2020/10/26

Ucciso in Afghanistan Abu Muhsin al-Masri, alto leader di al-Qaeda

di Leonardo Salvaggio

Il National Directorate of Security (anche noto come NDS, il servizio di sicurezza e intelligence afghano) ha annunciato il 24 ottobre su Twitter di aver ucciso in un'operazione delle forze speciali il terrorista Husam Abd-al-Ra'uf, noto anche con il nome di guerra Abu Muhsin al-Masri, considerato il leader di al-Qaeda nel subcontinente indiano e il secondo in comando dell'intera organizzazione dietro a Ayman al-Zawahiri. L'uccisione di al-Masri è stata confermata anche dal direttore dello US National Counterterrorism Center, ente federale americano preposto a coordinare tutte le attività antiterrorismo, Chris Miller.


Il terrorista era dal 2018 nella lista dei terroristi più ricercati dall'FBI. L'NDS ha pubblicato in un altro tweet (ATTENZIONE - foto impressionante) la foto di un uomo deceduto che effettivamente corrisponde alla persona che compare sul sito dell'FBI. Il vice governatore della provincia di Ghazni, dove è avvenuta l'operazione, ha comunicato all'Associated Press che i militari avrebbero invaso la casa in cui vivevano sette terroristi, tra cui al-Masri, nel villaggio di Kunsaf. Secondo l'NDS e secondo il governatore della provincia, al-Masri viveva sotto la protezione dei Talebani, in quanto il villaggio in cui si nascondeva era sotto il loro controllo. Sempre secondo l'Associated Press, anche i Talebani starebbero conducendo indagini, non meglio chiarite, sull'accaduto.

Se fosse confermato che al-Marsi viveva sotto la protezione dei Talebani, questi ultimi avrebbero violato il trattato di pace firmato a febbraio con gli USA, in quanto il secondo punto della sezione che elenca gli obblighi dei Talebani (denominati nel documento Islamic Emirate of Afghanistan) vieta espressamente di cooperare con gruppi che minaccino la sicurezza degli Stati Uniti e dei loro alleati.

2020/10/19

Storia del World Trade Center - prima parte

di Leonardo Salvaggio

Le Torri Gemelle del World Trade Center svettarono nello skyline di Lower Manhattan per tre decenni, soppiantando come simbolo della città molti edifici iconici preesistenti, come l'Empire State Building, la Statua della Libertà, il Chrysler Building e il Rockefeller Center. La loro costruzione durò dal 1968 al 1973, ma la loro realizzazione affonda le proprie radici fino agli anni quaranta, poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Lower Manhattan nel 1947.
Fonte: New York State Archives

Già negli anni 30 Lower Manhattan, la punta meridionale di Manhattan, vide una significativa crisi economica, perché il centro nevralgico della città si stava spostando verso Midtown, la zona centrale, che per i lavoratori provenienti dal Queens, dal New Jersey o dal nord dello stato di New York era più facilmente raggiungibile rispetto alla zona a sud dove si trova Wall Street. Per rilanciare l'economia della zona, e per iniziare un periodo di floridi scambi commerciali con l'Europa che stava risorgendo dalla guerra, lo stato di New York creò nel 1946 l'agenzia statale World Trade Corporation che aveva lo scopo di valutare la fattibilità della realizzazione di un world trade center (centro del commercio mondiale) a Lower Manhattan. L'agenzia in pochi mesi propose un progetto che vedeva la costruzione di ventuno edifici in un'area di dieci isolati, tuttavia non fu ritenuto sostenibile dal punto di vista economico, e quindi l'idea della costruzione del World Trade Center fu accantonata e nel 1949 la World Trade Corporation venne chiusa.

Fu solo verso la fine degli anni 50 che David Rockfeller, all'epoca vicepresidente della Chase Manhattan Bank, tentò nuovamente di risvegliare l'economia dell'area attorno a Wall Street commissionando allo studio Skidmore, Owings & Merrill la nuova sede della banca che presiedeva. Curiosamente uno degli edifici che contribuì allo sviluppo economico di Midtown a discapito di Lower Manhattan fu proprio il Rockefeller Center, ultimato nel 1939 e commissionato da John Rockefeller, padre di David. Il palazzo voluto da David Rockefeller aprì i battenti nel 1960 con il nome di One Chase Manhattan Plaza (in seguito cambiò nome in 28 Liberty Street nel 2013), ma attirò meno affittuari del previsto, e quindi diede solo una piccola spinta alla ripresa economica, che non bastò a invertire le sorti dell'area.

