2011/09/05

Recensione: The Conspiracy Files (BBC, 2011)

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Il 29 agosto scorso la BBC ha trasmesso The Conspiracy Files: 9/11, Ten Years On, un'edizione ampiamente aggiornata della puntata della serie The Conspiracy Files dedicata alle tesi di complotto sull'11 settembre.

La prima edizione di questa puntata era andata in onda a febbraio del 2007 ed era stata recensita da Undicisettembre in questo articolo. Quanto segue è una sintesi dei contenuti della versione aggiornata.

2:20. Dopo il teaser e i titoli, il programma presenta le immagini dell'enorme Hangar 17 dell'aeroporto JFK, dove sono conservati migliaia di rottami delle Torri Gemelle. Sono immagini già presentate nell'edizione 2007, ma restano una risposta chiara a tutti coloro che sostengono che l'acciaio delle Torri fu fatto sparire in tutta fretta per nascondere chissà cosa.




Viene poi riassunta la dinamica degli attentati attraverso le immagini degli eventi.

5:00. Il programma di sposta ad Austin, in Texas, per intervistare il conduttore radiofonico Alex Jones, che per tre ore tutti i giorni parla in diretta di complotti e occultamenti governativi. Le espressioni facciali di Jones sono eloquentissime. Secondo Jones, i veri responsabili dell'11/9 sono “reti private aziendali dissociate che operano nell'intelligence statunitense, britannica e israeliana” (“private corporate rogue networks working in US, British and Israeli intelligence”).

6.25. Sintesi dei problemi e ritardi d'intercettazione degli aerei dirottati, con immagini dei radar e audio delle comunicazioni radio. Intervista a Colin Scoggins, che l'11 settembre 2001 lavorava al centro di controllo del traffico aereo della FAA a Boston, Massachusetts.

Alex Jones accusa il vicepresidente Dick Cheney di aver ordinato di non intercettare gli aerei dirottati. Ma Scoggins, che era in contatto continuo con il comando della difesa aerea, ribatte: “Non ho visto nessuna carenza di risposta... Tutto ciò che vidi fare dai militari quel giorno... Non c'era nessuno ‘stand down’. Probabilmente io ero in contatto con i militari più di chiunque altro nel paese, a parte i militari stessi... Credo che gran parte [della causa] sia la mancanza di comunicazione tra la FAA e i militari; il resto fu colpa delle attrezzature che avevano i militari, che come le loro procedure erano progettate per guardare verso l'oceano. Le loro apparecchiature non erano concepite per guardare verso l'interno degli Stati Uniti.”

9:25. Un video del secondo impatto mostra chiaramente un aereo di linea di cui si scorge anche la livrea, corrispondente a quella della United Airlines.


9:56. A Oneonta, New York, viene intervistato a casa propria Dylan Avery, uno dei giovanissimi autori di Loose Change, uno dei video cospirazionisti di maggiore successo, pubblicato in numerose versioni in anni successivi. La narratrice del programma nota che la più recente edizione di Loose Change ha avuto un budget di un milione di dollari. Avery mostra il computer portatile sul quale realizzò nel 2003 la prima versione del suo video.

12:25. Viene mostrato uno spezzone di Loose Change - An American Coup, l'edizione 2009 del video di Avery. Lo spezzone è dedicato agli sbuffi visibili durante i crolli delle Torri Gemelle, al di sotto del fronte di discesa dei crolli stessi, che secondo alcune tesi di complotto dimostrerebbero la presenza di esplosivi.

12:54. A Manhattan viene intervistato Leslie Robertson, uno dei progettisti delle Torri Gemelle. Il suo ufficio si affaccia ancor oggi su Ground Zero. Viene mostrata la simulazione grafica dell'impatto e della distribuzione del carburante realizzata dalla Purdue University.

Spiega Robertson: “Non è necessario che gli incendi fondano l'acciaio per far crollare l'edificio. È sufficiente che ne alzino la temperatura in modo che la resistenza dell'acciaio si riduca fino al punto in cui si verifica il cedimento.” Gli incendi raggiunsero i 1000 °C, ma già a 600 °C, spiega la voce narrante, l'acciaio perde metà della propria resistenza. I solai cedettero e caddero su quelli sottostanti, producendo boati simili a esplosioni. I piani sottostanti collassarono, producendo gli sbuffi di fumo. Di nuovo Robertson: “Dentro [l'edificio] c'è aria, e man mano che crolla, quest'aria crea pressioni molto alte dentro l'edificio stesso, che cerca di sfondare le finestre, ed è ovvio che si otterranno emissioni gassose dall'edificio. Non c'è dubbio.”

