processo a Zacharias Moussaoui. Più precisamente, abbiamo considerato la seguente immagine:
e l'abbiamo sovrapposta alla zona dell'impatto come la si vede in Google Earth.
Utilizzando l'immagine originale come modello, è stata ricreata in Google Earth la visuale della zona da altezza e angolazioni (rispetto agli assi orizzontale e verticale) quanto più prossime possibile a quelle della foto di partenza.
A partire dalla sovrapposizione delle due immagini abbiamo individuato in Google Earth i quattro vertici del cratere per poterne calcolare la distanza reciproca. Il risultato della sovrapposizione è mostrato dall'immagine seguente.
A questo punto è stato possibile avvicinarsi al punto d'impatto nell'immagine di Google Earth e valutare la dimensione del cratere.
Il nostro esperimento dà come risultato che il cratere è lungo 18 metri e largo 48, compatibilmente con le dimensioni di un Boeing 757-222 che si schianta al suolo di punta.
E' chiaro che non si può considerare questo dato come estremamente preciso, ma solo come indicazione di massima. Tuttavia il dato dimostra che i valori riportati da Inganno Globale (da cui è tratto il fotogramma a fianco) sono sicuramente errati e ingannevoli.
2006/09/30
Le chicche di Steven Jones
di mother
Con sola mia votazione, ecco la classifica delle perle di Steven Jones
Cominciando dalla fine, alla posizione numero 3:
Jones e le pozze di metallo fuso
Con un sapiente uso delle immagini dei soccorritori che con torcie nella notte illuminavano i resti del World Trade Center per cercare di scavare e recuperare i pochi sopravvissuti, ecco che appena la luce dei soccorritori finisce dietro a qualcosa o qualcuno, spunta lo scatto adatto per confermare la presenza delle pozze di metallo fuso.
Queste foto sono attualmente ospitate come "prova" della presenza di metallo fuso al WTC nelle ricerche di Steven Jones, pubblicate presso il sito della Brigham Young University, rispettivamente qui e qui.
Le seguenti immagini (cliccabili per ingrandirle) mostrano la preparazione della luce per illuminare la cavità che Jones afferma brillare per via del metallo incandescente.
Le immagini sono tratte da questo video.
Alla posizione numero 2:
Jones ed il metallo fuso
Non solo foto di "pozze" di metallo fuso, ma anche foto del metallo (molten metal) raffreddato. Ecco qui di seguito l'immagine utilizzata da Steven Jones nella presentazione PowerPoint che è stata rimossa da Internet da parte del consiglio dell'università BYU per uso improprio dei mezzi universitari per fini personali e coinvolgimento del nome dell'università nelle questioni personali di Steven Jones.
Ecco qui di seguito, invece, l'immagine del reperto F-0207: due solai schiacciati l'uno sull'altro, con armature che escono dai blocchi ed altri oggetti inglobati (carta compresa). Si tratta del medesimo reperto, ma curiosamente nella versione presentata da Jones il colore rossiccio è molto più marcato. Non si comprende, inoltre, come un blocco di metallo che si asserisce essersi fuso possa contenere frammenti di carta intatti (visibili nelle foto successive, cliccabili per ingrandirle).
Altri esempi, ma meno utili alla dimostrazione del molten metal, poiché di forma meno compatta, ritrovati grazie a Debunking911.com:
Infine ecco la prima posizione, la summa di tutte le summe:
Crollo naturale degli edifici per Jones
Riassumendo, Jones dice:
Aggiornamento 9 marzo 2007
Da notare inoltre che prendendo l'agglomerato che Steven Jones definisce come un blocco di metallo fuso solidificato da un'altra angolazione come visibile in questa foto appare del tutto evidente la presenza di una linea di frattura fra una parte superiore ed una inferiore. È impossibile che blocchi di metallo fuso raffreddati sviluppino fratture.
Con sola mia votazione, ecco la classifica delle perle di Steven Jones
Cominciando dalla fine, alla posizione numero 3:
Jones e le pozze di metallo fuso
Con un sapiente uso delle immagini dei soccorritori che con torcie nella notte illuminavano i resti del World Trade Center per cercare di scavare e recuperare i pochi sopravvissuti, ecco che appena la luce dei soccorritori finisce dietro a qualcosa o qualcuno, spunta lo scatto adatto per confermare la presenza delle pozze di metallo fuso.
Queste foto sono attualmente ospitate come "prova" della presenza di metallo fuso al WTC nelle ricerche di Steven Jones, pubblicate presso il sito della Brigham Young University, rispettivamente qui e qui.
Le seguenti immagini (cliccabili per ingrandirle) mostrano la preparazione della luce per illuminare la cavità che Jones afferma brillare per via del metallo incandescente.
Le immagini sono tratte da questo video.
Alla posizione numero 2:
Jones ed il metallo fuso
Non solo foto di "pozze" di metallo fuso, ma anche foto del metallo (molten metal) raffreddato. Ecco qui di seguito l'immagine utilizzata da Steven Jones nella presentazione PowerPoint che è stata rimossa da Internet da parte del consiglio dell'università BYU per uso improprio dei mezzi universitari per fini personali e coinvolgimento del nome dell'università nelle questioni personali di Steven Jones.
Ecco qui di seguito, invece, l'immagine del reperto F-0207: due solai schiacciati l'uno sull'altro, con armature che escono dai blocchi ed altri oggetti inglobati (carta compresa). Si tratta del medesimo reperto, ma curiosamente nella versione presentata da Jones il colore rossiccio è molto più marcato. Non si comprende, inoltre, come un blocco di metallo che si asserisce essersi fuso possa contenere frammenti di carta intatti (visibili nelle foto successive, cliccabili per ingrandirle).
Altri esempi, ma meno utili alla dimostrazione del molten metal, poiché di forma meno compatta, ritrovati grazie a Debunking911.com:
Infine ecco la prima posizione, la summa di tutte le summe:
Crollo naturale degli edifici per Jones
Riassumendo, Jones dice:
- crollo tipico naturale di un edificio: non simmetrico
- non tutte le colonne di supporto cedono simultaneamente, quindi "sbanda" di lato e non crolla verticale
- le immagini sono crolli in seguito a terremoto
- WTC7 e WTC1 e 2 non sono dovuti all'effetto di un terremoto
- Le travi di acciaio tengono le fondamenta e il calcestruzzo non si polverizza.
- non considerare i danni da terremoto con crollo verticale dell'edificio, visibili in questi esempi: 1 2 3 4
- Le colonne del WTC non hanno sbandato simultaneamente, tanto che i tronconi superiori hanno ruotato
- Considerare immagini di crollo di edifici per terremoto non è un crollo naturale, o quanto meno il crollo naturale per terremoto non è il crollo naturale che un edificio potrebbe avere innescato per altre cause
- Le immagini mostrano un fenomeno di rottura delle fondamenta che porta al distaccamento della parte superiore dell'edificio, rigida rispetto all'inferiore, con variazione della quota di una parte delle fondazioni, che crea un differenziale tale da permettere la rotazione dell'edificio (prendete un tavolo, tagliate una delle quattro gambe a metà e sedetevici sopra: farete la stessa fine degli edifici in foto)
- Con tutta la sua sapienza, s'è ben guardato dal citare che fenomeni di rottura delle fondamenta (che non presentano travi di acciaio di chiusura) e di liquefazione del terreno sono fenomeni assai rari, molto più frequenti sono in caso di terremoto il danneggiamento dei nodi dell'edificio a causa dell'oscillazione e dell'eccessiva rigidezza o della scarsa resistenza.
- Riguardo alla polverizzazione dell'edificio, vedere video o video2.
Aggiornamento 9 marzo 2007
Da notare inoltre che prendendo l'agglomerato che Steven Jones definisce come un blocco di metallo fuso solidificato da un'altra angolazione come visibile in questa foto appare del tutto evidente la presenza di una linea di frattura fra una parte superiore ed una inferiore. È impossibile che blocchi di metallo fuso raffreddati sviluppino fratture.
2006/09/29
I sondaggi Zogby del 2004 e del 2006: vediamoci chiaro
di John - www.crono911.org. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale. Ultimo aggiornamento: 31 ottobre 2010.
Capita frequentemente che i cospirazionisti affermino che “i sondaggi dimostrano che i cittadini americani credono al complotto” e a tal fine citano costantemente il “sondaggio della Zogby”. È giunto il momento di vederci chiaro.
Sono decenni, ormai, che sondaggi e statistiche sono entrati nel nostro vivere quotidiano, e anche la persona più sprovveduta ha imparato a diffidare di questi dati e delle interpretazioni che ne vengono fornite.
Non è un mistero che solitamente chi commissiona un sondaggio vuole ottenere un risultato che in qualche modo lo aiuti a sostenere la propria causa.
Si può pilotare in vari modi il risultato di un sondaggio: per esempio scegliendo il momento in cui fare le domande, oppure scegliendo gli intervistati tra un campione mirato, oppure ponendo le domande in un certo modo anziché in un altro.
Se faccio un sondaggio sulla preferenza fra treno e aereo come mezzo di trasporto, un conto è farlo una settimana dopo un disastro ferroviario, un altro è farlo una settimana dopo un disastro aereo.
Se voglio sostenere l'opportunità di immettere sul mercato un nuovo dentifricio, un conto è chiedere “Ci sono trecentododici marche di dentifricio sul mercato, pensa che sia opportuno immetterne un altro?”, un altro è chiedere: “Lei è pienamente soddisfatto del dentifricio che usa o ne vorrebbe uno migliore?”.
Se poi un sondaggio non dà l'esito sperato, si può semplicemente ignorarlo ed evitare di renderlo pubblico, e farne un altro, e un altro ancora, magari cambiando tempi, campioni e tipo di domande, finché non spunta il risultato che mi aggrada.
Ma anche i risultati di un sondaggio si possono interpretare in modo differente. Se il 49% degli intervistati approva un nuovo dentifricio, il 49% non lo approva e il 2% risponde “Non so”, posso affermare che “la maggioranza degli intervistati non è contraria al nuovo dentifricio” oppure posso affermare “che la maggioranza degli intervistati non approva un nuovo dentifricio”.
Una buona regola per valutare il grado di affidabilità di un sondaggio è quella di controllare quali e quante domande sono state effettuate, qual è la composizione del campione, dove, come e quando è stato fatto il sondaggio e chi l'ha commissionato.
E arriviamo quindi ai sondaggi Zogby.
Innanzitutto diciamo che sono due: uno del 2004 e uno del 2006.
Il rapporto completo di questi sondaggi, con tutte le domande effettuate, non è disponibile, o quantomeno noi non siamo riusciti a trovarlo.
Chi li ha commissionati? Il “Movimento per la verità sull'11 settembre” (http://www.911truth.org/), che è notoriamente uno dei movimenti che sostengono buona parte delle teorie complottistiche, uno dei più attivi e organizzati, una vera “macchina commerciale”, con tanto di direttore esecutivo, che nel suo sito, oltre a raccogliere cospicue donazioni in denaro, vende 22 libri, 37 DVD e decine di altri gadget raffinati.
Un'impresa del genere non commissiona un sondaggio per sentirsi dire che le teorie complottiste sono acqua riciclata, questo è chiaro.
Ma vediamo cosa concludeva il sondaggio del 2004 e utilizziamo come fonte il comunicato ufficiale della Zogby del 30 agosto 2004.
Il sondaggio è stato fatto a New York su un campione di 808 adulti intervistati a mezzo telefono.
Una prima cosa che deve farci riflettere è l'affermazione (contenuta in fondo in fondo in fondo al comunicato) secondo cui:
Tradotto:
Che vuol dire? E mica lo sappiamo. Ma ce lo spiega un esperto di statistica:
Questo ci dice l'esperto, ma noi vogliamo essere buoni: fidiamoci di Zogby e prendiamo per buono il suo campione e i suoi "pesi". Zogby sostiene che il sondaggio riguardava 5 aree tematiche:
Notate le domande, o meglio, le “aree tematiche”, perché Zogby non ci spiega (non in questo comunicato, in ogni caso) qual è l'esatta domanda posta.
Si parte dall'Iraq e già questo è significativo. È ben noto che le armi di distruzione di massa attribuite all'Iraq non sono mai state trovate. Il popolo americano non ha perdonato questo grave errore (menzogna, secondo molti).
Ricordare la circostanza, in apertura di un sondaggio che dovrebbe avere come oggetto l'undici settembre, è un modo per predisporre l'intervistato a un certo approccio. È come se a uno chiedessero: "Sai che la scoperta della penicillina ha salvato due miliardi di persone negli ultimi decenni? Sì? Bene, cosa ne pensi sul fatto che la ricerca medica dovrebbe incontrare delle limitazioni etiche?"
Nonostante questo approccio tendenzioso, solo il 51,2% degli intervistati ha detto: "sì, penso che i nostri leader abbiano mentito sull'Iraq".
Vero, il 51,2% è una maggioranza, ma considerato che l'avventura irachena è stata molto mal digerita e il 2004 è stato l'anno in cui le forze armate americane in Iraq stavano subendo perdite elevatissime, non è certo quella schiacciante maggioranza che probabilmente Zogby si aspettava. E se consideriamo che la stessa Zogby ammette che il suo sondaggio ha un margine di errore di +/- 3,5%, nemmeno si può parlare di maggioranza in senso stretto!
Sentiamo cosa dice l'esperto statistico:
Sulla seconda area tematica, Zogby informa che solo il 36% degli intervistati ritiene che la Commissione abbia risposto a tutte le domande importanti. Non so quanti del restante 64% abbiano letto tutte le oltre 500 pagine del rapporto finale della Commissione (probabilmente nessuno) ma questo risultato ci dice solo che la gente ha la convinzione che non a tutte le domande sia stata data risposta, ma non ci dice a quali domande e non avalla alcuna ipotesi complottistica.
Peraltro, la domanda è subdola, perché non era compito della Commissione rispondere a tutte le domande possibili (altri enti come il FEMA, il NIST, la FAA, l'NTSB ecc... hanno pubblicato propri rapporti su specifici aspetti che la Commissione non aveva toccato o aveva solo sfiorato).
Inoltre Zogby inserisce tra gli esempi di domande senza risposta quello degli attacchi all'antrace, che esulavano totalmente dai compiti della Commissione, in quanto episodi verificatisi dopo l'11 settembre.
Sulla terza area tematica (il WTC7) Zogby ci dice che solo il 28% dei residenti di New York conosceva il numero del terzo grattacielo caduto. Attenzione: di qui a dire che la maggior parte della gente non sapeva nulla del crollo del WTC7, ce ne passa. Se una persona non conosce il “numero” di un edificio non vuol dire che non sappia che esiste ed è crollato. Del resto, prima dell'undici settembre non erano in molti a sapere che le Twin Towers si chiamavano WTC 1 e WTC 2: per la maggior parte della gente erano le “Twin Towers” e basta, in USA così come nel resto del mondo.
Si noti, poi, che Zogby parte definendo il crollo del WTC7 “inspiegabile”: questa è già un'affermazione più che idonea ad influenzare l'intervistato.
Passando alla quarta area tematica (il “complotto”), la domanda di Zogby è ancor più subdola: “Qualcuno dei nostri leader sapeva in anticipo che erano stati pianificati attacchi l'11 settembre del 2001, o intorno a questa data, ed essi hanno consapevolmente mancato di agire?”.
Si noti la genericità del quesito. Parla di “qualcuno dei nostri leader”, parla di “attacchi” in genere, anche in data diversa dall'11 settembre. È una cosa un po' diversa dal chiedere: “Lei pensa che l'Amministrazione Bush abbia organizzato gli attentati?”.
Cosa ci dice al proposito il nostro esperto?
Ad ogni modo, il 49,3% degli abitanti di New York City – secondo il sondaggio – ha detto di credere che qualcuno sapeva in anticipo e ha colpevolmente omesso di prevenire gli attacchi.
Questa cifra però scende al 41% con riferimento ai cittadini dell'intero Stato di New York.