Nel 1958 Rockefeller aveva fondato la Downtown-Lower-Manhattan Association, associazione che aveva come scopo il rilancio dell'area, a cui diede l'incarico di commissionare allo studio Skidmore, Owings & Merrill un progetto che realizzasse il loro mandato. Lo studio produsse una prima proposta per la realizzazione di un complesso di edifici sulla costa est di Manhattan, appena a sud del ponte di Brooklyn. Nelson Rockefeller, governatore dello stato di New York e fratello di David, propose che fosse la Port Authority di New York e New Jersey (nata nel 1921 allo scopo di gestire le infrastrutture dei trasporti nella zona del porto) a realizzare il progetto, in modo anche da sgravare i conti dello stato dalla costruzione di un complesso di tali dimensioni. Nelle prime settimane del 1961 il direttore generale della Port Authority Austin Tobin commissionò al proprio collaboratore Richard Sullivan la redazione di uno studio di fattibilità, il documento intitolato A World Trade Center in the Port of New York fu redatto in meno di un mese e inviato al sindaco di New York e ai governatori di New York e New Jersey.

Proposta originale per la costruzione del WTC sulla costa orientale.
Fonte: Wall Street: A Pictorial History di Leonard Louis Levinson del 1961.

Tuttavia Rockefeller non poteva incaricare la Porth Authority della realizzazione senza coinvolgere nella decisione il governatore del New Jersey Robert Meyner, perché la Port Authority è un ente trans-statale. Meyner si dimostrò interessato al progetto solo nel caso in cui ci fossero stati vantaggi anche per il suo stato; Mayner aveva particolare interesse nella linea ferroviaria Hudson & Manhattan Railroad (oggi nota come PATH) che molti abitanti dei New Jersey utilizzavano per spostarsi per lavoro a Manhattan e che versava in condizioni di degrado. Meyner allora propose, e ottenne dopo mesi di trattative, che la Port Authority acquistasse la Hudson & Manhattan, con la promessa di lauti investimenti, e accettò la proposta di Rockefeller per la costruzione del World Trade Center.

Nel 1962 Richard Hughes subentrò a Mayner come governatore del New Jersey e lo stesso anno i due governatori e Tobin decisero di spostare la sede designata alla costruzione del complesso sulla costa occidentale di Manhattan, in un area trapezoidale che fosse più vicina al New Jersey e che includeva anche una stazione dell'Hudson & Manhattan. Tobin ottenne anche che la linea ferroviaria cambiasse nome in PATH, Port Authority Trans-Hudson, nome che conserva ancora adesso. La scelta della nuova sede non fu comunque priva di conseguenze, perché il lotto di terra dove avrebbe dovuto sorgere il complesso era fino ad allora denominato Radio Row ed era sede di oltre trecento attività commerciali e industriali, più di mille uffici e vi abitavano circa cento persone.

La zona di Radio Row nel 1936 in una foto di Berenice Abbott.

I commercianti e gli imprenditori dell'area si riunirono e avviarono una lunga causa legale contro la Port Authority, il cui progetto prevedeva l'esproprio dell'area e lo spostamento in altre zone delle attività di Radio Row. Dopo una lunga disputa legale tra vari tribunali, nel 1963 la corte d'appello di New York permise l'esproprio purché la Port Authority aiutasse le attività di Radio Row a trovare una nuova sede. Lo stesso anno il consorzio di Radio Row si appellò alla Corte Suprema degli Stati Uniti che rigettò la causa, in quanto non c'erano i requisiti perché passasse a una corte federale.


La seconda parte di questo articolo è disponibile qui.


Fonti:
  • Twin Towers: The Life of New York City's World Trade Center di Angus Kress Gillespie, 2002
  • Up from Zero: Politics, Architecture, and the Rebuilding of New York di Paul Goldberger, 2004
  • City in the Sky: The Rise and Fall of the World Trade Center di James Glanz ed Eric Lipton, 2003
  • The World Trade Center: A Modern Marvel: 1973-2001 di History Channel, 2002

2020/10/05

World Trade Center: an interview with first responder Paul Seldes

by Leonardo Salvaggio. An Italian translation is available here.

Undicisettembre is offering today to its readers the personal account of first responder Paul Seldes, who worked at Ground Zero for nine months after the attacks.

We would like to thank Paul Seldes for his kindness and availability.





Undicisettembre: Can you give us a general account of what you saw and experienced on 9/11?

