2012/09/29

"No Easy Day": il racconto della missione che ha ucciso Osama bin Laden

di Hammer

In occasione dell'undicesimo anniversario degli attacchi dell'11/9 è stato pubblicato il volume No Easy Day, scritto da uno dei Navy SEAL che hanno partecipato alla missione che uccise Osama bin Laden nel maggio del 2011. Nel libro l'autore si nasconde sotto lo pseudonimo di Mark Owen, ma già prima della pubblicazione era noto il suo vero nome: Matt Bissonnette. La notizia è stata riportata da diverse testate autorevoli come Fox News e Reuters; inoltre secondo il New York Times l'identità dell'uomo sarebbe stata confermata anche da ufficiali militari e dal Department of Defense.

Dopo la pubblicazione del libro, l'autore è anche apparso a volto scoperto nella trasmissione televisiva di CBS 60 Minutes (da cui è tratto il fotogramma sottostante).

Nella prima metà del libro, che ha come sottotitolo The Autobiography of a Navy SEAL, l'autore parla della propria carriera militare raccontando episodi di diverse missioni in Afghanistan e in Iraq.

La seconda metà del volume è invece interamente dedicata alla missione che ha portato all'uccisione di Osama bin Laden e su questa rivela particolari poco noti. Bissonnette racconta, ad esempio, che le prime esercitazioni sono state condotte nel North Carolina dove era stato ricostruito a grandezza naturale il compound in cui si nascondeva bin Laden. Oppure che la prima identificazione di Osama fu più difficile del previsto per via del buio della notte a cui si aggiungeva un momentaneo blackout (non infrequente nella zona, secondo l'autore) e in quanto Osama si era tinto la barba di nero per sembrare più giovane e ingannare chi gli dava la caccia; in seguito nel compound fu trovata anche una confezione del colorante per capelli Just for Men che era stata evidentemente usata allo scopo.

Il testo di Bissonette chiarisce anche il dettaglio dell'elicottero distrutto rinvenuto nelle vicinanze del compound. Il mezzo che trasportava il primo gruppo dei Navy SEAL si schiantò al suolo all'atterraggio, ma l'equipaggio riuscì comunque a uscirne indenne a condurre la missione come previsto. L'elicottero fu quindi intenzionalmente distrutto con una carica esplosiva al termine della missione.

Come riportato più volte dalla stampa, il libro è oggetto di animate polemiche. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha manifestato più volte il proprio dissenso con due articoli pubblicati sul sito ufficiale (primo, e secondo) in cui sostiene che il libro rivelerebbe informazioni riservate.

Inoltre l'Ammiraglio McRaven, organizzatore ed esecutore della missione, ha contestato il fatto che il volume conterrebbe una grave imprecisione. Bissonnette infatti racconta che bin Laden non avrebbe fatto il minimo tentativo di difendersi, mentre gli ufficiali del Pentagono hanno sempre sostenuto che Osama tentò disperatamente di raggiungere le armi che aveva in stanza. In realtà esiste una spiegazione semplice e plausibile: Bissonnette potrebbe non aver visto Osama compiere tale gesto in quanto lo vide solo da cadavere dopo che era stato ucciso da un altro Navy SEAL che lo precedeva.

Indipendentemente dalle polemiche suscitate, e in parte proprio per queste, il libro è molto interessante e, come è ovvio, riporta un'ulteriore voce che smentisce le assurde teorie del complotto secondo cui Osama bin Laden sarebbe morto anni prima in circostanze che nessun sostenitore di tali teorie ha mai saputo spiegare.

2012/09/14

Le conseguenze sanitarie dell'11 settembre

di Salvo Di Grazia

Nota di Undicisettembre: Gli eventi dell'11 settembre 2001 hanno provocato molte vittime anche a distanza di anni dall'attentato, principalmente a causa delle polveri dei crolli delle Twin Towers, inalate dai soccorritori e dalle moltissime persone presenti nell'area.

Molte testate giornalistiche si sono occupate delle problematiche mediche insorte nella salute dei soccorritori e della popolazione di New York in genere (ad esempio qui, qui e qui il New York Times, qui il Washington Post, qui la CNN, qui e qui la BBC, qui la ABC, qui il Daily Mail ecc...).

Anche MedBunker, il blog dedicato a smascherare bufale mediche e ciarlatani gestito dal Dott. Salvo Di Grazia, ha già affrontato questa tematica in un interessante articolo pubblicato in occasione del decennale dell'attentato. 

Oggi il Dott. Di Grazia ci concede gentilmente un nuovo articolo di aggiornamento che siamo lieti di poter offrire direttamente ai lettori di Undicisettebre.

La tragedia dell’11 settembre 2001 non fu soltanto dramma istantaneo ma si è prolungato nel tempo lasciando una scia di dolore e sofferenza lungo gli anni, fino ad oggi. Il lutto per chi è scomparso giace nell’intimo di chi resta ma chi ha subìto traumi, ferite e contaminazioni in quel giorno indimenticabile ne porta le conseguenze nel fisico e spesso in maniera evidente.

C’è un lato poco conosciuto della tragedia: il pensiero va subito a chi è stato coinvolto direttamente nei crolli delle torri ma c’è stato un altro nemico insidioso e poco prevedibile, la polvere, risultato del crollo delle torri del World Trade Center che ha invaso il corpo dei soccorritori, dei lavoratori e dei passanti che invano cercavano riparo.

2753 è la cifra ufficiale delle persone che quel giorno persero la vita ma se consideriamo tutti i decessi successivi dei feriti, le morti per infortunio o per malattie contratte per motivi direttamente legati al crollo, le vittime devono essere probabilmente triplicate.

La comunità medica ha studiato in maniera ossessiva le conseguenze del "dopo 11 settembre", tanto da far diventare quel giorno il disastro storico più studiato dalla scienza. Persino The Lancet, la rivista medica più prestigiosa al mondo ha dedicato articoli e speciali all’avvenimento.

Si studia soprattutto ciò che resta dei piccolissimi granelli di cemento, amianto, vetro, idrocarburi, piombo e diossina che si sono insinuati nelle vie respiratorie e nell’organismo di chi era lì, la nube di polvere era formata per il 95% da queste sostanze che creavano un velo alcalino già da solo molto irritante per la cute. Su oltre 42000 individui controllati, il 12% ha riferito prurito, eczemi e dermatiti dopo l’esposizione alla nube di polvere.
I primi disturbi, quelli più evidenti e diagnosticabili furono relativi alle vie respiratorie. I soccorritori, quelli più vicini ai crolli, soffrirono per mesi di rinite, disturbi asmatici e bronchite ed alcuni di essi svilupparono malattie respiratorie croniche.

Per capire l’entità del problema, basti pensare che a ridosso dell’evento raddoppiarono i parti di neonati con importanti deficit di crescita, la stessa patologia che si riscontra nelle donne in gravidanza fumatrici.

Angosciante anche l’aspetto psicologico. Subito dopo l’attentato aumentarono i casi di depressione ed ansia che cominciarono a diminuire lievemente con il tempo. Stesso fenomeno per l’abuso di sostanze stupefacenti e per le intenzioni suicide. In particolare, le persone che si trovavano all’interno delle torri prima del crollo e che riuscirono a sopravvivere presentavano la percentuale più alta di individui con disturbi ansioso-depressivi: il 95,6% di essi aveva almeno un sintomo di stress post traumatico.

