2014/09/17

Il Joint Inquiry e il presunto coinvolgimento saudita negli attentati

di John

Già nel corso della drammatica giornata dell’11 settembre 2001, mentre l’America prendeva coscienza della propria vulnerabilità nei confronti di una minaccia che aveva a lungo sottovalutato e mentre decine di migliaia di persone si adoperavano per prestare soccorso ai sopravvissuti del più grande attacco terroristico nella storia dell’umanità, i principali servizi responsabili per la sicurezza nazionale e  per l’antiterrorismo si erano messi in moto per acquisire ogni elemento utile all'identificazione degli esecutori degli attentati e dei loro mandanti.

Questo lavoro era dettato non solo dall'esigenza di valutare modalità e obiettivi della reazione americana ma anche di individuare le falle del sistema attraverso le quali i terroristi avevano potuto colpire così duramente. Numerose indagini e inchieste, anche interne e giudiziarie, si sono pertanto succedute nel tempo e tutte hanno prodotto rapporti e conclusioni che nel corso degli anni sono stati pubblicati anche sul Web, soprattutto dopo la conclusione del cosiddetto Processo Moussaoui che portò alla condanna di uno dei terroristi implicati nella fase preparatoria degli attacchi.

Tuttavia tanta gente non conosce questi documenti e ha sentito parlare soltanto del 9/11 Commission Report, ossia il rapporto di quasi 600 pagine rilasciato nel 2004 dalla Commissione Indipendente voluta dal Congresso Americano, perché quasi sempre, per ignoranza o per malevolo interesse, è l’unico ad essere citato, al punto da ingenerarsi la diffusa convinzione che quel rapporto sia la “verità ufficiale” del Governo Americano sui fatti dell’11 settembre 2001.

Peraltro gran parte di coloro che citano il 9/11 Commission Report (abbreviato: 9/11 Report) nemmeno lo hanno letto (e non ne esistono edizioni autorizzate in lingue diverse da quella originale in inglese), altrimenti saprebbero che in esso sono citati vari altri rapporti e inchieste precedenti, fra cui quello della FAA (l’ente americano che gestisce il trasporto aereo), dell’NTSB (l’ente che indaga sulle sciagure aeree), dell’USAF (l’aviazione militare americana), dell’ FBI (all’epoca il principale servizio antiterrorismo all’interno del territorio statunitense) e quello delle due commissioni congressuali permanenti di controllo sull’operato dei servizi segreti, denominato Report of the Joint Inquiry into the Terrorist Attacks of September 11, 2001 – by the House Permanent Select Committee on Intelligence and the Senate Select Committee on Intelligence (abbreviato in Joint Inquiry). In effetti il Joint Inquiry è un documento di grande interesse, certamente non secondario al 9/11 Report ma quasi del tutto ignorato in questi anni, nonostante fornisca risposte precise ed esaurienti a gran parte delle domande relative all'organizzazione degli attentati e alle ragioni per cui i servizi antiterrorismo americani non riuscirono a prevenirli.

Il Joint Inquiry, redatto nel 2002, mise a nudo gli errori di valutazione, il mancato scambio di informazioni tra i servizi che non cooperavano ma rivaleggiavano tra loro, le pastoie burocratiche e le limitazioni giuridiche che rallentarono o bloccarono l'attività di quegli investigatori che avevano subodorato che qualcosa di molto grave stava per accadere.

Anche dopo la sua pubblicazione, alcune delle circa 800 pagine del Joint Inquiry rimasero coperte dal segreto, ma ben pochi ci fecero caso perché, come si è detto, l'attenzione dell'opinione pubblica era concentrata soprattutto sul 9/11 Report (tant'è che qualcuno ancora confonde i due rapporti).

La questione è stata sollevata nella seconda metà del 2013 ed è stata riproposta con insistenza nelle ultime settimane, all'approssimarsi dell'anniversario della tragedia. Tutti parlano di “28 pagine secretate” nelle quali, secondo indiscrezioni apprese da chi avrebbe avuto accesso a quelle pagine, sarebbero descritti gli elementi che proverebbero il coinvolgimento dell'Arabia Saudita negli attentati dell'11 settembre.

È singolare che quasi nessuno tra i media che riportano la notizia indichi con precisione quali sono le pagine in questione: probabilmente in pochi hanno voglia di scartabellare 800 pagine, sia pure in formato PDF.

