Siamo a circa 15 minuti dall'inizio di Zero e procediamo al ritmo non trascurabile di più di una Zerobubbola al minuto. Kevin Ryan (che, ricordiamolo, è un consulente per le acque potabili, non un ingegnere strutturista o un esperto di metallurgia o di incendi) prosegue le sue affermazioni riguardanti i test condotti sui resti delle Torri Gemelle.
KEVIN RYAN: ...but they'd done tests on the few samples they had saved from the fire zones, and those tests proved that the temperatures were very low.
... [Dalla Zerobubbola precedente: E dichiararono non solo che i solai non erano crollati], ma che avevano svolto dei test sui pochi campioni che avevano salvato dalle zone degli incendi e quei test avevano dimostrato che le temperature erano molto basse.
0:15:05. KEVIN RYAN: The temperatures were not hot enough... to soften... to even soften steel. And yet they're coming out with a summary statement that says that's what actually did happen. Floors did collapse and the steel did soften.
Le temperature non erano calde abbastanza... per ammorbidire... neppure per ammorbidire l'acciaio. Eppure se ne vengono fuori con una dichiarazione di sintesi che dice che quello è ciò che è successo realmente. I solai collassarono e l'acciaio si ammorbidì.
Zero non mostra né indica le coordinate o gli enti autori dei rapporti e degli aggiornamenti citati da Kevin Ryan, per cui lo spettatore viene lasciato a brancolare nel buio, senza possibilità di riscontro dell'esattezza delle affermazioni fatte dal video (oltretutto da un non esperto).
Chi ha eseguito questi test? "Il governo", dice vagamente Ryan. Quando? Non si sa. Dove sono pubblicati i risultati? Non si sa. Possiamo sapere cosa dicevano questi test esattamente, senza l'intermediazione di un addetto alle acque potabili? No. È certamente un modo molto particolare di fare e documentare un'indagine. Queste sono dichiarazioni fumose, più simili al pettegolezzo che a un'indagine rigorosa e documentaristica.
Prima di entrare nel merito tecnico delle affermazioni di Kevin Ryan, facciamo una riflessione di buon senso: quello che sta dicendo Ryan è che un imprecisato ente governativo statunitense ha pubblicato dei risultati che contraddicono la versione ufficiale. Ma allora quell'ente governativo non fa parte della grande congiura. Non ha ricevuto l'imbeccata per falsificare i risultati; anzi, con quei risultati ha avuto il coraggio di mettersi apertamente contro la versione ufficiale. Quindi possiamo fidarci di quello che dice, giusto?
Ebbene, l'ente governativo in questione... è il NIST. Non lo sappiamo certo per merito della trasparenza e del rigore documentario di Zero, ma perché l'unico rapporto tecnico che si adatta vagamente alle affermazioni di Ryan è uno dei volumi del rapporto del NIST. E il NIST dice, con la forza di 43 dettagliatissimi volumi di dati tecnici redatti dagli esperti di settore, che le Torri Gemelle sono crollate per la combinazione di impatti e incendi, non per demolizione controllata. Zero, invece, parla con la forza di un pettegolezzo riferito da un addetto alla potabilità dell'acqua. Il confronto appare leggermente sbilanciato.
Fatta questa premessa di ordine logico, passiamo alle questioni tecniche.
Le temperature raggiunte da un incendio d'ufficio
Chiunque si occupi professionalmente di normative di sicurezza o di lotta agli incendi ha già capito che Kevin Ryan sta attribuendo ai rapporti del NIST delle affermazioni totalmente assurde.
Qualunque incendio in ambiente domestico o commerciale raggiunge infatti temperature altissime, sufficienti ad ammorbidire l'acciaio, se questo non è protetto.
Questo è un concetto forse poco intuitivo, ma talmente assodato che esiste addirittura uno standard, l'ISO 834, che definisce le caratteristiche di un tipico incendio in ambiente domestico o d'ufficio. Qualsiasi prodotto che debba conformarsi alle normative antincendio viene valutato in base a questo standard e alla sua curva di temperature rispetto al tempo, mostrata qui accanto.
Come si può vedere dal grafico, le temperature di un comune incendio domestico o d'ufficio arrivano entro pochi minuti a livelli tali da ammorbidire l'acciaio non protetto, che inizia a indebolirsi a circa 400°C e perde circa il 50% della propria resistenza a 600°C. A 980°C ha meno del 10% della resistenza iniziale (dati forniti da Farid Alfawakhiri, ingegnere capo addetto alle norme edilizie dell'American Iron and Steel Institute, in Debunking 9/11 Myths, pag. 39).