Innumerevoli i traumi fisici, anche gravissimi: furono tante le persone decedute non durante il crollo ma dopo, per le ferite riportate dalla caduta di detriti, suppellettili o materiali vari ed un terzo dei volontari (soccorritori, operai, in uno studio su più di 7000 persone) ha accusato un disturbo legato agli eventi mentre il 20% di essi ha riportato un trauma fisico. Tutto questo a ridosso dell’avvenimento.

A distanza di anni le autorità sanitarie statunitensi continuano a seguire la salute delle persone coinvolte nei crolli ed hanno creato un’unità apposita. Persistono, anche se in maniera molto meno marcata, i disturbi respiratori con  rischio comunque particolarmente elevato di sviluppare asma bronchiale (un individuo esposto alle polveri del WTC ha un rischio di sviluppare asma del 19% contro il 2% della popolazione normale).

Si scopre quindi che la tragedia non ha mai fine.

Quasi un quarto delle persone con esposizione ravvicinata al crollo (soccorritori, passanti, impiegati) soffre sia di disturbi respiratori che di depressione post-traumatica, anche se i sintomi respiratori più diffusi e meno gravi (tosse ed affanno) sono oggi quasi tutti risolti. Per quanto riguarda le malattie più gravi gli esperti prevedono un aumento dei casi di tumore polmonare anche se in atto non si nota alcun picco significativo di patologia tumorale negli individui esposti al crollo del WTC. Identica situazione per le malattie cardiovascolari: si è registrato un lieve aumento di patologie cardiache e vascolari ma solo in gruppi esposti per lungo tempo ed in vicinanza di Ground Zero.

Il rischio comunque di malattie cardiache è particolarmente elevato negli individui esposti più a lungo ai contaminanti. Anche il rischio di cancro, nei soccorritori e nei volontari, sembra lievemente aumentato ma i numeri non consentono di trarre conclusioni definitive perché sono troppi i fattori che confondono la statistica.

Ecco, la statistica. Tutto ciò può servire a fissare con dei numeri l’enorme tragedia immediata ed eterna di quel giorno ma nulla può farci comprendere pienamente cosa hanno vissuto gli uomini che quel giorno erano lì.

2012/09/06

World Trade Center: intervista con il pompiere John Picarello

di Hammer. L'intervista originale in inglese è disponibile qui.

Sono trascorsi undici anni dagli attentati dell'11 settembre 2001 e affinché la memoria non ne vada persa il gruppo Undicisettembre prosegue il suo lavoro di raccolta di testimonianze dirette.

In questa occasione offriamo ai nostri lettori un'intervista realizzata con il pompiere di New York John Picarello che intervenne sulla scena la mattina degli attacchi.

Picarello racconta con parole vivide la situazione di caos che si creò quella mattina e spiega per quali motivi un crollo come quello delle Torri Gemelle può apparire ad occhi inesperti come causato da esplosioni sincronizzate.

Ringraziamo John Picarello per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi in generale di quella mattina? Ci puoi fare un breve racconto della tua esperienza?

John Picarello: Quella mattina era proprio come la mattina che abbiamo oggi qui, era bellissima e pur essendo settembre era come una mattina di primavera. Oltre 20 gradi con il cielo azzurro. Lavoravo al Battaglione 40, che si trovava nella zona di Sunset Park a Brooklyn. Stavamo guardando il telegiornale come ogni mattina al cambio dei turni, vedemmo tra le ultime notizie quella dell'aereo che aveva colpito la Torre Nord. Sapevamo fin da subito che la nostra unità avrebbe dovuto recarsi sul posto. L'unica ragione per cui avrebbero mandato noi da Brooklyn, pur essendo il World Trade Center a Manhattan, era che stavamo all'estremità meridionale di Brooklyn e avremmo potuto prendere il Brooklyn-Battery Tunnel e arrivare sulla scena prima di molte altre unità che avrebbero dovuto attraversare il traffico intenso di Manhattan.

Quindi fummo inviati e arrivammo sulla scena pochi minuti dopo che il secondo aereo aveva colpito la Torre Sud. Quando arrivammo c'erano ancora delle macerie che cadevano. Dovevamo trovare il Posto di Comando che ci avrebbe assegnato i nostri incarichi per la giornata. Lavoravo con il Comandante di Battaglione, Edward Henry. Aveva circa quarant'anni di esperienza sul campo. Io al tempo ne avevo solo quindici.

Eravamo su West Street, che era proprio di fronte alle Torri, e Liberty Street. Il Comandante entrò nella lobby del Marriott Hotel, che era proprio in mezzo alle Torri, per prendere gli incarichi. Io dovetti spostare il nostro Chevrolet Suburban in modo che non intralciasse il passaggio, poi lo avrei incontrato all'interno. Dall'esterno si vedevano queste due grosse voragini nelle Torri, ancora macerie che cadevano, c'erano automobili in fiamme attorno a noi e purtroppo la parte peggiore era vedere persone che saltavano giù dai piani superiori. Fu molto duro.

Entrai e ricevemmo il nostro incarico che era il settantacinquesimo piano della Torre Nord. Eravamo nella lobby dell'Hotel, avevamo alcune unità e stavamo per attraversare la passerella che univa la lobby dell'Hotel alla Torre Nord. Preparammo le nostre unità e facemmo forse quattro o cinque passi verso l'uscita dell'Hotel quando sentimmo questo boato. Ci guardammo l'un l'altro. Con noi c'era un Comandante di Battaglione che era membro di un Battaglione di Sicurezza e stava per salire con noi ai piani superiori, il suo compito era di controllare la stabilità strutturale dell'edificio. Quindi se qualunque cosa non gli fosse sembrata a posto ne avrebbe informato le unità all’esterno. Lo guardai e notai che aveva uno sguardo turbato, pensai subito: “Se lui è preoccupato, c'è qualcosa che non va.”

Il frastuono aumentò sempre di più e capimmo che qualcosa stava crollando. Dapprima pensammo che fosse l'Hotel, non sapevamo che fosse la Torre Sud che stava crollando. Durò pochi secondi, divenne davvero forte. La lobby iniziò a vibrare come in un terremoto, corremmo alla ricerca di riparo. Pochi secondi dopo qualcosa ci crollò addosso. Ci fu un crollo totale all'interno della lobby in cui ci trovavamo.

In pochi secondi fu buio assoluto e ci fu silenzio. Era tutto molto silenzioso.

Ricordo di aver aperto gli occhi e mi ritrovai a terra addosso al Comandante di Battaglione del Battaglione di Sicurezza: il suo nome era Lawrence Stack.

Non vedevo nulla, anche con occhi aperti era tutto nero come la pece. Capii di non essere bloccato, potevo muovermi. Accendemmo le torce elettriche e capii che tutto attorno a noi era crollato. A un metro da me c'era un muro di macerie dal pavimento al soffitto che ci tagliava fuori dal resto della lobby. Dovetti aiutare il Comandante a uscire dalla sua divisa da intervento perché un angolo della divisa era rimasto incastrato sotto a un muro che si era spostato nel crollo. Dietro di me c'erano circa 10 o 15 di noi. Non si vedeva bene perché era ancora tutto nero, c'erano solo le torce elettriche.