Se lo facessero, scoprirebbero che le pagine sono quelle comprese tra la 416 e la 443 del documento originale (che corrispondono alle pagine tra la 396 e la 422 del documento in formato PDF diffuso al pubblico) e che esse non sono le uniche ad essere secretate. Nel corpo del documento infatti, ci sono altre pagine e numerosi paragrafi non accessibili per cui il totale delle parti secretate ammonta a ben più di 28 pagine.

E non si tratta di una “scoperta” recente, nemmeno dal punto di vista mediatico: già nel 2003 i giornali scrivevano esattamente le stesse cose che vengono scritte oggi: le 28 pagine nascoste e il presunto coinvolgimento dell'Arabia Saudita.

Ma cosa c'è scritto in queste misteriose pagine mancanti?

Lo stesso Joint Inquiry si premura di spiegarlo, all'inizio del capitolo (Parte Quarta) secretato:

PART FOUR—FINDING, DISCUSSION AND NARRATIVE REGARDING CERTAIN SENSITIVE NATIONAL SECURITY MATTERS
20. Finding: [Through its investigation, the Joint Inquiry developed information suggesting specific sources of foreign support for some of the September 11 hijackers while they were in the United States. The Joint Inquiry’s review confirmed that the Intelligence Community also has information, much of which has yet to be independently verified, concerning these potential sources of support. In their testimony, neither CIA nor FBI officials were able to address definitively the extent of such support for the hijackers globally or within the United States or the extent to which such support, if it exists, is knowing or inadvertent in nature. Only recently, and at least in part due to the Joint Inquiry’s focus on this issue, did the FBI and CIA strengthen their efforts to address these issues. In the view of the Joint Inquiry, this gap in U.S. intelligence coverage is unacceptable, given the magnitude and immediacy of the potential risk to U.S. national security. The Intelligence Community needs to address this area of concern as aggressively and as quickly as possible].
Discussion: [The Joint Inquiry reviewed information in FBI and CIA documents suggesting specific potential sources of foreign support for the September 11 hijackers. While the Joint Inquiry uncovered this material during the course of its review of FBI and CIA documents, it did not attempt to investigate and assess the accuracy and significance of this information independently, recognizing that such a task would be beyond the scope of the Joint Inquiry. Instead, the Joint Inquiry referred a detailed compilation of information it had uncovered in documents and interviews to the FBI and CIA for further investigation by the Intelligence Community and, if appropriate, law enforcement agencies. A detailed summary of the available information pertaining to this issue is included in the classified version of the Joint Inquiry final report].
[It should be clear that this Joint Inquiry has made no final determinations as to the reliability or sufficiency of the information regarding these issues that was found contained in FBI and CIA documents. It was not the task of this Joint Inquiry to conduct the kind of extensive investigation that would be required to determine the true significance of such alleged support to the hijackers. On the one hand, it is possible that these kinds of connections could suggest, as indicated in a CIA memorandum, “incontrovertible evidence that there is support for these terrorists [---------------------------].” On the other hand, it is also possible that further investigation of these allegations could reveal legitimate, and innocent, explanations for these associations].
[Given the serious national security implications of this information, however, the leadership of the Joint Inquiry is referring the Joint Inquiry Staff’s compilation of relevant information to both the FBI and the CIA for investigative review and appropriate investigative and intelligence action].

In sostanza, il rapporto spiegava che gli investigatori erano in possesso di informazioni relative al possibile coinvolgimento di soggetti ubicati in paesi stranieri (“potential sources of foreign support”) ma precisava che tali informazioni non erano state verificate e che sarebbe stato necessario approfondire le indagini in quella direzione.

Trattandosi di indagini da sviluppare, è comprensibile che le autorità americane abbiano deciso di secretare quella parte del rapporto.

Tuttavia alcune testate giornalistiche riportarono alcune indiscrezioni provenienti da chi aveva avuto modo di leggere il rapporto originale (o vi aveva contribuito direttamente) e anche se le fonti di queste informazioni erano anonime, il loro contenuto sembra circostanziato e verosimile.

Tali indiscrezioni sono state ribadite in tempi molto più recenti e questa volta le fonti hanno anche un nome e cognome.

Dal complesso di queste informazioni giornalistiche si evince che i servizi investigativi avevano scoperto che alcuni dei dirottatori kamikaze avevano ricevuto supporto logistico e finanziamenti da esponenti del governo saudita e della casa regnante.

È bene precisare, però, che si sta parlando sempre e solo di ciò che è illustrato nel Joint Inquiry del 2003, ossia di informazioni che non erano state ancora verificate né approfondite a quel tempo. Ad esempio le “incontrovertibili prove” del coinvolgimento saudita sono un semplice appunto (“memo”) della CIA.

