2021/06/25

United 93: intervista all'ex direttore esecutivo della Croce Rossa Jeffrey Varnes

di Leonardo Salvaggio. L'originale inglese è disponibile qui.

Offriamo oggi ai nostri lettori il racconto personale del direttore esecutivo della Croce Rosse Jeffrey Varnes, che l'11/9 fu il direttore delle operazioni della Croce Rossa per l'incidente del volo United 93.

Ringraziamo Jeffrey Varnes per la sua cortesia e disponibilità.





Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?

Jeffrey Varnes:
Ero il direttore esecutivo del Chapter [nome dell’edificio dove ha sede la Croce Rossa, NdT] di York County, Pennsylvania. La giornata iniziò con una riunione con il mio staff perché la sera prima c'era stata una tragedia alla Fiera di York, un ragazzino era rimasto coinvolto in un incidente su una giostra in seguito al quale è morto. Dato che la Croce Rossa aveva la responsabilità del pronto soccorso, volevo capire quale era stato il nostro ruolo nell'incidente, quindi inviai due persone alla fiera per accertarlo. Poco dopo ricevetti una telefonata da mia moglie che mi disse che un piccolo aereo aveva colpito il World Trade Center. La sensazione in quel momento era che si trattasse di un aereo molto piccolo.

Ero un membro e uno dei capi dell'American National Red Cross Air Incident Response Team. In base alla nostra formazione, ogni volta che si verificava un incidente aereo ci veniva chiesto di chiamare e indicare le nostre disponibilità. In base alla quantità limitata di informazioni che avevo, chiamai la nostra sede e dissi che sarei stato disponibile ad andare a New York se avessero avuto bisogno di me.

La nostra sede era in una struttura temporanea perché la nostra struttura abituale era in fase di ristrutturazione, quindi non avevamo molte infrastrutture a nostra disposizione, ma riuscii a trovare un televisore da qualche parte nell'edificio in modo da poter vedere cosa stava succedendo. Proprio in quel momento, il secondo aereo colpì il World Trade Center; praticamente tutti capimmo che era più grave dell’incidente di un piccolo aereo. In quel momento ero stato messo in lista di attesa per andare a New York e per la mia procedura di famiglia mia moglie stava iniziando a preparare le mie cose per partire. Poco dopo, i notiziari dissero che c'era un aereo che si era schiantato contro il Pentagono e c'erano voci secondo cui c'era una bomba fuori dal Dipartimento di Stato.

Quando arrivai a casa per prendere i bagagli sentimmo che un aereo si era schiantato anche in Pennsylvania, a Shansksville, vicino al Somerset. Poco dopo ricevetti una telefonata dal nostro quartier generale nazionale che aveva cambiato il mio incarico da New York City a Shanksville e mi fu ordinato di presentarmi al nostro quartier generale a Johnstown, in Pennsylvania, che era la sede che aveva giurisdizione su Shanksville. Attraversai la Pennsylvania, che era un viaggio di tre ore e mezza, sulla Pennsylvania Turnpike, e mentre attraversavo lo stato ascoltavo la radio per sentire le ultime notizie. Ricevetti una telefonata dalla nostra sede nazionale e a quel punto non sapevo ruolo che avrei avuto, quindi chiesi “Cosa volete che faccia? Quale sarà il mio ruolo nell'operazione?" e mi hanno detto che sarei stato il responsabile della Croce Rossa per l'incidente di United 93. Questo cambiò tutta la mia prospettiva, invece di pensare al ruolo minore che avrei avuto a New York capii l’importanza di essere il direttore delle operazioni della Croce Rossa.

La Croce Rossa aveva sempre fatto affidamento su di me per affrontare incidenti di alto profilo a causa della mia esperienza nel lavorare con alti funzionari governativi e leader aziendali oltre alla responsabilità in caso di disastri che avevo. Quando capii che sarei stato io a dirigere l'operazione, iniziai a formulare dei piani su come affrontare la situazione. In un incidente aereo la Croce Rossa è tradizionalmente simile a un subappaltatore per l’NTSB, quindi gran parte della mia esperienza in incidenti con molte vittime era di aver lavorato con l’NTSB e il nostro lavoro era prenderci cura delle famiglie delle persone morte o sopravvissute nell'incidente. Inoltre, una delle nostre principali responsabilità era quella di condurre un servizio commemorativo per coloro che erano sull'aereo. Quando arrivai a Johnstown mi fecero un briefing sull'area geografica in cui avrei lavorato. Potrebbe sembrare un po' strano, ma una delle prime cose che dovetti fare fu organizzare la sede da cui tutti noi avremmo operato e attivare i servizi di comunicazione necessari.