Questa differenza ci mostra come può cambiare il risultato di un sondaggio sulla base di considerazioni emotive (chi abita a New York City ha certamente vissuto la tragedia in modo molto più profondo di chi abita in altre città, sia pure nello stesso Stato di New York).
Resta però il dato che molti cittadini di New York nel 2004 credevano che qualcuno sapesse e non abbia fatto nulla per prevenire, il che è comunque diverso da credere a un complotto organizzato, ossia quell'"inside job" tanto caro ai cospirazionisti più accaniti.
E siamo arrivati all'ultimo punto del sondaggio, la necessità di una “nuova inchiesta”. Ora, se si chiede a una persona: “Vorresti una nuova inchiesta per chiarire i punti oscuri della vicenda?”, per quale ragione quella persona dovrebbe rispondere di no? Inchiesta più, inchiesta meno, perché no?
Difatti il 66% degli intervistati di New York City ha risposto sì. La percentuale scende al 56,2 % se si considerano gli abitanti dello Stato di New York.
Il sondaggio del 2004, quindi, in sostanza rivelava che una larga parte di newyorkesi credeva nella teoria “se lo sono lasciato fare”, non conosceva il numero del WTC7, pensava che la Commissione non avesse dato risposta a tutte le domande e che pertanto era necessaria una seconda inchiesta.
Ma nel maggio 2006 Zogby fa un nuovo sondaggio (link alternativo). Anche in questo caso, lo sponsor è il movimento 911 Truth.
Margine di errore dichiarato: 2,9%. Campione: 1200 americani, che devono rispondere a ben 81 domande.
Anche in questo caso non conosciamo la lista di tutte e 81 le domande. Ci vengono forniti, infatti, i dati relativi a poche di quelle domande. Vediamo com'è andata.
Notate bene come la percentuale sia scesa dall'oltre 51% del 2004 al 44% del 2006. Cosa è cambiato?
Tante cose - la localizzazione geografica del campione, che prima rappresentava solo New York e adesso gli USA in generale; il fatto che nel 2004 i soldati americani morivano a un ritmo impressionante mentre nel 2006 le perdite si sono quasi azzerate; il fatto che dal 2004 al 2006 si sono rese disponibili molte più informazioni - ma resta un dato significativo: il consenso sulla guerra in Iraq, anziché calare, è cresciuto.
Si noti la genericità della domanda. Chi non è portato a credere che in una faccenda così complessa, con tante responsabilità e poltrone in gioco, qualcuno non abbia nascosto qualcosa?
Eppure, da un 49% e passa di persone che nel 2004 ritenevano che i leader sapessero e non hanno fatto nulla per prevenire e da un 66% che richiedeva una riapertura dell'inchiesta, si è passati nel 2006 a un mero 42% che pensa che ci sia stato un generico Cover Up (nascondere informazioni o evitare di approfondire questioni imbarazzanti).
Notiamo quindi che il consenso nell'operato dell'Amministrazione Bush e in quello della Commissione di Inchiesta, anziché diminuire con il tempo, è aumentato.
Ebbene, il 43% degli intervistati dichiara di non saperne nulla (il che testimonia un marcato disinteresse per la questione, teorie cospirazioniste comprese). Il 38% dice di conoscere la cosa e crede che la Commissione avrebbe dovuto indagarla. Il 14% approva l'operato della Commissione. Un 5% non sa che rispondere.
Nessun riferimento a cospirazioni. Semplicemente un 38% che pensa che la Commissione avrebbe dovuto indagare anche sulle cause del collasso del WTC7. Un 38% cui è stato detto che la Commissione ha indagato sulle cause dei collassi dei WTC 1 e 2, in maniera da far scattare il meccanismo: come mai quelli sì e questo no? Un 38% che evidentemente non sa che le cause dei collassi sono state indagate, e sono tuttora oggetto di indagine, da parte di NIST e FEMA.
In ogni caso, una risposta che certamente non ha nulla a che vedere con il sospetto di complotti.
Anche in questo caso, la risposta è relativa all'opportunità di riaprire le indagini, e non all'esistenza o meno di un complotto. Ciò nonostante, dal 64% di intervistati che nel 2004 era favorevole alla riapertura dell'inchiesta, nel 2006 si è scesi al 45%.
Dalle mie parti, 33% di Buono e 36% di Sufficiente fanno un totale complessivo di 69% con un giudizio sostanzialmente positivo. Stranamente, però, 911 Truth interpreta il dato come un 43% positivo e un 55% negativo, non si capisce sulla base di quale calcolo matematico.
Anche in questo caso, comunque, la domanda è generica. La qualità della copertura dei media è riferita a una generalità di aspetti, che include, ma non è esclusiva, delle teorie cospirazioniste.
Inoltre, a questo genere di domanda, posta in questo modo, può rispondere con un giudizio negativo sia chi crede che i giornali abbiano fatto male a non dare spazio a queste teorie, sia chi crede che vi abbiano dato troppo spazio!
Sul punto, l'esperto dice:
E conclude:
Anche noi possiamo adesso trarre qualche conclusione. È evidente come il giudizio degli americani, decisamente critico nei confronti dell'Amministrazione Bush nel 2004, anno in cui fu reso pubblico il Rapporto Finale della Commissione di Inchiesta (e che probabilmente pochi, o nessuno degli intervistati, aveva letto), a distanza di due anni si è notevolmente ammorbidito.
Se si considera che in questi due anni, da un lato c'è stata la pubblicazione di studi e rapporti di altri enti, e dall'altro c'è stato un vero e proprio martellamento di propaganda cospirazionista, con la diffusione di decine e decine di filmati, migliaia di siti web, conferenze ecc... e l'investimento di decine di milioni di dollari, la conclusione finale è che il popolo americano dà sempre più credito alla versione ufficiale rispetto alle teorie cospirazioniste.
Come opinione strettamente personale, la spiegazione a questo “trend” è che la "verità ufficiale" è la verità e basta, è una ed una sola, ed una sola è rimasta nel corso degli anni, senza che sia mai stata intaccata da una qualsiasi prova degna di questo nome.
Anzi, tutti gli elementi probatori emersi successivamente, come le analisi del NIST, le inchieste dei tribunali, le dichiarazioni dei terroristi catturati, la rivelazione di documenti prima classificati, non hanno fatto altro che confermare quella verità e la ricostruzione dei fatti operata dalla Commissione di Inchiesta Indipendente.
Al contrario, le teorie cospirazioniste si sono sempre più aggrovigliate in una matassa di ipotesi una diversa dall'altra, spesso in contraddizione una con l'altra, sempre prive di qualsiasi fondamento probatorio e costantemente rivelatesi menzognere.
Se mai ci fosse stato qualche punto meritevole di essere approfondito, con serena autocritica, questo sondaggio dimostra che i cospirazionisti hanno affossato ogni speranza non solo di approfondire il punto, ma persino di riconoscerlo e individuarlo in mezzo alla loro mole di idiozie.
Peraltro, nessun sondaggio può certificare una verità o cambiarla. Se il 90% della popolazione mondiale dovesse un giorno pensare che Hitler non è mai esistito, questo non vuol dire che non sia esistito. Ricorrere ai sondaggi, quindi, è solo un'altra maniera dei cospirazionisti di fare propaganda alle proprie tesi, ma in ogni caso i due sondaggi Zogby, letti insieme, non portano certo acqua al loro mulino.
Ma c'è una cosa che i cospirazionisti evitano accuratamente di dire, quando citano i sondaggi della Zogby. Ed è questo dato, dichiarato dalla Zogby e ammesso da 911 Truth:
Traduco:
Qui si impone una grossa riflessione.
Innanzitutto, la maggioranza dei Repubblicani tende a rigettare l'ipotesi del Cover Up, mentre una buona metà dei Democratici ritiene che il governo stia “nascondendo qualcosa” (che è peraltro molto generico).
Il che conferma che la verità è una, ma crederle o non crederle è spesso questione di ideologia politica e non di analisi ragionata.
Inoltre, la maggioranza delle persone colte non crede ad alcuna ipotesi di Cover Up, mentre circa la metà di quelle meno colte crede che il governo nasconda qualcosa. Questo è un dato fondamentale, che in un certo senso riassume tutto questo lungo discorso, e premia la pazienza di chi ci ha seguito fino a questo punto: più una persona è colta, più è informata, più crede “in toto” alla “verità ufficiale”.
Il che conferma quello che abbiamo sempre sostenuto: le ipotesi cospirazioniste approfittano dell'ignoranza, ma non trovano spazio nei confronti di chi si informa. E questo, si badi bene, lo dice un sondaggio di parte.
E come dice il buon Attivissimo, se un'affermazione proviene da una fonte che da quella affermazione trae un danno, l'affermazione stessa acquista una significativa validità.
Ringraziamo vivamente Stefano "Matz", esperto e ricercatore in statistica per il prezioso apporto fornito.
Capita frequentemente che i cospirazionisti affermino che “i sondaggi dimostrano che i cittadini americani credono al complotto” e a tal fine citano costantemente il “sondaggio della Zogby”. È giunto il momento di vederci chiaro.
Sono decenni, ormai, che sondaggi e statistiche sono entrati nel nostro vivere quotidiano, e anche la persona più sprovveduta ha imparato a diffidare di questi dati e delle interpretazioni che ne vengono fornite.
Non è un mistero che solitamente chi commissiona un sondaggio vuole ottenere un risultato che in qualche modo lo aiuti a sostenere la propria causa.
Si può pilotare in vari modi il risultato di un sondaggio: per esempio scegliendo il momento in cui fare le domande, oppure scegliendo gli intervistati tra un campione mirato, oppure ponendo le domande in un certo modo anziché in un altro.
Se faccio un sondaggio sulla preferenza fra treno e aereo come mezzo di trasporto, un conto è farlo una settimana dopo un disastro ferroviario, un altro è farlo una settimana dopo un disastro aereo.
Se voglio sostenere l'opportunità di immettere sul mercato un nuovo dentifricio, un conto è chiedere “Ci sono trecentododici marche di dentifricio sul mercato, pensa che sia opportuno immetterne un altro?”, un altro è chiedere: “Lei è pienamente soddisfatto del dentifricio che usa o ne vorrebbe uno migliore?”.
Se poi un sondaggio non dà l'esito sperato, si può semplicemente ignorarlo ed evitare di renderlo pubblico, e farne un altro, e un altro ancora, magari cambiando tempi, campioni e tipo di domande, finché non spunta il risultato che mi aggrada.
Ma anche i risultati di un sondaggio si possono interpretare in modo differente. Se il 49% degli intervistati approva un nuovo dentifricio, il 49% non lo approva e il 2% risponde “Non so”, posso affermare che “la maggioranza degli intervistati non è contraria al nuovo dentifricio” oppure posso affermare “che la maggioranza degli intervistati non approva un nuovo dentifricio”.
Una buona regola per valutare il grado di affidabilità di un sondaggio è quella di controllare quali e quante domande sono state effettuate, qual è la composizione del campione, dove, come e quando è stato fatto il sondaggio e chi l'ha commissionato.
E arriviamo quindi ai sondaggi Zogby.
Innanzitutto diciamo che sono due: uno del 2004 e uno del 2006.
Il rapporto completo di questi sondaggi, con tutte le domande effettuate, non è disponibile, o quantomeno noi non siamo riusciti a trovarlo.
Chi li ha commissionati? Il “Movimento per la verità sull'11 settembre” (http://www.911truth.org/), che è notoriamente uno dei movimenti che sostengono buona parte delle teorie complottistiche, uno dei più attivi e organizzati, una vera “macchina commerciale”, con tanto di direttore esecutivo, che nel suo sito, oltre a raccogliere cospicue donazioni in denaro, vende 22 libri, 37 DVD e decine di altri gadget raffinati.
Un'impresa del genere non commissiona un sondaggio per sentirsi dire che le teorie complottiste sono acqua riciclata, questo è chiaro.
Il sondaggio Zogby del 2004
Ma vediamo cosa concludeva il sondaggio del 2004 e utilizziamo come fonte il comunicato ufficiale della Zogby del 30 agosto 2004.
Il sondaggio è stato fatto a New York su un campione di 808 adulti intervistati a mezzo telefono.
Una prima cosa che deve farci riflettere è l'affermazione (contenuta in fondo in fondo in fondo al comunicato) secondo cui:
Slight weights were added to region, party, age, race, religion, and gender to more accurately reflect the population.
Tradotto:
Piccoli bilanciamenti sono stati fatti in relazione alla regione, partito politico, età, razza, religione e sesso, per riflettere con maggior precisione la popolazione.
Che vuol dire? E mica lo sappiamo. Ma ce lo spiega un esperto di statistica:
Il bilanciamento del campione avviene usando dei coefficienti (chiamati pesi) per gli individui di ogni categoria.
Se, per esempio, nel campione intervistato le donne sono sovrarappresentate (perché magari è più probabile che siano queste a rispondere al telefono) allora si assegnerà alle donne un peso inferiore rispetto a quello degli uomini, in modoche la risposta di un uomo “conti di più”. In questo modo si riequilibria il campione.
Ora, i pesi si costruiscono utilizzando informazioni di altre indagini di cui si è abbastanza sicuri della loro rappresentatività (perché particolarmente accurate, ricordo che le indagini telefoniche hanno un tasso di rifiuto che si aggira sul 70%).
In Italia si utilizzano spesso i dati del censimento per ricavare i pesi. Solitamente i pesi vengono calcolati sulla base della distribuzione per sesso, età, ripartizione geografica del campione.
Se disponibile, si usa anche il livello di istruzione (persone con livelli di istruzione diversi hanno una diversa probabilità di rispondere).
Negli Stati Uniti è giusto che i pesi vengano calcolati anche secondo la razza.
Trovo, invece, poco sensato e addirittura sospetto ponderare i dati sulla base del partito politico e della religione: Perché usare anche queste due variabili? Mentre è ragionevole pensare che il grado di collaborazione (o reperibilità) degli individui dipenda da sesso, età, razza, e residenza, è altrettanto sensato immaginare che la religione o il partito per cui si vota influenzi il tasso di risposta degli individui?
Un cattolico collabora di più di un musulmano o di un ebreo? Un democratico risponde più volentieri di un repubblicano? I protestanti sono sempre fuori casa e quindi al telefono non li si trova mai?
Francamente, è la prima volta che vedo usare queste due variabili per la ponderazione del campione, e non riesco a trovare una motivazione scientifica per il loro utilizzo in tal senso.
Da dove Zogby ha tratto la “vera” distribuzione della popolazione per partito e religione?
Nei censimenti queste domande non vengono fatte. Un rapporto di ricerca serio avrebbe riportato la fonte da cui si sono tratti i pesi. Molto allarmante una risposta in proposito che troviamo sulle FAQ di Zogby:
“Finally, we apply weighting for party identification to ensure that there is no built-in Democratic bias in our sampling”.
Perché dovrebbe esserci un Democratic bias? (nota: Bias significa: preferenza, tendenza).
I casi sono due: o è noto che i Democratici rispondono con maggior frequenza ai sondaggi telefonici o il campione non è casuale come sostengono.
Ma la domanda rimane: come sono stati calcolati i pesi? Che peso è stato dato ai Democratici e quale ai Repubblicani? Si capisce che la questione è cruciale. Anche usare la religione come variabile di ponderazione solleva dubbi simili: forse che gli evangelici rispondono con maggior frequenza degli altri? Il sospetto malevolo che viene è che essendo anche Bush un “born-again” si sia voluto ridurre il livello di rappresentatività di questo gruppo religioso, che come si sa, si presume tra i “responsabili” di aver fatto vincere a Bush le ultime elezioni. Certo è un pensiero malevolo, ma facilitato da chi non fornisce informazioni sul processo di ponderazione.
Questo ci dice l'esperto, ma noi vogliamo essere buoni: fidiamoci di Zogby e prendiamo per buono il suo campione e i suoi "pesi". Zogby sostiene che il sondaggio riguardava 5 aree tematiche:
- La prima: i newyorkesi pensano che i leader abbiano deliberatamente mentito prima della Guerra in Iraq?