Paul Seldes: At the time I was working for a consulting company, we worked on military and law enforcement training and contracts. My team and I were on our way to One Police Plaza, where NYPD is, to start a counter terrorism training program for NYPD. Before going there we had to go to the World Trade Center because we were picking up one of my team members there. We were in front of the World Trade Center and we literally saw the first plane veer off and hit. I was driving my car around there and the guy sitting in the rear seat said “What the fuck is that?”, we looked up and we saw the plane level off and plow into the building. Immediately there was debris coming down.

All of us had military or intelligence community experience and we knew right away there was something really bad happening; the fellow sitting next to me was a decorated military veteran for the US Army and he immediately said “We are at war”. I was trying to keep my car going around the flaming debris that was falling down around us. As we swerved around driving over the sidewalk, there was a woman who had been hit by something, she was bleeding heavily and one of the guys threw her into the car. We drove around lower Manhattan and we passed her off to an EMS crew that was down there.

While all this happened, my wife was home in our Manhattan apartment and she called me on my cellphone and said “I’ve just heard on the news a small plane hit the World Trade Center.” I answered her calmly “Yes, I know. I’m a little busy right now. I’ll call you back later” and I hung up. Her first reaction was “My idiot husband is right in the middle of it!” She did not hear from me for the next twelve hours and in the meantime all my family called her asking her how I was and where I was and she lied to them saying “He’s fine.”

My first goal was to get my team and I to safety, so we started out of Manhattan into Brooklyn and at that point we saw the second plane hit the second tower. Neither of the two members of my team were from New York; I was living in New York at the time but they weren’t: one guy was from New Jersey and the other was from Virginia and he had come in for this meeting. So, I wanted to get these guys back to their homes because we knew this was bad. I got to a car rental location and by early afternoon they were heading back to Virginia and New Jersey; I made my way back to Manhattan.

We heard the reports that the towers had collapsed over the radio once in Brooklyn and we could see the dust plume rise up.

I finally got back home twelve hours later, grabbed my gear and went down to Ground Zero, so in the wee hours of September 12th I was in downtown Manhattan with my equipment ready, pitching in and assisting in various ways. I spent nine months working there.


Undicisettembre: What did you do during those nine months?

Paul Seldes: A variety of roles. The company I worked for had a number of government contracts. During the first few weeks I was just helping coordinate search and rescue operations. After the first couple of months I moved into a logistics coordination role: coordinating between different agencies that were there working, coordinating the flow of stuff into the workers at Ground Zero and handling logistical needs like that.


Undicisettembre: How long did it take you to get your life back to normalcy?

Paul Seldes: In some ways it never did. In November 2001 the company I worked for shut down our New York and New Jersey office and laid off all the personnel, myself included. I started working under contract for the US Government to continue my work at Ground Zero and continued there until June 2002.
My parents had been living in Florida for a number of years and sometime as we were winding things down in 2002 my wife said “We are leaving New York and we are going to Florida” and we moved to Vero Beach, Florida, which is really nowhere, there’s nothing here, but that’s where my parents were and we ended up here. My intent was to get away from the world of public safety and bad things happening, but I got sucked back into it.. In the fall of 2002, I started having significant respiratory and lung issues and it took a lot of doctoring here, steroids and exercise. Fortunately, I seem to have cleared those problems behind me. I’m healthy and I hope I’ll remain so.

I still have PTSD, I have a sleep disorder which hasn’t gone away, I’m on medication for sleep. So definitely there are some long-term issues that are still with me but otherwise I’m back to normal.


Undicisettembre: How does 9/11 affect your everyday life even today?

Paul Seldes: Well, the PTSD kicked in, I couldn’t sleep more than two hours and then I was wide awake for some years after 9/11. It took a while and several different doctors before we hit on something that actually works. There’s a prescription sleep aid called Ambien which is great for once in a while but terrible for long term use so that was not an option for very long. It took some time to find a low dose anti depression pill which works fine for me. That’s something I’ll be living with for a long time.

My pulmonologist for the respiratory issues has me on a steady long-term doses of respiratory medications just to make sure everything stays normal in the way it’s supposed to be, even if there’s no sign of anything these days. So, these are the long term issues and life adjustments to be made.


Undicisettembre: What do you think of conspiracy theories according to which 9/11 was an inside job?

Paul Seldes: This is one of the most insane things I hear. It’s clear to anyone who has been in there and anyone who’s been involved in the recovery operation what happened and how it happened. There’s absolutely no question.

Anyone who’s touting these conspiracy theories are doing a disservice and disparaging the memories of all those who lost their lives on that day.


Undicisettembre: What’s your role now in the COVID-19 crisis?

