2023/09/11

United 93: intervista all'ex agente dell'FBI Matthew Hoke

di Leonardo Salvaggio. L'originale in inglese è disponibile qui.
Per il ventiduesimo anniversario degli attentati dell'11/9, Undicisettembre offrei ai suoi lettori il racconto personale dell'ex agente dell'FBI Matthew Hoke che intervenne sulla scena dello schianto del volo United 93 a Shanksville.

Ringraziamo Matthew Hoke per la sua cortesia e disponibilità.




Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che ti è successo l'11 settembre?

Matthew Hoke:
L'11 settembre ero il coordinatore della Task Force sui crimini violenti e sulla droga di Huntington nel West Virginia, era diretta dall'FBI e comprendeva anche agenti della polizia locale e statale. Stavamo seguendo un gruppo di persone dal comportamento insolito, noleggiavano un'auto dall'aeroporto vicino a noi di venerdì, guidavano per circa 5.000 chilometri e restituivano l'auto di lunedì; è tanta strada e l'hanno fatto varie volte. Dovevo fare un'ora di strada in macchina per andare al lavoro tutti i giorni, stavo ascoltando una stazione radio nazionale quando dissero che un aereo aveva colpito una delle torri del World Trade Center. Da quanto sentii alla radio sembrava che fosse un piccolo aereo a elica, quindi non ci pensai molto.

Mentre entravo nel parcheggio del mio ufficio, che era una sede periferica senza insegne perché facevamo molte operazioni sotto copertura come comprare droga e cose del genere, il secondo aereo si schiantò contro la Torre Sud. Come tutti gli altri, capimmo che avevamo a che fare con qualcosa che non era un semplice aereo a elica che aveva colpito il World Trade Center. Al tempo non avevamo i cellulari, ma c'erano i cercapersone. Facevo parte dell'Evidence Response Team, che è un'attività volontaria collaterale dell'FBI, e ricevetti un messaggio che mi diceva di fare i bagagli perché saremmo andati a New York per due settimane.

Tornai a casa in fretta e mentre stavo facendo le valigie ricevetti un altro messaggio che diceva che un aereo si era schiantato in un campo a Shanksville, in Pennsylvania, e che saremmo andati lì perché Shanskville si trova nella divisione di Pittsburgh, che era il mio quartier generale, del territorio dell'FBI. Andammo subito a Shanksville, eravamo un gruppo di dodici o quattordici agenti, di solito ci vogliono cinque o sei ore di guida ma ci arrivammo in quattro ore.

Il volo United 93 si era schiantato in un campo aperto che era una vecchia miniera a cielo aperto, su un promontorio c'erano ancora i magazzini rimasti vuoti. Percorrendo una strada di circa 400 metri attraverso i boschi si raggiungeva il campo dove si era schiantato l'aereo. Il luogo dell'incidente era a un paio di centinaia di metri dall'inizio del bosco, appena fuori dalla strada. Quando arrivammo nel primo pomeriggio c'erano già circa trecento persone e vari edifici allestiti; c'erano la Croce Rossa e l'Esercito della Salvezza, ripetitori per i cellulari, tende con aria condizionata, e le persone sul luogo stavano già raccogliendo le prove dalla scena del crimine.

Ciò a cui mi stavo preparando mentre guidavo era un incidente aereo, ma l'aereo, come abbiamo scoperto, andava così veloce e con un'angolazione tale che quando colpì il terreno la terra si alzò in aria e atterrò sui resti dell'aereo. Quindi non si vedeva ciò che normalmente si vede in un incidente aereo. Chiunque non abbia mai lavorato a qualcosa di simile, non avrebbe pensato che ci fosse stato un incidente aereo in quel luogo. Si vedeva il contorno delle ali dove si era spostata la terra, ma non si vedevano grossi pezzi dell'aereo. Ci diedero piste da seguire per cercare i resti. Sull'aereo c'erano grossi pacchi postali, c'erano lettere e carta sparsi ovunque; gli oggetti più lontani che trovammo erano in giardini privati a otto miglia di distanza, questi oggetti erano finiti nella corrente a getto ed erano stati lanciati lontano.


Quello fu l'inizio, facemmo questo per quattordici giorni. Vennero allestiti un obitorio e una stanza dove venivano raccolte le evidenze. L'obiettivo principale della mia squadra non era solo quella di trovare evidenze, ma anche di trovare le due scatole nere: la scatola dei dati e la scatola delle registrazioni vocali. Iniziammo a cercarle e trovammo la scatola di registrazione vocale a 12 metri di profondità e la scatola dati a 8 metri di profondità.