- La seconda: La Commissione Indipendente sui fatti dell'undici settembre ha risposto a tutte le questioni più importanti?
- La terza: L'inspiegabile e largamente sconosciuto collasso del terzo grattacielo al WTC: qual era il suo numero?
- La quarta: La questione della complicità.
- La quinta: Bisogna chiedere una nuova inchiesta sull'undici settembre?
Notate le domande, o meglio, le “aree tematiche”, perché Zogby non ci spiega (non in questo comunicato, in ogni caso) qual è l'esatta domanda posta.
Si parte dall'Iraq e già questo è significativo. È ben noto che le armi di distruzione di massa attribuite all'Iraq non sono mai state trovate. Il popolo americano non ha perdonato questo grave errore (menzogna, secondo molti).
Ricordare la circostanza, in apertura di un sondaggio che dovrebbe avere come oggetto l'undici settembre, è un modo per predisporre l'intervistato a un certo approccio. È come se a uno chiedessero: "Sai che la scoperta della penicillina ha salvato due miliardi di persone negli ultimi decenni? Sì? Bene, cosa ne pensi sul fatto che la ricerca medica dovrebbe incontrare delle limitazioni etiche?"
Nonostante questo approccio tendenzioso, solo il 51,2% degli intervistati ha detto: "sì, penso che i nostri leader abbiano mentito sull'Iraq".
Vero, il 51,2% è una maggioranza, ma considerato che l'avventura irachena è stata molto mal digerita e il 2004 è stato l'anno in cui le forze armate americane in Iraq stavano subendo perdite elevatissime, non è certo quella schiacciante maggioranza che probabilmente Zogby si aspettava. E se consideriamo che la stessa Zogby ammette che il suo sondaggio ha un margine di errore di +/- 3,5%, nemmeno si può parlare di maggioranza in senso stretto!
Sentiamo cosa dice l'esperto statistico:
Sui margini di errore: se correttamente calcolati questi dovrebbero indicare l'intervallo in cui (al 95% di probabilità) dovrebbe cadere la VERA percentuale. Quindi se il 51.2% è la percentuale di quelli che sostengono che i leader abbiano deliberatamente mentito prima della guerra inIraq allora possiamo affermare che, al 95%, il VERO valore di questa percentuale appartiene all'intervallo (47.7% - 54.7%). poiché il 50% è contenuto in questo intervallo, in “statistichese” si dice che la percentuale di individui d'accordo con quella affermazione NON è significativamente superiore alla metà dei rispondenti.
Sulla seconda area tematica, Zogby informa che solo il 36% degli intervistati ritiene che la Commissione abbia risposto a tutte le domande importanti. Non so quanti del restante 64% abbiano letto tutte le oltre 500 pagine del rapporto finale della Commissione (probabilmente nessuno) ma questo risultato ci dice solo che la gente ha la convinzione che non a tutte le domande sia stata data risposta, ma non ci dice a quali domande e non avalla alcuna ipotesi complottistica.
Peraltro, la domanda è subdola, perché non era compito della Commissione rispondere a tutte le domande possibili (altri enti come il FEMA, il NIST, la FAA, l'NTSB ecc... hanno pubblicato propri rapporti su specifici aspetti che la Commissione non aveva toccato o aveva solo sfiorato).
Inoltre Zogby inserisce tra gli esempi di domande senza risposta quello degli attacchi all'antrace, che esulavano totalmente dai compiti della Commissione, in quanto episodi verificatisi dopo l'11 settembre.
Sulla terza area tematica (il WTC7) Zogby ci dice che solo il 28% dei residenti di New York conosceva il numero del terzo grattacielo caduto. Attenzione: di qui a dire che la maggior parte della gente non sapeva nulla del crollo del WTC7, ce ne passa. Se una persona non conosce il “numero” di un edificio non vuol dire che non sappia che esiste ed è crollato. Del resto, prima dell'undici settembre non erano in molti a sapere che le Twin Towers si chiamavano WTC 1 e WTC 2: per la maggior parte della gente erano le “Twin Towers” e basta, in USA così come nel resto del mondo.
Si noti, poi, che Zogby parte definendo il crollo del WTC7 “inspiegabile”: questa è già un'affermazione più che idonea ad influenzare l'intervistato.
Passando alla quarta area tematica (il “complotto”), la domanda di Zogby è ancor più subdola: “Qualcuno dei nostri leader sapeva in anticipo che erano stati pianificati attacchi l'11 settembre del 2001, o intorno a questa data, ed essi hanno consapevolmente mancato di agire?”.
Si noti la genericità del quesito. Parla di “qualcuno dei nostri leader”, parla di “attacchi” in genere, anche in data diversa dall'11 settembre. È una cosa un po' diversa dal chiedere: “Lei pensa che l'Amministrazione Bush abbia organizzato gli attentati?”.
Cosa ci dice al proposito il nostro esperto?
Le domande che vengono poste nei sondaggi di opinione devono essere chiare, non ambigue, e prive di giudizi di merito. Per essere non ambigue non devono chiedere due cose nella stessa domanda. Quindi chiedere se “i leader sapevano in anticipo dell'attacco terroristico e hanno consciamente evitato di agire” vuol dire andare contro questo banale criterio. Si chiede infatti se i leader sapevano e se hanno evitato consciamente di agire. Se uno pensa che sapevano ma non pensa che abbiamo evitato consciamente di agire risponderà si esattamente come uno che pensa che i leader sapevano e hanno consciamente evitato di agire. Anche inserire nella domanda aggettivi come “inspiegabile” e “ampiamente sconosciuto” è contrario a quelle che sono le regole di base di chi progetta una indagine.
Ad ogni modo, il 49,3% degli abitanti di New York City – secondo il sondaggio – ha detto di credere che qualcuno sapeva in anticipo e ha colpevolmente omesso di prevenire gli attacchi.
Questa cifra però scende al 41% con riferimento ai cittadini dell'intero Stato di New York.
Questa differenza ci mostra come può cambiare il risultato di un sondaggio sulla base di considerazioni emotive (chi abita a New York City ha certamente vissuto la tragedia in modo molto più profondo di chi abita in altre città, sia pure nello stesso Stato di New York).
Resta però il dato che molti cittadini di New York nel 2004 credevano che qualcuno sapesse e non abbia fatto nulla per prevenire, il che è comunque diverso da credere a un complotto organizzato, ossia quell'"inside job" tanto caro ai cospirazionisti più accaniti.
E siamo arrivati all'ultimo punto del sondaggio, la necessità di una “nuova inchiesta”. Ora, se si chiede a una persona: “Vorresti una nuova inchiesta per chiarire i punti oscuri della vicenda?”, per quale ragione quella persona dovrebbe rispondere di no? Inchiesta più, inchiesta meno, perché no?
Difatti il 66% degli intervistati di New York City ha risposto sì. La percentuale scende al 56,2 % se si considerano gli abitanti dello Stato di New York.
Il sondaggio del 2004, quindi, in sostanza rivelava che una larga parte di newyorkesi credeva nella teoria “se lo sono lasciato fare”, non conosceva il numero del WTC7, pensava che la Commissione non avesse dato risposta a tutte le domande e che pertanto era necessaria una seconda inchiesta.
Il sondaggio Zogby del 2006
Ma nel maggio 2006 Zogby fa un nuovo sondaggio (link alternativo). Anche in questo caso, lo sponsor è il movimento 911 Truth.
Margine di errore dichiarato: 2,9%. Campione: 1200 americani, che devono rispondere a ben 81 domande.
Anche in questo caso non conosciamo la lista di tutte e 81 le domande. Ci vengono forniti, infatti, i dati relativi a poche di quelle domande. Vediamo com'è andata.
- Domanda 23: Pensi che Bush abbia approfittato dell'11 settembre per invadere l'Iraq, o che abbia agito correttamente invadendo l'Iraq perché Saddam appoggia il terrorismo?
Notate bene come la percentuale sia scesa dall'oltre 51% del 2004 al 44% del 2006. Cosa è cambiato?
Tante cose - la localizzazione geografica del campione, che prima rappresentava solo New York e adesso gli USA in generale; il fatto che nel 2004 i soldati americani morivano a un ritmo impressionante mentre nel 2006 le perdite si sono quasi azzerate; il fatto che dal 2004 al 2006 si sono rese disponibili molte più informazioni - ma resta un dato significativo: il consenso sulla guerra in Iraq, anziché calare, è cresciuto.
- Domanda 24: Pensi che ci sia stato un “Cover Up” da parte della Commissione Indipendente?
Si noti la genericità della domanda. Chi non è portato a credere che in una faccenda così complessa, con tante responsabilità e poltrone in gioco, qualcuno non abbia nascosto qualcosa?
Eppure, da un 49% e passa di persone che nel 2004 ritenevano che i leader sapessero e non hanno fatto nulla per prevenire e da un 66% che richiedeva una riapertura dell'inchiesta, si è passati nel 2006 a un mero 42% che pensa che ci sia stato un generico Cover Up (nascondere informazioni o evitare di approfondire questioni imbarazzanti).
Notiamo quindi che il consenso nell'operato dell'Amministrazione Bush e in quello della Commissione di Inchiesta, anziché diminuire con il tempo, è aumentato.
- Domanda 25: Il WTC7 è crollato senza che nessun aereo lo abbia colpito, il collasso non è stato indagato dalla Commissione. Eri a conoscenza di questa circostanza, e se sì, pensi che la Commissione avrebbe dovuto investigarla, oppure ha fatto bene a limitarsi ai due grattacieli colpiti?
Ebbene, il 43% degli intervistati dichiara di non saperne nulla (il che testimonia un marcato disinteresse per la questione, teorie cospirazioniste comprese). Il 38% dice di conoscere la cosa e crede che la Commissione avrebbe dovuto indagarla. Il 14% approva l'operato della Commissione. Un 5% non sa che rispondere.
Nessun riferimento a cospirazioni. Semplicemente un 38% che pensa che la Commissione avrebbe dovuto indagare anche sulle cause del collasso del WTC7. Un 38% cui è stato detto che la Commissione ha indagato sulle cause dei collassi dei WTC 1 e 2, in maniera da far scattare il meccanismo: come mai quelli sì e questo no? Un 38% che evidentemente non sa che le cause dei collassi sono state indagate, e sono tuttora oggetto di indagine, da parte di NIST e FEMA.
In ogni caso, una risposta che certamente non ha nulla a che vedere con il sospetto di complotti.
- Domanda 26: Alcune persone dicono che ci sono così tante domande senza risposta che il Congresso o un Tribunale Internazionale dovrebbero riaprire le indagini sugli attacchi e verificare se qualche pubblico ufficiale ha consentito o favorito il loro successo. Altri dicono che gli attacchi sono stati oggetto di accurate indagini e che ogni ipotesi su un coinvolgimento del governo americano è priva di senso. A quale tesi aderisci?
Anche in questo caso, la risposta è relativa all'opportunità di riaprire le indagini, e non all'esistenza o meno di un complotto. Ciò nonostante, dal 64% di intervistati che nel 2004 era favorevole alla riapertura dell'inchiesta, nel 2006 si è scesi al 45%.
- Domanda 27: Come giudichi la prestazione dei media americani, incluso lo spazio dato alle domande dei familiari delle vittime del 9-11, alle teorie che contestano la versione ufficiale, e al modo in cui gli attacchi furono investigati?
Dalle mie parti, 33% di Buono e 36% di Sufficiente fanno un totale complessivo di 69% con un giudizio sostanzialmente positivo. Stranamente, però, 911 Truth interpreta il dato come un 43% positivo e un 55% negativo, non si capisce sulla base di quale calcolo matematico.
Anche in questo caso, comunque, la domanda è generica. La qualità della copertura dei media è riferita a una generalità di aspetti, che include, ma non è esclusiva, delle teorie cospirazioniste.
Inoltre, a questo genere di domanda, posta in questo modo, può rispondere con un giudizio negativo sia chi crede che i giornali abbiano fatto male a non dare spazio a queste teorie, sia chi crede che vi abbiano dato troppo spazio!
Sul punto, l'esperto dice:
Quando gli si presenta davanti una scala del tipo “Molto – abbastanza – poco” tendenzialmente le persone tendono a scegliere la modalità centrale (abbastanza). Questo rende la percentuale del 36% riferita a “Fair” abbastanza difficile da interpretare. Sarebbe stato più corretto mettere una scala del tipo “Very good – good – poor – very poor). Così si sarebbe capito un po' di più cosa pensa veramente quel 36%.
E conclude:
In sintesi, trovo che l'indagine di Zogby sia di scarsa qualità (come accade spesso purtroppo in questo campo). La mancanza di trasparenza nel rapporto fornito ne è un chiaro indicatore. Soprattutto la questione dei pesi è abbastanza controversa, perché i pesi possono cambiare notevolmente i risultati.
Conclusioni e riflessioni
Anche noi possiamo adesso trarre qualche conclusione. È evidente come il giudizio degli americani, decisamente critico nei confronti dell'Amministrazione Bush nel 2004, anno in cui fu reso pubblico il Rapporto Finale della Commissione di Inchiesta (e che probabilmente pochi, o nessuno degli intervistati, aveva letto), a distanza di due anni si è notevolmente ammorbidito.
Se si considera che in questi due anni, da un lato c'è stata la pubblicazione di studi e rapporti di altri enti, e dall'altro c'è stato un vero e proprio martellamento di propaganda cospirazionista, con la diffusione di decine e decine di filmati, migliaia di siti web, conferenze ecc... e l'investimento di decine di milioni di dollari, la conclusione finale è che il popolo americano dà sempre più credito alla versione ufficiale rispetto alle teorie cospirazioniste.
Come opinione strettamente personale, la spiegazione a questo “trend” è che la "verità ufficiale" è la verità e basta, è una ed una sola, ed una sola è rimasta nel corso degli anni, senza che sia mai stata intaccata da una qualsiasi prova degna di questo nome.
Anzi, tutti gli elementi probatori emersi successivamente, come le analisi del NIST, le inchieste dei tribunali, le dichiarazioni dei terroristi catturati, la rivelazione di documenti prima classificati, non hanno fatto altro che confermare quella verità e la ricostruzione dei fatti operata dalla Commissione di Inchiesta Indipendente.
Al contrario, le teorie cospirazioniste si sono sempre più aggrovigliate in una matassa di ipotesi una diversa dall'altra, spesso in contraddizione una con l'altra, sempre prive di qualsiasi fondamento probatorio e costantemente rivelatesi menzognere.
Se mai ci fosse stato qualche punto meritevole di essere approfondito, con serena autocritica, questo sondaggio dimostra che i cospirazionisti hanno affossato ogni speranza non solo di approfondire il punto, ma persino di riconoscerlo e individuarlo in mezzo alla loro mole di idiozie.
Peraltro, nessun sondaggio può certificare una verità o cambiarla. Se il 90% della popolazione mondiale dovesse un giorno pensare che Hitler non è mai esistito, questo non vuol dire che non sia esistito. Ricorrere ai sondaggi, quindi, è solo un'altra maniera dei cospirazionisti di fare propaganda alle proprie tesi, ma in ogni caso i due sondaggi Zogby, letti insieme, non portano certo acqua al loro mulino.
Ma c'è una cosa che i cospirazionisti evitano accuratamente di dire, quando citano i sondaggi della Zogby. Ed è questo dato, dichiarato dalla Zogby e ammesso da 911 Truth:
“Both men and women and residents in each of the four regions are more likely to say the U.S. government and 9/11 Commission are not covering up anything. Majorities who agree include Republicans (64%), 50-64 year-olds, married adults, suburbanites (59%), Protestants, those with at least some college education, and people with annual household income of $50,000 or more (57%). Majorities (50%-56%) of Democrats, 18-29 year-olds, Hispanics, single adults and those who are divorced/widowed/separated, residents of small cities, and adults with less education than a high school diploma believe the government and 9/11 Commission are covering up something. Nearly half of independent voters (48%) agree”.