Nel tardo pomeriggio sono individuai diverse potenziali sedi, completai il mio lavoro a Johnstown e poi andai prima a Shanksville e poi a Somerset, dove si trovava l'hotel. Quando arrivai in camera cominciai a pensare a come sarebbe stato il giorno dopo. Fu opprimente, mi sentivo così solo in quel momento e con molte responsabilità sulle mie spalle e mi chiedevo come avrei fatto a superarlo.


Il giorno seguente, invece dell'NTSB, fu l’FBI ad essere in comando e fu la prima volta che lavoravo con loro in modo così diretto. La mia prima riunione fu con molte agenzie diverse e fu convocata dall'FBI e dall'ATF; la loro prima missione, dissero nel briefing, sarebbe stata ispezionare il campo in cui l'aereo si era schiantato e identificare elementi di prova come parti di aereo, parti di corpi o qualunque altra cosa correlata all'incidente, e fu detto loro di porre piccole bandiere che indicassero i luoghi dove trovavano qualcosa. Questa fu la prima indicazione su ciò che avremmo dovuto fare oltre ai consueti servizi per le famiglie. Molti di questi agenti non avevano mai vissuto un disastro di massa e avrebbero visto cose che non avevano mai visto prima, questo avrebbe avuto conseguenze psicologiche su di loro e la Croce Rossa avrebbe potuto fornire supporto per la loro salute mentale.

Dopo quell'incontro andai a stabilire dove sarebbe stato il nostro quartier generale, che era in una chiesa appena fuori Somerset che si trovava tra il luogo dell'incidente e dove avrebbero alloggiato le famiglie delle vittime. Coinvolgemmo anche il nostro team di telecomunicazioni che riuscì a configurare rapidamente le linee telefoniche e la connessione a internet. È importante sottolineare che la Croce Rossa invia per operazioni di questo tipo persone che hanno esperienza in vari settori: logistica, salute mentale, salute fisica, lavoro sociale, assistenza di massa. Quindi non avevo mai lavorato con le persone che erano nella mia squadra prima, e una delle sfide era assemblare la squadra e comprenderne i punti di forza e di debolezza in modo da poterla organizzare in modo che diventasse un'unità coesa il più rapidamente possibile. Stabilii il quartier generale, allestii un sistema per accreditare i nostri lavoratori e stabilimmo la nostra presenza sia al Seven Springs Hotel, dove sarebbero rimaste le famiglie, sia nel luogo dell'incidente, dove fornivamo cibo e bevande ai lavoratori.

Proprio di fronte alla mensa, c'erano persone che si occupavano di salute mentale, queste persone erano formate su come condurre conversazioni e fare domande ai lavoratori quando uscivano dalla scena dell'incidente in modo che potessero descrivere ciò che avevano visto anziché tenerlo dentro e non parlarne a nessuno. La maggior parte dei lavoratori preferiva affidarsi al nostro personale piuttosto che ai programmi di assistenza delle loro agenzie perché temevano che ci fosse un registro delle conversazioni e alle forze dell'ordine non piace dare quel tipo di immagine. Il nostro personale non teneva traccia di quelle conversazioni, quindi fu un servizio molto utile da dar loro.

Al Seven Springs Hotel allestimmo una sala riunioni con tavoli rotonde e sedie, panini e snack per le famiglie. C’erano i nostri operatori della salute mentale e della cura spirituale che potevano ascoltarli se volevano parlare dei loro cari. Uno dei problemi era che l'aereo era decollato da Newark ed era diretto a San Francisco, quindi c'erano passeggeri della costa orientale e della costa occidentale e in quei giorni dopo l'11 settembre il traffico aereo fu sospeso; quindi c’erano famiglie della costa orientale, perché erano arrivate a Shanksville dall'area di New York, ma inizialmente non c’era nessuno dalla costa occidentale. C'era anche un centro di comando nel seminterrato dell'hotel che riuniva tutte le agenzie che stavano lavorando con le famiglie. Lo visitai diverse volte per essere informato dal mio staff che era responsabile di quell'area.