Ci dividemmo in due gruppi. Il primo gruppo cercò una via d'uscita, non potevamo uscire dalla passerella perché era bloccata dal crollo e non c'era modo di raggiungere la Torre Nord. Io rimasi con il secondo gruppo. C'erano due pompieri bloccati, quindi stavamo spostando le macerie per liberarli. Per quanto ne so sono entrambi sopravvissuti, so che li abbiamo liberati e che sono venuti con noi. Seguimmo il primo gruppo dopo circa venti minuti.

Uno di noi sentì una brezza fresca sul viso e capimmo che doveva venire da fuori, quindi la seguimmo e giungemmo a un'apertura. Forzammo la porta e potemmo vedere attraverso l'apertura; c'era luce solare alla fine di essa. Non so se fosse un ingresso di servizio, non sapevamo cosa fosse ma ci andammo. Prendemmo con noi molte persone. C'era un uomo enorme con noi che era circa 1 metro e 95, 140 chili: aveva una ferita alla testa, aveva una ferita molto grave alla gamba. Tentammo di sostenerli e di camminare con loro il più lentamente possibile.

Giungemmo su West Street e vedemmo che la devastazione era totale. Macerie a perdita d'occhio, incendi, c'era un'ambulanza che bruciava dall'altra parte della strada. C'era il Comandante del Dipartimento, il Comandante Peter Ganci, che era lì in piedi: guardava verso i pompieri che arrivavano a questa apertura per vedere fuori e faceva loro cenno di uscire. Uscivano e andavano a sinistra. Cioè, a sud, verso Liberty Street.

Mi volsi indietro verso l'altro Comandante e gli altri uomini e dissi: “Resto qui con voi fino a che non troviamo aiuto per fare uscire questa gente, perché non riuscivamo a farli passare oltre il limite inferiore dell'apertura perché erano feriti troppo gravemente.

E il Comandante del Dipartimento cominciò a farmi segno di andare da lui, non mi stava solo dicendo di uscire, ma voleva proprio che andassi da lui. Quindi il Comandante con cui ero mi disse: “E' meglio che tu vada a sentire cosa vuole che tu faccia.” Quindi uscii. Andai dal Comandante Ganci che mi disse che gli servivano quattro squadre con autoscala, un'altra squadra e una squadra di soccorso. “Vai a trovarle e falle venire qui da me immediatamente”. Mi disse che il Posto di Comando era stato spostato, a nord di Vesey Street. Ancora non sapevo che la Torre Sud fosse crollata, non mi ero guardato dietro.

Iniziai a camminare e arrivai sotto a North Bridge. Rimasi lì alcuni secondi tentando di respirare perché ero esausto. Quando ricominciai a camminare sentii un boato, e questa volta guardai in alto e vidi la grossa antenna sopra la Torre Nord oscillare leggermente. Pensai: “So che è alta circa 90 metri e se quella cosa cade giù dalla Torre sarà una catastrofe.” Mentre guardavo, la Torre Nord iniziò a crollare. In quel momento pensai: “Ci siamo. Non sopravviverò. Questa Torre sta per crollare e io sono morto.” Mi sentii dentro una spinta e mi dissi: “Questo non è un sogno, devi correre.” Mi voltai e iniziai a correre. Attraversai Vesey Street e West Street correndo e c'era un ampio spiazzo dove non c'era nessun posto per nascondersi, sentivo questa cosa dietro di me, la pressione, era come un vento.

Si poteva sentire il crollo, era come “pa-pa-pa-pa-pa” mentre ogni piano crollava sul successivo, e guardai dietro alle mie spalle, e vidi questa grossa nuvola di fumo che cresceva mentre io correvo. Ricordo solo di questa cosa che mi veniva proprio dietro. Tutto diventava grigio. C'era un furgone davanti a me e pensai: “La cosa migliore che posso fare è saltare dietro a questo furgone.” Quindi mi accucciai dietro al furgone e mi coprii più velocemente che potevo e quando questa nuvola nera e grigiastra passò sopra di me fu come un uragano. Non potevo credere quanto fosse potente. C'erano oggetti dentro che volavano in giro. Sentivo vetri rompersi e il furgone era scosso avanti e indietro dal vento che lo colpiva. Durò, non lo so di preciso, direi qualche secondo.

E poi ci fu ancora un silenzio sinistro. Ricordo di aver aperto gli occhi e di essermi guardato intorno, ma non vedevo nulla, era come se avessi gli occhi chiusi. Era di nuovo nero come la pece, non so se fossi intrappolato o se qualcosa fosse crollato addosso a me. Niente, non ho modo di saperlo. Ci volle qualche minuto, dicono quattro minuti, prima che tutta la nube si alzasse. A me sembrò che durasse in eterno.

Ricordo quando presi il mio primo respiro che fu come se l'aria fosse solida, si poteva proprio sentire l'aria che toccava la faccia. Era come se qualcuno mi avesse tirato una manciata di sabbia in bocca, quando respirai iniziai a sentirmi soffocare e a vomitare. Mi ci volle qualche minuto, mi alzai, cominciai a camminare. Caddi un paio di volte. Stavo ancora cercando il Posto di Comando e potei vedere attraverso la nube le luci dei veicoli di emergenza a circa a un isolato di distanza, e pensai: “Ok, il Posto di Comando è lì.” In quel momento c'erano altre unità che stavano correndo verso la scena. Riuscii ad arrivare a un'ambulanza e mi aiutarono a pulirmi gli occhi, le orecchie e la bocca. Non potevo usare il mio respiratore perché era danneggiato, c'erano macerie solide al suo interno. Dovetti toglierlo.

Circa 10 o 15 minuti dopo andai di nuovo davanti a dove stavano le Torri e per la prima volta mi accorsi che non c'erano più. Mi guardai attorno e c'erano incendi ovunque. Ogni palazzo che guardavo aveva incendi multipli al suo interno. Ricordo di aver pensato: “Come si attacca questo incendio?” Non c'erano assolutamente parole per descriverlo. Le macerie erano alte probabilmente quattro o cinque piani per un'area che si estendeva per due o tre isolati. Il centro delle macerie, che noi chiamavamo “la catasta”, era alto circa dieci o quindici piani. Enormi travi d'acciaio sporgevano dai lati.

Il North Bridge, dove mi trovavo qualche minuto prima, era crollato ed era schiacciato al suolo e fece da diga, impedendo all'enorme ammasso di macerie di attraversare Vesey Street. Per la prima volta potei sentire il Comandante a cui ero assegnato attraverso la radio, mi chiese se stavo bene e io gli chiesi dove fosse. Mi disse che stava bene, che stava tentando di recuperare i suoi oggetti ma che era sopravvissuto. Ma sfortunatamente molti degli altri con cui eravamo non ce la fecero: il Comandante Lawrence Stack non è sopravvissuto, l'uomo grosso che era con noi non è sopravvissuto. Il Comandante Peter Ganci, con cui ero due o tre minuti prima, morì nel secondo crollo.

Rimasi sulla scena fino alle 12 circa. Andai in ospedale, controllarono le mie condizioni, fui dimesso intorno alle tre. Tornai sulla scena alle quattro circa e lavorai lì fino alle otto di sera quando ero così stanco che capii che dovevo andarmene. Qualcuno di noi riuscì a ottenere un veicolo del Parks Department [dipartimento che si occupa della manutenzione dei parchi cittadini N.d.T] e uno dei ragazzi ci riportò oltre il ponte a Brooklyn. Arrivai a casa solo dopo mezzanotte.