Contemporaneamente erano in corso gli scavi. Gli oggetti pesanti come i motori e i passaruota non si erano frantumati come la fusoliera, erano stati gettati lontano e trovammo un motore in uno stagno a un quarto di miglio di distanza. Nel periodo che passammo lì facemmo cose incredibili che mostrarono cosa sappiamo fare quando ci liberiamo della burocrazia e ci concentriamo sul fare le cose in concreto. Dopo l'11 settembre piovve per alcuni giorni, quindi la strada dal magazzino al luogo dell'incidente divenne fangosa e i veicoli avevano difficoltà a entrare e uscire; me ne andai una sera e quando tornai il giorno dopo trovai che la strada era stata asfaltata durante la notte. Cose del genere, che normalmente non si vedono, lì accadevano; tutto veniva fatto molto velocemente.


Undicisettembre: Quanto tempo sei rimasto lì a cercare evidenze sulla scena?

Matthew Hoke: La scena del crimine è durata due settimane. In quelle due settimane facemmo molte cose, arrivò l'Evidence Response Team da cinque diverse divisioni, non solo dalla divisione di Pittsburgh ma anche da quella di Cincinnati, una squadra dal Tennessee, una da Chicago e una da Cleveland. Eravamo in molti, ogni squadra aveva il suo compito e siccome noi eravamo la squadra della divisione in cui è avvenuto l'incidente, eravamo responsabili della gestione del luogo dell'incidente. Un'altra squadra era responsabile dei boschi andati a fuoco a causa del carburante degli aerei e il loro compito era più difficile per via dell'odore e del pericolo dato dall'aria che respiravano.

Eravamo in un campo all'aperto ed estraevamo tonnellate e tonnellate di terra che poi veniva setacciata, c'era un macchinario enorme che la divideva in pezzi da un centimetro e mezzo, da lì veniva creato un mucchio che poi veniva diviso in pezzi da meno di un centimetro. Uno dei nostri obiettivi principali era identificare chiunque fosse stato su quell'aereo e alla fine ci riuscimmo, identificammo tutte le vittime e i terroristi grazie al DNA. Ma non c'erano grandi parti di corpo, trovavamo denti o piccoli pezzi di pelle. Poi venivano portati all'obitorio dove iniziava la procedura di identificazione.

Ero felice di essere lì e di essere parte della soluzione, ma allo stesso tempo nessuno di noi sapeva cosa stesse succedendo nel mondo esterno: non sapevamo se stavamo per andare in guerra o se era già iniziata. Tre o quattro giorni dopo che era stata dichiarata la scena del crimine facemmo una piccola rivolta perché non avevamo informazioni; a causa dei rischi per la salute indossavamo le mascherine, quindi non potevamo ascoltare la radio o i notiziari e non ricevevamo aggiornamenti. Volevamo essere informati su quello che stava succedendo, quindi la nostra rivolta consistette nel chiedere di ricevere briefing sulla scena del crimine su quello che stava succedendo nel resto del mondo: lo ottenemmo, iniziarono a informarci due volte al giorno e a darci informazioni su quanto stava succedendo. Ciò rese molto più facile continuare con il nostro lavoro.


Undicisettembre: Cosa sapevate in quelle fasi del motivo per cui l'aereo era precipitato? Avete pensato subito che fosse a causa di una rivolta dei passeggeri?

Matthew Hoke: All'inizio c'erano solo ipotesi. Molte persone della città pensavano che il governo degli Stati Uniti avesse fatto abbattere l'aereo dai jet militari perché era diretto alla Casa Bianca o al Campidoglio. Non ci ho mai creduto.

Cinque giorni dopo, i familiari delle vittime arrivarono sulla scena; in quel momento sapevamo già cosa avevano fatto i passeggeri, erano stati degli eroi, coraggiosi e forti come nessun altro. Quando arrivarono le loro famiglie, si rivelarono altrettanto forti. Pochi piangevano, c'era tristezza ma anche orgoglio. Tenemmo una cerimonia con le famiglie sul promontorio dove si trovava il posto di comando. Rimasi molto colpito dalla forza di quelle famiglie e ci spinse a fare il miglior lavoro possibile, che si trattasse di setacciare o qualunque altra cosa, furono per noi fonte di ispirazione.

Sono andato al memoriale nel 2019 per la prima volta, mi ci sono voluti 18 anni per decidermi, sono andato con uno dei miei amici che era nella divisione di Pittsburgh con me. È stato molto emozionante, e il rispetto per le famiglie e l'ispirazione che ne abbiamo tratto continuano e sono stati rafforzati vedendoli al memoriale.