È il caso di ricordare che sulla base di informazioni incomplete e smozzicate gli americani sono già incappati in clamorosi errori (come quello del coinvolgimento iracheno negli attentati o del possesso di armi di distruzione di massa da parte dell'Iraq) per cui il buon senso consiglia di non dare un peso eccessivo alle ipotesi e alle indicazioni non verificate contenute nel Joint Inquiry e di attendere, piuttosto, che siano diffuse le conclusioni delle successive indagini da esse scaturite, delle quali, però, nessuno parla.

Purtroppo si ha la sensazione, infatti, che dietro la pressione mediatica per la desecretazione delle famigerate 28 pagine si celino interessi politici (come quello di mettere in difficoltà l'Amministrazione Obama o di incrinare i rapporti privilegiati che intercorrono tra Stati Uniti e Arabia Saudita) ed economici (la possibilità di ottenere risarcimenti dal governo saudita) anziché la sete di verità.

Del resto, che Osama bin Laden abbia goduto di importanti amicizie e parentele in Arabia Saudita è fuori discussione: era nato in Arabia, figlio di un magnate delle costruzioni edili molto vicino alla casa regnante saudita. Uno dei fratelli di Osama, Salem bin Laden, era stato uno dei due amici più intimi di Re Fahd.

Con oltre cinquanta fratelli e sorelle cittadini sauditi benestanti e a capo di un vero e proprio impero imprenditoriale e finanziario, non c'è da meravigliarsi che Osama bin Laden abbia mantenuto contatti con personaggi in vista del mondo politico, istituzionale e religioso saudita e sia riuscito a ottenere appoggi e finanziamenti per garantire il buon esito dei suoi piani terroristici.

Di qui a sostenere, però, che l'Arabia Saudita abbia consapevolmente concorso all'organizzazione degli attentati dell'11 settembre 2001 contro il suo principale alleato politico, economico e militare ce ne passa e soltanto la diffusione dell'esito delle indagini effettuate dopo la stesura del Joint Inquiry può, forse, dissipare il dubbio.

2014/09/10

World Trade Center: an interview with survivor Alexander Spano

by Hammer. An Italian translation is available here.

For the thirteenth anniversary of 9/11, we wish to offer our readers the first-hand account of a survivor, Alexander Spano, who worked in the South Tower and was in his office when the first plane struck.

The survivors' direct accounts of their experience are the best way to avoid losing memory of the events and to prevent them from being twisted by conspiracy theories, which, as Spano confirms, only take hold among those who weren't there and didn't live those events personally.

We wish to thank Alexander Spano for his kindness and willingness.


Undicisettembre: Can you give an account of what you saw and experienced that morning? What do you recall, generally speaking?

Alexander Spano: I was working for a company called Oppenheimer Funds, I was the operations manager for them and my office was on the 33rd floor of Tower 2 on the south end of the tower overlooking the Hudson river. My main view was on the Statue of Liberty, which was very nice! I was a kind of workaholic at that time, I was usually the first one in and the last one out, so I used to get there at about 6 or 6:30 in the morning and be the first one to turn the lights on, get the office up and running and set up. So when employees started to come in on that day I was in my office and at a certain point we heard a very loud rumble and we felt the shake. Being the operations manager I was also the designated fire marshal for the four floors that we occupied.

I didn't think too much of it until I saw the debris flying around the buildings, all you could see was debris flying around the building. In the World Trade Center the air filtration system was seven stories below the bedrock of Manhattan and both buildings shared the air, so when the first plane hit the first building our building started right away getting of the smoke coming into the building from the air conditioning system. At first we thought it was a small plane, like a Cessna plane or a news helicopter, at that point we didn't know what it was.

I started to evacuate my people and had them starting to go down using the stairway because we were not allowed to use the elevators. It took about a good half an hour to get everybody down to the bottom. Once at the ground floor I checked all four floors. I had a couple of people that were with me: a friend of mine, Bill, and a girl, Valerie, they were helping me and making sure everybody had evacuated their floor.

While we were at the ground floor I saw there was some police, so I went to one of the cops and asked them “What's going on?” and he just told me “Get the hell out of here, get the hell out of here! Get out of the building right away!” But I said “Hey, wait a minute. The speakers are saying to get back to offices.” and he told me those were pre-recorded messages and told me “Forget about them, just get the hell out of here.” and he also started running away.