Fu un giorno duro, non seppi chi era morto fino ad alcuni giorni dopo. Persi circa ventiquattro amici, la stazione dei pompieri successiva alla nostra su Fourth Avenue, la Squadra 201, perse tutti tranne il guidatore, l'MPO, come lo chiamavamo noi: Motor Pump Operator. La Squadra 5, che è a Staten Island, perse parte del proprio turno notturno e tutto il loro turno diurno, cioè circa 10 o 11 uomini.


Undicisettembre: Ti ci vollero quattro ore per arrivare a casa da Manhattan?

John Picarello: No. Ci volle circa un’ora dalle otto, quando ce ne andammo, per arrivare alla mia Stazione dei Pompieri. Lì mi sono fatto la doccia, mi sono cambiato, e mi sono seduto un po'. Ma non arrivai a casa prima di mezzanotte.


Undicisettembre: Non ti sei accorto che la Torre Sud era crollata nemmeno dopo il crollo della Torre Nord. Ci puoi spiegare meglio questo fatto?

John Picarello: Non me ne accorsi fino a quando arrivai all'ambulanza. Mi pulii gli occhi e la bocca e mi allontanai due o tre isolati. Ero all'angolo di West Street e Vesey Street guardando in alto e mi accorsi che entrambe le Torri non c'erano più.

Quindi non mi accorsi che la Torre Sud era crollata nemmeno dopo aver visto il crollo della Torre Nord. Non sapevo che la Torre Sud già non c'era più.


Undicisettembre: Hai notato nulla di strano durante i crolli, come delle esplosioni? O a tuo parere sono stati troppo rapidi per essere crolli naturali?

John Picarello: A mio parere non c'era nulla di innaturale. Vidi quando la Torre Nord crollava e si poteva proprio sentire che ogni piano crollava sul successivo. Era come “pa-pa-pa-pa-pa”. Ho sentito che alcuni miei amici lo descrissero come delle esplosioni ma credo che sia normale durante un crollo con la pressione e il fumo che vengono spinti fuori. Questo è ciò che ho visto. Quindi si poteva vedere il fuoco e il fumo spinti fuori ogni volta che un piano cadeva sul successivo. Ma non notai nulla di innaturale.


Undicisettembre: C'è un dettaglio che vorrei sottolineare. Hai descrito il rumore dei crolli come “pa-pa-pa-pa-pa”, un tuo collega usò la stessa espressione e alcune persone in rete dicono che questo implica che sentì delle esplosioni, che fu una demolizione controllata. Siccome tu eri lì, puoi smentire questa folle idea una volta per tutte?

John Picarello: Sì, perché ho visto delle esplosioni in precedenza, come esplosioni di gas, e ho visto edifici crollare in precedenza. Anche le strutture di legno che ho visto crollare in allarmi di quarto o quinto livello hanno sbuffi di fuoco e fumo che vengono spinti fuori mentre il palazzo crolla. Per me è stato normale.

So che qualcuno dice che sono state esplosioni sincronizzate, ma per me quando i piani crollano uno sull'altro, sono solo le leggi della fisica che dicono che il fuoco e il fumo vengono spinti fuori.

Non credo neanche per un secondo che quelle siano state esplosioni o detonazioni di qualunque tipo.


Undicisettembre: Tu hai avuto modo di camminare vicino alla Torre Nord dopo il crollo della Torre Sud. Come descriveresti Ground Zero in quei momenti?

John Picarello: C'era un gran caos, ovviamente. Mi guardai intorno, potevo vedere le unità che correvano verso il palazzo e altre che portavano le persone lontano dal palazzo. C'erano vari veicoli, tra cui un ambulanza e un paio di mezzi di soccorso, completamente avvolti dalle fiamme.

Anche l'edificio 6, che era l'edificio dove aveva la sede l'Agenzia delle Dogane, era danneggiato con incendi al suo interno. C'erano ancora macerie che cadevano. Vesey Streey aveva macerie, West Street aveva molte macerie. C'era confusione, ma i soccorritori, come la polizia, avevano obiettivi, quindi a qualcuno poteva sembrare che ci fosse il caos, ma non a me perché sapevo cosa stavano facendo. Stavano cercando di portare le persone lontane dagli edifici.


Undicisettembre: Dopo il crollo di ciascuna torre, hai potuto vedere quanto fossero danneggiati gli altri edifici circostanti? In particolare, sai quali fossero le condizioni del WTC7 prima che crollasse?

John Picarello: Quando guardai il WTC7 sembrava che ne fosse stato tolto un pezzo ai piani inferiori, probabilmente per via del crollo della Torre Nord. C'erano molti piani con grandi incendi, più verso l'estremità inferiore del palazzo. L'area era stata transennata, perché dicevano che avrebbe potuto crollare ed è crollato circa alle cinque del pomeriggio.

L'edificio della Deutsche Bank, proprio dall'altro lato della strada rispetto alla Torre 2, aveva enormi travi d'acciaio, cadute dalla Torri, infilzate dentro. Erano di dieci o forse venti tonnellate ciascuna. C'erano anche incendi nell'edificio.

Dall'altro lato di West Street di fronte all'Hotel c'era un'immensa trave infilzata in uno di quegli edifici, e c'erano anche degli incendi.

L'Hotel in cui ero stato sembrava alto quattro o cinque piani, credo che fosse di ventidue piani in origine. Dopo il primo crollo c'era come una “V” [immagine a destra N.d.T.] gigantesca tagliata nel palazzo. Ma dopo il secondo crollo sembrava alto pochi piani. Dietro di esso c'era ciò che chiamavamo la catasta, c'erano macerie fumanti e molti incendi.

Dopo il crollo della seconda Torre il World Trade Center 6 aveva molti piani incendiati.

Questo è sostanzialmente ciò che ricordo.


Undicisettembre: Prima del crollo, le torri davano segnali di essere sul punto di crollare o semplicemente crollarono all'improvviso? Vi aspettavate che crollassero?

John Picarello: Non credo che il crollo integrale fosse atteso. Ricordo bene che una delle preoccupazioni era che la parte della Torre Sud sopra al punto di impatto era notevolmente inclinata. Si vedeva. C'era una pendenza evidente.

E uno dei problemi era cercare di portare le unità là sopra per provare a estinguere l'incendio e raffreddare l'aera perché il sentore era che quei piani, quei 25 piani, potessero cadere. Il nostro pensiero era: “Ti immagini qualcosa come un edificio di 20 piani che cade dal cielo, se quella parte cade giù dalle torri?” Quindi credo che la nostra preoccupazione fosse che il crollo potesse essere parziale e che la sommità degli edifici potesse crollare. Ma non credo che qualcuno avesse previsto che l'intero edificio sarebbe crollato.


Undicisettembre: Cosa pensi dei tuoi colleghi che si arrampicarono lungo le scale nelle Torri 1 e 2 del WTC durante l'evacuazione? La maggior parte di loro è morta, ma lo ha fatto mentre tentava di salvare delle persone che sarebbero morte al posto loro.

John Picarello: Anzitutto fu un enorme successo.

Nel 1987 ci fu un incendio al Downtown Athletic Club, arrivammo sulla scena e ricordo che dovemmo salire dalla lobby al diciassettesimo piano con tutto l'equipaggiamento. Ci vollero circa trenta minuti. In questo caso le unità sono salite nella Torre Nord fino al punto dell'incendio in quarantacinque minuti, quindi ci volle da quarantacinque minuti a un'ora per chi era in buona forma. Per me questo ha mostrato una determinazione incredibile. Quegli uomini hanno fatto un lavoro eccezionale per arrivare così velocemente.

