di John - www.crono911.org
Eric Holder, Procuratore Generale degli Stati Uniti, ha decretato che i cinque imputati per gli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 saranno processati da una corte federale di New York.
La decisione, comunicata il 13 novembre e voluta dall'amministrazione Obama, azzera il processo penale militare in corso a Guantanamo e prelude all'imminente chiusura del controverso campo di detenzione che ha ospitato sinora i terroristi e combattenti catturati nell'ambito della guerra globale contro Al-Qaeda iniziata all'indomani degli attacchi contro New York e Washington.
Gli imputati sono l'ideatore degli attacchi, Khalid Sheikh Mohammed (KSM), e i suoi complici Ramzi Binalshibh, Ali Abd al-Aziz Ali (alias Ammar al-Baluchi), Waleed bin-Attash e Mustafa Ahmad al-Hawsawi.
E' il caso di ricordare che i primi due hanno ammesso le proprie responsabilità prima ancora di essere catturati, nel corso di un'intervista rilasciata al giornalista arabo Yosri Fouda, in Pakistan, nel 2002.
La decisione ha scatenato un vero putiferio negli Stati Uniti in generale e a New York in particolare. Da un lato, si teme che il trasferimento dei detenuti in prigioni federali e la loro partecipazione alle udienze in un tribunale civile di New York comportino seri rischi di sicurezza.
Si temono tentativi di evasione e di liberazione, ma anche e soprattutto ulteriori attentati da parte di Al-Qaeda o di uno qualsiasi dei tanti gruppi fondamentalisti islamici che vivono a New York, città che con questo processo amplifica un significato simbolico che già le ha procurato tanti guai.
Dall'altro, si teme che in una corte federale, legata ai sistemi probatori tipici della giustizia ordinaria americana (estremamente garantista), potrebbe anche succedere che i cinque terroristi siano assolti.
In molti ricordano bene, infatti, il processo contro El Sayyid Nosair, un fondamentalista che nel 1990 assassinò a colpi di arma da fuoco il rabbino Meir Kahane durante una conferenza a Manhattan, sotto gli occhi di centinaia di persone. Intercettato da un poliziotto mentre fuggiva, Nosair fu arrestato dopo un breve scontro a fuoco nel corso del quale il poliziotto fu ferito.
A causa di imprecisioni nelle testimonianze (un po' quel che succede con i complottisti che si dilettano a contestare le dichiarazioni dei testimoni dell'attacco al Pentagono sfruttando le inevitabili approssimazioni nel ricordare dettagli insignificanti), gli avvocati riuscirono a far assolvere dall'omicidio Nosair (che restò comunque in carcere per gli altri reati commessi).
Si accertò in seguito che Nosair apparteneva alla stessa cellula fondamentalista che nel 1993 organizzò il primo attentato contro il World Trade Center, con il decisivo contributo di Ramzi Yousef, nipote di KSM.
Se Nosair non avesse sparato e ferito l'agente di polizia che lo aveva intercettato, sarebbe stato un uomo libero.
A favore dell'accusa, nel processo sull'11 settembre, gioca però la posizione mantenuta dagli imputati, i quali finora hanno ammesso – con orgoglio – le proprie responsabilità. Se non cambieranno dichiarazioni innanzi ai giudici federali, andranno incontro a una sicura condanna, proprio come è stato per Zacarias Moussaoui, condannato nel 2006.
In ogni caso, questo nuovo processo rappresenta un'ulteriore inchiesta sui fatti dell'11 settembre, che si aggiunge a quella della Commissione 9/11, del Joint Inquiry congressuale, del processo Moussaoui, dell'indagine PENTTBOM dell'FBI, del NIST e della FEMA, per non parlare delle inchieste giornalistiche.
Inchieste congressuali, tecniche, giudiziarie, indipendenti: eppure c'è qualche complottista che sbraita per chiedere "una nuova inchiesta" sull'11 settembre...
Il nuovo processo lascia anche sperare – così come avvenuto per il caso Moussaoui – che una nutrita serie di prove e documenti sia pubblicata sul Web dopo la sentenza, a beneficio di storici, ricercatori e studiosi (quelli veri).
E' infine appena il caso di notare che la reazione dei cittadini di New York e dei familiari delle vittime della tragedia smentisce clamorosamente i proclami dei complottisti, secondo cui i newyorkesi non crederebbero alla "versione ufficiale" dei fatti dell'11 settembre.