14:58. A San Francisco, il professor Abolhassan Astaneh, ingegnere strutturista presso la University of California at Berkeley, sostiene che le tesi di complotto distolgono l'attenzione dai veri problemi strutturali delle Torri Gemelle.

Avendo studiato i disegni tecnici integrali del World Trade Center, a suo avviso il progetto delle Torri si discostava in undici punti fondamentali dalle prassi collaudate di normale costruzione prescritte dalle normative edilizie. Vengono citato alcuni di questi punti: i solai leggeri in calcestruzzo, le tramezze in cartongesso e in particolare le pareti portanti sottili perimetrali al posto delle colonne e delle travi tradizionali.

Spiega Astaneh: “Il motivo per il quale è crollato nel modo in cui è crollato è il sistema a pareti portanti. Al livello al quale l'aereo colpì, lo spessore della parete era solo sei millimetri”. A proposito di questo valore, occorre precisare che si tratta del valore minimo fra i vari spessori nelle zone d'impatto, come dettagliato negli aggiornamenti in fondo a questo articolo. “Questo non vuol dire che dobbiamo incolpare Robertson o i progettisti per questa tragedia. Questa tragedia è avvenuta per colpa degli assassini che vennero a uccidere degli innocenti. Ma dobbiamo imparare le lezioni di questo tipo di tragedie per essere sicuri di non commettere più lo stesso errore. E la lezione, in questo caso, è che si devono seguire le norme. Questo edificio non era conforme alle norme.” Secondo Astaneh, la fragilità delle pareti intorno alle scale d'emergenza impedì a molti di mettersi in salvo, dice la voce narrante.

17:10. Leslie Robertson respinge queste accuse: “Quelle pareti erano più robuste ed ermetiche delle pareti usate in passato. Non sono a conoscenza di nessun caso, nel World Trade Center, nel quale il progetto strutturale non eccedesse i requisiti delle norme edilizie della città di New York.” È interessante notare che Robertson è attento nel precisare che si riferisce al progetto strutturale e alle norme di New York, mentre Astaneh critica anche la fragilità degli elementi protettivi intorno alle scale oltre a quella degli elementi strutturali.

Robertson confessa di essere ancora angosciato, nei ricordi e negli incubi, dalle persone intrappolate nei suoi edifici.

17:58. Si passa ai possibili moventi di un complotto, mentre scorrono le immagini dei bombardamenti di Baghdad. Alex Jones afferma che dei “gruppi criminali dissociati all'interno del governo” vogliono guadagnare cifre enormi sulle guerre e sul petrolio e controllare l'area mediorientale, indispensabil per il dominio del mondo. Ma ci sarebbe anche il movente del potere negli Stati Uniti: Bush è accusato, nel video Loose Change che viene mostrato, di aver preso il potere grazie all'11 settembre: “un colpo di stato americano”. Parole che oggi, con Obama alla Casa Bianca e Bush scomparso dalla scena, suonano abbastanza stridenti. Dylan Avery parla delle leggi liberticide e dei maltrattamenti dei prigionieri, che hanno avuto legittimazione dall'11 settembre.

19:00. Intervista in Winsconsin al professor James Fetzer, che però è laureato in filosofia (dunque non un esperto d'ingegneria strutturale o in altri campi pertinenti all'11/9), è un ex Marine ed ha fondato l'associazione Scholars for 9/11 Truth.

A conferma delle frequenti contiguità dei cospirazionismi, Fetzer sottolinea di aver studiato a lungo anche l'assassinio del presidente Kennedy.

20:21. A Dulles, in Virginia, per esaminare i video delle telecamere di sicurezza che ripresero i dirottatori mentre venivano controllati prima di salire a bordo del volo American Airlines 77 che si sarebbe schiantato sul Pentagono, come mostrato dalle riprese successive all'impatto. Si nota il fotogramma qui sotto, nel quale si vede una notevole distesa di rottami davanti all'edificio.


Secondo Loose Change non ci sono prove della presenza dell'aereo di linea: il foro d'impatto è troppo piccolo e mancano i rottami.

