2021/01/18

United 93: intervista alla volontaria della Croce Rossa Patti Anewalt

di Leonardo Salvaggio. L'originale inglese è disponibile qui.

Unidicisettembre offre oggi ai suoi lettori il racconto personale della volontaria della Croce Rossa Patti Anewalt che fu tra i primi soccorritori del volo United 93 che si schiantò in una zona rurale della Pennsilvanya dopo che una rivolta dei passeggeri e dell'equipaggio impedì ai terroristi di colpire il proprio obiettivo.

Ringraziamo Patti Anewalt for la sua cortesia e disponibilità.





Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?

Patti Anewalt: Al tempo vivevo a Lancaster, in Pennsylvania. Lavoravo e lavoro tuttora all'hospice, dove ci prendiamo cura dei pazienti morenti e delle loro famiglie. Sono anche la direttrice del Pathways Center for Grief & Loss [ente con sede in Pennsylvania specializzato nel supporto a chi attraversa periodi di sofferenza, NdT]. Sosteniamo non solo coloro che soffrono per la morte di un paziente che è stato curato nel mio hospice, ma chiunque nella zona sia stato colpito da un lutto. Questo include morti per suicidio, incidente, overdose o persino omicidio. Da alcuni anni lavoravo con la Croce Rossa degli Stati Uniti e ho lavorato in molte occasioni nelle reazioni alle crisi a livello locale, con vigili del fuoco, polizia, paramedici; durante le crisi aiutavo a coordinare il debriefing che veniva fatto a posteriori su come era stata affrontata l’emergenza. Avevo detto alla mia responsabile "La prossima volta che succede qualcosa a livello nazionale mi piacerebbe poterci andare". Quel giorno ero al lavoro, completamente all'oscuro di ciò che stava avvenendo. Non sapevo cosa fosse successo fino a quando la mia responsabile entrò nel mio ufficio e disse “Devi venire a vedere la televisione”, molte persone erano riunite attorno a uno dei televisori e vedemmo il secondo aereo colpire.

Avevo già programmato di andare a pranzo con il mio capo quel giorno e vedendo cosa stava succedendo le dissi mentre stavamo pranzando "Penso che riceverò una chiamata", e così accadde. La Croce Rossa inizialmente era piuttosto disorganizzata nel pomeriggio dell'11 settembre, quindi quando mi chiamarono la prima volta mi dissero "Puoi tenere una conferenza stampa prima di andare a New York?", risposi "Non so se dovrò andare a New York, nessuno mi ha chiamato". Più tardi venni assegnata alla Pennsylvania. Inizialmente ero delusa dal fatto che non sarei andata a New York, ma ora con il senno di poi con tutte le malattie e le morti che sono avvenute a causa ciò che c'era nell'aria sono contenta di essere stata mandata a Shanksville.

Arrivai a Shanksville il 13 settembre e ci rimasi per le successive due settimane. Lavoravo all'obitorio, sul luogo dello schianto e con le famiglie, con le quali organizzammo un servizio commemorativo. Il primo venerdì organizzammo il servizio di preghiera fuori dal tribunale della contea del Somerset. Le famiglie arrivavano in macchina perché inizialmente lo spazio aereo era chiuso. Parlai con altri che avevano risposto a molte emergenze nazionali e mi spiegarono che questo era un caso unico. Di solito le famiglie arrivano sul luogo immediatamente, ma questa volta non accadde perché lo spazio aereo era chiuso. Quindi fu un'esperienza surreale per tutti.


Undicisettembre: Come descriveresti il il luogo dello schianto? C’è stato qualcosa in particolare che ti ha colpito?

Patti Anewalt: La chiamarono "la zona rossa", l’accesso era vietato a tutti tranne a chi era coinvolto nella ricerca dei frammenti dello schianto. Alcuni mezzi della Croce Rossa, chiamati ERVs, Emergency Response Vehicles [veicoli per la risposta alle emergenze, NdT], si potevano avvicinare per portare caffè e cibo, ma tutti gli altri potevano vedere la zona solo da lontano. Stava bruciando e si vedevano nubi di fumo che si alzavano.

Fu allestita un'area commemorativa per le famiglie dove portare ricordi dei passeggeri morti nell'incidente. Da lì si poteva vedere il luogo in cui l'aereo era precipitato, ma a distanza. Ci sono tornata due altre volte ed era completamente diversa rispetto a quando sono stata lì subito dopo l'11 settembre. Adesso c’è un masso che indica la zona dove l’aereo è caduto.