Undicisettembre: Hai parlato del ritrovamento di pezzi dell'aereo e resti umani, avete trovato anche oggetti, come bagagli o cose che le persone portavano con sé?

Matthew Hoke: Sì, trovammo molti vestiti, foto, documenti di identificazione e cose del genere, ma vennero trovati principalmente nei boschi mentre io ero sul luogo dell'incidente; personalmente non ho trovato molte di quelle cose perché stavo setacciando i detriti che erano stati estratti dal luogo dell'incidente del volo United 93 in cerca di resti umani. Ma abbiamo trovato molti oggetti e identificammo tutto e tutti grazie a ciò che abbiamo trovato e al test del DNA sui resti umani.


Undicisettembre: Hai parlato anche delle scatole nere, le hai viste?

Matthew Hoke: Sì, ero lì quando la mia squadra le ha trovate, era l'obiettivo numero uno all'inizio, le trovammo di notte e furono immediatamente trasportate in aereo a Seattle in modo che potessero essere verificate e che i dati potessero essere estratti. Tutto è successo molto velocemente, non ci sono stati ritardi e abbiamo eliminato tutti i normali problemi amministrativi. È stato impressionante.


Undicisettembre: Hai visto pezzi dell'aereo, hai visto oggetti appartenenti alle vittime, hai visto resti umani, quindi qual è la tua reazione quando senti la gente dire che è stata messa in scena e che nessun aereo si è schiantato lì?

Matthew Hoke: Beh, è frustrante anche solo parlarne. Una cospirazione così grande significherebbe che nessuno ha detto niente in più di vent'anni, è solo una via d'uscita semplice per persone ignoranti. Per ignorante intendo persone che non si prendono il tempo per fare il proprio dovere e trovare fonti di notizie corrette.

Il problema non è limitato all'11 settembre, è un problema generale ed è un brutto momento in questo senso negli Stati Uniti, alcune persone sono pigre per quanto concerne la scelta delle fonti delle informazioni e il modo in cui considerano Vangelo la prima fonte che trovano senza controllare, senza verificare i fatti e verificare a posteriori.

È frustrante, ma chiunque abbia lavorato all'FBI o nelle forze dell'ordine se ne occupa o se n'è occupato prima o poi durante la sua carriera perché qualcuno mette sempre in dubbio se una cosa è successa davvero. E poi ci sono persone che intenzionalmente usano le teorie del complotto per fare soldi.


Undicisettembre: L'11 settembre come influisce sulla tua vita quotidiana?

Matthew Hoke: Ho tenuto molte conferenze su United 93 e i miei colleghi che erano lì hanno fatto lo stesso. Non è più qualcosa a cui penso ogni giorno, ma comunque ci penso molto. Vorrei che non avessimo bisogno di un disastro come l'11 settembre perché il nostro paese si unisse e superasse i disaccordi politici. E non dimenticherò mai la forza e il coraggio delle vittime di United 93, non solo hanno salvato il Campidoglio o la Casa Bianca, ma hanno anche salvato centinaia di vite nel centro di Washington. Non riesco nemmeno a esprimere a parole la quantità di ammirazione che ho per loro.

Negli Stati Uniti eravamo viziati, perché non avevamo in mente il terrorismo. Prima dell'11 settembre pochissimi cittadini statunitensi pensavano al terrorismo come a una minaccia per la loro vita quotidiana. Ho lavorato molto con la NCA nel Regno Unito, la NABU in Ucraina e la polizia nazionale indonesiana; il terrorismo è qualcosa con cui convivono ogni giorno da molto tempo. Penso che dall'11 settembre siamo diventati un paese più sicuro nei confronti del terrorismo e stiamo prendendo le misure necessarie per combatterlo. Fa parte della nostra storia e sarà sempre una tragedia. È una disgrazia che sia successo, ma ora prestiamo più attenzione di prima.

3 commenti:

Marco Miglianti ha detto...

"personalmente non ho trovato molte di quelle cose perché stavo setacciando i detriti che sono erano estratti dal luogo dell'incidente del volo United 93 in cerca di resti umani."

refuso?

Leonardo Salvaggio ha detto...

Ciao, sì, era un refuso. Ho corretto, grazie.

andreag ha detto...

Mi fa specie il fatto che nel 2001 non avessero i cellulari ma solo cercapersone. Stiamo parlando di FBI, io il mio primo cellulare l'ho comprato nel 1995.