Paul Seldes: I am an emergency manager here in Florida, I work for one of the larger counties and also support state wide operations. I’m a planner, I am the guy who puts together planning, data and analysis to help workout what we are doing.


Undicisettembre: How would you compare the crisis after 9/11 with the COVID-19 crisis?

Paul Seldes: It’s very different, COVID is a natural occurring thing while 9/11 was pure evil. So there’s a difference in that sense. And there’s a cultural difference here in the United States: after 9/11 everyone was together, people were cheering the responders and honoring them all over the country; now with COVID there seems to be a lot of arguing about what our government response agencies are saying, people are denying that this exists, are denying that masks work, denying everything we know being scientifically and medically accurate. There are more conspiracy theories now than after 9/11.

World Trade Center: intervista a Paul Seldes, membro delle squadre di primo intervento

di Leonardo Salvaggio. L'originale inglese è disponibile qui.

Undicisettembre offre oggi ai suoi lettori il racconto personale del membro delle squadre di primo intervento Paul Seldes, che lavorò a Ground Zero per nove mesi dopo gli attacchi.

Ringraziamo Paul Seldes per la sua cortesia e disponibilità.





Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?

Paul Seldes: All'epoca lavoravo per una società di consulenza, lavoravamo a contratto per la formazione del personale militare e delle forze dell'ordine. Io e il mio team stavamo andando al One Police Plaza, dove si trova la sede dell’NYPD, per avviare un programma di formazione antiterrorismo per l’NYPD. Prima di andare lì dovevamo passare dal World Trade Center per andare a prendere uno dei membri del mio team. Eravamo di fronte al World Trade Center e vedemmo letteralmente il primo aereo virare e colpire. Stavo guidando e il collega seduto sul sedile posteriore disse ”Che cazzo è?", guardammo in alto e vedemmo l'aereo mettersi in piano e schiantarsi contro l'edificio. Immediatamente ci furono detriti che cadevano.

Tutti noi avevamo esperienza militare o della comunità di intelligence e capimmo subito che stava succedendo qualcosa di terribile; il collega seduto accanto a me era un veterano militare decorato dell'esercito americano e disse subito "Siamo in guerra". Cercavo di continuare a guidare tra i detriti in fiamme che cadevano intorno a noi. Mentre guidavo passando anche sui marciapiedi, vedemmo una donna che era stata colpita da qualcosa, sanguinava copiosamente e uno dei miei colleghi la caricò in macchina. Passammo attorno alla punta meridionale di Manhattan e la passammo a un’ambulanza che si trovava lì.

Mentre tutto questo accadeva, mia moglie era a casa nel nostro appartamento di Manhattan e mi chiamò al cellulare e mi disse "Ho appena sentito al telegiornale che un piccolo aereo ha colpito il World Trade Center". Le risposi con calma “Sì, lo so. Sono un po’ occupato adesso. Ti richiamo più tardi" e riattaccai. La sua prima reazione fu "Quell’idiota di mio marito è proprio lì nel mezzo!” Non ebbe mie notizie per le successive dodici ore e nel frattempo tutta la mia famiglia la chiamava chiedendole come stavo e dove fossi e lei mentì dicendo "È al sicuro".

Il mio primo obiettivo era portare me e la mia squadra in salvo, quindi andammo da Manhattan verso Brooklyn e lì vedemmo il secondo aereo colpire la seconda torre. Nessuno dei due membri della mia squadra era di New York; all'epoca io vivevo a New York ma loro no: uno era del New Jersey e l'altro della Virginia ed era venuto per l’incontro che avevamo. Quindi volevo che questi ragazzi tornassero a casa perché sapevamo che ciò che stava succedendo era terribile. Arrivammo a un autonoleggio e nel primo pomeriggio partirono per la Virginia e il New Jersey; io tornai a Manhattan.

Sentimmo alla radio che le torri erano crollate mentre eravamo a Brooklyn e vedemmo la nuvola di polvere alzarsi.

Alla fine arrivai a casa dodici ore più tardi, presi la mia attrezzatura e tornai a Ground Zero, quindi alle prime ore del 12 settembre ero già a downtown Manhattan con la mia attrezzatura pronta, rimboccandomi le maniche e dando assistenza in molti modi. Lavorai lì per nove mesi.


Undicisettembre: Cosa hai fatto in quei nove mesi?