L'unico lato negativo fu che per la maggior parte del tempo le nostre ricetrasmittenti non funzionavano. Prima dei crolli ci fu un po' di comunicazione, ma dopo il primo crollo non sentii più nulla, a parte il mio Comandante di Battaglione dopo il secondo crollo.


Undicisettembre: Sei stato a Ground Zero nei giorni seguenti per l'attività di ricerca e soccorso?

John Picarello: Tornai lì il 17 settembre, il lunedì successivo. Ground Zero era stato diviso in zone, in modo che si potesse tenere traccia di dove erano le varie unità e di cosa stavano facendo. Io ero principalmente con delle unità di fronte a dove stava l'Hotel, su West Street. Trovammo resti sepolti sotto le macerie. Parte della giornata passava sulla cima della catasta aiutando la “brigata del secchio”, passavamo secchi pieni di macerie. Scavavamo molto a mano, a quel punto sapevamo che non era una missione di soccorso ma di recupero visto che era sei giorni dopo.

L'ambiente era terribile, c'era una puzza! Era dovuta all'odore chimico acre mischiato a quello dei resti in decomposizione. C'era una puzza! Era terribile. Quei due odori misti erano orribili da respirare. Avevamo alcune maschere chirurgiche, alcuni avevano dei respiratori ma nulla di ciò ci aiutò molto.

Quindi l'ambiente non era molto salubre secondo me. Ma in generale fu piuttosto ordinato, aiutarsi a vicenda, fare una pausa e tornare nella tua zona per proseguire con gli scavi.

I resti che stavamo trovando erano probabilmente di persone che stavano ai piani superiori perché erano sulla cima della catasta di detriti. Quelli che erano ai piani più bassi furono trovati dopo settimane, o anche mesi.


Undicisettembre: In che modo l'11 settembre ha cambiato la tua vista quotidiana?

John Picarello: In molti modi. Principalmente fu ciò che chiamano “Stress post traumatico”. Nel periodo in cui prendevo coscienza di ciò che era successo, avevo incubi che durarono alcune settimane e che sarebbero diminuiti nel tempo. Essendo anche un ministro ordinato avevo esperienza di assistenza psicologica, quindi almeno avevo un vantaggio nel senso che quando stavo attraversando gli effetti dello stress post traumatico sapevo cos'era. Non potevo fermarlo, dovevo attraversarlo, ma almeno sapevo e capivo cosa stava succedendo, quindi fui in grado di parlare con le persone, di discuterne. Alcune persone pensano che non sia normale e che loro abbiano qualcosa che non va, non capiscono che invece devono attraversarlo.

Questi effetti durarono diverse settimane. Ad esempio se stavo seduto a casa a bere una tazza di caffè al mattino e un grosso furgone fosse passato di fianco a casa mia e io avessi sentito anche una minima vibrazione, venivo ritrasportato a Ground Zero.

Dopo di ciò notai che ero diventato grato per piccole cose che avevo dato per scontate. Cose semplici come il prato del mio vicino di casa. Guardavo il suo prato e mi piaceva il modo in cui il sole si rifletteva sul prato. Era un verde stupendo. Devo essere passato davanti a quel prato ogni giorno per anni ma non ci avevo mai pensato.

La parte più dura iniziò circa a gennaio del 2002, quando mi resi conto che avevo quasi perso mia moglie perché per poco non sono morto. Inizia a analizzare ciò che era successo, e al primo crollo, e mi resi conto che meno di un metro dietro di me, nella lobby, c'era un immenso muro di cemento e macerie contorte dal pavimento al soffitto, e capii quanto ero arrivato vicino a venire schiacciato.

Quindi pensai a quando mi ero trovato davanti alla Torre Nord guardandola crollare e poi mi girai per correre, rimanendo quasi ucciso. Pensai a quanto ci andai vicino e con quanta facilità avrei potuto essere ucciso.

Pensai a prima che il Comandante Ganci mi chiamasse, ero seduto sul bordo di quell'apertura prima di uscire dall'edificio e non potevo sapere che in meno di due minuti tutta quell'area sarebbe rimasta schiacciata.

Quindi iniziai a rendermi conto di quanto sia fragile la vita: un minuto ci sei e il minuto dopo potresti essertene andato e non hai nessun controllo su questo.

Quindi l'11 settembre ha cambiato la mia vita nel senso che sono più grato per le cose che ho, non mi agito più per le piccole cose. Apprezzo di più le persone. Ci sono persone che danno per scontato che ci saranno per sempre. Mi occupo di più della mia famiglia, tratto le persone in modo diverso. Perché non puoi saperlo.

Pensai al Comandante Lawrence Stack e a quegli uomini nella lobby. Io stavo parlando con loro e in meno di 30 minuti sarebbero morti. Di solito non te ne rendi conto, ma quando lo feci, io iniziai a trattare la gente in modo diverso.

Per quanto posso cerco di non avere nemici. Se qualcuno prova a essere mio nemico, è un problema suo, io cerco di avere più amici che posso e tento di comportarmi bene con la gente perché la realtà dei fatti e che il domani non ti è promesso, non lo è a nessuno.

Ci sono cose più importanti nella vita che avere un aumento, avere un lavoro migliore, cambiare casa e prenderne una migliore. Ad esempio, la salute! Ho amici tra i quaranta e in cinquant'anni che, a causa dell'11/9 e dei mesi spesi a Ground Zero nella ricerca e nel soccorso, ora hanno dal 25 al 30% di capacità polmonare. E sono persone che non hanno mai fumato una sigaretta nella loro vita. Hanno una pensione di invalidità e qualcuno pensa che siano soldi buoni, ma chiunque di loro scambierebbe quei soldi per la propria salute in un battito di ciglia. Questo mi diede una visuale della vita del tutto diversa.

Devo essere grato di ciò che ho. Certamente provo a ottenere cose migliori ma bisogna anche essere grati di ciò che si ha. Ha cambiato anche il mio rapporto con mia moglie, con i miei figli, il modo in cui celebro, come parlo con le persone, anche le mie omelie la domenica sono diverse.

Questi sono solo alcuni dei modi in cui l'11/9 ha cambiato la mia vita, ma l'ha cambiata in modo drastico.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto che sostengono che l'11/9 sia stato un "inside job"? La maggior parte di queste teorie sostiene che le Torri furono demolite intenzionalmente con esplosivi. Qual è la tua opinione? Cosa pensano i tuoi colleghi di queste idee? Sono irritati, indifferenti?

John Picarello: Sono una studente di storia, e mi piace la storia, non c'è una singola tragedia occorsa in questa nazione che non abbia la proprie teorie del complotto. Per qualche ragione siamo attirati dal drammatico e dal sensazionale, ci piace l'intrigo. E vende libri! In un certo senso è positivo interrogarsi sulle cose una seconda volta, questo è l'unico aspetto positivo che vedo nelle teorie del complotto. Sfortunatamente ciò che i complottisti fanno è partire con una teoria e invece di indagare ciò che ci dicono i fatti, guardano ai fatti attraverso la lente della propria teoria. Quindi loro hanno gli stessi fatti delle altre persone ma impongono le loro teorie sui fatti. Questa è la mia opinione sulle teorie del complotto; puoi prendere qualunque fatto e farlo sembrare diverso molto facilmente e avrai un numero sufficiente di persone che ti seguiranno.