Secondo la documentazione di ricerca pubblicata dai Vigili del Fuoco italiani, sono da ritenersi già “critiche” temperature di 500°C per le strutture in acciaio dotate di rivestimenti protettivi. Nelle zone delle Torri Gemelle investite dagli aerei, non c'erano neanche questi rivestimenti, perché erano stati asportati meccanicamente dall'impatto, mettendo a nudo l'acciaio a contatto con le fiamme.
Questo è un fattore importantissimo, come spiega per esempio la rivista ufficiale dell'Associazione Nazionale Vigili del Fuoco Volontari italiana:
L'acciaio è un buon conduttore di calore e con il riscaldamento subisce dilatazioni e deformazioni, che oltre 300 - 350°C riducono gradualmente la resistenza alla rottura, per temperature oltre i 500 - 550°C la resistenza della struttura si riduce ad un valore inferiore a quello ammissibile, con conseguente crollo della struttura in acciaio.
Il crollo può avvenire anche quando la struttura in acciaio viene attaccata dal fuoco non completamente, ma solo in una limitata zona quale una trave o un pilastro; è necessario anche valutare, ai fini della stabilità dell'edificio, i fenomeni di allungamento della struttura legati alle temperature.
Il tempo occorrente per raggiungere la temperatura di 550°C dipende da vari fattori, ma soprattutto dalla superficie e dalla massa della struttura in acciaio investita dal fuoco; il tempo è infatti proporzionale al rapporto tra il peso della struttura e la superficie esposta al fuoco.
Quando sia necessario garantire determinati livelli di resistenza al fuoco le strutture in acciaio devono essere protette con rivestimenti isolanti di tipo, per esempio, intumescente e la protezione deve essere estesa a tutta la superficie della struttura, in quanto un difetto locale di protezione è sufficiente per consentire il riscaldamento di tutta la struttura e quindi provocarne il cedimento.
Queste non sono teorie: sono risultanze pratiche della sperimentazione. La curva dello standard ISO 834 è una generalizzazione, ma i test dimostrano che le temperature indicate dalla curva si verificano sempre. Perché le Torri Gemelle avrebbero dovuto essere un'eccezione, specialmente considerato che vi erano stati riversati dentro circa 32.000 litri di carburante altamente infiammabile?
A proposito di test pratici, ecco qualche esempio che sarebbe stato facilmente reperibile anche per gli autori di Zero:
- "Un incendio domestico ti può esporre a temperature superiori ai 600°C" (depliant della Country Fire Authority australiana, disponibile anche in italiano).
- "Sei minuti e 55 secondi dopo che aveva preso fuoco un cestino contenente normali rifiuti d'ufficio, ebbe luogo il flashover e le temperature d'aria vicine al soffitto raggiunsero un picco di almeno 870°C. Circa 90 secondi più tardi, le fiamme riempivano l'intera stanza e alla fine consumarono tutto quanto vi era di combustibile" (test condotto dalla Factory Mutual Engineering and Research (FME&R), citato nel Disaster Recovery Journal, 1999).
- Il 26 settembre 2001 fu realizzato a Cardington, nel Regno Unito, un test d'incendio straordinario: fu appiccato il fuoco in un edificio di prova in cemento armato, alto sette piani e arredato come un tipico complesso d'uffici. La temperatura di fumo dell'aria raggiunse i 950°C prima di mettere fuori uso gli strumenti di rilevamento (Holistic behaviour of concrete buildings in fire, Professor Colin Bailey, Manchester Centre for Civil and Construction Engineering, in Proceedings of the Institution of Civil Engineers, Structures and Buildings 152, August 2002, Issue 3, pp 199-212).
- Nel 1985, presso l'Università di Stuttgart-Vaihingen, in Germania, fu condotto un test su un edificio dimostrativo di quattro piani. Il materiale combustibile fu legno. Le temperature di fumo superarono i 1000°C; l'acciaio della struttura arrivò a 650°C.
