2023/12/01

Pubblicato il verbale dell'intervista della 9/11 Commission al principe saudita Turki bin Faysal Al Sa'ud

di Leonardo Salvaggio. Si ringrazia il giornalista Gerald Posner, autore di "Why America Slept", per la consulenza.


Nello scorso mese di giugno la Interagency Security Classification Appeals Panel, ente creato dall'amministrazione Obama nel 2009 con il compito di decidere sulla desecretazione di documenti sensibili, ha ordinato la declassificazione del verbale dell'intervista della 9/11 Commission al principe saudita Turki bin Faysal Al Sa'ud, che dal 1977 fino a dieci giorni prima dell'11/9 era a capo dei servizi segreti di Riyadh. La pubblicazione è stata ottenuta a seguito di una richiesta in appello dalla giornalista Robbyn Swan del 2019, dopo che una precedente richiesta FOIA (Freedom of Information Act) le era stata respinta.

Come accaduto anche nel caso dell'intervista a George Bush e Dick Cheney, non esiste una registrazione dell'incontro e il documento pubblicato è un memorandum e non una trascrizione completa. L'incontro si è svolto il 29 e il 30 ottobre del 2003 all'ambasciata saudita di Londra, in quanto al tempo Turki bin Faysal Al Sa'ud era l'ambasciatore nel Regno Unito; per l'occasione il principe ha incontrato Philip Zelikow, direttore esecutivo della commissione, e Dieter Snell che è anche l'autore del documento.

L'intervista ha lo scopo, dichiarato nell'introduzione, di sentire anche la versione saudita sugli eventi dell'11/9, contrariamente a quanto fatto dall'indagine governativa nota come Join Inquiry. L'intervista riguarda in gran parte la storia di al-Qaeda e i rapporti tra la Osama bin Laden e la famiglia reale. Il principe racconta di aver incontrato il terrorista circa cinque volte di cui una in Arabia Saudita e le rimanenti in Pakistan. Gli incontri risalgono al tempo dell'invasione sovietica dell'Afghanistan, a proposito della quale il principe Turki specifica di non aver mai cooperato con al-Qaeda ma di aver fatto parte di uno sforzo congiunto con USA e Pakistan per respingere l'Unione Sovietica in cooperazione con fazioni di mujaheddin operanti sul territorio. A tal proposito il principe conferma che neanche gli USA abbiano mai cooperato con al-Qaeda.

Il racconto si sposta poi alla prima guerra del Golfo, quando bin Laden offrì il proprio aiuto all'Arabia Saudita per respingere con i propri guerriglieri l'invasione di Saddam Hussein in Kuwait. L'offerta del terrorista era in sostituzione del supporto americano e venne respinto dai reali di Riyadh. Poco dopo bin Laden trasferì al-Qaeda in Sudan e da lì inviò delle comunicazioni verso i reali sauditi in cui li esortava con toni bellicosi a espellere le forze americane dal loro suolo. A seguito di queste minacce rivolte al regime di Riyadh Osama venne disconosciuto dalla sua famiglia e gli venne revocata la cittadinanza.

Il principe aggiunge che l'Arabia Saudita non ha mai tentato di uccidere bin Laden e che il tentativo avvenuto in Sudan (non specifica quale ma è ragionevole pensare che si tratti di quanto avvenuto a Omdurman nel 1994) sia stato una messinscena per spaventarlo.

A metà degli anni 90 al-Qaeda tornò in Afghanistan, al tempo l'alleanza trinazionale finalizzata a respingere l'invasione sovietica si era allentata. Il principe sostiene che il quegli anni Osama avesse parte del proprio capitale fuori dall'Arabia Saudita: in Europa, Sudan e Stati Uniti. Al tempo, aggiunge Turki, divenne un problema il controllo dei fondi verso l'Afghanistan, Riyadh tentò di stabilire un comitato che ne controllasse la destinazione, ma ovviamente l'efficacia non fu totale e parte di quanto raccolto da organizzazioni di beneficienza deviate finì ad-Qaeda.

Verso la fine degli anni 90 la famiglia reale saudita iniziò a preoccuparsi della pericolosità di Osama bin Laden, anche in seguito all'arrivo in Afghanistan di importanti contingenti di armi dallo Yemen, e chiese ai Talebani la consegna del terrorista. I reali sauditi avviarono quindi delle trattative con il Mullah Omar che naufragarono poco dopo perché i Talebani ritirarono la disponibilità. Secondo il principe Turki, gli Stati Uniti erano al corrente delle trattative. A seguito di questa rottura anticipata dell'accordo, l'Arabia Saudita interruppe i rapporti con i Talebani.

L'ultima parte dell'intervista verte sulle indagini successive all'11/9 ed è l'unica in cui effettivamente i due commissari provano a capire qualcosa sui legami tra l'Arabia Saudita e gli attentatori, ma da quanto emerge le domande sono state vaghe e non c'è stato un tentativo di scavare dopo la risposta iniziale.