Undicisettembre: Com'è la vita a New York 11 anni dopo l'11/9?

John Picarello: E' una città molto diversa. E' anche una città più sicura, molto più amichevole di quanto fosse prima dell'11/9. Vorrei dirti che le persone sono più timorate di Dio ma non lo sono, anche perché c'è una nuova generazione di persone che erano bambini l'11/9 e per loro è storia, qualcosa che si legge nei libri ma che non hanno vissuto davvero. Loro sono più lontani dagli effetti dell'11/9. Quindi in questo senso la lezione non è stata ben imparata da quella generazione. Ma la generazione più vecchia è più propensa ad aiutare e più amichevole e questo ha cambiato la città. La gente si unisce e si aiuta più facilmente e molti quartieri adesso sono così. La gente la prende come orgoglio personale. “Questo è il mio vicinato, qui è dove vivo e se succede qualcosa occupiamocene insieme.” Non si vedevano succedere queste cose prima. Le persone erano più inclini a farsi gli affari propri. Ma oggi è così: “Hey, aspetta un attimo, non vogliamo che succeda di nuovo.” Se si vede qualcosa di strano è del tipo “vediamoci chiaro, facciamo una telefonata.”

Quindi in questo senso è cambiata e per quanto riguarda l'aspetto lavorativo Ground Zero non è più un posto che si vuole evitare. L'area attorno a Ground Zero è più residenziale di prima. La gente la sta ricostruendo e si sta assumendo la responsabilità della città.

La città è cambiata molto, e il cambiamento è in positivo.

World Trade Center: an interview with firefighter John Picarello

by Hammer. An Italian translation is available here.

Eleven years have passed since 9/11, and to preserve the memories of that day Undicisettembre is continuing to collect direct accounts.

Today we are publishing an interview with New York Firefighter John Picarello, who was deployed to the scene on the morning on the attacks.

Picarello vividly recalls the chaos of that morning, and explains how the collapse of the Twin Towers can appear to inexpert eyes as if it was caused by synchronized explosions.

We thank John Picarello for his kindness and willingness to share his thoughts


Undicisettembre: What do you remember, generally speaking, about that morning? Can you give us a brief account of your experience?

John Picarello: That morning was like the morning we have today, it was beautiful and even though it was September it was like a spring morning. It was about 70 degrees with blue sky. I was working in the 40 Battalion, which was located in the Sunset Park Section of Brooklyn. We were watching the news as every morning at the change of tours, we had that flash with the plane hitting the North Tower. We knew right away that our unit was going to go there. The only reason why they would send us from Brooklyn, being the World Trade Center in Manhattan, is because we were on the south end of Brooklyn and we could get through the Brooklyn-Battery Tunnel and arrive on the scene faster than a lot of the units that had to navigate the heavy traffic in Manhattan.

So we were sent and we arrived on the scene just minutes after the second plane had hit the South Tower. When we arrived on the scene there still was some debris falling. We had to find the Command Post which would give us our assignments for the day. I was working with the Battalion Chief, Edward Henry. He had some forty years of experience in fire fighting. I only had fifteen years of experience at the time.

We were on West Street, which was in front of the Towers, and Liberty Street. The Chief went into the lobby of the Marriott Hotel, which used to be right between the Towers, to get the assignment. I had to pull aside our Suburban to get it out the way, then I would have to meet him inside. Being outside you could see those two gaping holes in the Towers, debris was still falling, there were car fires around us and unfortunately the most difficult part was seeing people jumping from the upper floors. It was very difficult.

I got inside and we received our assignment which was the seventy-fifth floor of the North Tower. We were in the lobby of the Hotel, we had some units with us and we were going through the walkway that used to connect the lobby of the Hotel to the lobby of the North Tower. We got our units ready and we took maybe four or five steps to exit the Hotel when we heard this rumbling sound. We looked at each other. With us there was a Battalion Chief who was part of a Safety Battalion and he was going to come with us to the upper floors, his assignment was to monitor the structural stability of the building. So if anything didn't look good he would warn the units out. So I looked at him and I realized he had this troubled look on his face, and right away I thought: “If he's troubled, then it's not good.”

The rumbling was getting louder and we realized something was collapsing. We thought it was the Hotel at first, we didn't know it was the South Tower collapsing. It only took a few seconds, it got really loud. The lobby started to vibrate as if it was an earthquake, we run to take some cover. Just a few seconds later, this thing came crashing down. There was a full collapse in the inside of the lobby where we were.

In a few seconds it was just pitch black and quiet. Very quiet.

I remember opening my eyes and I was on the floor on top of that Battalion Chief of the Safety Battalion: his name was Lawrence Stack.

I couldn't see anything, even with my eyes open it was pitch black. I realized I wasn't trapped, I could move around. We switched on our flashlights and then I realized that everything had collapsed around us. Less than three feet behind me there was a wall of debris from the floor to the ceiling that cut us off from the rest of the lobby. I had to help the Chief to get out of his turnout coat because the corner of his coat was pinned under a wall that had shifted in the collapse.
Behind me there were maybe 10 or 15 of us. You couldn't see very clearly because it was still pitch black, there were just flashlights.

We broke up into two groups. The first group went to look for a way out, because you couldn't get through the walkway as it was all collapsed in and there was no way to walk to the North Tower. I stayed behind with the second group. There were two firefighters who were trapped, so we were just pulling debris out of the way to get them free. To my knowledge they both survived, I know we got them out and took them with us. We followed the first group after about twenty minutes.

One of us felt a cool breeze on his face and we realized it had to come from outside, so we followed it and we came to an opening. We forced the door and we could see down this opening; there was daylight at the end of it. I don't know if it was a service entrance, we didn't know what it was but we went down there. We took several people with us. There was one huge guy who was about 6 foot 5, maybe three hundred pounds: he had a head injury, he had a very severe leg injury. We tried to hold them up and walk with them as slow as we could.

We got to West Street and saw that it was total devastation. Debris as far as you can see, fires, there was an ambulance that was on fire across the street. There was the Chief of the Department, Chief Peter Ganci, standing there: he was looking at firefighters who would come to this opening and look outside, he would wave them out. They would go out and they would go to the left. That is, South, towards Liberty Street.

I turned around to the other Chief and to the other guys and I said: “I'll stay with you till we get some help to get these people out of here”, since we couldn't get them over the ledge, they were injured too badly.

And the Chief of the Department began to motion to me to come to him, he wasn't just telling me to get out, he wanted me to come to him. So the Chief I was with told me: “You had better go see what he wants you to do.” So I made my way out. I went to Chief Ganci and he told me that he needed four ladder companies, another squad company and a rescue company. “Go find them and have them report to me immediately”. He told me the Command Post had been moved, North of Vesey Street. I still didn't know the South Tower had collapsed, I didn't look behind me.

I started to walk and I arrived underneath the North Bridge. I stood there for a few seconds trying to take a breath because I was exhausted. And as I started to walk again I heard a rumbling sound, and this time I looked up and I saw the big aerial that was on top of the North Tower swaying a little bit. I thought to myself: “I know, that's 300 feet high and if that thing falls off the Tower it's going to be catastrophic.” As I was looking at that, the North Tower began to collapse. I thought in my heart at that moment: “This is it. I'm not going to survive. This Tower is going to collapse and I'm dead.” Inside of me I felt this pull and I said to myself: “This is not a dream, you've got to run.” I turned around and I started running. I ran across Vesey Street and West Street and there was a big open lot, there was nowhere to hide, I could feel this behind me, the pressure, it was like a wind.