So we went outside on Liberty Street and while I was like ten feet from the door the second plane came over my head and hit the building right overhead of us. Some of the visions that I saw in those moments are haunting, I still have post traumatic stress disorder, I still suffer from that very much. I wish I could cut a piece of my brain from my head that stores all that so that I never hear or see it again but unfortunately it is something that I carry with me every day. It's hard and it's very, very scary but when I walked outside the first thing I saw were bodies flying around and on the floor. When I first walked out of the doors somebody's body fell from the sky and landed ten feet in front of me. I have a vision of an arm, just lying in the street and I saw it in shock and horror. The next thing that happened is this huge airplane flying right over my head and flying into the building right over me.

We started running but we couldn't get too far, I got hit by a piece of either building or airplane in the head and in the lower spine. Still today I'm paralyzed in my right leg and I wear an external prosthetic and I had five back surgeries. That happened when I covered two people when the debris was falling down: my friend Valerie and an older lady.

Anyway since I saw and heard this airplane directly it upsets me when I see these conspiracy theorists. It upsets me a lot because if you were not there you have no right to comment on what happened. They should speak to people it actually happened to. I find them insulting and rude. I would love to sit across a table from a conspiracy theorist and I want to hear what he has to say. I would love to do that one day.

So, after running for a while I wanted to call home and check in with my family, I knew some friends of mine a couple of streets away and I went over there but even their phones were not working. At that point what Valerie and I were going to do was to catch a ferry to New Jersey because the both of us lived there, but the police told us that we could not. We stayed there just looking up and watching the buildings burn: we saw bodies falling and people jumping out. It was very horrifying and it's something you never, ever want to see in your life.

As I was standing there and I was arguing with this police officer that the only thing I wanted to do was to get across the street to catch a ferry to go to New Jersey, all that we could hear was the sound of the slamming floors within the building.

I want to clarify this because a lot of people say “There was a bomb that triggered the floors to start falling”. That was not the sound of bombs. It clearly sounded like one floor dropping on top of another, it was just “boom, boom, boom, boom, boom, boom”, you could hear it from inside the Tower before it started falling. It didn't sound like a blast, it didn't sound like an explosion of any kind. It just sounded clearly like floors falling on top on one another. My building, which was Tower 2, started to come down. I was only one block away.

We found shelter inside a restaurant where we closed the doors, and we ended up getting locked in there because the smoke and the debris was so heavy it jammed the door shut, and we couldn't get out. We were stuck there for a half hour until the police broke the windows and we got out. When we got out Tower 1 started to fall down, it was the same exact sound of the interior floors falling and then the rest of the building coming down.


Undicisettembre: What happened next? What time did you go home?

Alexander Spano: We walked to Battery Park where they had buses, we took a bus that brought us up the East Side of Manhattan that is called FDR Drive, Franklin Delano Roosevelt Drive, they dropped us off and we walked to Midtown by Times Square. We walked across Manhattan to the West Side where we took a ferry that took us home. By the time I got home it was five or six o'clock at night.

My family didn't even know if I was alive or not until four o'clock when I found a pay phone close to Times Square that was working, it was pretty scary.


Undicisettembre: What do you think of conspiracy theories which claim that 9/11 was an inside job?

 Alexander Spano: As I mentioned before I would love to sit across a table from one of these people, I want to sit down and see where they are getting their evidence, because I was there and they were not. Do you know anybody who is a conspiracy theorist and needs to be told and proven? Let me know! I would be more than happy to get on the phone with them. They are going to discount me being there and my first hand account versus what they just think happened just for fun or giggles. I want to have a one-on-one talk with one of these people.

There's nothing more frustrating than to know that people out there think that our government did this to us or that this was done on purpose for some other strange reason. None of these people saw what I went through and what many other people went through. I would love to have a talk with one of these people because there's no way they can discount what the heck I have to say.


Undicisettembre: In your opinion how popular are these theories in the United States?

Alexander Spano: They are considered a joke. They are not that popular but people who come out and say it was a conspiracy are discounted right away as jokes or as kooks.


Undicisettembre: What are your thoughts about the firefighters and the rescuers who risked their lives to save others?

Alexander Spano: Absolute heroes! Absolute heroes! If I were asking you “Would you give your life to save somebody else?” it would be a tough question to answer, but that's their job. These people wake up in the morning, wear a uniform and serve the public. They are pure humanitarian heroes.


Undicisettembre: What happened to you in the days after 9/11? How long did it take you to get back to normalcy?

Alexander Spano: To this day there's no normal life. I still wake up in the middle of the night with night shakes and sweating, loud noises for me are very tough.