21:35. C'è chi sostiene che fu un aereo più piccolo, per esempio un drone militare teleguidato, oppure un missile. Fetzer dice che è chiaro che nessun Boeing 757 colpì il Pentagono. Vengono mostrati i due video dell'impatto ripresi dalle telecamere dell'ingresso al parcheggio del Pentagono, definendoli “non risolutivi” a causa della loro qualità estremamente bassa.

23:36. Intervista ad Allyn Kilsheimer, ingegnere strutturista e testimone oculare dei resti dell'aereo al Pentagono, mentre viene mostrata l'animazione dell'impatto creata dalla Purdue University. Kilsheimer: “Vidi pezzi di metallo, principalmente di colore verde, alcuni di color alluminio, molti dei quali erano fusi. Poi trovammo pezzi di persone in uniforme, che indossavano divise da compagnia aerea.”

25:25. Immagini del Pentagon Memorial che commemora le 184 vittime dell'attacco. Viene intervistata Jean O'Connor, agente speciale dell'FBI, arrivata sul posto meno di un'ora dopo l'impatto e responsabile della raccolta e catalogazione di ogni elemento di prova da parte degli specialisti dell'FBI.

“C'erano certamente pezzi di metallo provenienti dall'aereo. Alcuni avevano le scritte rosse e bianche della livrea della American Airlines” dice la O'Connor, mentre vengono mostrate le immagini di questi rottami. “Abbiamo fatto fare dei grossi contenitori di legno appositamente per contenere i pezzi dell'aereo.”

Viene mostrato un rottame d'aereo tuttora custodito dall'FBI. “Ho personalmente raccolto resti delle vittime provenienti dall'aereo e furono raccolte prove del DNA e delle impronte digitali in laboratorio che confermano assolutamente il fatto che erano vittime provenienti dal volo American Airlines 77” spiega l'agente, che aggiunge: “Lasciar proseguire queste tesi di complotto è ingiusto nei confronti dei loro amici e delle loro famiglie. Fondamentalmente, sminuisce le vite di queste persone. Fa sembrare che non siano mai esistite.”

27:35. Il documentario presenta il caso del tenente colonnello Steve O'Brien, che osservò l'impatto al Pentagono dall'aereo da trasporto militare C-130 che stava pilotando. C'è chi dice che l'aereo di O'Brien fu utilizzato per radiocomandare l'aereo che colpì il Pentagono. Fetzer teorizza che i rottami d'aereo siano stati disseminati lanciandoli dal C-130.

O'Brien precisa di aver visto “la caratteristica livrea argentea” della American Airlines. “Per noi era certamente un aereo della American Airlines.” Ne descrive in dettaglio la manovra di avvicinamento ed impatto. Oggi il tenente colonnello è accusato dai complottisti di essere parte della cospirazione.

30:26. Si passa al WTC7. Immagini della sua facciata lesionata, tratte dalla diretta TV. In Danimarca, a Dragor, c'è Niels Harrit, professore di chimica in pensione, che sostiene che “è impossibile che un grattacielo in acciaio possa crollare per un incendio”.

Il confronto fra una demolizione controllata reale e il crollo quasi verticale del WTC7 fa esclamare a Harrit che “È ovvio che è una demolizione controllata”. lnsieme al professore statunitense Steven Jones, ha studiato dei campioni di polvere raccolti a Manhattan dopo i crolli e ha notato delle “schegge rosse e grigie”. Il lato rosso di queste schegge, dice Harrit, “presenta tutti i segni di essere un materiale termitico”. Ma la BBC nota che la termite non risulta mai essere stata usata per distruggere edifici.

Harrit afferma che quando queste schegge vengono scaldate, manifestano tutte le caratteristiche di una reazione termitica violenta. L'intervistatore gli chiede quali sono state le reazioni degli scienziati alle sue conclusioni, pubblicate in un articolo su una rivista di chimica. “Nessuna! Nessuna! È oltre ogni dubbio l'articolo meglio verificato dal peer review in tutta la mia carriera” dice, tralasciando di specificare che la direttrice della rivista che lo pubblicò si dimise proprio per colpa dell'inadeguata verifica dell'articolo di Harrit, come descritto qui. “Nessuno ne ha messo in discussione le conclusioni” aggiunge Harrit.