Andò avanti così per giorni, poi vennero trovati i pezzi dei corpi che vennero dissotterrati e inviati all'obitorio che era un altro dei luoghi dove la Croce Rossa prestava servizio. Era presente il gruppo chiamato DMORT, Disaster MORtuary Teams, che è composto da esperti di servizi mortuari provenienti da tutto il paese che vennero in aiuto dei funzionari locali; Somerset è una città molto piccola, quindi aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per identificare i corpi. Una delle prime procedure che fa il DMORT è intervistare le famiglie e cercare di acquisire da loro qualsiasi frammento di DNA che possano recuperare: uno spazzolino da denti, un pettine, cose del genere. Per le famiglie è molto doloroso affrontare quelle interviste e le nostre persone che si occupano di salute mentale erano lì per aiutarle.

Anche i membri del DMORT non avevano mai affrontato incidenti di massa come questo, quindi dovettero affrontare anche problemi di salute mentale; creammo un'area fuori dall'obitorio dove potevano venire durante le pause a prendere cibo e bevande e mettemmo del personale per la salute mentale anche in quell'area.

Tutto questo durò circa cinque giorni e dal punto di vista della Croce Rossa quello che realizzammo in un giorno era ciò che normalmente avremmo realizzato in una settimana. Ero costantemente al telefono, a volte due telefoni, per risolvere questioni o problemi di varia natura. Una delle cose che il direttore deve fare è prendere decisioni; se prendi la decisione sbagliata la correggi, ma se non prendi decisioni paralizzi l'intera operazione.

Dovemmo anche prendere una decisione politica. Un paio di sere dopo l'incidente ci fu una commemorazione nella sede della contea di Somersest, a cui ebbi l’onore di partecipare, fu un evento emozionante in cui omaggiarono tutte le persone morte sull'aereo tranne i perpetratori. E noi come avremmo dovuto ricordare le vite perse sull'aereo? Se avessimo dovuto considerare tutti o solo i passeggeri era una decisione molto politica. Quindi ponemmo una sola candela per rappresentare tutte le vite perse e i partecipanti potevano includervi chi volevano.

Dovemmo prendere una decisione sul servizio funebre perché la famiglie della costa orientale erano già arrivate e presto sarebbero tornate a casa; mentre quelle della costa occidentale stavano appena iniziando ad arrivare. Quindi decidemmo di fare due servizi commemorativi, uno per i primi arrivati e uno per chi arrivò dopo.

Le famiglie si chiedevano perché non ci fossero notizie di rappresentanti federali che venissero sul luogo: i funzionari federali andavano al Pentagono e a New York City, ma nessuno era ancora venuto a Shanksville. Questo fatto arrivò alla mia attenzione, conoscevo bene la burocrazia della Croce Rossa e capii che non sarei riuscito ad accontentare le famiglie se avessi preso quella strada. Ero molto amico del membro del congresso della mia città natale, York, Pennsylvania, quindi lo contattai, gli spiegai la situazione e chiesi se la Casa Bianca era interessata a inviare dei rappresentanti. Lui contattò l’ufficiale alle relazioni con il congresso della Casa Bianca. Nel tardo pomeriggio prima del servizio commemorativo ricevetti una telefonata dalla Casa Bianca e mi dissero che il presidente e il vicepresidente non sarebbero venuti al servizio commemorativo a causa di incontri in cui erano coinvolti, ma mi avrebbero contattato a breve con per dirmi chi avrebbe rappresentato il governo federale al servizio commemorativo. In seguito ricevetti una seconda chiamata dalla Casa Bianca che diceva: "Possiamo dirlo a te ora ma tu non puoi riferirlo a nessuno, devi essere su una linea fissa". Gli comunicai il numero a cui poteva contattarmi e disse "La persona che verrà sarà la signora Bush" ma non potevo dirlo a nessuno della mia squadra fino a quando non me lo avessero detto nella telefonata su linea fissa con la Casa Bianca. Tornai al quartier generale e ricevetti la chiamata su linea fissa dalla Casa Bianca e potei quindi informare la mia squadra. Mi avevano voluto parlare su una linea fissa perché se fossimo stati al cellulare parte della conversazione avrebbe potuto essere intercettata.

Poco dopo arrivarono i servizi segreti e condussero una sorveglianza dell'area in cui la signora Bush si sarebbe trovata. Quando arrivò c'era una doppia fila di personale medico a salutarla. Quando scese dall'auto invece andare nella stanza che avevano preparato per lei, volle stringere la mano a tutto il personale medico che era venuto. Non avevo mai visto automobili muoversi così velocemente, riposizionarsi, e agenti dei servizi segreti muoversi così velocemente per soddisfare i suoi desideri. Era la persona migliore che potesse venire, meglio anche del presidente perché fu compassionevole e comprensiva, il presidente avrebbe dovuto tenere un atteggiamento bellicoso.