Undicisettembre: Cosa hai fatto in quelle due settimane che sei stata lì?

Patti Anewalt: Andai nella contea di Somerset con un altro volontario della Croce Rossa che si occupa di salute mentale nei casi di disastri. Era uno psicologo che viveva un po' più a nord e ad est di me. In due avevamo turni di dodici ore. A seconda del giorno, venivamo assegnati a posti diversi. Io trascorsi la maggior parte del tempo all'obitorio, c'erano persone da tutta la nazione che lavoravano all'identificazione dei cadaveri. Fino a quando non trovarono la scatola nera, un paio di giorni dopo, si limitarono a contrassegnare con codici di colore diversi i resti che trovavano perché era un’area di undici chilometri di raggio, nel campo e nei boschi circostanti.

All'obitorio ero vicino al camion che distribuiva generi alimentari a cui andavano le persone che lavoravano all'obitorio per prendere qualcosa da mangiare o da bere. Parlai con loro di ciò a cui stavano lavorando. Raccoglievano informazioni dalle famiglie sui loro cari. Una cosa che mi è rimasta impressa è stata che uno dei passeggeri suonava uno strumento a fiato; la mandibola, la forma dell’osso, era diversa e così gli esaminatori forensi sono stati in grado di trovare una corrispondenza tra quella descrizione e la parte del corpo che avevano trovato.

Ricordo che una persona mi disse di aver trovato una patente di guida nella tasca di un passeggero. Per alcuni anni, quando prendevo un aereo mi mettevo la patente in tasca nel caso l'aereo fosse caduto.

Molte delle persone che lavoravano lì dicevano spesso che volevano telefonare a casa, di avere bisogno di entrare in contatto con le loro famiglie e di voler sapere cosa dicevano i notiziari sull'11 settembre. Questo fu piuttosto surreale e mi è successo anche in altre emergenze. Essendo arrivati sul luogo così poco tempo dopo l'incidente, e siccome lavoravamo per molte ore al giorno, non eravamo a conoscenza di cosa stesse succedendo nel resto del mondo. Ed era un periodo spaventoso perché altri tre aerei avevano colpito i loro obiettivi e non sapevamo se eravamo ancora sotto attacco o cos'altro potesse accadere. Era una strana sensazione essere nel luogo di cui tutti parlavano e al contempo saperne meno degli altri, perché eravamo lì, lavoravamo e avevamo scarso accesso alle notizie.


Undicisettembre: Cosa ha reso questo caso unico rispetto ad altri in cui sei stato coinvolta?

Patti Anewalt: Ho partecipato alla reazione a molte tragedie locali, ma a poche a livello nazionale. Una cosa che mi ha aperto gli occhi fu che c’erano settantadue organizzazioni diverse a lavorare insieme e nel giro di un giorno o due tutto era organizzato come un’azienda: avevamo computer, linee telefoniche, scrivanie. Tutto era impostato e organizzato. Dico sempre che la Croce Rossa è un po' come l'esercito: ognuno fa quello che deve e si concentra solo su quello. È molto organizzata ed è così che tengono le cose in ordine, ognuno ha un ruolo e deve svolgere solo quello.

È stato fantastico vedere tutte queste diverse organizzazioni unirsi per organizzare il lavoro anche insieme alla comunità locale. Istituirono una chiesa nelle vicinanze e formavano anche i pastori locali che volevano sapere come sostenere la comunità. La comunità stessa ne è stata molto colpita. Ricordo di aver parlato con alcuni ragazzi che vivevano a Shanksville. Avevano visto il secondo aereo in televisione e si erano consolati tra di loro dicendo: “Oh, grazie al cielo, non viviamo vicino a New York. Qui non succederà nulla.” e all'improvviso hanno sentirono un boato e la scuola tremò. Guardarono fuori dalla finestra e videro il fumo dal luogo in cui l’aereo si era schiantato. Parlavano solo di quello.


Undicisettembre: Pensi che la pressione mediatica abbia avuto un impatto sul lavoro che stavate facendo?

Patti Anewalt: Sul mio no. Eravamo informati ogni giorno su cosa aspettarci e su chi avrebbe fatto visita al luogo dell'incidente. Si diceva che sarebbe venuto il presidente, e subito pavimentarono tutta la zona, alla fine venne il vice presidente. Periodicamente facevano anche delle conferenze stampa. Fu interessante vedere cosa disse e come si comportò il medico legale, che era solo un medico legale locale di una contea, durante le conferenze stampa. Era responsabile della supervisione dell'obitorio e di tutto quello che stava succedendo. Fece un lavoro favoloso nel trattare con i media, poiché alcune informazioni erano riservate.