Si noti che questi sono test nei quali si appicca il fuoco a una zona limitata dell'edificio e non si introducono materiali diversi da quelli del normale arredo. Negli incendi dell'11 settembre 2001 furono invece introdotti appunto 32.000 litri di carburante, che appiccarono il fuoco simultaneamente su un'area vastissima. Non c'è il benché minimo motivo per cui si debbano ipotizzare temperature "molto basse" nelle Torri Gemelle. Pertanto, chiunque sostenga che un incendio di questa vastità abbia avuto temperature molto basse sta dimostrando, nel migliore dei casi, la propria totale incompetenza.
Perché Zero non ha chiesto al vigile del fuoco Louie Cacchioli, intervistato poco prima, se le temperature generate in un incendio d'ufficio sono "molto basse"? Una volta tanto che gli autori di questo video avevano a disposizione un addetto ai lavori, come mai non ne hanno approfittato? Viene da chiedersi se Cacchioli sa che la sua testimonianza è stata infilata in un video che inanella pericolose assurdità in materia d'incendi.
Le origini della teoria del fuoco tiepido
Come mai Kevin Ryan dice che i test svolti sui campioni indicavano temperature molto basse? Per una ragione molto semplice, che possiamo identificare con precisione anche perché Ryan sta semplicemente ripetendo una teoria che circola da anni fra i cospirazionisti undicisettembrini e di cui sono note con precisione le origini.
I test condotti sui campioni di acciaio delle Torri Gemelle provenienti dalle zone colpite dagli incendi sono documentati nel rapporto NIST NCSTAR 1-3, intitolato eloquentemente "Mechanical and Metallurgical Analysis of Structural Steel" ("Analisi meccanica e metallurgica dell'acciaio strutturale"), e negli altri rapporti della serie 1-3. Questi rapporti coprono 236 pezzi d'acciaio delle Torri, per un peso complessivo stimato di circa 500 tonnellate, con buona pace di chi parla di pochi campioni, di acciaio fatto sparire in tutta fretta per impedire le indagini e di analisi limitate e inadeguate. L'elenco completo di questi pezzi è nel rapporto NIST NCSTAR 1-3B, "Steel Inventory and Identification".
Fra questi pezzi, sono particolarmente importanti quelli dei quali il NIST riuscì a individuare la localizzazione esatta nell'edificio grazie alle stampigliature e marcature individuali di ogni componente strutturale delle Torri.
Kevin Ryan e i suoi compagni di teoria hanno letto, in questi rapporti, la frase "limited exposure if any above 250°C", ossia "esposizione limitata o nulla a più di 250°C" (NCSTAR 1-3 sezione E.3.6, pag. xli), e lì si sono fermati, senza capirne né il senso né il contesto, ma convinti di aver trovato una prova a loro favore, perché 250°C non sono sufficienti a causare un ammorbidimento significativo dell'acciaio. Così si sono fissati sul dato che sembrava sostenere le loro teorie di complotto e hanno scartato tutto il resto, secondo un processo che ricorre spesso nella metodologia cospirazionista.
Una lettura meno superficiale e parziale del rapporto rivela invece che quel dato di temperatura si riferisce esclusivamente ai campioni la cui posizione nell'edificio era nota e che avevano sufficienti tracce residue di vernice protettiva o primer (immagine qui accanto): non riguarda gli altri campioni, quelli privi di vernice. Ecco infatti la frase completa:
Risultati analoghi, ossia esposizione limitata o nulla a più di 250°C, furono rilevati per le due colonne del core recuperate dai piani delle torri che erano stati colpiti da incendi e che avevano vernice sufficiente per l'analisi. Si noti che le colonne perimetrali e del core erano in numero molto ridotto e non possono essere considerate rappresentative della maggior parte delle colonne esposte all'incendio nelle torri.
Similar results, i.e., limited exposure if any above 250°C, were found for the two core columns recovered from the fire-affected floors of the towers, which had adequate paint for analysis. Note that the perimeter and core columns were very limited in number and cannot be considered representative of the majority of the columns exposed to fire in the towers.
La vernice protettiva, infatti, è stata usata dal NIST come indicatore approssimativo di temperatura: se non era screpolata, l'acciaio sicuramente non aveva superato i 250°C, mentre se era screpolata o assente, l'acciaio poteva aver raggiunto e superato questa temperatura, come descritto nella sezione 6.6.1 del rapporto NCSTAR1-3.