34:10. Il documentario si trasferisce a Pittsburgh, in Pennsylvania, uno dei luoghi che per tradizione è centro di ricerca mondiale nella metallurgia, e intervista due esperti della Carnegie Mellon University, i professori Richard Fruehan e Chris Pistorius, chiedendo loro di esaminare la teoria di Harrit.

Spiega Fruehan, che è condirettore del Center for Iron and Steel Research, editore associato della rivista Metallurgical Transactions e autore di numerose pubblicazioni scientifiche nel campo della metallurgia: “Se mi mostri un mucchio di polvere, ci posso trovare dentro praticamente qualunque cosa. Magari non in grandi quantità.”

La voce narrante nota che si polverizzarono 1,2 milioni di tonnellate di materiali edili e che lo US Geological Survey raccolse 38 campioni di polvere, mentre il gruppo di ricerca RJ Lee ne raccolse centomila e li analizzò approfonditamente. La ricerca di Harrit e colleghi si basa su quattro soli campioni. Harrit e colleghi avrebbero semplicemente selezionato le particelle che a loro interessavano e avrebbero poi emesso un verdetto altamente drammatico.

Fruehan fa notare che in realtà il materiale “energetico” descritto da Harrit “se si va a chili, emette meno energia della carta che brucia.” Sembra quindi improbabile che, quand'anche si trattasse di materiale termitico, potesse tranciare di colpo le colonne del World Trade Center come ipotizzano i sostenitori della tesi di demolizione a mezzo nanotermite.

L'altro esperto della Carnegie Mellon, Chris Pistorius, professore di scienza e ingegneria dei materiali, laureato in ingegneria metallurgica, ha una spiegazione molto semplice: “Pezzetti di vernice, secondo me... Non è insolito usare come vernice di fondo o come mano intermedia dei pigmenti-barriera, come l'ossido di ferro micaceo, che è un tipo di ossido di ferro che forma scheggette, e alluminio, che è quello che hanno trovato.”

La voce narrante precisa che Harrit e colleghi hanno esaminato un solo tipo di vernice di fondo (primer) proveniente dal World Trade Center e hanno dichiarato che non corrisponde alle loro scheggette rosse e grigie. Ma Pistorius nota che qualunque grande edificio usa vari tipi di primer e che quello trovato da Harrit e colleghi è “tipico delle vernici usate per l'acciaio strutturale”. Viene fatto notare che lo stesso genere di primer è usato ovunque sulle strutture metalliche a New York, per esempio sui ponti, e la temperatura d'innesco delle reazioni nelle scheggette misteriose è esattamente quella che ci si attende da questi primer.

36:50. Il documentario chiede come mai la teoria di Harrit non è stata confutata. Lo spiega Pistorius: “È così che funziona la scienza: un'ipotesi è esatta fino a quando si dimostra che è sbagliata. Nessuno si è preso la briga di spendere tempo per farlo. Non vuol dire che sia giusta. Vuol dire semplicemente che non è stato dimostrato che è sbagliata. Ci sono tante ragioni per cui nessuno se ne prende la briga: francamente, secondo me, è irrilevante. Sarebbe piuttosto facile farlo, ma tutti hanno cose più interessanti da fare, credo.”

37:43. Si passa al Volo 93. Alex Jones afferma che il cratere del suo impatto non somiglia a un cratere d'impatto normale. “Le mie fonti governative di alto livello” aggiunge “hanno persino identificato lo stormo coinvolto nell'abbattimento del Volo 93.” Poi Jones si accorge della contraddizione, perché prima asseriva che c'era un ordine segreto di non abbattimento: “I generali non seguirono gli ordini e ordinarono l'abbattimento del Volo 93.” È interessante notare che in tutte le sue teorie, Jones non fa mai i nomi di questi generali o dello stormo di caccia.

Il programma esamina le segnalazioni di rottami trovati a vari chilometri dal sito d'impatto principale, che sembrano suggerire una distruzione in volo. A Indian Lake, a quasi 7 miglia (11 km) dal cratere sarebbero stati trovati rottami pesanti.

Ma andando a verificare i dati emerge che questa è la distanza che risulta usando i servizi Internet di navigazione, che danno la distanza stradale, confermata dalla BBC con una prova pratica. Ma la distanza in linea d'aria è ben diversa, perché la strada gira tutt'intorno al lago Indian. In linea d'aria si tratta di poco più di un miglio (1600 metri), e l'11 settembre il vento soffiava dal luogo d'impatto verso Indian Lake.