Even just a few days after that date my responsibility as operations manager was to get the company back up and running. We had a contingency site in New Jersey and I had to get that up and running. I drowned myself in my work, this is what I ended up doing. I didn't feel much of the post traumatic stress disorder until much later, around six weeks later. But in the first days my main goal was to get my company up and running and in that period my body started to take the toll. I didn't know I had a broken spine and that I needed an operation right away until six weeks.

Within 48 hours my company was back up and trading. Thank God nobody of our company died, we got everybody out and nobody died.


Undicisettembre: Have you been to the 9/11 Memorial Museum yet?

Alexander Spano: I am planning on going. Soon. I just haven't had time to go yet unfortunately. It's not going to be easy. It's going to be a day of emotion and tears. It's going to be a day full of crying and I'll be in an emotional mess for the following two or three weeks. It's not going to be an easy thing to do.


Undicisettembre: What do you think about the new World Trade Center currently being built? Do you like it or would you have preferred to have the Twin Towers rebuilt?

Alexander Spano: At first I was more on the side of “We are the strong America, let's not show any weakness. They knocked down those buildings, let's build them right back up again”. But now if I think about it again I like the fact that they built a memorial where the two towers were and I do like the new tower, I think it brings pride back to New York. I like it.


Undicisettembre: You already told me your life never got back to normalcy, so how does 9/11 affect your everyday life?

Alexander Spano: Besides the physical part, emotionally it's very hard to live with that. Every anniversary I don't answer the phone anymore, I don't want to talk to people on that day anymore, I don't want people to tell me “Oh, I'm calling you for the anniversary, I'm glad you are here, bla bla bla...” I don't want all that. I want that to be a normal day. It's behind me, I want to go on.

I already have enough stuff in my life that reminds me of this. I don't know if you noticed but when we started this phone call it was 9:11 Eastern Daylight Time. And it happens me at least every day that I look at a digital clock, either in the morning or at night, and it says 9:11. My wife and I were looking to buy a new house and we went looking at one that we absolutely love and the address was 911 Ashburn Lane.

I know it's coincidence and that it might sound silly. I'm not a superstitious person, but it's just kind of weird that this kind of things just pop up.

I've spoken to people who were on D-Day, older gentlemen, veterans who were in World War 2, or people who were in war in Vietnam and they say that post traumatic stress is something you never get rid of. You cannot get rid of a thought in your mind, you can ignore it, you can put it in the back of your mind but it's always going to be there. People just told me “This is something that is now part of your life and it won't get away because it's in your brain, you are never going to get rid of it. You have to learn how to deal and cope with it on a daily basis, and the way you deal and cope with it is the most important thing.”


Undicisettembre: Do you think the country is still living in fear or has it regained its standing in the world?

Alexander Spano: Since 9/11 the country is living differently. We are more aware, it is unfortunate that even if international terrorism is scary enough we have our own problems like kids shootings in schools, or people going haywire. We are living in a much different age today, I tell my son often that when I was a kid, when you were 7, 8 or 9 years old, you could go outside and play and no one cared and you were fine. Today we are in a much different world. Even with my son being a teenager we always want to know where he is and that he's okay and that he's in an area that is okay.


Undicisettembre: Do you think bin Laden's killing helped healing the wound?

Alexander Spano: Oh yes! Oh sure, by far! I think America owed that to the people who lost their lives because of him and I think President Obama has done a wonderful job in working with the prior administration and with his administration in keeping up the fight and looking for him and finding him. I'm glad he wasn't captured alive, I'm happy he was shot in the head. A special operation like that, with a few of our soldiers, was the right way to do it.

World Trade Center: intervista con il sopravvissuto Alexander Spano

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

In occasione del tredicesimo anniversario dell'11/9 offriamo ai nostri lettori il racconto diretto del sopravvissuto Alexander Spano che lavorava nella Torre Sud e che si trovava in ufficio al momento del primo schianto.

Le testimonianze dirette dei sopravvissuti sono il modo migliore per non perdere il ricordo di quanto accaduto e per evitare che questo venga distorto dalle teorie del complotto che, come confermato da Spano, attecchiscono solo tra chi non era presente e non ha vissuto sulla propria pelle quanto successo.

Ringraziamo Alexander Spano per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi in generale dell'11/9? Ci puoi fare un racconto di ciò che hai visto quel giorno?