Traduco:
Uomini e donne e residenti nelle quattro regioni, per la maggior parte ritengono che il Governo USA e la Commissione 9-11 non stanno nascondendo nulla. La maggioranza di quelli che la pensano così sono i Repubblicani (64%), le persone tra 50 e 64 anni, gli adulti coniugati, gli abitanti in zone residenziali (59%), i religiosi protestanti, quelli con almeno una qualche cultura universitaria, e persone con reddito superiore ai 50.000 dollari (57%).La maggior parte (tra il 50% ed il 56%) dei Democratici, le persone di età compresa tra 18 e 29 anni, i cittadini di origine ispanica, i single e coloro che sono divorziati o separati o vedovi, i residenti in piccoli città, gli adulti con istruzione inferiore al diploma, credono che il Governo e la Commissione 9-11 stiano nascondendo qualcosa. Allo stesso modo la pensa il 48% dei votanti indipendenti (nè Repubblicani nè Democratici).
Qui si impone una grossa riflessione.
Innanzitutto, la maggioranza dei Repubblicani tende a rigettare l'ipotesi del Cover Up, mentre una buona metà dei Democratici ritiene che il governo stia “nascondendo qualcosa” (che è peraltro molto generico).
Il che conferma che la verità è una, ma crederle o non crederle è spesso questione di ideologia politica e non di analisi ragionata.
Inoltre, la maggioranza delle persone colte non crede ad alcuna ipotesi di Cover Up, mentre circa la metà di quelle meno colte crede che il governo nasconda qualcosa. Questo è un dato fondamentale, che in un certo senso riassume tutto questo lungo discorso, e premia la pazienza di chi ci ha seguito fino a questo punto: più una persona è colta, più è informata, più crede “in toto” alla “verità ufficiale”.
Il che conferma quello che abbiamo sempre sostenuto: le ipotesi cospirazioniste approfittano dell'ignoranza, ma non trovano spazio nei confronti di chi si informa. E questo, si badi bene, lo dice un sondaggio di parte.
E come dice il buon Attivissimo, se un'affermazione proviene da una fonte che da quella affermazione trae un danno, l'affermazione stessa acquista una significativa validità.
Ringraziamo vivamente Stefano "Matz", esperto e ricercatore in statistica per il prezioso apporto fornito.
2006/09/28
Pentagono: ricostruire la scena del delitto
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
E' facile avere una percezione poco chiara dell'impatto al Pentagono. Molti non sanno che il Pentagono è circondato da autostrade e palazzi dai quali l'impatto fu chiaramente visibile. Molti pensano che sia l'edificio "più protetto del mondo", quando non ha neppure una recinzione.
Soprattutto, molti non riescono a visualizzare le dimensioni di quest'edificio dalle proporzioni da record. Così Undicisettembre sta realizzando alcuni modelli digitali della "scena del delitto". Modelli analoghi sono già stati presentati per esempio da Mike Wilson, ma almeno uno di quelli di Undicisettembre ha una particolarità importante: è liberamente editabile ed esplorabile.
E' infatti realizzato con il programma gratuito Google Sketchup, disponibile per Windows e Mac e quindi accessibile praticamente chiunque abbia un computer. Altri formati si aggiungeranno per chi non usa né Mac né Windows. Il modello è rigorosamente e verificabilmente in scala e si basa sulle immagini satellitari per creare una mappa della zona circostante.
Se avete talento grafico e volete contribuire, contattateci. Ma contattateci (paolo.attivissimo@gmail.com) anche se non avete talento grafico, ma avete delle fotografie chiare delle facciate del Pentagono, prese frontalmente e anche parziali ma senza ostacoli visivi, da utilizzare per il modello al posto di quelle temporanee che usa attualmente, o se avete foto nitide dei palazzi che stanno sullo sfondo nei filmati dell'impatto.
Nel frattempo, ecco alcune immagini in anteprima della bozza del modello. Queste immagini, meglio di mille discorsi, rendono chiare le reali proporzioni di un aereo di linea rispetto al Pentagono.
Il modello (aggiornato rispetto a queste immagini) è scaricabile presso questa pagina.
E' facile avere una percezione poco chiara dell'impatto al Pentagono. Molti non sanno che il Pentagono è circondato da autostrade e palazzi dai quali l'impatto fu chiaramente visibile. Molti pensano che sia l'edificio "più protetto del mondo", quando non ha neppure una recinzione.
Soprattutto, molti non riescono a visualizzare le dimensioni di quest'edificio dalle proporzioni da record. Così Undicisettembre sta realizzando alcuni modelli digitali della "scena del delitto". Modelli analoghi sono già stati presentati per esempio da Mike Wilson, ma almeno uno di quelli di Undicisettembre ha una particolarità importante: è liberamente editabile ed esplorabile.
E' infatti realizzato con il programma gratuito Google Sketchup, disponibile per Windows e Mac e quindi accessibile praticamente chiunque abbia un computer. Altri formati si aggiungeranno per chi non usa né Mac né Windows. Il modello è rigorosamente e verificabilmente in scala e si basa sulle immagini satellitari per creare una mappa della zona circostante.
Se avete talento grafico e volete contribuire, contattateci. Ma contattateci (paolo.attivissimo@gmail.com) anche se non avete talento grafico, ma avete delle fotografie chiare delle facciate del Pentagono, prese frontalmente e anche parziali ma senza ostacoli visivi, da utilizzare per il modello al posto di quelle temporanee che usa attualmente, o se avete foto nitide dei palazzi che stanno sullo sfondo nei filmati dell'impatto.
Nel frattempo, ecco alcune immagini in anteprima della bozza del modello. Queste immagini, meglio di mille discorsi, rendono chiare le reali proporzioni di un aereo di linea rispetto al Pentagono.
Il modello (aggiornato rispetto a queste immagini) è scaricabile presso questa pagina.
2006/09/25
Voli dirottati: voli sincronizzati?
di John - www.crono911.org
Nella selva, ormai indistricabile, di miti e leggende che si autoalimentano vicendevolmente e con i quali i complottisti infarciscono i propri discorsi, c'è anche la storia che i quattro voli dirottati presenterebbero una sospetta sincronizzazione di tempi.
Vediamo a titolo esemplificativo cosa dice in proposito l'ultima “revisione” del filmato “Inganno Globale”, opera del regista complottista Massimo Mazzucco:
Posizione nel film: a partire dal minuto 04 e 35 secondi circa.
Alle 08:00 del mattino decolla da Boston il volo AA11.
Alle 08:14 decolla l' UA175, sempre da Boston.
Alle 08:21 decolla da Dulles l' AA77.
Alle 08:41 decolla da Newark l' UA93.
“Nel frattempo” l'AA11 stacca il transponder.
Subito dopo anche il secondo aereo stacca il transponder.
I due aerei vengono a trovarsi uno accanto all'altro.
L'AA11 procede direttamente verso le Twin Towers, mentre l'UA175 supera New York procedendo per 50 miglia in direzione sud.
Solo quando il primo aereo ha colpito le Twin Towers, il secondo “inverte la marcia” (sic) e punta su Manhattan.
Arriva così 15 minuti dopo a colpire la seconda torre, sotto gli occhi delle telecamere.
In quel momento il terzo aereo stacca il transponder e inverte la rotta e si abbatte sul Pentagono alle 09:39.
A quel punto il quarto aereo stacca il transponder e inverte la rotta e precipiterà a Shanksville.
Dal primo dirottamento sono passate quasi due ore.
A questo punto il filmato mostra una piantina con le mappe delle basi militari.
Impressionante, vero?
Non fosse che il filmato mente.
Vediamo come sono andate davvero le cose.
Ore 08:00, il volo AA11 decolla da Boston
Ore 08:20 e 48 secondi, il volo AA11 spegne il transponder
Ore 08:26 e 00 secondi, il volo AA11 vira verso New York
Ore 08:46 e 35 secondi, il volo AA11 impatta la Torre Nord
Ore 08:14, il volo UA175 decolla da Boston
Ore 08:46 e 48 secondi, il volo UA175 cambia il codice transponder (l'effetto è uguale a spegnerlo)
Ore 08:53 e 25 secondi, il volo UA175, che sta procedendo verso Ovest, inverte la rotta e punta verso Est, su New York.
Ore 09.03 e 14 secondi, il volo UA175 impatta la Torre Sud.
Fermiamoci un attimo qui.
Prima considerazione: il volo UA175 è decollato circa un quarto d'ora dopo il volo AA11. Entrambi gli aerei sono decollati dallo stesso aeroporto (Boston) ed entrambi gli aerei hanno colpito il medesimo bersaglio (il WTC): quindi cosa c'è di strano se il volo UA175 ha colpito il WTC circa un quarto d'ora dopo il volo AA11? Se uno è partito prima, è normale che abbia colpito prima. Sarebbe strano se fosse accaduto il contrario, semmai.
Ma il regista è subdolo: vuole indurre lo spettatore a pensare che il volo UA175 abbia intenzionalmente ritardato i tempi, allungando la rotta di 50 miglia più del necessario, al semplice scopo di arrivare sul bersaglio quando tutte le telecamere erano già puntate in conseguenza del primo impatto.
E per sottolineare questo pensiero, dice che il volo UA175 ha superato New York in direzione Sud, per poi tornare indietro: quasi a voler dire che il volo UA175 è passato sulla verticale di New York, ha volato per altre 50 miglia in direzione Sud, e poi ha invertito la rotta.
Così non è. Il volo UA175 è decollato da Boston ed ha volato in direzione Ovest, non è mai passato sopra New York e ha fatto una normale inversione a U per raggiungere Manhattan. Questa la rotta tenuta dal volo UA175:
Quindi non è stata per niente “allungata” allo scopo di giungere sul bersaglio con una certa separazione temporale: la separazione dei tempi di impatto è praticamente identica a quella dei tempi di decollo.
Peraltro, permettetemi l'espressione, la questione è di una idiozia unica: uno dei due aerei doveva per forza colpire qualche minuto dopo l'altro, o si pretende che dovessero arrivare assieme sul bersaglio? Quella sì che sarebbe stata una eccezionale sincronizzazione!
Resta quindi una sola coincidenza: il transponder del volo UA175 è stato staccato qualche secondo dopo che il volo AA11 aveva impattato.
Ma è una coincidenza così singolare? I due aerei sono decollati un quarto d'ora l'uno dall'altro (14 minuti per l'esattezza) e hanno impattato un quarto d'ora l'uno dall'altro (17 minuti per l'esattezza): dal decollo del primo aereo all'impatto del secondo, la tragedia si è consumata in appena 63 minuti.
In questi 63 minuti, in ciascuno dei due aerei si sono verificati:
E passiamo ora al volo AA77.
Ore 08:20 decollo da Dulles
Ore 08:54 e 43 secondi, il volo AA77 vira senza autorizzazione
Ore 08:56 e 19 secondi, il transponder viene spento
Ore 09:37 e 46 secondi, il velivolo impatta il Pentagono.
Facciamo una seconda pausa.
Il volo AA77 ha spento il transponder 7 (sette) minuti prima che il volo UA175 impattasse la Torre Sud. Non c'è alcun modo di sbagliarsi in questo.
L'impatto del volo UA175 è avvenuto sotto gli occhi di migliaia di telecamere, il momento preciso dell'impatto del volo AA77 è stato filmato dalle telecamere di sicurezza del Pentagono e certificato dall'esame della scatola nera. Il regista ha quindi deliberatamente mentito. Nessuna coincidenza.
Passiamo al volo UA93.
Ore 08:42 decollo da Newark.
Ore 09:34 e 50 secondi. Il volo UA93 inverte la rotta.
Ore 09:41 e 00 secondi. Il transponder viene spento e riacceso più volte.
Ore 10:03 circa. Il volo UA93 si schianta a Shanksville.
Ultima pausa.
Qui vediamo che passano più di tre minuti dal momento dell'impatto del volo AA77 al momento in cui il transponder del volo UA93 inizia a funzionare irregolarmente (viene spento e riacceso). Lo spegnimento definitivo avviene tra le 09:44 e le 09:45, ma noi diamo per buono l'orario delle 09:41.
Si noti che il regista ha “rubacchiato” due minuti al momento dell'impatto del volo AA77 (dichiara le ore 09:39 anziché le ore 09:37) per avvicinare il più possibile quel momento al momento di spegnimento del transponder del volo UA93.
Ma anche in questo caso si impone una evidente considerazione: i terroristi hanno preso il controllo del volo UA93, impostando una virata non autorizzata, alle ore 09:34 e 50 secondi. Appena 2 minuti prima dell'impatto del volo AA77.
Poiché lo spegnimento del transponder, per forza di cose, deve avvenire dopo che si è preso il controllo dell'aereo, è evidente che era inevitabile una certa coincidenza temporale tra lo spegnimento del transponder del volo UA93 e l'impatto del volo AA77.
Una coincidenza obbligata, niente affatto misteriosa o maliziosa. Ma anche qui il regista è stato molto subdolo: anziché dire, correttamente, che il volo UA93 ha prima invertito la rotta e poi staccato il transponder (il che spiegherebbe la coincidenza temporale), preferisce dire il contrario: ossia che l'aereo stacca il transponder e inverte la rotta.
Anche in questo caso, lo stratagemma serve per inviare un sottile messaggio subliminale allo spettatore, e convincerlo che nella sequenza temporale dei quattro voli ci sono impossibili coincidenze.
Il tutto avvalorato dalla citazione e visualizzazione di una non meglio specificata tabella di orari “ufficiali”.
Quale sia la fonte di quella tabella colorata che il film ci mostra e ci descrive come “orari ufficiali”, noi non lo sappiamo.
Ma conosciamo quali sono le fonti ufficiali, le uniche fonti in assoluto, le stesse di cui ci siamo serviti per questo studio, e c'è ben poco da discutere o ipotizzare. Gli orari degli eventi “in volo” dei quattro aerei non si possono inventare: due, e soltanto due, possono essere le fonti. Una è data dalle registrazioni delle comunicazioni e dei tracciati radar del controllo aereo, e l'altra è data dalle registrazioni delle scatole nere, ove disponibili.
Gli uni e gli altri sono reperibili a questi link:
Nessun altro ente, testimone, pseudoesperto, filosofo, teologo, regista, giornalista, scrittore o azzeccagarbugli nel mondo, può parlare di questi eventi e di questi orari, se non la FAA e l'NTSB.
Non si scappa sul punto.
Nella selva, ormai indistricabile, di miti e leggende che si autoalimentano vicendevolmente e con i quali i complottisti infarciscono i propri discorsi, c'è anche la storia che i quattro voli dirottati presenterebbero una sospetta sincronizzazione di tempi.
Vediamo a titolo esemplificativo cosa dice in proposito l'ultima “revisione” del filmato “Inganno Globale”, opera del regista complottista Massimo Mazzucco:
Posizione nel film: a partire dal minuto 04 e 35 secondi circa.
Alle 08:00 del mattino decolla da Boston il volo AA11.
Alle 08:14 decolla l' UA175, sempre da Boston.
Alle 08:21 decolla da Dulles l' AA77.
Alle 08:41 decolla da Newark l' UA93.
“Nel frattempo” l'AA11 stacca il transponder.
Subito dopo anche il secondo aereo stacca il transponder.
I due aerei vengono a trovarsi uno accanto all'altro.
L'AA11 procede direttamente verso le Twin Towers, mentre l'UA175 supera New York procedendo per 50 miglia in direzione sud.
Solo quando il primo aereo ha colpito le Twin Towers, il secondo “inverte la marcia” (sic) e punta su Manhattan.
Arriva così 15 minuti dopo a colpire la seconda torre, sotto gli occhi delle telecamere.
In quel momento il terzo aereo stacca il transponder e inverte la rotta e si abbatte sul Pentagono alle 09:39.
A quel punto il quarto aereo stacca il transponder e inverte la rotta e precipiterà a Shanksville.
Dal primo dirottamento sono passate quasi due ore.
A questo punto il filmato mostra una piantina con le mappe delle basi militari.
Impressionante, vero?
Non fosse che il filmato mente.