Va precisato, per completezza, che il rapporto NIST aggiunge che l'analisi microstrutturale dell'acciaio rilevò che nessuno dei campioni che erano stati sicuramente esposti agli incendi aveva raggiunto temperature superiori a 600°C (NCSTAR1-3, pag. 99). Ma sappiamo dai Vigili del Fuoco italiani che per il crollo di una struttura in acciaio bastano 500-550°C.
In altre parole, questi test del NIST definiscono dei limiti massimi, che sono ampiamente sufficienti a consentire un ammorbidimento dell'acciaio che porta la struttura al collasso, ma non dicono nulla di preciso sulle temperature realmente raggiunte nella zona degli incendi, perché si riferiscono soltanto ai campioni di cui è stata individuata la posizione e non alla globalità dell'acciaio investito dai roghi. Una precisazione importante, che però i complottisti hanno evitato di segnalare.
Siamo insomma di fronte a un classico espediente del cospirazionismo: estrarre dal proprio contesto una dichiarazione che sembra avvalorare la propria tesi e presentarla come prova. Ma siamo anche di fronte a un classico paradosso del cospirazionismo: utilizzare come prova i dati forniti da chi viene accusato dai complottisti di falsificare i dati perché fa parte della grande cospirazione.
Acciaio ammorbidito per incendio al WTC: nel 1975
C'è un ultimo esempio pratico assai ben documentato e particolarmente calzante del fatto che gli incendi di edifici adibiti a uffici raggiungono temperature tali da ammorbidire l'acciaio e causare cedimenti strutturali importanti: le Torri Gemelle stesse. Ma non per gli attentati del 2001: per l'incendio del 1975.
Infatti il 14 febbraio 1975 si verificò nella Torre Nord un incendio doloso di grandi dimensioni, che iniziò all'undicesimo piano e si diffuse attraverso aperture nei solai presenti nei vani di servizio e causò danni dal decimo al diciannovesimo piano.
All'undicesimo piano furono danneggiati circa 900 metri quadri, ossia circa il 21% della superficie totale del piano (circa 4000 metri quadri); le riparazioni richiesero settimane. Alcune parti delle travature dei solai (supporti dei solai) si imbarcarono a causa del calore. Furono chiamati 132 pompieri, e poiché l'incendio era così caldo, molti si ustionarono il collo e le orecchie. Il capitano dei pompieri Harold Kull descrisse il lavoro di spegnimento, durato tre ore, dicendo che era "come lottare contro una fiamma ossidrica" (fonte).
Il libro 102 Minutes (102 minuti nell'edizione italiana, edita anche da Piemme) descrive così l'incendio del 1975:
"Peraltro, all'epoca le Torri erano già state aperte al pubblico e piccoli incendi provocati da un piromane nel febbraio del 1975 avevano causato la deformazione di parti di soletta."
Tutto questo avvenne in seguito a un incendio appiccato non da un aereo da 120 tonnellate, impattante a 900 km/h, che riversò circa 32.000 litri di carburante nell'edificio, ma semplicemente ad opera di un diciannovenne, Oswald Adorno, un custode dell'edificio, che innescò l'incendio all'interno di un armadio tecnico dell'impianto telefonico. Fu probabilmente ispirato dal film L'Inferno di Cristallo, nel quale l'incendio parte dal medesimo impianto, secondo quanto riportato dal sito 911 Research.
I complottisti si smentiscono da soli con la torre madrilena
E' dunque chiaro che qualsiasi asserzione di incendi con temperature molto basse e insufficienti ad ammorbidire l'acciaio e indurre il collasso della struttura è una sciocchezza scusabile soltanto con l'incompetenza di chi la fa.
Il colmo dell'ironia è che gli autori di Zero non se ne sono resi conto, ma si sono tirati la zappa sui piedi proprio citando l'incendio della Torre Windsor di Madrid come se fosse un controesempio utile alle loro teorie.
Invece le immagini drammaticamente spettacolari di quel grattacielo che arde come una torcia (immagine qui accanto) in un rogo alimentato esclusivamente dallo scarso contenuto dell'edificio ancora in costruzione, sono infatti la chiarissima dimostrazione di quale violenza e quali temperature si scatenano nell'incendio di un edificio civile. Temperature così alte che ammorbidirono l'acciaio della Torre Windsor fino a farlo collassare. Esattamente quello che secondo gli autori di Zero non può succedere.
E anche in quel caso, come per l'incendio al World Trade Center del 1975, non c'erano 32.000 litri di carburante d'aereo a innescare il rogo.