I commissari come prima cosa chiedono al principe cosa pensi di quanto scritto dal giornalista ed ex-avvocato Gerald Posner nel libro Why America Slept, uscito pochi mesi prima dell'intervista. Scrive Posner nel libro di aver saputo attraverso delle fonti che Abu Zubaydah, terrorista di al-Qaeda vicino a bin Laden catturato nel 2002, ha riferito in un interrogatorio di aver partecipato a vari incontri con bin Laden e lo stesso principe Turki nel quale quest'ultimo offriva fondi segreti ad al-Qaeda purché il terrorista si impegnasse a non compiere attentati in Arabia Saudita. I fondi sauditi arrivavano al ad al-Qaeda attraverso tre principi: lo stesso Turki, Ahmed bin Salman Al Saud (di cui Abu Zubaydah aveva con sé il numero di telefono) e Turki bin Saud Al Kabeer. In un altro incontro Abu Zubaydah sarebbe stato testimone di un accordo tra bin Laden e il militare pakistano Mushaf Ali Mir il quale offrì armi e protezione ad al-Qaeda in accordo con la corona saudita. A tal proposito il principe ribatte che, per quanto di sua conoscenza, il racconto di Posner è frutto di fantasia, di non aver mai incontrato Abu Zubayda e che nessuno degli altri reali sauditi coinvolti dal racconto aveva un ruolo politico. Riguardo al ruolo di Ali Mir, il principe aggiunge che difficilmente un militare pakistano poteva avere legami con bin Laden, il quale aveva i servizi segreti di Islamabad come interlocutore. A queste risposte sembrano non seguire altre domande sul tema da parte dei commissari.

Contattato da Undicisettembre, Gerald Posner, che tuttora ritiene corrette le proprie posizioni del 2003, sottolinea come il principe usi un linguaggio che gli lascia aperte vie d'uscita. Il testo dice infatti "As far as he knows, Posner's account is an invention" ["Per quanto ne sa, il racconto di Posner è un'invenzione"] e in riferimento ad Ali Mir dice "the Prince considers it highly unlikely that such a figure from the Pakistani military would have dealt with [Osama bin Laden]" ["il principe ritiene estremamente improbabile che una tale figura militare pakistana possa aver avuto rapporti con Osama bin Laden"] (evidenziazioni nostre).

Abu Zubaydah

La commissione chiede quindi conto al principe di un'altra asserzione di Abu Zubaydah riportata sempre da Gerald Posner nel medesimo libro, cioè se avesse avuto notizie di attacchi terroristici negli Stati Uniti che si sarebbero dovuti compiere l'11/9/2001. La risposta è negativa. Turki dice che in base alle fonti di intelligence sia saudite sia americane il suo timore era di attacchi verso obiettivi americani sul suolo saudita. A tal proposito Gerald Posner ha comunicato a Undicisettembre che la sua fonte potrebbe aver esagerato il ruolo del principe Ahmed e di Ali Mir e che i due potrebbero effettivamente non aver saputo dove al-Qaeda intendesse colpire. Purtroppo, ha aggiunto Posner nella nostra comunicazione, Abu Zubaydah non è più in grado di testimoniare a causa delle torture e dei pestaggi subiti dalla CIA e i nastri degli interrogatori sono stati distrutti. In ogni caso, se il principe Ahmed avesse saputo di un attentato negli USA l'11 settembre del 2001, ha aggiunto Posner, non si sarebbe trovato in America, dove effettivamente era in quella data, ma sarebbe tornato in Arabia Saudita,

Il verbale dell'intervista prosegue con il principe che racconta di aver ricevuto dei report riguardo al cosiddetto summit del terrore di Kuala Lumpur a cui avevano partecipato anche Nawaf al-Hazmi e Khalid al-Mihdhar, ma dal rapporto non risultava che i due soggetti fossero particolarmente pericolosi e nemmeno un esplicito legame con Osama bin Laden.

In chiusura il principe sostiene che i quindici dirottatori sauditi sono stati, secondo lui, traviati verso l'estremismo in Afghanistan e che l'Arabia Saudita non produce terroristi e si impegna per contrastare questo tipo di radicalizzazione. In ultimo lo stesso Turki invita i commissari a pubblicare tutto quanto emerso durante le oltre tre ore di discussione e di non nascondere nulla, come invece fatto dal Joint Inquiry. La richiesta del principe è stata comunque disattesa, perché il 9/11 Commission Report non contiene alcun riferimento a questa intervista.

Oltre a tutto quanto sopra, manca un ultimo ma fondamentale tema: è stato completamente ignorato il ruolo di Omar al-Bayoumi. I due commissari non hanno chiesto nulla al principe su per quale motivo un agente dell'Al-Mukhabarat al-'Amma (la principale agenzia di intelligence saudita) abbia aiutato due dei dirottatori del volo American Airlines 77 quando si trovavano a San Diego nel 2000 e nel 2001, cioè quando a capo dell'Al-Mukhabarat al-'Amma c'era proprio il principe Turki.

Non è chiaro perché la commissione abbia ignorato o sorvolato su temi cosi importanti, e alla luce di ciò è altrettanto inspiegabile il motivo per il cui questo documento è rimasto segretato per vent'anni.

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