Vediamo come sono andate davvero le cose.
Ore 08:00, il volo AA11 decolla da Boston
Ore 08:20 e 48 secondi, il volo AA11 spegne il transponder
Ore 08:26 e 00 secondi, il volo AA11 vira verso New York
Ore 08:46 e 35 secondi, il volo AA11 impatta la Torre Nord
Ore 08:14, il volo UA175 decolla da Boston
Ore 08:46 e 48 secondi, il volo UA175 cambia il codice transponder (l'effetto è uguale a spegnerlo)
Ore 08:53 e 25 secondi, il volo UA175, che sta procedendo verso Ovest, inverte la rotta e punta verso Est, su New York.
Ore 09.03 e 14 secondi, il volo UA175 impatta la Torre Sud.
Fermiamoci un attimo qui.
Prima considerazione: il volo UA175 è decollato circa un quarto d'ora dopo il volo AA11. Entrambi gli aerei sono decollati dallo stesso aeroporto (Boston) ed entrambi gli aerei hanno colpito il medesimo bersaglio (il WTC): quindi cosa c'è di strano se il volo UA175 ha colpito il WTC circa un quarto d'ora dopo il volo AA11? Se uno è partito prima, è normale che abbia colpito prima. Sarebbe strano se fosse accaduto il contrario, semmai.
Ma il regista è subdolo: vuole indurre lo spettatore a pensare che il volo UA175 abbia intenzionalmente ritardato i tempi, allungando la rotta di 50 miglia più del necessario, al semplice scopo di arrivare sul bersaglio quando tutte le telecamere erano già puntate in conseguenza del primo impatto.
E per sottolineare questo pensiero, dice che il volo UA175 ha superato New York in direzione Sud, per poi tornare indietro: quasi a voler dire che il volo UA175 è passato sulla verticale di New York, ha volato per altre 50 miglia in direzione Sud, e poi ha invertito la rotta.
Così non è. Il volo UA175 è decollato da Boston ed ha volato in direzione Ovest, non è mai passato sopra New York e ha fatto una normale inversione a U per raggiungere Manhattan. Questa la rotta tenuta dal volo UA175:
Quindi non è stata per niente “allungata” allo scopo di giungere sul bersaglio con una certa separazione temporale: la separazione dei tempi di impatto è praticamente identica a quella dei tempi di decollo.
Peraltro, permettetemi l'espressione, la questione è di una idiozia unica: uno dei due aerei doveva per forza colpire qualche minuto dopo l'altro, o si pretende che dovessero arrivare assieme sul bersaglio? Quella sì che sarebbe stata una eccezionale sincronizzazione!
Resta quindi una sola coincidenza: il transponder del volo UA175 è stato staccato qualche secondo dopo che il volo AA11 aveva impattato.
Ma è una coincidenza così singolare? I due aerei sono decollati un quarto d'ora l'uno dall'altro (14 minuti per l'esattezza) e hanno impattato un quarto d'ora l'uno dall'altro (17 minuti per l'esattezza): dal decollo del primo aereo all'impatto del secondo, la tragedia si è consumata in appena 63 minuti.
In questi 63 minuti, in ciascuno dei due aerei si sono verificati:
- l'irruzione dei terroristi nella cabina di pilotaggio con conseguente assunzione del controllo dell'aereo
- lo spegnimento del transponder
- l'inversione di rotta
- l'impatto
E passiamo ora al volo AA77.
Ore 08:20 decollo da Dulles
Ore 08:54 e 43 secondi, il volo AA77 vira senza autorizzazione
Ore 08:56 e 19 secondi, il transponder viene spento
Ore 09:37 e 46 secondi, il velivolo impatta il Pentagono.
Facciamo una seconda pausa.
Il volo AA77 ha spento il transponder 7 (sette) minuti prima che il volo UA175 impattasse la Torre Sud. Non c'è alcun modo di sbagliarsi in questo.
L'impatto del volo UA175 è avvenuto sotto gli occhi di migliaia di telecamere, il momento preciso dell'impatto del volo AA77 è stato filmato dalle telecamere di sicurezza del Pentagono e certificato dall'esame della scatola nera. Il regista ha quindi deliberatamente mentito. Nessuna coincidenza.
Passiamo al volo UA93.
Ore 08:42 decollo da Newark.
Ore 09:34 e 50 secondi. Il volo UA93 inverte la rotta.
Ore 09:41 e 00 secondi. Il transponder viene spento e riacceso più volte.
Ore 10:03 circa. Il volo UA93 si schianta a Shanksville.
Ultima pausa.
Qui vediamo che passano più di tre minuti dal momento dell'impatto del volo AA77 al momento in cui il transponder del volo UA93 inizia a funzionare irregolarmente (viene spento e riacceso). Lo spegnimento definitivo avviene tra le 09:44 e le 09:45, ma noi diamo per buono l'orario delle 09:41.
Si noti che il regista ha “rubacchiato” due minuti al momento dell'impatto del volo AA77 (dichiara le ore 09:39 anziché le ore 09:37) per avvicinare il più possibile quel momento al momento di spegnimento del transponder del volo UA93.
Ma anche in questo caso si impone una evidente considerazione: i terroristi hanno preso il controllo del volo UA93, impostando una virata non autorizzata, alle ore 09:34 e 50 secondi. Appena 2 minuti prima dell'impatto del volo AA77.
Poiché lo spegnimento del transponder, per forza di cose, deve avvenire dopo che si è preso il controllo dell'aereo, è evidente che era inevitabile una certa coincidenza temporale tra lo spegnimento del transponder del volo UA93 e l'impatto del volo AA77.
Una coincidenza obbligata, niente affatto misteriosa o maliziosa. Ma anche qui il regista è stato molto subdolo: anziché dire, correttamente, che il volo UA93 ha prima invertito la rotta e poi staccato il transponder (il che spiegherebbe la coincidenza temporale), preferisce dire il contrario: ossia che l'aereo stacca il transponder e inverte la rotta.
Anche in questo caso, lo stratagemma serve per inviare un sottile messaggio subliminale allo spettatore, e convincerlo che nella sequenza temporale dei quattro voli ci sono impossibili coincidenze.
Il tutto avvalorato dalla citazione e visualizzazione di una non meglio specificata tabella di orari “ufficiali”.
Quale sia la fonte di quella tabella colorata che il film ci mostra e ci descrive come “orari ufficiali”, noi non lo sappiamo.
Ma conosciamo quali sono le fonti ufficiali, le uniche fonti in assoluto, le stesse di cui ci siamo serviti per questo studio, e c'è ben poco da discutere o ipotizzare. Gli orari degli eventi “in volo” dei quattro aerei non si possono inventare: due, e soltanto due, possono essere le fonti. Una è data dalle registrazioni delle comunicazioni e dei tracciati radar del controllo aereo, e l'altra è data dalle registrazioni delle scatole nere, ove disponibili.
Gli uni e gli altri sono reperibili a questi link:
Nessun altro ente, testimone, pseudoesperto, filosofo, teologo, regista, giornalista, scrittore o azzeccagarbugli nel mondo, può parlare di questi eventi e di questi orari, se non la FAA e l'NTSB.
Non si scappa sul punto.
Kevin Ryan, chi era costui?
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Le dichiarazioni di Kevin Ryan su presunti brogli nei test della Underwriters Laboratories, ripresentate di recente nel programma Rai Report nella sua presentazione rimaneggiata del documentario Confronting the Evidence, hanno risollevato le polemiche sulla vera competenza di Ryan (nella foto, tratta da Report).
In Confronting the Evidence, Ryan è presentato (cito dalla trascrizione e traduzione di Report) come "Ex manager Underwriters Labs". La Underwriters Laboratories (sito) è uno dei più noti e prestigiosi enti internazionali di certificazione della conformità dei prodotti. Il marchio "UL" così diffuso sugli apparecchi di ogni genere è suo, ed è paragonabile per importanza al marchio CE europeo.
Tuttavia la sua qualifica di manager della prestigiosa organizzazione, che gli conferirebbe un indubbio alone di autorevolezza, è errata: la smentisce Ryan stesso. Ma procediamo con ordine.
Nessuno degli articoli della stampa tradizionale indica che Ryan ha lavorato per la UL come alto dirigente: tutti concordano nel dire che ha lavorato per un'altra azienda, la Environmental Health Laboratories (EHL), affiliata alla UL.
I rapporti fra EHL e UL sono stati chiariti dagli atti del processo intentato da Kevin Ryan per licenziamento senza giusta causa, resi pubblici dopo la redazione iniziale di questo articolo. Ryan fu assunto alla EHL in qualità di chimico e divenne successivamente Laboratory Manager, ossia "direttore di laboratorio": una qualifica ben diversa da quella di "executive" (alto dirigente). La UL acquisì in seguito la EHL con tutti i suoi dipendenti, Ryan incluso.
Per questo motivo, Ryan può essere definito, almeno formalmente, dipendente della Underwriters Laboratories, ma Ryan stesso prende pubblicamente le distanze da quest'attribuzione conferitagli da varie fonti cospirazioniste. Infatti secondo il Journal of 9/11 Studies, di cui Kevin Ryan è editor insieme a Steven Jones, Ryan si dichiara "Former Site Manager for Environmental Health Laboratories, a division of Underwriters Laboratories", ossia "ex responsabile locale della Environmental Health Laboratories, una divisione della Underwriters Laboratories".
E' la stessa differenza che passa fra dire "lavoro per la Ferrari" e "lavoro per la ditta che fa i pomelli del cambio per la Ferrari". E' curioso che Ryan venga invece presentato dai suoi fan come "alto dirigente" di una ditta ben più prestigiosa, della quale non è mai stato né dipendente diretto né tanto meno alto dirigente.
La EHL è un'azienda di South Bend, nell'Indiana, che secondo l'anagrafe dell'EPA (l'ente protezione ambientale statunitense) ha sede al 110 di Hill Street. L'anagrafe include anche il numero di telefono e l'indirizzo di e-mail dell'azienda. E' interessante notare che l'EPA elenca la EHL fra i laboratori approvati per l'analisi dell'acqua potabile e dell'acqua di falda: nulla a che vedere con la metallurgia o le costruzioni. Lo stesso fa il Dipartimento per la Salute statunitense in questo elenco (formato .DOC).
Ma può darsi che la EHL si occupasse anche di altre analisi, per esempio metallurgiche. Per saperlo, si può consultare il sito della EHL. Questi ed altri documenti reperibili in Rete indicano che il sito della EHL è www.ehl.cc, ma il sito non risponde.
Tuttavia una ricerca negli archivi di Archive.org, che memorizza "istantanee" periodiche dei siti, permette di vedere com'era il sito della EHL a varie date, per esempio al 28 marzo 2005. Da quell'"istantanea" si evince che la EHL si occupa soltanto ed esclusivamente di acqua: "Environmental Health Laboratories (EHL) is the most certified drinking water testing laboratory in America" ["è il laboratorio di analisi delle acque più certificato d'America"]. Anche l'elenco completo dei servizi offerti parla soltanto di analisi di sostanze presenti nell'acqua.
In sintesi: Kevin Ryan ha lavorato come direttore di laboratorio per un'azienda che certifica la potabilità dell'acqua e non ha alcuna competenza specifica in fatto di metallurgia o scienza delle costruzioni. Il suo licenziamento dalla EHL è dovuto al fatto che ha scritto una lettera al NIST spacciando le proprie controverse opinioni personali per un parere aziendale della UL. La vicenda è riassunta dal South Bend Tribune nell'articolo già citato e negli atti del processo Ryan Vs UL.
Presentarlo come "ex manager" o "alto dirigente" della Underwriters Laboratories è quindi falso. Attendiamo che i siti cospirazionisti, che si dichiarano così attenti alla "ricerca della verità", correggano questo loro errore.
Le dichiarazioni di Kevin Ryan su presunti brogli nei test della Underwriters Laboratories, ripresentate di recente nel programma Rai Report nella sua presentazione rimaneggiata del documentario Confronting the Evidence, hanno risollevato le polemiche sulla vera competenza di Ryan (nella foto, tratta da Report).
In Confronting the Evidence, Ryan è presentato (cito dalla trascrizione e traduzione di Report) come "Ex manager Underwriters Labs". La Underwriters Laboratories (sito) è uno dei più noti e prestigiosi enti internazionali di certificazione della conformità dei prodotti. Il marchio "UL" così diffuso sugli apparecchi di ogni genere è suo, ed è paragonabile per importanza al marchio CE europeo.
Tuttavia la sua qualifica di manager della prestigiosa organizzazione, che gli conferirebbe un indubbio alone di autorevolezza, è errata: la smentisce Ryan stesso. Ma procediamo con ordine.
- Il Village Voice, in un articolo di Jarrett Murphy del 21/9/2006, dice che Kevin Ryan era "uno scienziato presso l'azienda di collaudi che ha certificato l'acciaio utilizzato nelle torri gemelle, licenziato dopo aver scritto una lettera al NIST che criticava i risultati del NIST stesso" ["a scientist at the testing firm that certified the steel used in the twin towers, who was fired after he wrote a letter to NIST faulting its findings"]
- Un articolo della Reuters, firmato da Jim Wolf, riferisce che Ryan "dice di essere un ex manager locale di una divisione della Underwriters Laboratories" ["Ryan says he was a former site manager of a division of Underwriters Laboratories"].
- Un articolo del South Bend Tribune, di Joshua Stowe, dice che "Ryan fu licenziato dal suo lavoro alla Environmental Health Laboratories Inc. a South Bend, una società affiliata alla Underwriters Laboratories Inc." ["... Ryan was fired from his job at Environmental Health Laboratories Inc. in South Bend, a subsidiary of Underwriters Laboratories Inc."] e che attualmente lavora come ingegnere in una società farmaceutica e vive a Bloomington, nell'Indiana.
- Un altro articolo del South Bend Tribune, archiviato presso Mindfully.org, indica che a fine novembre 2004 Ryan fu licenziato dalla Environmental Health Laboratories, non dalla UL.
Nessuno degli articoli della stampa tradizionale indica che Ryan ha lavorato per la UL come alto dirigente: tutti concordano nel dire che ha lavorato per un'altra azienda, la Environmental Health Laboratories (EHL), affiliata alla UL.
I rapporti fra EHL e UL sono stati chiariti dagli atti del processo intentato da Kevin Ryan per licenziamento senza giusta causa, resi pubblici dopo la redazione iniziale di questo articolo. Ryan fu assunto alla EHL in qualità di chimico e divenne successivamente Laboratory Manager, ossia "direttore di laboratorio": una qualifica ben diversa da quella di "executive" (alto dirigente). La UL acquisì in seguito la EHL con tutti i suoi dipendenti, Ryan incluso.
Per questo motivo, Ryan può essere definito, almeno formalmente, dipendente della Underwriters Laboratories, ma Ryan stesso prende pubblicamente le distanze da quest'attribuzione conferitagli da varie fonti cospirazioniste. Infatti secondo il Journal of 9/11 Studies, di cui Kevin Ryan è editor insieme a Steven Jones, Ryan si dichiara "Former Site Manager for Environmental Health Laboratories, a division of Underwriters Laboratories", ossia "ex responsabile locale della Environmental Health Laboratories, una divisione della Underwriters Laboratories".
E' la stessa differenza che passa fra dire "lavoro per la Ferrari" e "lavoro per la ditta che fa i pomelli del cambio per la Ferrari". E' curioso che Ryan venga invece presentato dai suoi fan come "alto dirigente" di una ditta ben più prestigiosa, della quale non è mai stato né dipendente diretto né tanto meno alto dirigente.
La EHL è un'azienda di South Bend, nell'Indiana, che secondo l'anagrafe dell'EPA (l'ente protezione ambientale statunitense) ha sede al 110 di Hill Street. L'anagrafe include anche il numero di telefono e l'indirizzo di e-mail dell'azienda. E' interessante notare che l'EPA elenca la EHL fra i laboratori approvati per l'analisi dell'acqua potabile e dell'acqua di falda: nulla a che vedere con la metallurgia o le costruzioni. Lo stesso fa il Dipartimento per la Salute statunitense in questo elenco (formato .DOC).