Paul Seldes: Ebbi ruoli diversi. L'azienda per cui lavoravo aveva vari contratti con il governo. Durante le prime settimane aiutavo solo a coordinare le operazioni di ricerca e soccorso. Dopo i primi due mesi passai a un ruolo di coordinamento logistico: coordinavo le diverse agenzie che erano lì a lavorare, coordinavo il flusso del materiale verso i lavoratori a Ground Zero e gestivo questioni logistiche del genere.


Undicisettembre: Quanto tempo ti ci è voluto per riportare la tua vita alla normalità?

Paul Seldes: Per certi versi non è mai successo. Nel novembre 2001 la società per cui lavoravo chiuse i nostri uffici di New York e New Jersey e licenziò tutto il personale, me compreso. Iniziai a lavorare sotto contratto per il governo degli Stati Uniti in modo da continuare il mio lavoro a Ground Zero e rimasi fino a giugno 2002.

I miei genitori vivevano in Florida da anni e una volta, mentre stavamo per concludere i lavori nel 2002, mia moglie mi disse "Andiamo via da New York e andiamo in Florida" e ci trasferimmo a Vero Beach, in Florida, che è davvero in mezzo al nulla, non c'è niente qui, ma c’erano i miei genitori e siamo finiti qui. Il mio intento era quello di allontanarmi dal mondo della sicurezza pubblica e di questi eventi tragici, ma ci sono stato risucchiato dentro di nuovo. Nell'autunno del 2002 iniziai ad avere problemi respiratori e polmonari importanti e dovetti fare molte cure, prendere steroidi e fare esercizio. Fortunatamente mi sembra di aver risolto questi problemi e di essermeli lasciati alle spalle. Sto bene e spero di continuare così.

Soffro ancora di disturbo da stress post-traumatico, ho problemi a prendere sonno che non sono scomparsi, prendo farmaci per dormire. Quindi ho ancora problemi di lungo termine, ma per il resto sono tornato alla normalità.


Undicisettembre: In che modo l'11 settembre influisce sulla tua vita quotidiana anche oggi?

Paul Seldes: Beh, ho avuto il disturbo da stress post-traumatico e non riuscivo a dormire più di due ore, per poi rimanere completamente sveglio, per alcuni anni dopo l'11 settembre. Ci è voluto un po' di tempo e vari medici differenti prima di trovare un rimedio che funzionasse. C'è un medicinale su prescrizione che aiuta a dormire, si chiama Ambien, che è ottimo se preso una volta ogni tanto ma terribile per l'uso a lungo termine, quindi come opzione non è durato molto tempo. Ci è voluto del tempo per trovare una pillola anti-depressione a basso dosaggio che funzionasse bene per me. È una cosa con cui dovrò convivere a lungo.

Lo pneumologo da cui sono in cura per i problemi respiratori mi ha fatto assumere dosi costanti a lungo termine di farmaci respiratori per essere sicuro che tutto rimanga come dovrebbe essere, anche se non c'è segno di nulla di anomalo al momento. Quindi questi sono i problemi a lungo termine e gli adeguamenti alla vita che ho dovuto attuare.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11 settembre sarebbe stato un inside job?

Paul Seldes: Questa è una delle cose più folli che sento. Cosa e come è successo è chiaro a chiunque era presente e a chiunque sia stato coinvolto nelle operazioni di recupero. Non ci sono assolutamente dubbi.

Chi diffonde queste teorie del complotto sta facendo un disservizio e sta denigrando la memoria di tutti coloro che hanno perso la vita quel giorno.


Undicisettembre: Qual è il tuo ruolo ora nella crisi da COVID-19?

Paul Seldes: Sono un responsabile delle emergenze qui in Florida, lavoro per una delle contee più grandi e do supporto anche alle operazioni in tutto lo stato. Sono un pianificatore, sono colui che mette insieme le pianificazioni, dati e analisi per aiutare a realizzare ciò che stiamo facendo.


Undicisettembre: Come paragoneresti la crisi dopo l'11 settembre alla crisi da COVID-19?

Paul Seldes: È molto diverso, il COVID è una cosa naturale mentre l'11 settembre è stato il male allo stato puro. Quindi c'è differenza in questo senso. E c'è una differenza culturale qui negli Stati Uniti: dopo l'11 settembre tutti erano uniti, la gente sosteneva i soccorritori e li onorava in tutto il paese; ora con il COVID sembra che ci siano molte discussioni su ciò che dicono le nostre agenzie governative impiegate nella reazione, le persone negano anche che esista, negano che le mascherine funzionino, negano che tutto ciò che sappiamo sia scientificamente e clinicamente accurato. Ci sono più teorie del complotto adesso che dopo l'11 settembre.