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2014/05/02

Pentagono: intervista con il giornalista Richard Benedetto

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

La mattina dell'11 settembre 2001 il giornalista Richard Benedetto si stava recando in macchina al lavoro presso USA Today quando il volo American Airlines 77 passò sopra di lui, diretto verso il Pentagono.

Benedetto ha accettato la nostra richiesta di rilasciarci un'intervista e il suo racconto mostra ancora una volta che le teorie del complotto sull'attacco al Pentagono sono il prodotto di menti troppo fantasiose. Infatti Benedetto, così come altri testimoni oculari, conferma che un aereo di linea ha seguito la rotta verificata dal NTSB e si è schiantato contro il Pentagono.

Ringraziamo Benedetto per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi in generale dell'11/9? Ci puoi fare un racconto di ciò che hai visto quel giorno?

Richard Benedetto: Ero in macchina e stavo andando al lavoro a USA Today quella mattina e ascoltavo la radio, perché stavo già sentendo i notiziari sul World Trade Center colpito da due aerei. All’improvviso sentii un aereo che arrivava da dietro di me, era molto rumoroso e molto basso. È molto insolito vedere un aereo proprio lì, perché il Ronald Reagan Airport, che non è molto lontano dal Pentagono, è il luogo dove atterra la gran parte degli aerei in quella zona, ma seguirebbero un’altra rotta. Guardai fuori dal finestrino a sinistra e in alto, non dovetti guardare molto in alto, e vidi questo grosso jet dell’American Airlines passare e puntare in basso verso il suolo e ricordo di aver urlato a me stesso, essendo io in macchina da solo, “Quell’aereo sta per schiantarsi!” Scomparve oltre il ponte, sentii il rumore dello schianto che sembrava quello del fuoco di artiglieria, e vidi alzarsi una grande nube di fumo nero.

Molte delle auto davanti a me in autostrada si fermarono, qualcuno tentò di fare inversione e tornare indietro; io accostai a destra e corsi sotto al cavalcavia verso il Pentagono e quando uscii dal lato opposto vidi un grosso incendio e fumo nero che usciva dall’edificio e gente che scappava. C’erano agenti di polizia che mandavano via le persone che si avvicinavano al Pentagono. Rimasi lì a vedere cosa succedeva. Un camion dei pompieri era già stato messo all’opera, perché c’era un camion dei pompieri adiacente al Pentagono che era sempre parcheggiato lì, e stava già spruzzando acqua. Questo è in sintesi ciò che vidi appena dopo lo schianto.


Undicisettembre: Posso farti una domanda stupida? Sei sicuro che fosse un jet dell’American Airlines?

Richard Benedetto: Era dell’American Airlines, assolutamente sicuro! Si. Quell’aereo era molto molto basso.


Undicisettembre: Per quanto tempo sei rimasto lì quel pomeriggio? Hai potuto andare al lavoro dopo?

Richard Benedetto: Rimasi lì per l’intera giornata. Chiamai immediatamente in ufficio, i cellulari funzionavano ancora in quel momento, e mi dissero di rimanere lì, quindi rimasi lì fino alle 18:30. Quindi finalmente entrai al Pentagono perché ci fu una conferenza stampa; il Segretario della Difesa, che era Rumsfeld, e il Presidente dei Servizi Armati del Senato, Carl Levin, tennero una conferenza stampa, credo per dimostrare che il palazzo stava funzionando. Noi giornalisti fummo scortati all’interno attraverso i corridoi che stavano ancora fumando, si sentiva l’odore dei vapori di kerosene proveniente dal carburante avio.


Undicisettembre: Cosa ti è successo nelle ore trascorse tra lo schianto e quando entrasti al Pentagono?

Richard Benedetto: Eravamo tutti raccolti vicino a una stazione di servizio dall’altra parte della strada che era usata solo dai veicoli del Pentagono, non era una stazione di servizio pubblica. Eravamo lì e molte persone che arrivavano dal Pentagono venivano a ragguagliarci di tanto in tanto, soprattutto militari.


Undicisettembre: La prossima domanda è inevitabilmente sulla dimensione del buco sulla facciata del Pentagono. Alcuni dicono che fosse troppo piccolo per un aereo di linea. Qual è la tua opinione a riguardo? Hai avuto modo di vedere bene il foro prima che quella parte dell'edificio crollasse?

Richard Benedetto: Non vidi il buco in sé perché c’era molto fumo che usciva; più tardi nel corso della giornata il fumo si diradò e vidi il buco dopo il crollo. Ma non ho mai messo in dubbio se fosse o meno grande abbastanza per un aereo di linea.