Per il secondo memoriale venne la signora Cheney. Fece un lavoro altrettanto eccellente con le famiglie, quando andammo al pranzo passò per tutti i tavoli a salutarle. Non dimenticherò mai che le famiglie non parlarono di sé stesse, dissero "Preghiamo per lei, per il presidente e il vicepresidente che state affrontando questa situazione", le rivolsero parole di conforto mentre lei cercava di fare lo stesso.


Undicisettembre: Come descriveresti il luogo dell'incidente?

Jeffrey Varnes: Il luogo dell'incidente era come un buco nel terreno. Non mi fu permesso di avvicinarmi al luogo dell'incidente, dovetti rimanere indietro perché era una scena del crimine. Permisero solo alle forze dell'ordine accreditate di accedere alla scena del crimine stessa.


Undicisettembre: Hai menzionato di aver lavorato con l'NTSB molte volte prima dell'11 settembre, cosa ha reso questo caso unico rispetto agli altri?

Jeffrey Varnes: Prima di tutto l'NTSB non era in comando, lo era l'FBI. Quindi tutto doveva essere trattato come una scena del crimine. Dovevo inviare quotidianamente via fax all'FBI i nomi dei volontari che sarebbero stati sulla scena in modo che sapessero e avessero la responsabilità di chi sarebbe stato presente, non lo avevo mai fatto nei casi in cui l'NTSB era in comando. Lavorare con un'agenzia federale delle forze dell'ordine fu per me una responsabilità e un'esperienza completamente diversa.

Un'altra cosa che direi sia stata molto diversa era l'attenzione dei media. Volevano intervistare le famiglie, la Croce Rossa di solito cerca di proteggere le famiglie dall'intrusione dei media a meno che siano loro a voler parlare con i media. In questo caso quello che abbiamo fatto è stato cercare di facilitarlo. Informammo le famiglie sulle opzioni che avevano per parlare con i media: potevano farlo in una conferenza stampa, un'intervista individuale, potevano fare una dichiarazione, fare una dichiarazione e poi rendersi disponibili alle domande.


Undicisettembre: Dato che hai dovuto lavorare su pezzi di cadaveri, come reagisci quando senti la gente dire che era tutta una messinscena e che nessun aereo si è schiantato in quel luogo?

Jeffrey Varnes: È completamente falso, c'era un aereo che si è schiantato lì. Ero lì. Ho sentito l'odore e ho visto il dolore delle famiglie; quelle non erano famiglie false.


Undicisettembre: Anche tu sei coinvolto nella risposta alla pandemia di COVID-19 in questo momento?

Jeffrey Varnes: Sì. Lo sono.

Undicisettembre: Come paragoneresti la crisi dopo l'11 settembre con la crisi che il paese sta vivendo ora per la pandemia?

Jeffrey Varnes: Il COVID-19 è un fenomeno internazionale, mentre le fasi iniziali dell'11 settembre erano di natura più nazionale. La perdita delle vite è stata improvvisa, mentre con il COVID è un processo lungo. Il COVID ha suscitato paura in molte più persone rispetto all'11 settembre, sul fatto che possano essere coinvolte personalmente. Il COVID ha avuto un effetto mentale sulle persone che dovevano essere isolate per un lungo periodo di tempo. Quindi l'immensità dell'impatto del COVID sulle persone è molto più pervasivo dell'11 settembre, anche se lo shock per la nazione fu improvviso invece di una crescita costante come nel caso del COVID-19.

Abbiamo patrocinato cliniche per la vaccinazione nella comunità in cui risiedo ora in Nevada e abbiamo coinvolto oltre duecento dei nostri residenti nel volontariato per aiutare con la somministrazione del vaccino. Quello che non mi aspettavo era l'effetto che avrebbe avuto sui nostri volontari, li ha fatti uscire di casa e li ha portati a fare qualcosa di buono per le altre persone e li ha anche fatti socializzare come non avevano potuto fare nei precedenti quattordici mesi. Ha avuto un impatto molto positivo sulla nostra comunità. Ora la sensazione è che siamo sulla buona strada per il recupero, ma non lo sappiamo per certo.

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