Alexander Spano: Lavoravo per una compagnia chiamata Oppenheimer Funds, ero il loro operations manager e il mio ufficio era al trentatreesimo piano della Torre 2 sul lato meridionale della torre, che si affacciava sul fiume Hudson. La mia veduta principale dava sulla Statua della Libertà, ed era bellissima! Ero un maniaco del lavoro, a quel tempo, solitamente arrivavo per primo e uscivo per ultimo, quindi di solito arrivavo alle 6 o alle 6:30 del mattino ed ero il primo ad accendere le luci e ad avviare le attività di ufficio. Quindi quando iniziarono ad arrivare gli impiegati quel giorno io mi trovavo in ufficio, e a un certo punto udimmo un rombo fortissimo e sentimmo l'edificio tremare. Essendo l’operations manager, ero anche responsabile delle emergenze per i quattro piani che occupavamo.
Non ci badai troppo finché non vidi macerie volare attorno agli edifici, tutto ciò che si vedeva erano macerie che volavano attorno all'edificio. Al World Trade Center il sistema di filtraggio dell’aria era sette piani sotto il livello del suolo roccioso di Manhattan e i due edifici condividevano l’aria, quindi quando il primo aereo colpì il primo edificio anche il nostro iniziò a ricevere del fumo che entrava dal sistema di condizionamento. Sulle prime pensavamo che si fosse trattato di un piccolo aereo, come un Cessna o un elicottero della stampa, in quel momento non sapevamo cosa fosse.

Iniziai a evacuare la mia gente facendola scendere per le scale, perché non era permesso usare gli ascensori. Mi ci volle una buona mezz’ora per far scendere tutti al piano terreno. Una volta giunti al piano terra controllai che tutti i quattro piani fossero stati evacuati. C’erano due persone con me: il mio amico Bill e Valerie, una ragazza, che mi stavano aiutando a controllare che tutti fossero usciti.

Mentre eravamo al piano terra vidi che c’erano alcuni agenti di polizia, quindi andai da uno di loro e chiesi: “Cosa succede?” mi disse: “Andate via da qui, andate via di qui! Lasciate subito l'edificio!” Ma io gli dissi: “Hey, aspetta un attimo. Gli altoparlanti stanno dicendo di tornare negli uffici.” E lui mi spiegò che quelli erano messaggi preregistrati e mi disse “Lascia stare i messaggi audio, andate via da qui.” e anche lui corse via.


Così uscimmo su Liberty Street, e quando ero a circa tre metri di distanza dalla porta il secondo aereo passò sopra la mia testa e colpì l'edificio proprio sopra di noi. Alcune cose che vidi in quei momenti mi perseguitano, soffro ancora di stress post traumatico, ne soffro ancora molto. Vorrei potermi tagliare via un pezzo di cervello dalla testa che conserva tutto questo, in modo da non sentirlo e non vederlo mai più, ma sfortunatamente è qualcosa che porto con me ogni giorno. È difficile ed è molto, molto spaventoso, ma la prima cosa che vidi quando uscii erano corpi che volavano e altri a terra. Appena uscii, il corpo cadde dal cielo e si schiantò a tre metri da me. Ho ancora la visione di un braccio, semplicemente steso in mezzo alla strada; lo vidi con sgomento e orrore. La cosa che vidi appena dopo fu questo immenso aereo che mi volava sopra la testa e si schiantava contro l'edificio sopra di me.

Cominciammo a correre ma non potemmo andare troppo lontano; fui colpito da un pezzo di aereo o di edificio in testa e nella parte bassa della spina dorsale. Tuttora sono paralizzato alla gamba destra, indosso una protesi esterna e ho subito cinque operazioni alla schiena. Questo successe quando coprii due persone mentre le macerie cadevano dall’alto: la mia amica Valerie e una signora anziana.

Comunque siccome ho visto e ho sentito questo aereo direttamente, mi infastidisce quando sento questi complottisti. Mi infastidisce molto, perché chi non era lì non ha diritto di commentare su ciò che accadde. Dovrebbero parlare con persone che lo hanno visto direttamente. Trovo che i complottisti siano offensivi e maleducati. Mi piacerebbe molto sedermi a un tavolo con un complottista e vorrei sentire cosa ha da dire. Mi piacerebbe molto farlo un giorno.

Quindi, dopo aver corso per un po’, volevo chiamare casa per informare la mia famiglia; avevo degli amici a un paio di isolati di distanza e andai da loro, ma neanche i loro telefoni funzionavano. A quel punto ciò che io e Valerie volevamo fare era prendere un traghetto che ci portasse nel New Jersey, perché entrambi abitavamo lì, ma la polizia ci disse che non potevamo. Rimanemmo lì a guardare in alto gli edifici che bruciavano: vedemmo corpi che cadevano e persone che si gettavano nel vuoto. Fu una cosa orribile, che non vorresti mai, mai vedere nella tua vita.