Fu solo dopo che sentii che qualcuno aveva detto che non era abbastanza grande e qualcun altro se ne uscì con quelle teorie, specialmente quella sull’aereo che arrivava da nord.


Undicisettembre: Cosa pensi delle varie teorie del complotto sull'11/9 e nello specifico di quella sull'attacco al Pentagono?

Richard Benedetto: Avendo visto l'aereo e avendo visto il tutto mentre accadeva so ciò che i miei occhi mi hanno detto: non fu una finzione. Se fu una finzione, dove è finito l’aereo che ho visto?


Undicisettembre: Cosa pensi di chi sostiene le teorie del complotto?

Richard Benedetto: Ci sono teorie del complotto su tutto, a cominciare dall'assassinio di JFK. Alcune sono più plausibili di altre; questa in particolare per me non ha senso. Non capisco quale sarebbe stato lo scopo secondo questa gente.


Undicisettembre: La maggior parte dei sostenitori delle teorie del complotto, almeno in Italia, adesso sembra credere che un aereo abbia davvero colpito il Pentagono ma che non abbia percorso la rotta sostenuta dalla versione ufficiale, ma una più a nord (guarda questa immagine: la linea azzurra è la rotta ufficiale, quella gialla è la rotta nord). Basandoti sulla tua esperienza credo che tu possa spazzare via questa folle idea, giusto?

Richard Benedetto: Sicuramente l'aereo arrivava da ovest. Seguì la linea azzurra nella foto che mi hai mostrato.


Undicisettembre: Hai mai incontrato qualche complottista e provato a discuterci?

Richard Benedetto: No.


Undicisettembre: Mentre eri al Pentagono qualcuno aveva dubbi sul fatto che fosse stato colpito da un aereo?

Richard Benedetto: Nessuno espresse dubbi né tra i giornalisti, né tra le persone che arrivavano dal Pentagono con cui parlammo, né tra i testimoni oculari. Intervistammo alcune persone che erano nell’edificio e che erano uscite per parlare con noi mentre ci trovavamo in quell’area designata; parlammo con alcune persone che erano nell'edificio al momento dello schianto. Nessuno di quelli che intervistai disse di aver visto l’aereo in sé, ma ne avevano sentito l'impatto, avevano visto persone che erano state gettate al suolo, avevano visto persone ferite. Erano tutti molto scioccati anche loro.


Undicisettembre: Questo è un punto interessante. Hai fatto interviste con persone uscite dal Pentagono. Cosa puoi dirci di loro?

Richard Benedetto: Erano molti nervosi e scossi, scioccati. La gente che stava lavorando fu mandata a casa e quindi c’erano alcuni di loro che vagavano senza sapere cosa fare. Vagavano senza sosta; parte della metropolitana non funzionava, alcuni aspettavano che qualcuno li venisse a prendere. Era una situazione caotica, ma come reporter devi sempre cercare di parlare alle persone che erano più vicine a ciò che è successo, quindi intervistammo molti di quelli che erano dall'edificio.


Undicisettembre: Che tu sappia ci sono molti complottisti tra i tuoi colleghi?

Richard Benedetto: Non tra i giornalisti delle testate principali, no. Non è un argomento popolare qui. Le teorie del complotto sull’11/9 sembrano essere più popolari fuori dagli USA. Qui ci sono alcune persone che hanno queste teorie ma non è un argomento di rilievo nei media principali.


Undicisettembre: Quindi a tuo parere sono più popolari in Europa che negli USA?

Richard Benedetto: Sì, più in Europa. Ce ne sono anche alcune che vengono dal Medio Oriente perché alcune delle teorie che ho sentito sostengono che l'attacco non fu compiuto dagli arabi ma dagli ebrei. Ma i media principali insistono su altre teorie del complotto, tipo quelle su JFK, specialmente lo scorso anno, dato che era il 50° anniversario.


Undicisettembre: L'11/9 come ha influenzato la tua vita quotidiana?

Richard Benedetto: Ero un corrispondente dalla Casa Bianca al tempo, mi occupavo dell’amministrazione di George W. Bush, quindi nei mesi successivi gran parte del mio lavoro era focalizzato sulla risposta americana all’11/9: la risposta militare, la risposta legislativa, l’approvazione del Patriot Act.

Molte persone a distanza di tempo hanno la sensazione che in qualche modo l’11/9 sia accaduto un dato giorno e il giorno seguente abbiamo invaso l’Iraq, ma non è assolutamente vero: accadde 18 mesi dopo. L’altra teoria molto diffusa è che non ci fu dibattito e che i media siano stati complici in questo; anche questo non è vero.