Ma può darsi che la EHL si occupasse anche di altre analisi, per esempio metallurgiche. Per saperlo, si può consultare il sito della EHL. Questi ed altri documenti reperibili in Rete indicano che il sito della EHL è www.ehl.cc, ma il sito non risponde.
Tuttavia una ricerca negli archivi di Archive.org, che memorizza "istantanee" periodiche dei siti, permette di vedere com'era il sito della EHL a varie date, per esempio al 28 marzo 2005. Da quell'"istantanea" si evince che la EHL si occupa soltanto ed esclusivamente di acqua: "Environmental Health Laboratories (EHL) is the most certified drinking water testing laboratory in America" ["è il laboratorio di analisi delle acque più certificato d'America"]. Anche l'elenco completo dei servizi offerti parla soltanto di analisi di sostanze presenti nell'acqua.
In sintesi: Kevin Ryan ha lavorato come direttore di laboratorio per un'azienda che certifica la potabilità dell'acqua e non ha alcuna competenza specifica in fatto di metallurgia o scienza delle costruzioni. Il suo licenziamento dalla EHL è dovuto al fatto che ha scritto una lettera al NIST spacciando le proprie controverse opinioni personali per un parere aziendale della UL. La vicenda è riassunta dal South Bend Tribune nell'articolo già citato e negli atti del processo Ryan Vs UL.
Presentarlo come "ex manager" o "alto dirigente" della Underwriters Laboratories è quindi falso. Attendiamo che i siti cospirazionisti, che si dichiarano così attenti alla "ricerca della verità", correggano questo loro errore.
Quel buco troppo piccolo al Pentagono
di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
Una delle teorie di complotto più diffuse vuole che il foro d'impatto al Pentagono sia troppo piccolo rispetto al Boeing 757 (38 metri di apertura alare) che l'avrebbe prodotto secondo la ricostruzione comunemente accettata. A supporto di questa teoria vengono presentate immagini come questa:
Il buco sulla facciata sembra davvero piccolissimo. Ma attenzione al getto d'acqua che copre il piano terra: se scegliamo un'altra immagine della zona, nella quale il getto non è presente, scopriamo che il foro si estende anche al piano terra, proprio nella zona provvidenzialmente coperta nella foto proposta dai complottisti.
Come si vede in questa foto, al piano terra la facciata esterna del Pentagono è completamente sfondata in una zona ben più larga di quella mostrata dalla foto iniziale, il cui centro è evidenziato dal pallino rosso.
Le dimensioni reali della breccia sono visibili in questa fotografia, tratta dal libro Pentagon 9/11, pubblicato dopo la prima stesura di quest'articolo:
Dal piano terra della facciata sono spariti il rivestimento in lastre di pietra, i muri di mattoni e le finestre blindate da 720 kg l'una (spesse 5 cm) nei loro telai d'acciaio (fonte). Restano soltanto alcune delle colonne di cemento armato, e anche quelle sono piegate o divelte. Sulla destra si scorge un generatore mobile, a forma di container, il cui spigolo superiore è tranciato di netto.
La foto qui sotto è un collage di due immagini della facciata che permette di apprezzare meglio l'estensione di questi danni al piano terra.
La portata dei danni è visibile in dettaglio nelle immagini scattate dopo il crollo parziale dell'edificio:
In questo fotogramma, tratto da Inganno Globale, l'attenzione dello spettatore è attratta verso il centro, con la misura di 20 metri evidentemente incompatibile con i 38 metri dell'apertura alare di un Boeing 757. Ma ai lati della porzione crollata si vedono danni che si estendono oltre questi venti metri.
Un'altra immagine, anch'essa successiva al crollo, permette di apprezzare visivamente quanto sia esteso il danno da impatto ai lati della porzione collassata:
Possiamo vedere in dettaglio questi danni nelle foto qui sotto, rispettivamente a sinistra e a destra della fetta di edificio crollata. Le foto sono cliccabili per ingrandirle.
La zona di sinistra:
La zona di destra:
La zona rossa nella foto qui sotto traccia il perimetro della zona sfondata ed evidenzia la tacca inclinata e allungata prodotta dall'impatto nella zona di destra al primo piano.
La breccia è dunque parecchio più grande di quel che sembra dalle foto scelte ad arte dai complottisti, ma quant'è grande di preciso? Possiamo calcolarlo con buona precisione, usando un metodo talmente banale che viene da chiedersi come mai i complottisti non l'hanno mai usato.
Grazie al Pentagon Building Performance Report, infatti, sappiamo che la larghezza di ciascuno dei vani delle finestre è 5 piedi, pari a 1,52 metri. Da questo dato di riferimento possiamo estrapolare, tramite semplice stampa delle foto e uso di un righello, l'estensione della zona presentante danni da impatto e quella della fetta crollata.
Risulta che i danni si estendono complessivamente per una larghezza di circa 54 metri; la larghezza della zona interessata da sfondamento vero e proprio è di 35 metri. L'apertura alare di un Boeing 757 è, come già detto, 38 metri. La misura è verificabile e ripetibile da chiunque.
Vi potranno essere molti misteri negli eventi dell'11 settembre, ma il foro d'impatto troppo piccolo non è uno di essi.
A dicembre 2007, Pier Paolo Murru, noto nel settore per il suo lavoro di ricostruzione grafica dell'attacco al Pentagono e per le sue posizioni non certo favorevoli alla ricostruzione comunemente accettata, ha pubblicato il notevole collage di immagini mostrato qui sotto. E' molto dettagliato, per cui è consigliabile cliccarvi sopra per esaminarlo ad alta risoluzione.
A settembre 2008, il sottoscritto ha realizzato un confronto grafico fra l'immagine della breccia pubblicata nel libro Pentagon 9/11 e l'immagine della breccia solitamente presentata dai cospirazionisti. L'indicazione "5 m" è applicata dal film Zero e basta confrontarla con le dimensioni dei pompieri per capire che è grossolanamente errata, a meno che i soccorritori fossero tutti nani.
In video, consultabile anche in alta definizione:
Una delle teorie di complotto più diffuse vuole che il foro d'impatto al Pentagono sia troppo piccolo rispetto al Boeing 757 (38 metri di apertura alare) che l'avrebbe prodotto secondo la ricostruzione comunemente accettata. A supporto di questa teoria vengono presentate immagini come questa:
Il buco sulla facciata sembra davvero piccolissimo. Ma attenzione al getto d'acqua che copre il piano terra: se scegliamo un'altra immagine della zona, nella quale il getto non è presente, scopriamo che il foro si estende anche al piano terra, proprio nella zona provvidenzialmente coperta nella foto proposta dai complottisti.
Come si vede in questa foto, al piano terra la facciata esterna del Pentagono è completamente sfondata in una zona ben più larga di quella mostrata dalla foto iniziale, il cui centro è evidenziato dal pallino rosso.
Le dimensioni reali della breccia sono visibili in questa fotografia, tratta dal libro Pentagon 9/11, pubblicato dopo la prima stesura di quest'articolo:
Dal piano terra della facciata sono spariti il rivestimento in lastre di pietra, i muri di mattoni e le finestre blindate da 720 kg l'una (spesse 5 cm) nei loro telai d'acciaio (fonte). Restano soltanto alcune delle colonne di cemento armato, e anche quelle sono piegate o divelte. Sulla destra si scorge un generatore mobile, a forma di container, il cui spigolo superiore è tranciato di netto.
La foto qui sotto è un collage di due immagini della facciata che permette di apprezzare meglio l'estensione di questi danni al piano terra.
La portata dei danni è visibile in dettaglio nelle immagini scattate dopo il crollo parziale dell'edificio:
In questo fotogramma, tratto da Inganno Globale, l'attenzione dello spettatore è attratta verso il centro, con la misura di 20 metri evidentemente incompatibile con i 38 metri dell'apertura alare di un Boeing 757. Ma ai lati della porzione crollata si vedono danni che si estendono oltre questi venti metri.
Un'altra immagine, anch'essa successiva al crollo, permette di apprezzare visivamente quanto sia esteso il danno da impatto ai lati della porzione collassata:
Possiamo vedere in dettaglio questi danni nelle foto qui sotto, rispettivamente a sinistra e a destra della fetta di edificio crollata. Le foto sono cliccabili per ingrandirle.
La zona di sinistra:
La zona di destra:
La zona rossa nella foto qui sotto traccia il perimetro della zona sfondata ed evidenzia la tacca inclinata e allungata prodotta dall'impatto nella zona di destra al primo piano.
La breccia è dunque parecchio più grande di quel che sembra dalle foto scelte ad arte dai complottisti, ma quant'è grande di preciso? Possiamo calcolarlo con buona precisione, usando un metodo talmente banale che viene da chiedersi come mai i complottisti non l'hanno mai usato.
Grazie al Pentagon Building Performance Report, infatti, sappiamo che la larghezza di ciascuno dei vani delle finestre è 5 piedi, pari a 1,52 metri. Da questo dato di riferimento possiamo estrapolare, tramite semplice stampa delle foto e uso di un righello, l'estensione della zona presentante danni da impatto e quella della fetta crollata.
Risulta che i danni si estendono complessivamente per una larghezza di circa 54 metri; la larghezza della zona interessata da sfondamento vero e proprio è di 35 metri. L'apertura alare di un Boeing 757 è, come già detto, 38 metri. La misura è verificabile e ripetibile da chiunque.
Vi potranno essere molti misteri negli eventi dell'11 settembre, ma il foro d'impatto troppo piccolo non è uno di essi.
Altre analisi della breccia d'impatto
A dicembre 2007, Pier Paolo Murru, noto nel settore per il suo lavoro di ricostruzione grafica dell'attacco al Pentagono e per le sue posizioni non certo favorevoli alla ricostruzione comunemente accettata, ha pubblicato il notevole collage di immagini mostrato qui sotto. E' molto dettagliato, per cui è consigliabile cliccarvi sopra per esaminarlo ad alta risoluzione.
A settembre 2008, il sottoscritto ha realizzato un confronto grafico fra l'immagine della breccia pubblicata nel libro Pentagon 9/11 e l'immagine della breccia solitamente presentata dai cospirazionisti. L'indicazione "5 m" è applicata dal film Zero e basta confrontarla con le dimensioni dei pompieri per capire che è grossolanamente errata, a meno che i soccorritori fossero tutti nani.
In video, consultabile anche in alta definizione:
Pillole
Come esperimento, ecco i video in pillole.
A domanda risposta con accenno breve ad alcuni temi spiegati dal debunking per esteso in lunghi post.
flyght simularor & turbolenze
immagini rottami&confronto altri incidenti
documenti salvi
Colonna di fumo Shanksville
propagazione fuoco
polverizzazione dell'edificio
Nessun edificio in acciaio è mai caduto
il cherosene non scioglie l'acciaio
torri progettate per resistere ad impatto aereo
inettitudine dei dirottatori
frammenti corpi rottami e incidenti simili
telecamere al pentagono
segni sul pentagono
finestre pentagono
foro piccolo
A domanda risposta con accenno breve ad alcuni temi spiegati dal debunking per esteso in lunghi post.
flyght simularor & turbolenze
immagini rottami&confronto altri incidenti
documenti salvi
Colonna di fumo Shanksville
propagazione fuoco
polverizzazione dell'edificio
Nessun edificio in acciaio è mai caduto
il cherosene non scioglie l'acciaio
torri progettate per resistere ad impatto aereo
inettitudine dei dirottatori
frammenti corpi rottami e incidenti simili
telecamere al pentagono
segni sul pentagono
finestre pentagono
foro piccolo
2006/09/24
Sbuffi, fumo e incendi
Nel 911 il fumo la fa da padrone.
E' stato lui il vincitore, ha coperto una città per lunghi interminabili minuti.
E' stato un incubo rumoroso e sibillante per chi vi era dentro.
E' il simbolo dei crolli.
I sui amici sono il fumo degli incendi e gli sbuffi, detti anche squib. Il fumo degli incendi è il sibolo dello schianto degli aerei. Gli sbuffi per alcuni sono il segno dei crolli, per altri sono il segno della demolizione controllata.
Vediamoli tutti insieme.
Il fumo dovuto alla polverizzazione degli elementi
Jeffrey King lo paragona dalla fisica a due possibili eventi:
Io credo sia utile citare questo video, la demolizione senza esplosivi degli uffici della Rabobank ad Utrecht. Basta un colpo e poi il resto crolla in sequenza (la struttura appare molto snella e maldimensionata). Nasce un polverone tale da oscurare la visione.
Oppure quest'altro video: anche in questo caso, un colpo dato con la sfera fa crollare parte dell'edificio e si sviluppa un denso fumo per gli elementi che sbattono a terra.
D'altra parte basta avere un po' di senso pratico e vedere le nuvole di polvere che si sollevano anche solo tagliando il cemento con una sega circolare per ricavare canalette.
La perdita in volume della sezione-parete di cemento è piccola, mentre la resa della polvere sollevata è grande.
Per altri riferimenti tenere presente le dichiarazioni di Danny Jowenko, che non solleva nessun dubbio sugli sbuffi.
Il fumo dalle torri
Spesso nei forum si afferma che l'incendio non aveva ossigeno per alimentarsi. Molto spesso viene mostrata come prova di ciò una foto di inizio incendio con il commento che l'incendio non si è diffuso nemmeno alla parete opposta. Qui di seguito riporto il discorso di Jeffrey King:
Eppure guardando questa foto si vede che il vento di quel giorno ha spostato ad enorme distanza il fungo...
Il fungo è molto similare a quello dell'esplosione di Shanksville e di Piacenza. Si vede il fumo chiaro quasi spento alla base del fungo diventare sempre più nero man mano che lo si segue fino alla torre.
Questa seconda foto rende bene l'idea di quel fenomeno chiamato comunemente incendio e che altro non è che una reazione chimica.
Piccolo appunto. A risporta della capacità dell'edificio di non trasmettere fumo e calore anche oltre i piani, magari attraverso le scale o gli ascensori, c'è da considerare che l'aereo, impattando, ha forato il core centrale, quasi sicuramente eliminando tutti gli accorgimenti di progetto.
Inoltre registrazioni dal centralino del servizio assistenza 911 (il nostro 119) testimoniano di vittime che in diretta telefonica affermano di aver letteralmente preso fuoco per autocombustione (causa convezione del calore degli incendi sottostanti ai piani superiori).
Pompieri hanno raggiunto i piani superiori scoprendo solo piccoli falò sparsi?
E come mai non son riusciti a domarli? Bastava utilizzare l'estintore che avevano sulle spalle sin dal piano terra....in fin dei conti l'incendio si stava anche spegnendo da solo....o no?
Gli sbuffi
Dalla Torre Gemella durante il crollo uscivano ad intervalli regolari degli sbuffi. Questi sbuffi, localizzati sempre circa in centro alla facciata, sono per i dietrologi evidentemente identici agli sbuffi delle demolizioni controllate.
Certo nelle demolizioni controllate si vedono su ogni colonna portante e su ogni piano, mentre qui si vedono su alcune facciate, solo al centro e non per tutti i piani.
Va anche detto che nelle demolizioni controllate vengono in genere eliminati vetri e muri secondari o paramenti esterni per impedire che l'esplosione li lanci con un moto incontrollato fuori dell'edifico.
Nel World Trade Center gli sbuffi sono su una parete non preventivamente smontata e influenzano solo una finestra.
E' un peccato che le bombe esplodendo influenzino solo una finestra e non tutte quelle entro un certo raggio d'azione.
Ma a ben vedere gli sbuffi sono uguali? Proviamo a guardali da vicino:
Questo è uno sbuffo ingrandito del WTC. Si nota che esce inizialmente un po' di fumo, uno sbuffo che aumenta sempre più di intensità e tonalità tanto da perdere la trasparenza e oscurare il cielo dietro, progressivamente con l'avvicinarsi delle macerie.