Mentre ero lì a dire a questo poliziotto che l’unica cosa che volevo fare era attraversare la strada per prendere un battello per il New Jersey sentimmo unicamente il rumore dei piani che collassavano all’interno del palazzo.

Voglio chiarire questa cosa, perché molta gente dice “C’era una bomba che ha innescato la caduta dei piani.” Non era il rumore di bombe. Era chiaramente il rumore dei piani che cadevano l’uno sull’altro, era proprio un “boom, boom, boom, boom, boom, boom” che si sentiva dall’interno dell'edificio prima che iniziasse a crollare. Non era il fragore di uno scoppio, non era il rumore di un'esplosione di qualsiasi tipo. Era proprio chiaramente il rumore dei piani che cadono l'uno sull'altro. Il mio edificio, che era la Torre 2, iniziò a crollare. Ero solo a un isolato di distanza.

Trovammo riparo in un ristorante, dove chiudemmo le porte e rimanemmo bloccati all’interno, perché il fumo e le macerie erano così pesanti che bloccarono la porta e non potevamo uscire. Rimanemmo bloccati lì per mezz’ora prima che la polizia rompesse le finestre e potessimo uscire. Quando uscimmo, la Torre 1 iniziò a crollare; c'era lo stesso rumore di piani interni che cadevano l’uno sull’altro e poi venne giù il resto del palazzo.


Undicisettembre: Poi cosa successe? A che ora tornasti a casa?

Alexander Spano: Camminammo fino a Battery Park, da cui partivano degli autobus, prendemmo un autobus che ci portò verso nord lungo la FDR Drive, Franklin Delano Roosevelt Drive, che costeggia il lato orientale; ci fecero scendere e camminammo fino a Midtown vicino a Times Square. Attraversammo Manhattan fino a West Side, dove prendemmo un battello che ci portò a casa. Arrivai a casa verso le cinque o le sei del pomeriggio.

La mia famiglia non seppe nemmeno se ero vivo o no fino alle quattro del pomeriggio, quando trovai un telefono a pagamento funzionante vicino a Times Square, fu spaventoso.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11/9 fu un autoattentato?


Alexander Spano: Come ho accennato prima, mi piacerebbe molto sedermi a un tavolo con una di queste persone, vorrei parlare con loro e sentire da dove tirano fuori le loro prove, perché io c’ero e loro no. Conosci qualche complottista che abbia bisogno di spiegazioni e prove? Fammelo sapere! Sarei più che felice di parlargli al telefono. Cercheranno di negare che ero lì e il mio racconto diretto in favore di ciò che loro pensano sia successo per divertimento o per scherzo. Voglio fare una chiacchierata faccia a faccia con una di queste persone.

Non c’è nulla di più frustrante di sapere che ci sono persone là fuori che pensano che questo sia stato fatto dal nostro governo o che sia stato fatta apposta per qualche altro strano motivo. Nessuna di queste persone ha visto ciò che ho passato io e che molti altri hanno passato. Vorrei proprio fare una chiacchierata con una di queste persone, perché non possono in alcun modo smentire ciò che ho da dire.


Undicisettembre: Secondo te, quanto sono popolari queste teorie negli USA?

Alexander Spano: Sono considerate una barzelletta. Non sono particolarmente popolari, ma le persone che dicono apertamente che era un complotto vengono screditate subito come barzellette o come dei pazzi.


Undicisettembre: Cosa pensi dei pompieri e dei soccorritori che hanno rischiato la propria vita per salvare gli altri?

Alexander Spano: Eroi assoluti! Eroi assoluti! Se ti chiedessi “daresti la propria vita per salvare qualcun altro?” sarebbe una domanda difficile da rispondere, ma questo è il loro lavoro. Queste persone si svegliano al mattino e indossano un’uniforme per servire la collettività. Sono eroi umanitari.


Undicisettembre: Cosa ti è successo dopo l’11/9? Quanto ti ci è voluto per tornare alla normalità?

Alexander Spano: Tuttora non ho una vita normale. Mi sveglio ancora nel cuore della notte sudato e con tremori; i rumori forti mi mettono in crisi.

Già pochi giorni dopo, il mio compito come operations manager era di far ripartire la società. Avevamo un sito d'emergenza nel New Jersey e feci ripartire quello. Mi immersi totalmente nel lavoro, questo è ciò che finii per fare. Non sentii granché lo stress post traumatico fino a molto dopo, circa sei settimane più tardi. Ma nei primi giorni il mio obiettivo principale era far ripartire la società e in quel periodo il mio fisico iniziò a risentirne. Seppi di avere una vertebra fratturata e che dovevo essere subito operato soltanto sei settimane dopo.