You could hear the collapse, it was like “pa-pa-pa-pa-pa” as each floor was collapsing on the next one, and I looked up over my shoulder, and I could see just this big plume of smoke developing as I ran. I just remember this thing getting right behind me. Everything was getting grey. There was a truck in front of me and I thought: “The best that I can do is jump behind this truck.” So I dove behind the truck, I covered up as fast as I could and when this big black and greyish cloud passed over me it was like a hurricane. I couldn't believe the power of this thing. There was stuff in it that was flying around. I could hear glass breaking, the truck was rocking back and forth as the wind hit it. That lasted, I don't know, I guess a few seconds.

And then it was eerily quiet again. I remember opening my eyes and looking around, but I couldn't see anything, it was like I had my eyes closed. It was pitch black again, I don't know if I got trapped or if something collapsed on top of me. Nothing, I have no way of knowing. It took a few minutes, they say it took 4 minutes for the whole cloud to lift. You know, to me it seemed like forever.

I remember when I took my first breath it was like the air was solid, you could actually feel the air on your face. It was as if someone threw a handful of sand in my mouth, when I breathed in I started choking and vomiting. It took me a few minutes, I got up, I started to walk. I fell down a couple of times. I was still looking for the Command Post and I could see through the cloud, the lights from all the emergency vehicles about a block or so ahead of me, and I realized: “Ok, that is where the Command Post is”. At that time there were other units running towards the scene. I made my way to an ambulance and they helped me clean up my eyes, my ears and my mouth. I couldn't use my face piece to breathe because it was impacted, it was solid with stuff in it. I had to take it off.

After about 10 or 15 minutes I went back to the front of where the Towers were and for the first time I noticed they were gone. I looked around and there were fires everywhere. Each building I looked at had multiple floors with fire in them. I remember thinking: “How would you attack this?” There were absolutely no words to describe this. The debris was probably four or five stories high in some areas stretched for about two or three blocks. The center of the debris, that we called “the pile”, was about ten or fifteen stories high. Huge steel beams sticking sideways.

The North Bridge, where I was a few minutes before, was collapsed and crushed to the ground and it acted like a dam, as it was holding back a huge amount of debris from rolling across Vesey Street. For the first time I was able to hear through my radio the Chief I was assigned to, he asked me if I was okay and I asked him where he was. He said he was all right, he was trying to get his bearings but he survived. But unfortunately most of the others we were with did not: Chief Lawrence Stack didn't survive, the big guy we were with didn't survive. Chief Peter Ganci, who I was with just two or three minutes earlier, died in that second collapse.

I stayed on the scene until about 12 o'clock or so. I went to the hospital, got checked out, I was released at about 3 o'clock. I came back to the scene at around four and I worked till 8 PM when I was so exhausted I realized I needed to leave. So some of us managed to get a Parks Department vehicle and one of the guys drove us over the bridge back to Brooklyn. I didn't get home until about after midnight.

It was a tough day, I didn't know who was lost until a few days later. I lost about 24 friends, the next fire station from us on Fourth Avenue, Engine 201, lost everybody with the exception of the driver, the MPO, as we called him: Motor Pump Operator. Rescue 5, which is in Staten Island, lost part of their night tour and all of their day tour, that is about 10 or 11 guys.


Undicisettembre: Did it take you four hours to get home from Manhattan?

John Picarello: No. It took us from eight o'clock, when we left, about one hour to get to my Fire House. Then I showered, changed and sat for a while. But I didn't get home until midnight.


Undicisettembre: You didn’t realize the South Tower collapsed even after the North Tower collapsed. Would you like to elaborate?

John Picarello: It wasn't until after I had gone to the ambulance. I cleaned up my eyes and mouth and I walked back two or three blocks. I was standing on the corner of West Street and Vesey Street looking up and that was when I realized that both Towers were gone.

So I didn't realize the South Tower had collapsed even when I saw the North Tower collapsing. I wasn't aware that the South Tower was gone already


Undicisettembre: Did you notice anything strange during the collapses, such as explosions? Or were they in your opinion too fast to be natural?

John Picarello: In my opinion there was nothing unnatural. I saw when the North Tower was collapsing and you could actually hear it was one floor collapsing over the next. It was like “pa-pa-pa-pa-pa”. I heard some of my friends describing it as explosions but I think it's normal when collapsing with the pressure and the smoke being kicked out. That's what I saw. So you could see the fire and the smoke being pushed out each time a floor was hitting the next. But I didn't notice anything unnatural.


Undicisettembre: There's one little detail that I would like to stress. You described the noise of the collapses as “pa-pa-pa-pa-pa”, a colleague of yours used the same expression, and some people around the net said this implies he heard explosions, that it was a controlled demolition. Since you were there can you rule out this crazy idea once and for all?

John Picarello: Yes, because I've seen explosions before, like a gas explosion, and I've seen building collapses before. Even wood frame buildings that I've seen collapsing in fourth or fifth alarm have plumes of fire and smoke being pushed out of the building as it collapses. To me it was normal.

I know they said there were synchronized explosions, but to me when floors are collapsing one on the other, it's just the laws of physics that say that fire and smoke get pushed away from them.

I don't believe even for one second that those were explosions or detonations in anyway.


Undicisettembre: You got a chance to walk by the North Tower after the collapse of the South Tower. How would you describe Ground Zero in those moments?

John Picarello: There was some chaos, obviously, I looked around, I could see some of the units running toward the building, others were carrying people away from the building. There were several vehicles, including an ambulance and a couple of rescue vehicles, fully involved with fire.

Building number 6, which was the US Customs House on the corner, had damage too with fires in it. There was debris still falling. Vesey Street had debris in it, also West Street had a lot of debris in it. There was some confusion, but the rescue workers, such as the police, had objectives, so it might have looked like chaos to somebody else, but not to me since I knew what they were doing. They were trying to get people away from the buildings.


Undicisettembre: After the collapse of each tower, did you get a chance to see how severely damaged the other buildings all around were? In particular do you know what was the condition of WTC7 before it collapsed?

John Picarello: When I looked at WTC7 it seemed like there was a piece taken out at the lower floors, probably from the collapse of the North Tower. There were several floors that were heavily involved with fires, more towards the lower end of the building. They had cordoned off the area, because they said it might collapse and it collapsed at about 5 o'clock in the afternoon.

The Deutsche Bank building, just across the street from Tower 2, had some huge steel girders, fallen from the Towers, stuck into it. They were about ten, maybe twenty tons per piece. There were also fires in that building.

Directly across West Street opposite the Hotel there was a huge girder stuck on one of those buildings, and there was some fire there too.

The Hotel where I was appeared to be maybe four or five stories high, I think it was 22 stories originally. Aftetotal devastation. Debris as farike a giant “V” [pictured right] cut into it. But after the second collapse it looked like it was a few stories high. Behind it there was what we called the pile, there was a lot of smouldering and a lot of fire.

After the collapse of the second Tower the Customs House had several floors fully involved with fire.

That's basically what I remember.