Il fenomeno non è istantaneo, ma è sempre più in crescita fintanto che le macerie raggiungendolo non lo fanno sparire nella nuvola che si portano dietro.
Ecco invece lo sbuffo di una esplosione. E' un colpo che proietta all'esterno una massa di fumo, che in seguito si diffonde. Non è seguita da un aumento progressivo dell'intensità di fumo che esce, anzi si nota che dopo pochi secondi presenta solo lievemente un legame dalla direzione da cui è venuto. Insomma è un colpo istantaneo, non progressivo come sopra con aumento di intensità.
Io mi sento di dubitare delle somiglianze degli sbuffi, soprattutto se li si guarda accuratamente da vicino.
E' stato lui il vincitore, ha coperto una città per lunghi interminabili minuti.
E' stato un incubo rumoroso e sibillante per chi vi era dentro.
E' il simbolo dei crolli.
I sui amici sono il fumo degli incendi e gli sbuffi, detti anche squib. Il fumo degli incendi è il sibolo dello schianto degli aerei. Gli sbuffi per alcuni sono il segno dei crolli, per altri sono il segno della demolizione controllata.
Vediamoli tutti insieme.
Il fumo dovuto alla polverizzazione degli elementi
Jeffrey King lo paragona dalla fisica a due possibili eventi:
- l'esplosione di un vulcano
- la colata piroclastica densa e compatta che sopravvive anche all'acqua
Una delle cose secondo me più indicative sono le grosse nuvole di fumo denso che avviluppavano la zona che attraversavano il fiume, fino quasi al New Jersey. Questo genere di flusso è conosciuto bene in fisica e succede solo in due casi in maniera naturale. Il primo, nelle eruzioni vulcaniche, quando una quantità di lava all’improvviso esplode nell’aria dividendosi in piccole particelle. Nel secondo caso si parla di torpidità delle correnti. Questo avviene lungo i bordi del continente dove fango o sedimenti cadono, rimanendo a galla sull’acqua. Nella fase iniziale del crollo, nei primissimi momenti, si vedono queste nubi dense, espulse a velocità altissima. Sono dense perché corrono verso il basso diventando parte di un flusso più grande.
Ci stanno dicendo che il cemento è saltato in aria, è esploso, e poi è stato espulso, mentre i piani crollavano uno sull’altro. Non è una dinamica molto plausibile ma non ho ancora sentito nient’altro per spiegarlo (link).
Io credo sia utile citare questo video, la demolizione senza esplosivi degli uffici della Rabobank ad Utrecht. Basta un colpo e poi il resto crolla in sequenza (la struttura appare molto snella e maldimensionata). Nasce un polverone tale da oscurare la visione.
Oppure quest'altro video: anche in questo caso, un colpo dato con la sfera fa crollare parte dell'edificio e si sviluppa un denso fumo per gli elementi che sbattono a terra.
D'altra parte basta avere un po' di senso pratico e vedere le nuvole di polvere che si sollevano anche solo tagliando il cemento con una sega circolare per ricavare canalette.
La perdita in volume della sezione-parete di cemento è piccola, mentre la resa della polvere sollevata è grande.
Per altri riferimenti tenere presente le dichiarazioni di Danny Jowenko, che non solleva nessun dubbio sugli sbuffi.
Il fumo dalle torri
Spesso nei forum si afferma che l'incendio non aveva ossigeno per alimentarsi. Molto spesso viene mostrata come prova di ciò una foto di inizio incendio con il commento che l'incendio non si è diffuso nemmeno alla parete opposta. Qui di seguito riporto il discorso di Jeffrey King:
In realtà, come si è visto, pochi resti delle colonne sono rimasti in piedi fino ai primi piani. L’interno è stato disegnato in modo che, in caso d’incendio, il fuoco non potesse viaggiare attraverso gli ascensori, né che l’aria entrasse attraverso gli ascensori. L’architetto Aaron Swirsky li ha disegnati con un sistema chiamato a chiusura ermetica. C’erano finestre antincendio in grado di chiudere l’interno in un caso come questo. Le finestre, a quanto ne sappiamo, hanno funzionato bene. Vuol dire che la quantità di ossigeno era limitata (link).
Eppure guardando questa foto si vede che il vento di quel giorno ha spostato ad enorme distanza il fungo...
Il fungo è molto similare a quello dell'esplosione di Shanksville e di Piacenza. Si vede il fumo chiaro quasi spento alla base del fungo diventare sempre più nero man mano che lo si segue fino alla torre.
Questa seconda foto rende bene l'idea di quel fenomeno chiamato comunemente incendio e che altro non è che una reazione chimica.
Piccolo appunto. A risporta della capacità dell'edificio di non trasmettere fumo e calore anche oltre i piani, magari attraverso le scale o gli ascensori, c'è da considerare che l'aereo, impattando, ha forato il core centrale, quasi sicuramente eliminando tutti gli accorgimenti di progetto.
Inoltre registrazioni dal centralino del servizio assistenza 911 (il nostro 119) testimoniano di vittime che in diretta telefonica affermano di aver letteralmente preso fuoco per autocombustione (causa convezione del calore degli incendi sottostanti ai piani superiori).
Pompieri hanno raggiunto i piani superiori scoprendo solo piccoli falò sparsi?
E come mai non son riusciti a domarli? Bastava utilizzare l'estintore che avevano sulle spalle sin dal piano terra....in fin dei conti l'incendio si stava anche spegnendo da solo....o no?
Gli sbuffi
Dalla Torre Gemella durante il crollo uscivano ad intervalli regolari degli sbuffi. Questi sbuffi, localizzati sempre circa in centro alla facciata, sono per i dietrologi evidentemente identici agli sbuffi delle demolizioni controllate.
Certo nelle demolizioni controllate si vedono su ogni colonna portante e su ogni piano, mentre qui si vedono su alcune facciate, solo al centro e non per tutti i piani.
Va anche detto che nelle demolizioni controllate vengono in genere eliminati vetri e muri secondari o paramenti esterni per impedire che l'esplosione li lanci con un moto incontrollato fuori dell'edifico.
Nel World Trade Center gli sbuffi sono su una parete non preventivamente smontata e influenzano solo una finestra.
E' un peccato che le bombe esplodendo influenzino solo una finestra e non tutte quelle entro un certo raggio d'azione.
Ma a ben vedere gli sbuffi sono uguali? Proviamo a guardali da vicino:
Questo è uno sbuffo ingrandito del WTC. Si nota che esce inizialmente un po' di fumo, uno sbuffo che aumenta sempre più di intensità e tonalità tanto da perdere la trasparenza e oscurare il cielo dietro, progressivamente con l'avvicinarsi delle macerie.
Il fenomeno non è istantaneo, ma è sempre più in crescita fintanto che le macerie raggiungendolo non lo fanno sparire nella nuvola che si portano dietro.
Ecco invece lo sbuffo di una esplosione. E' un colpo che proietta all'esterno una massa di fumo, che in seguito si diffonde. Non è seguita da un aumento progressivo dell'intensità di fumo che esce, anzi si nota che dopo pochi secondi presenta solo lievemente un legame dalla direzione da cui è venuto. Insomma è un colpo istantaneo, non progressivo come sopra con aumento di intensità.
Io mi sento di dubitare delle somiglianze degli sbuffi, soprattutto se li si guarda accuratamente da vicino.
2006/09/22
L'esperto della Jowenko (traduzione in italiano) e Scott Forbes
di mother. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.
In un video di una TV olandese è stato interpellato un esperto di demolizioni controllate. Su Youtube sono disponibili ora tre spezzoni che ne parlano, di cui due identici. Riporto qui di seguito i dialoghi del primo video, tradotti dal francese dei sottotitoli (l'audio è in olandese).
A Jowenko non è stato mostrato questo video, né è stato spiegato dei danni che il rapporto FEMA descrive minuziosamente della facciata sud, né gli è stato accennato alle analisi sui campioni di acciaio rinvenuti.
Ciò nonostante, quello che anche agli esperti appare come una demolizione controllata, appena si fa loro notare l'errore comune (ovvero che il fumo spesso si pensa sia stato del WTC2, mentre in realtà era emanato dal fuoco nell'edificio stesso), non appare più così chiaramente come una demolizione. Nel caso presentato, dopo che gli è stato spiegato il contesto, l'esperto non sa più cosa dire rispetto a quanto ha affermato sulla demolizione controllata dell'edificio.
La presenza di esplosivi o di persone che piazzano esplosivi dentro un edificio in fiamme è definita "strana" e inspiegabile. La descrizione della preparazione non lascia dubbi sul fatto che sarebbe stata cosa ben visibile se fosse stata preparata giorni prima dell'11 settembre, per via dei cavi, delle apparecchiature elettroniche e dei detonatori.
A conferma di quanto appena detto, ecco di seguito un secondo video molto meno conosciuto in Rete (anche se sempre tratto dal programma televisivo Zembla) in cui si chiede a Jowenko un parere sulla demolizione controllata del WTC1 e 2. Non è detto che il motivo per cui questo video è meno noto sia il fatto che è fortemente contrario alla tesi della demolizione controllata. Ecco la traduzione dai sottotitoli inglesi (l'audio è in olandese).
Quindi riassumendo:
Insomma, per anni vari individui, di cui si è già discusso in altri post, hanno parlato di demolizioni controllate, ma un esperto del settore delle demolizioni controllate, più altri studenti della materia, smentiscono la possibilità dell'uso di esplosivi. Tutto ciò ricorda aspetti analoghi a questo post.
A questo punto quindi diviene interessante sentire questa testimonianza, per la quale ringrazio Massimo Mazzucco per i sottotitoli in italiano.
Certo, per il mosaico che deve essere costruito è molto meglio un archivista della Fiduciary Trust che crede e parla di demolizioni controllate che un esperto del settore che solleva tutte le perplessità del caso.
A riguardo alcuni hanno scoperto delle incongruenze nelle poche interviste che Forbes ha rilasciato. 911myths.com infatti dice:
E come non dare ragione a chi nota che la preparazione delle demolizioni richiede molto più di due giorni anche per edifici molto più piccoli. Oppure come non prestare attenzione a chi prende ad esempio la demolizione della Landmark Tower, indicando foto degli esplosivi piazzati sulle colonne per far comprendere come in così poco tempo sarebbe stato assurdo riuscire a nasconderli ed a nascondere i cavi necessari per attivarli a comando:
Ma a ben vedere, anche se assumessimo come vere le affermazioni di Forbes senza verificarle, queste sarebbero un durissimo colpo alle teorie dietrologiche-complottistiche, poiché mentre da una parte un non esperto presuppone che in quei due giorni di power down (blackout) della corrente elettrica sia stato fatto chissà che, dall'altra Forbes -- che lavorava alla Fiduciary Trust dal 1998 come dipendente fisso -- afferma di non aver mai visto blocchi di quel tipo, confermando più le idee dei debunker, che non parlano di demolizione controllata. Dal 1998 ad oggi, insomma, non ci sono stati blocchi in quantità tale da poter permettere il collocamento degli esplosivi.
Infine a catena vengono anche altre notizie diffuse nel web. Per esempio:
Blondet, l'autore del brano citato, continua a considerare questo episodio come la prova di una fantomatica agenzia di traslochi israeliana che nei giorni precedenti avrebbe minato le torri, in completo accordo con quanto dice Forbes. Certo sole cinque persone per minare due o forse tre edifici in così poco tempo...
Ringrazio Paolo Attivissimo per la traduzione in italiano del video di Jowenko in cui commenta il crollo del WTC1 e 2.
Mi è stato chiesto come sia possibile che ci sia così tanta differenza, secondo Jowenko, fra il tempo utile per la disposizione degli esplosivi per il WTC7 e la disposizione degli esplosivi per il WTC1&2. La spiegazione è semplice.
Nel caso del WTC7, vengono mostrati a Jowenko video del crollo dalla facciata non oscurata del fumo e lui nota come il crollo cominci dalla base. Poi il resto dell'edificio segue e, schiantandosi a terra, si distrugge. Quindi, fintanto che non gli viene fatta notare la presenza del fuoco, secondo Jowenko è solo il piano terra ad essere minato, è il piano terra ad esplodere e cedere e gli altri 47 piani vengono di seguito (poi, quando gli fanno notare il fuoco, l'opinione cambia).
Quindi in base a questa descrizione, facendo le cose veloci, 30-40 uomini avrebbero potuto minare un piano del WTC per creare la demolizione controllata in un giorno (senza fuoco e con una suddivisione spinta dei compiti).
Al contrario, nel caso del crollo del WTC1&2 Jowenko nota come il crollo sia dall'alto in basso e sia un crollo progressivo (come ne parlano parecchi complottisti, Meyssan fra tutti o come viene citato in certi video).
Secondo l'opinione di Jowenko, si capisce quindi che l'esplosivo dovrebbe essere stato posto su ogni piano e, tralasciando la sincronizzazione e l'impossibilità di nascondere esplosivo, cavi e sistemi di pianificazione ed esecuzione della demolizione, il tempo richiesto per la disposizione del materiale sarebbe stato di un anno per due torri.
Considerando un giorno a piano, risultano 220 giorni, in accordo con quanto detto per il WTC7.
Considerazioni similari a quelle eseguite per Forbes possono essere svolte anche per il WTC7. Il palazzo, contenente uffici della CIA e del governo, può indurre dubbi sull'affidabilità delle loro testimonianze dell'interno del WTC.
Tuttavia esiste un altro particolare sfuggito ai dietrologi teorici della demolizione dell'edificio con cariche esplosive.
In questo video possiamo vedere come dei pulivetri stessero compiendo il loro lavoro la mattina degli attentati (si vede l'esplosione del secondo Boeing sul WTC2) come nulla fosse, anche se è possibile vedere dal'esterno verso l'interno dei vetri solo parzialmente oscurati.
La presenza di esplosivi e cavi per armarsi sarebbe stata indubbiamente notata da costoro che per scendere dall'edificio dovevano risalire sul tetto. Ciò restringe enormemente, per i dietrologi della demolizione del WTC, il tempo utile per la disposizione degli esplosivi nell'edificio.
In un video di una TV olandese è stato interpellato un esperto di demolizioni controllate. Su Youtube sono disponibili ora tre spezzoni che ne parlano, di cui due identici. Riporto qui di seguito i dialoghi del primo video, tradotti dal francese dei sottotitoli (l'audio è in olandese).
SPEAKER: L'11 settembre 2001 il WTC7 era in fiamme, ma nessun aereo l'aveva colpito. Tuttavia questo edificio è anche lui crollato l'11 settembre. Questo fatto ha ricevuto poca attenzione. Lo stesso Jowenko non ne sapeva niente. La sua reazione ai video che gli abbiamo mostrato qui è libera e spontanea.
JOWENKO: Il crollo le sembra venire dall'alto? No, comincia dal basso. Hanno semplicemente demolito le colonne. E poi è crollato.
INTERVISTATORE: Il WTC7 è caduto diversamente dalle torri?
J: Lei crede di no?
I: Sì, si vede che partono per primi i piani in basso.
J: Sì, il resto segue il movimento, è semplice. Questa è una demolizione controllata.
I: Ne è sicuro?
J: Assolutamente, è caduto dopo, era preparato... E' il lavoro di una squadra di esperti.
I: Ma anche questo è avvenuto l'11 settembre.
J: Lo stesso giorno?
I: Lo stesso giorno.
J: Ne siete sicuri?
I: Sì.
J: [pausa] Siete sicuri che sia stato l'11 settembre? Non è possibile.
I: Sette 7 ore dopo le cadute del WTC.
J: ... Allora hanno fatto in fretta.
SPEAKER: Il rapporto ufficiale FEMA non è in grado di spiegare il motivo del crollo del WTC7. Esaminiamo con Jowenko tutte le ipotesi possibili. Ma la sua conclusione non cambia: il WTC7 è stato fatto saltare.
J: E' un lavoro di professionisti, senza alcun dubbio. Questa gente sa bene quello che fa.
SPEAKER: Resta solo da sapere se tutto questo è stato preparato in anticipo, o se è stato possibile deciderlo ed eseguirlo l'11 settembre stesso.