40:00. Brenda Wasson, testimone a Indian Lake, racconta dei frammenti che fluttuavano nell'aria e ne mostra un campione: un oggetto piccolo, simile a un brandello di tessuto. Dice che non c'erano oggetti più grandi di questo: solo pezzetti di carta e d'isolante.

Accanto a lei, Barry Lichty, ex sindaco di Indian Lake, conferma: nessun pezzo di motore o simile, checché ne dicano i complottisti.




41:30. James Fetzer afferma che si tratta di una messinscena e che nel luogo dell'impatto non c'erano rottami e non c'erano neppure cadaveri.

Su quest'argomento viene intervistato Wallace Miller, il coroner (medico legale) della zona, di cui i complottisti come Dylan Avery citano spesso la frase “I stopped being coroner after about 20 minutes, because there were no bodies there” (“Ho smesso di essere un coroner dopo circa 20 minuti, perché non c'erano cadaveri”).

Miller chiarisce che smise di essere coroner perché la causa e la modalità di morte erano assolutamente evidenti, e che la frase è citata incompleta (nella frase completa, infatti, precisa che trovò eccome parti di cadavere).

Dylan Avery cerca di contrastare queste asserzioni precise di persone che erano sul posto dicendo che secondo lui (che non è esperto d'incidenti aerei) ci dovrebbe essere un cratere molto più grande. Si tormenta nervosamente la pelle di un braccio mentre l'intervistatore gli spiega che Miller, con la sua frase citata fuori contesto, stava semplicemente facendo una similitudine. Vengono mostrati rottami del Volo 93.

43:40. Viene esaminata la tesi, sostenuta da Fetzer, secondo la quale il Volo 93 atterrò altrove e che i passeggeri furono fatti sparire in qualche modo a Cleveland: ci sarebbe una notizia che lo conferma. In realtà il volo era il Delta 1989, fatto atterrare perché nella confusione dell'11/9 si sospettava avesse una bomba a bordo o fosse stato anch'esso dirottato.

La BBC intervista uno dei passeggeri di quel volo, Mary McFadden. Le ragioni dell'equivoco diventano chiare: stessa destinazione e stesso corridoio aereo del Volo 93. Quando il Volo 93 sparì dai radar e cambiò direzione, i controllori di volo pensarono che Delta 1989 fosse il Volo 93 dirottato.

Vengono fatte sentire le registrazioni delle comunicazioni dei controllori. Colin Scoggins, che fece l'annuncio via radio del dirottamento del volo Delta 1989, ammette di essersi sbagliato. Ma quel giorno bastava che un pilota sbagliasse un trasferimento di frequenza per trovarsi classificato come dirottamento.

Viene presentato uno spezzone della conferenza stampa in cui il sindaco di Cleveland annuncia che c'è un 767 (non un 757) fermo in un'area isolata dell'aeroporto e si teme vi siano dirottatori a bordo, seguito da un altro spezzone in cui i reporter smentiscono successivamente questo timore.

47:00. Intervista a Frank Spotnitz, uno degli autori di X-Files, che spiega la popolarità dei cospirazionismi: sono miti moderni, laici, pensati (come i miti antichi) per dare senso al caos del mondo e per gratificare coloro che hanno certe ideologie.

Spotnitz stesso è oggetto di una teoria cospirazionista, perché prima dell'11/9 scrisse una puntata del telefilm Lone Gunmen, una derivazione di X-Files, che raccontava il dirottamento segreto da parte del governo di un aereo di linea, partito da Boston e lanciato contro le Torri Gemelle. Lo scopo del piano segreto era incolpare un dittatore straniero e avere così un pretesto per una guerra in Medio Oriente, in modo da permettere all'industria militare statunitense di fare grandi profitti. La teoria cospirazionista è che il telefilm fosse un avvertimento in codice o intendesse preparare psicologicamente il popolo americano.

49:10. Di nuovo Alex Jones in uno dei suoi show radiofonici. Riferimenti ad altri episodi storici in cui il governo USA ha mentito: il caso Watergate, il caso Iran-Contra, il caso Lewinsky, l'accusa all'Iraq di possedere armi di distruzione di massa. Spotnitz parla del cinismo alimentato da questi casi, che predispone al cospirazionismo.