Entro 48 ore la mia società aveva ripreso a fare trading. Grazie a Dio nessuno dell'azienda era morto; avevamo evacuato tutti e nessuno era perito.


Undicisettembre: Sei già stato al 9/11 Memorial Museum?

Alexander Spano: Ho intenzione di andarci. Presto. Non ne ho ancora avuto tempo, purtroppo. Non sarà facile. Sarà un giorno di emozioni e lacrime. Sarà un giorno pieno di pianto e sarò in un caos emotivo per le successive due o tre settimane. Non sarà una cosa facile da fare.


Undicisettembre: Cosa pensi del nuovo World Trade Center attualmente in costruzione? Ti piace o avresti preferito che fossero ricostruite le Torri Gemelle?


Alexander Spano: Sulle prime ero più propenso a pensare “Siamo la forte America, vediamo di non mostrare alcuna debolezza. Hanno abbattuto quegli edifici, ricostruiamoli subito.” Ma adesso, se ci ripenso, apprezzo che abbiano costruito un memoriale dove sorgevano le torri e mi piace la torre nuova, credo che riporti l’orgoglio a New York. Mi piace.


Undicisettembre: Hai già spiegato che la tua vita non è mai tornata alla normalità, l'11/9 come influenza la tua vita quotidiana?

Alexander Spano: A parte il lato fisico, emotivamente è molto difficile conviverci. Nel giorno dell’anniversario non rispondo più al telefono, non voglio più parlare con le persone quel giorno, non voglio che mi dicano: “Oh, ti chiamo per l’anniversario. Sono felice che tu sia vivo, bla bla bla...” Non voglio niente di tutto ciò. Voglio che sia un giorno normale. L’ho lasciato dietro di me, voglio andare avanti.

Ho già abbastanza cose nella mia vita che me lo ricordano. Non so se l’hai notato, ma quando abbiamo iniziato questa telefonata qui erano le 9:11. E mi capita almeno una volta al giorno di guardare un orologio digitale, la mattina o la sera, e sono le 9:11. Mia moglie e io volevamo comprare una casa nuova e siamo andati a vederne una che ci piaceva molto e l’indirizzo era 911 Ashburn Lane.

So che è una coincidenza e che può sembrare stupido. Non sono superstizioso, ma è strano quando ti capitano queste cose.

Ho parlato con persone che hanno partecipato al D-Day, uomini anziani, veterani che hanno fatto la Seconda Guerra Mondiale, o persone che hanno fatto la guerra del Vietnam, e dicono che lo stress post traumatico è qualcosa di cui non ti liberi mai. Non puoi liberarti di un pensiero che hai in testa, puoi ignorarlo, puoi metterlo in disparte mentalmente, ma sarà sempre lì. Mi dicevano semplicemente “È qualcosa che ora è parte della tua vita e non puoi liberartene perché è nel tuo cervello, non te ne libererai mai. Devi imparare a conviverci e ad affrontarlo giornalmente, e il modo in cui ci convivi e lo affronti è la cosa più importante.”


Undicisettembre: Pensi che la nazione viva ancora nella paura o che abbia recuperato la sua posizione mondiale?

Alexander Spano: Dall’11/9 la nazione vive in modo diverso. Siamo più consapevoli, ed è triste che anche se il terrorismo internazionale fa abbastanza paura, abbiamo i nostri problemi interni come le sparatorie di ragazzini nelle scuole o le persone che impazziscono. Viviamo in un’epoca molto diversa oggi; dico spesso a mio figlio che quando io ero piccolo a sette, otto o nove anni potevi uscire a giocare e nessuno si preoccupava. Oggi siamo in un mondo molto diverso. Anche se mio figlio è un teenager, vogliamo sempre sapere dov’è, se sta bene e se la zona dove si trova è sicura.


Undicisettembre: Pensi che l'uccisione di bin Laden abbia aiutato a sanare la ferita?


Alexander Spano: Oh sì! Oh certo, di molto! Credo che l’America lo dovesse alle persone che hanno perso la propria vita a causa sua e credo che il Presidente Obama abbia fatto un ottimo lavoro collaborando con l’amministrazione precedente e con la propria nel tenere viva la lotta e nel cercarlo e trovarlo. Sono contento che non sia stato preso vivo; sono contento che sia stato ucciso con un colpo alla testa. Un’operazione speciale come quella, con pochi dei nostri soldati, è stato il modo giusto di farlo.