I media erano odiosi, come spesso sono. Fu necessario mettere la polizia a cavallo a protezione della zona rossa e del memoriale, perché c’erano giornalisti che cercavano di avvicinarsi furtivamente attraverso i boschi. L’ho visto succedere anche in altri casi locali, fanno tutto il possibile avvicinarsi e fare uno scoop.


Undicisettembre: Nel periodo in cui lavoravate lì qualcuno aveva dei dubbi sul fatto che un aereo si fosse schiantato in quella zona?

Patti Anewalt: Dubbi? No! Quasi immediatamente furono rinvenute parti dell'aereo e altre evidenze: non c'era assolutamente nessun dubbio che l'aereo fosse caduto lì. La gente del luogo l'ha sentito e visto, un intero aereo si è schiantato lì e ha scosso tutta l’area circostante. Non c'erano dubbi su cosa fosse successo e che fosse proprio quell'aereo. Con il passare del tempo furono trovati anche i resti dei passeggeri.


Undicisettembre: L'11 settembre come influisce sulla tua vita quotidiana?

Patti Anewalt: Questa è una domanda interessante perché stiamo tutti lottando contro il COVID -19 in questo momento. Ho tenuto un webinar nazionale la scorsa settimana e il mio ruolo era quello di parlare del dolore in relazione alla pandemia. Ho iniziato dicendo che mi ricorda l'11 settembre, perché all'improvviso tutti hanno capito il dolore in un modo o nell’altro. Dopo l'11 settembre tutti erano inorriditi per quello che era successo e per quante persone erano morte così tragicamente. Tutti erano tristi, arrabbiati, orgogliosi del loro paese, c'erano reazioni di dolore di ogni tipo. In questi lunghi mesi di pandemia, non credo che esista qualcuno che non colga il dolore causato dai cambiamenti che stiamo vivendo perché le vite di tutti adesso sono completamente cambiate.

E inoltre, negli anni dopo l’11/9, la gente ha cambiato la propria comprensione dolore. Tutti parlavano di lasciarsi tutto alle spalle e di come si chiudano i ricordi dopo che accade qualcosa di tragico. Ora che le notizie sono una parte così prevalente della vita di tutti, la maggior parte delle persone si rende conto che in realtà non ci si lascia nulla alle spalle. Ce lo ricordiamo sempre, e di tanto in tanto continuiamo a sentire raffiche di dolore quando ci torna in mente o quando qualcosa fa scattare il nostro dolore. Con il passare degli anni i media che parlano delle commemorazioni che si svolgono negli anniversari aiutano la gente a capire non ci limitiamo a dimenticare e lasciarci tutto alle spalle, il dolore si ripropone per tutta la nostra vita.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11 settembre è stato un inside job e che nessun aereo si è schiantato a Shanksville?

Patti Anewalt: Sono ridicole! Sono notizie false, non c’è nulla a sostegno di ciò e ci sono molte evidenze che sia accaduto! Le persone che propongono teorie del complotto hanno troppo tempo libero. Con il COVID è uguale: bisogna fidarsi della scienza e dei fatti! Non ho molta pazienza su questi temi. E ovviamente i complottisti non sono stati a Shanksville a vedere il museo. Contiene molti oggetti ritrovati che dimostrano che i passeggeri erano sull’aereo che si è schiantato e ci sono anche parti dell'aereo. La cosa più straziante sono le registrazioni delle telefonate dei passeggeri alle loro famiglie, che raccontano cosa stava accadendo e come pensavano di affrontare i terroristi.


Undicisettembre: Come paragoneresti la crisi dopo l' 11 settembre alla crisi per il COVID-19 che la nazione sta vivendo adesso?

Patti Anewalt: È difficile fare paragoni perché i morti sono molti di più. In entrambi i casi chiunque al mondo si è informato su ciò che succede, ne è consapevole e ne paga le conseguenze. Queste sono le somiglianze, tuttavia le differenze sono molte di più perché la pandemia colpisce ogni singola persona in tutto il mondo in modo personale e i morti sono molte migliaia in più. L'11 settembre non ha avuto un impatto così diretto su tutto il mondo.

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