
E' disponibile sul sito della BBC uno dei reperti video più raggelanti degli attentati suicidi a Londra del 7 luglio 2005, che causarono 52 morti.
Non mostra né danni, né feriti, né corpi dilaniati: mostra Mohammad Sidique Khan, il leader del gruppo suicida, che tranquillamente si congeda dalla sua figlia di un anno, Maryam, lasciandole un saluto in video prima di andare a farsi saltare in aria, alle 8.50 del mattino, insieme alle sue vittime, su un treno della metropolitana londinese alla fermata di Edgware Road.
C'è chi crede che il contrasto delle teorie cospirazioniste sia una sorta di gioco, una lite di pollaio, un'ossessiva rissa fra internettiani. Ma ogni tanto arrivano fermi promemoria, come questo, del fatto che la posta in gioco è infinitamente più alta. Negare l'esistenza del terrorismo, sostituendolo con fantasie ripescate dal cestino degli sceneggiatori dei film di James Bond, non è soltanto un patetico rifiuto della realtà: è uno squallido affronto alle vittime e a tutti coloro che, a differenza di Mohammad Sidique Khan, non hanno avuto il privilegio di poter salutare i propri cari prima di perderli.
Non solo: così come ammettere l'esistenza della malattia è il primo passo indispensabile per curarla, allo stesso modo riconoscere che il terrorismo esiste ed ha matrici e motivi ben precisi è indispensabile per risolverlo. In entrambi i casi, negarne l'esistenza significa ostacolare il processo di guarigione. Ed è questo il danno più importante del cospirazionismo.