Undicisettembre: Before collapsing, did the towers give any signs of being on the verge of collapse, or did they just come down at once?

John Picarello: I don't think the entire collapse was expected. I do remember one of the concerns was that the part of the South Tower above the impact zone was notably tilted. You could see it. There was a noticeable leaning.

And one of the concerns was trying to get the units up there and trying to get that fire out and cool the area down because the feeling was that those top stories, those 25 stories, could fall. Our thought was: “Can you imagine something like a 20 storey building falling from the sky, if that topples off the towers?” So I think our concern was that the collapse might be partial and that the top end of the buildings might fall. But I don't think that anyone envisioned that the entire building would have actually come down.


Undicisettembre: What are your thoughts about your colleagues who climbed the stairs in WTC Towers 1 and 2 during the evacuation? Most of them died, but they died while trying to save people who would have died instead of them.

John Picarello: That was an amazing feat to begin with.

Back in 1987 there was a fire downtown at Downtown Athletic Club, we arrived at that scene and I remember having to walk from the Lobby to the seventeenth floor with full gear. That took about thirty minutes. In this case some units made it in the North Tower to the fire zone in forty five minutes, so it took forty five minutes to an hour if you were in good shape. To me that showed an amazing determination. Those guys did an excellent job to make it up that fast.

The only down side for us was that for much of the time a lot of our handie talkies didn't work. Before the collapses there was some communication going on, but after the first collapse I didn't hear anything anymore, with the exception of my Battalion Chief after the second collapse.


Undicisettembre: Did you go to Ground Zero in the following days for the search and rescue activities?

John Picarello: I was there on September 17th, the following Monday. They had Ground Zero divided into zones, so that they were able to keep track of where the units were and what they were doing. I was basically with some units in front of where the Hotel was, by West Street. We discovered remains underneath. Part of the day was being on top of the pile helping the “bucket brigade”, we passed over buckets of debris. A lot of hand digging was still going on, we knew at that point it wasn't a rescue mission but a recovery mission since it was six days later.

The environment was terrible, there was such a stench! It was due to the acrid chemical odor mixed with the decaying remains. There was a stench! It was terrible. Those two mixed together were horrible to breathe. We wore some surgical masks, some had aspirators but none of those really helped much.

So the environment wasn't very healthy in my estimation. But overall it was pretty orderly, getting relief back and forth, taking a break and going back to your zone to continue digging.

The remains we were discovering were maybe from people who were at the upper floors, because they were on the top of the pile of debris. Those who were at lowers levels were discovered after weeks, or even months.


Undicisettembre: How did 9/11 affect your everyday life?

John Picarello: In a lot of ways. First and foremost it was what they called “Post traumatic stress”. While I was coming to grips to what happened, I had nightmares for a few weeks afterwards, which would decrease over time. Since I'm also an ordained minister I have some experience on counselling, so at least I had somewhat of an advantage in the respect that when I was going through the effects of post traumatic stress I knew what it was. I couldn't stop it, I had to go through it, but at least I knew and recognized what was going on, so I was able to talk to some people, to talk through it. Some people think it's not normal, that there's something wrong with them, and don't realize that they have to go through this.

Those effects lasted several weeks. Like if I was sitting at home maybe having a cup of coffee in the morning, and a big truck was running near my house, and I felt some slight vibration, I would have been transported back to Ground Zero.

After that I noticed I became grateful for small things I had taken for granted. Something as simple as my neighbour's lawn. I was looking at his lawn and I was appreciating the way the sun was reflected off the lawn. It was a beautiful green. I must have passed that lawn every day for years, but I'd never thought about it.

The really tough part became about January 2002, that was when I realized I had almost lost my wife because I had almost died. I started to think through what happened, and the first collapse, and I realized that less than three feet behind me, in the lobby, there was this huge wall of concrete and twisted debris, from the floor to the ceiling, so I realized how close I came to being crushed.

And then I thought about standing in front of the North Tower watching the collapse and turning around to run, about to be killed. I thought about how close it was and how easily I could have been killed.

I thought about before Chief Ganci called me, I was sitting on the ledge of that opening before exiting the building, and I had no way of knowing that in less than two minutes, that whole area would be crushed.

So I started to realize how fragile life is: one minute you are here and the next minute you could be gone and you have no control over it.

So 9/11 changed my life in the sense that I became more grateful for the things I have, don't sweat on the little things any more. I became more appreciative of people. You know there are people who take for granted they are always going to be there. I care more about my family, I treat people differently. Because you have no way of knowing.

I thought about Chief Lawrence Stack and those guys in the lobby. I was talking to them and then in less than 30 minutes they would be dead. Usually you don't realize that, but when I did I started to treat people differently.

As far as it's up to me I try to have no enemies. If someone tries to be an enemy to me, it's on them, I try to have as many friends as I can and try to be good to people because the truth of the matter is you are not promised tomorrow, nobody is.

There are more important things in life then getting a raise, getting a better job, moving and getting a better house. For instance, your health! I have friends in their forties who, as a result of 9/11 and months spent at Ground Zero doing search and rescue, now have 25% to 30% lung capacity. And they are people who never smoked a cigarette in their lives. They have an invalidity pension and some think it's good money, but any one of them would trade this money for health in a heartbeat. That gave me a totally different insight on life.

I have to be grateful for what I have. For sure I'm trying to get better things but don't be unappreciative for what you have. It also changed my relationship with my wife, with my kids, how I minister, how I talk to people, even my sermons on Sunday are different.

These are some of the ways, but it changed my life drastically.


Undicisettembre: What do you think about conspiracy theories that claim 9/11 was an inside job? Most of these theories believe the Towers were intentionally demolished with explosives. What's your opinion? How do your colleagues feel about these ideas? Are they irritated, indifferent?

John Picarello: I'm a student of history, and I love history, there isn't a single tragedy that happened in this country that doesn't have its conspiracy theories. For some reason we are drawn to the dramatic and sensational, we like intrigue. And it sells books! In some ways it's good to make you second guess things, that's the only positive I see in conspiracy theories. Unfortunately what conspiracy theorists do is to start off with a theory, and rather than investigating what the facts tell us, they look at the facts through the lens of their theory. So they have the same facts as all other people but they impose their theory upon the facts. This is my view on conspiracy theories; you can take any facts and make them look different very easily and you'll have enough people to follow you.


Undicisettembre: How's life in New York 11 years after 9/11?

John Picarello: It's a very different city. It's also a safer city, much friendlier than it was before 9/11. I would like to tell you that people are also more God fearing but they are not, also because there is a new generation of people that were children on 9/11 and to them it's history, something you read in a book but hadn't actually lived through it. They are more distant from the effects of 9/11. So in that sense there isn't a whole lot of a lesson learned for that generation. But the older generation is more helpful and more friendly and that transformed the city. People gather and help each other more easily and a lot of neighbourhoods are like that now. People take it as personal pride. “This is my neighbourhood, this is where I live and if something happens let's do something together about it.” You didn't see much of this before. People were more inclined to mind their own business. But today it's like “Hey wait a minute, we don't want any of that to happen again”. If they see something strange, it’s “let's look into it, let's make a phone call.”

So in that sense it's different and as far as business in concerned, Ground Zero is not a place you want to avoid anymore. The surrounding area to Ground Zero is more residential than it was. People are rebuilding it and taking personal ownership of the city.

The city has changed tremendously, and it's a change for the better.