I: Quanti uomini e quanto tempo servono per fare tutto questo?
J: Non lo so esattamente.
I: Ci può dare una stima?
J: Servono degli esperti, ma se avete 30-40 persone allora... Qualcuno con delle torce al plasma [termine in corso di verifica: è plasma nei sottotitoli francesi]. Degli altri assemblano tutto. Altri connettono le miccie ai detonatori. Devono tutti agire contemporaneamente. E un altro gruppo posa i sistemi elettronici. Ed ecco, così è pronto.
I: Ma c'erano incendi dappertutto, anche dentro quest'edificio.
J: Non spenti?
I: Non spenti. Coloro che avrebbero preparato la demolizione, l'avrebbero dovuto fare mentre l'edificio bruciava.
J: [pausa] E' strano, è strano. Non so spiegarmelo.
A Jowenko non è stato mostrato questo video, né è stato spiegato dei danni che il rapporto FEMA descrive minuziosamente della facciata sud, né gli è stato accennato alle analisi sui campioni di acciaio rinvenuti.
Ciò nonostante, quello che anche agli esperti appare come una demolizione controllata, appena si fa loro notare l'errore comune (ovvero che il fumo spesso si pensa sia stato del WTC2, mentre in realtà era emanato dal fuoco nell'edificio stesso), non appare più così chiaramente come una demolizione. Nel caso presentato, dopo che gli è stato spiegato il contesto, l'esperto non sa più cosa dire rispetto a quanto ha affermato sulla demolizione controllata dell'edificio.
La presenza di esplosivi o di persone che piazzano esplosivi dentro un edificio in fiamme è definita "strana" e inspiegabile. La descrizione della preparazione non lascia dubbi sul fatto che sarebbe stata cosa ben visibile se fosse stata preparata giorni prima dell'11 settembre, per via dei cavi, delle apparecchiature elettroniche e dei detonatori.
A conferma di quanto appena detto, ecco di seguito un secondo video molto meno conosciuto in Rete (anche se sempre tratto dal programma televisivo Zembla) in cui si chiede a Jowenko un parere sulla demolizione controllata del WTC1 e 2. Non è detto che il motivo per cui questo video è meno noto sia il fatto che è fortemente contrario alla tesi della demolizione controllata. Ecco la traduzione dai sottotitoli inglesi (l'audio è in olandese).
SPEAKER: E che dire delle Twin Towers? Possono essere state demolite con esplosivi? Facciamo una cosa semplice, alla quale hanno pensato in pochi: lo chiediamo a un esperto in esplosivi. Danny Jowenko effettua demolizioni esplosive da 27 anni. E' il migliore in Olanda. Se c'è qualcuno in Olanda che può valutare se siano stati usati esplosivi, è lui.
JOWENKO: E' bizzarro [gli viene mostrato uno spezzone di Loose Change con gli impatti degli aerei al WTC; Jowenko commenta il primo crollo al WTC]. Ha impattato in un punto più favorevole, un po' più in centro. Inoltre il peso stesso dell'edificio sovrastante...
INTERVISTATORE: Quindi è logico che abbia ceduto per prima la seconda torre?
J: Ovviamente. Si vede chiaramente che l'edificio colpito per primo è stato colpito più in alto, per cui è crollato per ultimo perché c'era meno peso che lo tirava giù. Sono nozioni essenziali per chiunque sappia qualcosa di demolizioni. Devi sfruttare il peso stesso dell'edificio.
SPEAKER: Jowenko vede un altro indizio del fatto che non sono stati usati esplosivi: l'edificio crolla dalla cima verso il basso.
I: Se fosse stato fatto con esplosivi, sarebbe crollato a partire dalla parte inferiore.
J: Ovviamente si collocherebbero gli esplosivi in basso.
I: E sarebbe iniziato dal basso.
J: Sì, è così che sfrutti tutto il peso. E' un regalo: meno roba hai da far saltare in aria...
I: Ma la torre è crollata dall'alto.
J: E' crollata nel punto esatto nel quale l'aereo l'aveva colpita e scaldata.
[Viene mostrato un altro spezzone di Loose Change]
SPEAKER: L'ipotesi di complotto presume che le esplosioni siano iniziate alla sommità. Jowenko dice che è impossibile.
J: Non possono essere stati esplosivi, perché c'era un incendio enorme. Se ci fossero stati esplosivi, sarebbero già bruciati. Oltretutto, prima di bruciarsi, i loro detonatori si sarebbero attivati a 320 °C, per cui sarebbero esplosi prima.
[Viene mostrato un altro spezzone di Loose Change che descrive gli sbuffi visibili durante il crollo delle torri]
SPEAKER: Laddove i complottisti vedono esplosioni, Jowenko vede un'altra cosa che può spiegare il crollo rapido.
J: Si vedono anche, come dire, i bulloni che saltano a ogni passo. [pausa] Aveva una struttura centrale molto robusta, e le travi erano piuttosto lunghe... ma sono collegate fra loro, ed era alto 410 metri. L'energia è molto irregolare. Per cui ogni colonna doveva reggere un certo peso in un momento [non è chiaro se intende "momento" come tempo o come concetto di fisica] differente rispetto alla colonna adiacente, per così dire. Non può reggerlo, per cui si spezza in frammenti lungo tutta la propria lunghezza, bulloni compresi. Cedono i suoi vincoli lungo tutta la lunghezza, e le strutture laterali, anche loro robuste per via delle sollecitazioni del vento, che è il modo in cui era costruito l'edificio, sono state principalmente spinte in fuori.
[Viene mostrato lo spezzone, tratto dal documentario Naudet, in cui i pompieri descrivono il crollo con l'ormai famoso gesto "bum-bum-bum-bum"]
J: Lo dice persino lui [il pompiere], ha semplicemente ceduto. A ciascun piano, il peso era troppo.
I: Ma lui dice che era come se...
J: Questo è quello che sembra. Ma non mi dica che hanno collocato esplosivi in tutti e cento i piani. Non è possibile.
I: Perché?
J: E' ovvio che non è possibile.
I: Lei non lo farebbe in questo modo?
J: Ci vorrebbe un anno.
I: Un anno per piazzare tutti quegli esplosivi?
[Jowenko dice di sì]
J: E per prepararli e collegarli. Con tutti i cavi laggiù.
SPEAKER: E' possibile che Jowenko si sbagli o sia prevenuto? Può darsi. Anche qui, allora, ci facciamo dare un secondo parere. Anche gli studenti dell'università tecnica di Delft esaminano il crollo e lo discutono con i loro insegnanti.
STUDENTE: Abbiamo analizzato i danni alle colonne e alla struttura centrale del WTC, e l'energia dell'aereo e il kerosene che trasportava e ci siamo chiesti se poteva essere abbastanza per causare un danno sufficiente a far crollare l'edificio, e lo era.
INTERVISTATORE: Quindi la risposta è sì.
S: E' molto più logico che sia stato questo, piuttosto che gli esplosivi, il motivo del crollo dell'edificio.
I: Questa è la vostra conclusione?
S: Sì.
I: Vi aspettavate questo risultato prima di iniziare?
ALTRO STUDENTE: Il primo giorno abbiamo visto tutti Loose Change. Io non lo avevo mai visto. Ne sono stato immediatamente conquistato e ho pensato "Sì, questo è molto strano". Ma è tutto molto allusivo. Se lo esamini per conto tuo e cerchi di guardarlo obiettivamente, non c'è molto di quel film che sta in piedi.
I: Ti senti ingannato?
AS: In un certo senso, sì.
Quindi riassumendo:
- Jowenko, guardando il WTC 1 e 2, esclude la demolizione controllata poiché si verifica dall'alto al basso, partendo giusto dal punto di impatto dell'aereo.
- Inoltre ritrova gli sbuffi, gli squib in zona centrale e afferma che sono un'altra prova del crollo naturale.
- Sostiene che l'esplosivo, anche solo quello dei detonatori, sarebbe esploso a 320°C (ecco perché nel video del WTC7 rimane allibito dopo aver tanto parlato di demolizione controllata, ed ecco perché il video del WTC7 viene separato sia dalla stessa videointervista del WTC1 e 2 e a volte anche dalla sua stessa parte finale).
- Sostiene che per preparare le due torri ci sarebbe voluto un anno per piazzare le cariche esplosive, le componenti, i detonatori, i cavi, che tra l'altro sarebbero stati ben visibili.
- Gli mostrano il video con quattro pompieri che simulano a gesti l'esplosione controllata dei piani mentre crollano, ed il suo commento è: "ho capito che a loro piace l'idea delle esplosioni a catena, ma questa non è una demolizione controllata, non può esserlo".
Insomma, per anni vari individui, di cui si è già discusso in altri post, hanno parlato di demolizioni controllate, ma un esperto del settore delle demolizioni controllate, più altri studenti della materia, smentiscono la possibilità dell'uso di esplosivi. Tutto ciò ricorda aspetti analoghi a questo post.
A questo punto quindi diviene interessante sentire questa testimonianza, per la quale ringrazio Massimo Mazzucco per i sottotitoli in italiano.
Certo, per il mosaico che deve essere costruito è molto meglio un archivista della Fiduciary Trust che crede e parla di demolizioni controllate che un esperto del settore che solleva tutte le perplessità del caso.
A riguardo alcuni hanno scoperto delle incongruenze nelle poche interviste che Forbes ha rilasciato. 911myths.com infatti dice:
SF: Many, many people have talked to me about the power down and one person was contacted by a journalist as a backup source for my information (link)
But why only one? And where is this backup? The WTC held the offices of many large, important companies, and to have their central computers turned off would have been extremely inconvenient.
GW: How do you know that there was no electricity from floor 50 up, if Fiduciary Trust was on much higher floors -- starting at the 90th floor?
SF: I can't absolutely verify that there was no power on lower floors ... all I can validate is that we were informed of the power down condition, that we had to take down all systems and then the following day had to bring back up all systems ... (link)
So Forbes doesn’t appear to have any direct knowledge of conditions on floors below his own, and perhaps above (which makes sense, of course). If only one or two companies were affected then this would make the lack of corroboration more noticeable; of course, this also presents fewer opportunities to prepare the building for demolition.
#2, why would such a lengthy "power down" be necessary for a cable upgrade? This plainly didn't have anything to do with the main power lines into the building, as it only affected the floors from 50 upwards. What work could possibly be done on the floor below, that required turning off the power for 50+ floors (or whatever it really was) for 36 hours? If there were rewiring to be done, isn’t it more likely that this would be carried out in parallel, and companies would be switched from the old system to the new in a few minutes?
#3, are we supposed to believe that security systems fed off the same power system as everything else? So a power cut meant no security at all? Look at the affected tenants, if the “floor 50 upwards” version is true -- First Commercial Bank (floor 78), Fuji Bank (79-82), Fiduciary Trust, Atlantic Bank of New York... Do you really think these companies would live with a situation like that, or not object that all security for their offices has been disabled?
#4, even if all this were true, it still only provided access to half of one tower. What about the North Tower? WTC7? No mention of "power downs" there.
#5, the power down time was initially reported as 36 hours, and a subsequent interview cut this to 26:
SF: All systems were shutdown on Saturday morning and the power down condition was in effect from approximately 12 noon on Saturday September 8, 2001.
GW: When did it end?
SF: Approximately 2PM on Sunday 9/9. (link)
E come non dare ragione a chi nota che la preparazione delle demolizioni richiede molto più di due giorni anche per edifici molto più piccoli. Oppure come non prestare attenzione a chi prende ad esempio la demolizione della Landmark Tower, indicando foto degli esplosivi piazzati sulle colonne per far comprendere come in così poco tempo sarebbe stato assurdo riuscire a nasconderli ed a nascondere i cavi necessari per attivarli a comando:
Ma a ben vedere, anche se assumessimo come vere le affermazioni di Forbes senza verificarle, queste sarebbero un durissimo colpo alle teorie dietrologiche-complottistiche, poiché mentre da una parte un non esperto presuppone che in quei due giorni di power down (blackout) della corrente elettrica sia stato fatto chissà che, dall'altra Forbes -- che lavorava alla Fiduciary Trust dal 1998 come dipendente fisso -- afferma di non aver mai visto blocchi di quel tipo, confermando più le idee dei debunker, che non parlano di demolizione controllata. Dal 1998 ad oggi, insomma, non ci sono stati blocchi in quantità tale da poter permettere il collocamento degli esplosivi.
Infine a catena vengono anche altre notizie diffuse nel web. Per esempio:
I cinque ragazzoni israeliani, scaricatori di una ditta di traslochi, che furono fermati quel giorno dalla polizia di New York perché visti fotografarsi a vicenda, con l'aria di congratularsi, sullo sfondo dei due grattacieli in fiamme, dissero agli agenti: «non siamo noi il vostro problema, gli arabi sono il vostro e il nostro problema».
Un'ora dopo l'attentato, gli scaricatori sapevano già chi ne erano gli autori. (link)
Blondet, l'autore del brano citato, continua a considerare questo episodio come la prova di una fantomatica agenzia di traslochi israeliana che nei giorni precedenti avrebbe minato le torri, in completo accordo con quanto dice Forbes. Certo sole cinque persone per minare due o forse tre edifici in così poco tempo...
Ringrazio Paolo Attivissimo per la traduzione in italiano del video di Jowenko in cui commenta il crollo del WTC1 e 2.
Aggiornamento
Mi è stato chiesto come sia possibile che ci sia così tanta differenza, secondo Jowenko, fra il tempo utile per la disposizione degli esplosivi per il WTC7 e la disposizione degli esplosivi per il WTC1&2. La spiegazione è semplice.
Nel caso del WTC7, vengono mostrati a Jowenko video del crollo dalla facciata non oscurata del fumo e lui nota come il crollo cominci dalla base. Poi il resto dell'edificio segue e, schiantandosi a terra, si distrugge. Quindi, fintanto che non gli viene fatta notare la presenza del fuoco, secondo Jowenko è solo il piano terra ad essere minato, è il piano terra ad esplodere e cedere e gli altri 47 piani vengono di seguito (poi, quando gli fanno notare il fuoco, l'opinione cambia).
Quindi in base a questa descrizione, facendo le cose veloci, 30-40 uomini avrebbero potuto minare un piano del WTC per creare la demolizione controllata in un giorno (senza fuoco e con una suddivisione spinta dei compiti).
Al contrario, nel caso del crollo del WTC1&2 Jowenko nota come il crollo sia dall'alto in basso e sia un crollo progressivo (come ne parlano parecchi complottisti, Meyssan fra tutti o come viene citato in certi video).
Secondo l'opinione di Jowenko, si capisce quindi che l'esplosivo dovrebbe essere stato posto su ogni piano e, tralasciando la sincronizzazione e l'impossibilità di nascondere esplosivo, cavi e sistemi di pianificazione ed esecuzione della demolizione, il tempo richiesto per la disposizione del materiale sarebbe stato di un anno per due torri.
Considerando un giorno a piano, risultano 220 giorni, in accordo con quanto detto per il WTC7.
Aggiornamento: 18 ottobre 2007
Considerazioni similari a quelle eseguite per Forbes possono essere svolte anche per il WTC7. Il palazzo, contenente uffici della CIA e del governo, può indurre dubbi sull'affidabilità delle loro testimonianze dell'interno del WTC.
Tuttavia esiste un altro particolare sfuggito ai dietrologi teorici della demolizione dell'edificio con cariche esplosive.
In questo video possiamo vedere come dei pulivetri stessero compiendo il loro lavoro la mattina degli attentati (si vede l'esplosione del secondo Boeing sul WTC2) come nulla fosse, anche se è possibile vedere dal'esterno verso l'interno dei vetri solo parzialmente oscurati.
La presenza di esplosivi e cavi per armarsi sarebbe stata indubbiamente notata da costoro che per scendere dall'edificio dovevano risalire sul tetto. Ciò restringe enormemente, per i dietrologi della demolizione del WTC, il tempo utile per la disposizione degli esplosivi nell'edificio.
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