Ci fu molto dibattito, ci furono numerosi articoli molto scettici sull’idea di andare in Iraq. Ma a distanza di tempo la gente ha una percezione diversa di ciò che è successo. Questo è vero anche per le teorie del complotto.


Undicisettembre: Ci sono altri aspetti legati all'11/9 che secondo te meritano indagini più approfondite?

Richard Benedetto: Come giornalisti, credo che dobbiamo fare ricerca su ciò che è successo tra l’11/9 e l’invasione dell’Iraq. Ci sono molti professori universitari, in realtà anche io sono un professore universitario da quando mi sono dimesso da USA Today, che credono che ci fu una corsa all’Iraq che non fu mai dibattuta o raccontata nei dettagli: semplicemente non è vero.

Non solo fu dibattuta dai media americani ma anche all’interno dell’ONU, ci furono molte risoluzioni che furono approvate dal Consiglio di Sicurezza prima che gli USA invadessero l’Iraq ed erano a favore dell'invasione; ci fu un’ultima risoluzione che non fu approvata. Anche il Congresso approvò una risoluzione bipartisan per l’invasione dell’Iraq: al Senato e alla Camera. Ne dibatterono a lungo e duramente.

Ma c’è una credenza diffusa, anche nel mondo accademico adesso, che tutto questo non successe.

Una cosa che voglio sottolineare è che era inevitabile che succedesse, principalmente perché il popolo americano lo voleva. C’era una rivalsa in gioco ed era come una palla di neve che scende con il passare del tempo. Infatti nel tempo trascorso durante i dibattiti su ciò che doveva essere fatto in Iraq il consenso popolare sull’invasione aumentava invece di calare. Iniziò a diminuire solo quando la guerra iniziò ad andare male.


Undicisettembre: Hai avuto conseguenze psicologiche in seguito all'11/9?

Richard Benedetto: Fu terribile vedere una cosa del genere, specialmente quando non te lo aspetti. Non è come essere coinvolto direttamente in una guerra, presumo che quel tipo di conseguenze psicologiche sia molto peggiore. Ti fa pensare alla fragilità della vita e a come le cose possano cambiare in un minuto, ti fa pensare alle cose che sono più importanti. Avevo 60 anni al tempo, è un momento in cui cominci a risistemare la tua vita: ciò che è importante e ciò che non lo è.

Quindi se c'è stato un effetto su di me, non è stato psicologico, ma l'avermi fatto valutare: cosa è importante e cosa non lo e?


Undicisettembre: Questi avvenimenti ti hanno dato una nuova visione dell'arte di fare giornalismo?

Richard Benedetto: Sì. C'era la necessità di spiegare ciò che stava avvenendo al meglio di quanto ero capace dalla prospettiva che avevo, che era la Casa Bianca. Stavo riportando le notizie sulla base di ciò che succedeva alla Casa Bianca: cosa faceva il Presidente, cosa faceva il Presidente al Congresso. Andai al Campidoglio durante i dibattiti sul cosiddetto Patriot Act che mise in moto alcune regole e regolamenti che stiamo ancora dibattendo oggi per quanto riguarda la sicurezza e la sorveglianza e la riservatezza in contrapposizione alla sicurezza. Dovevamo valutare quelle cose per la prima volta, pur avendo riportato notizie dalla Casa Bianca sin dall'amministrazione Reagan fino all'amministrazione Bush non c'erano mai stati dibattiti su questi argomenti fino ad allora. Quindi queste cose divennero argomenti importanti e continuarono ad essere importanti e complessi.

Tentai di riportare tutto e di non farmi prendere dalle emozioni del momento. Sicuramente mi spinse a fare un lavoro migliore come giornalista.


Undicisettembre: Credi che la nazione viva ancora nella paura o che abbia ripreso la sua posizione mondiale?

Richard Benedetto: Non credo che la nazione viva nella paura; gli americani si sono adattati in fretta. C'è la preoccupazione che un nuovo attacco terroristico si possa verificare in ogni momento, ma la gente non cammina per strada pensando a questo. Credo che il Presidente Obama sia costantemente preoccupato di ciò per due motivi. Primo, ovviamente non vuole che la popolazione Americana sia colpita; secondo, è preoccupato degli effetti che questo avrebbe sulla sua presidenza. Non penso che voglia la responsabilità di essere stato il presidente durante un altro attacco terroristico.

Credo che una delle ragioni per cui è così desideroso che l'NSA operi una sorveglianza vasta e comprensiva sia che pensa e spera che così possa prevenire un altro attacco terroristico.