50:25. L'uccisione di Osama bin Laden nel 2011: Fetzer sostiene che in realtà bin Laden era morto nove anni prima. Philip Mudd, agente della CIA dal 1985 al 2005 che partecipò alla caccia al mandante degli attentati, liquida queste teorie. “Ma allora c'erano migliaia di persone che erano consapevolmente coinvolte in una cospirazione non solo per dargli la caccia quando era già morto, ma anche per tenerlo segreto per nove anni.”

51:43. C'è un caso, dice la BBC, in cui le prove sono a sfavore della ricostruzione ufficiale: l'asserita mancanza di avvertimenti specifici degli attacchi. Si parla dell'arrivo negli USA, a gennaio 2000, di due dei dirottatori, Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, che erano noti alle autorità come membri attivi di al Qaeda ma sfuggirono comunque ai controlli d'immigrazione perché non erano stati aggiunti alla lista dei sospettati di terrorismo. Vissero negli Stati Uniti, a San Diego, usando i loro veri nomi.

Un messaggio della CIA segnalò che uno di loro era entrato negli Stati Uniti, ma la segnalazione non fu passata all'FBI. Gli agenti sul posto non sapevano che un terrorista era nella loro città. Viene intervistato Bill Gore, ex agente speciale dell'FBI a San Diego, e vengono mostrate le scuole di volo e gli appartamenti dove risiedevano i terroristi.

In seguito affittarono un appartamento da una persona che lavorava anche come informatore dell'FBI, ma l'informatore non era al corrente di chi fossero. Uno dei terroristi era addirittura citato nell'elenco telefonico di San Diego con il proprio nome autentico (nell'immagine qui accanto). Ma nessuno mise insieme questi indizi, resi inevitabilmente più chiari dal senno di poi.

Nel frattempo arrivavano all'FBI segnalazioni di un possibile piano di al Qaeda per compiere un attacco, senza però informazioni specifiche.

55:00. E se il complotto fosse consistito semplicemente nel lasciar fare ai terroristi, senza fermarli? Il programma esamina anche questa ipotesi con Richard Clarke, coordinatore nazionale per l'antiterrorismo statunitense dal 1998 al 2001.

Clarke lamenta che ancora oggi non sa perché nonostante 60 persone della CIA sapessero della presenza dei due terroristi negli Stati Uniti nessuno lo avvisò di questo fatto e nessuno lo comunicò all'FBI fino a 19 giorni prima dell'11 settembre, quando finalmente l'FBI fu allertata. Ma nel frattempo i due terroristi si erano trasferiti altrove e avevano fatto perdere le proprie tracce.

Ribatte Mudd, chiarendo che le 60 persone in questione non si occupavano esclusivamente di questi due terroristi e respinge l'accusa di grave insuccesso dell'intelligence.

Il programma conclude che “Le prove indicano errori dell'intelligence prima dell'11 settembre. Le teorie di complotto sono, appunto, solo teorie: le prove non le confermano. Ma i loro autori insistono che lotteranno contro quella che vedono come una cospirazione governativa senza scrupoli e pericolosa.”

56:23. Dice Alex Jones: “Se mi uccideranno, mi trasformeranno in un martire.” Harrit insiste che la nostra società non può continuare ad esistere se non vengono date risposte a queste domande. Spotnitz nota che criticare le asserzioni complottisti è, per chi ci crede, “come attaccare la fede di qualcuno senza offrire nulla in cambio se non incertezze.”


Aggiornamenti


2011/09/06. Su richiesta di un lettore, JonnhyK, è stata verificata l'indicazione dello spessore di 6 millimetri fatta dal professor Astaneh. Risulta corretta, anche se si tratta del valore minimo fra quelli nelle zone d'impatto, dove le lastre d'acciaio che formavano le colonne scatolari delle facciata avevano spessori variabili da 6 a 15 mm per il WTC1 e da 6 a 21 mm per il WTC2 (la differenza fra le due torri è dovuta alla diversa altezza delle zone d'impatto). Le colonne centrali avevano spessori variabili da 19 a 102 mm.

Questi dati emergono dal rapporto FEMA del 2002, Appendice B-1, pagine 1-2: “Column plate thickness varied from 1/4 inch to 5/8 inch in the impact zone of WTC 1 for floors 89- 101, and from 1/4 inch to 13/16 inch in the impact zone of WTC 2 for floors 77-87 [...] The core columns were box sections fabricated from A36 steel plate and were 36 inches x 14–16 inches with plate thickness from 3/4 inch to 4 inches.”