2020/11/02

World Trade Center: intervista alla sopravvissuta Lila Nordstrom

di Leonardo Salvaggio. L'originale inglese è disponibile qui.

Undicisettembre offre oggi ai propri lettori il racconto personale della sopravvissuta Lila Nordstrom che era all'ultimo anno di scuola superiore a pochi isolati dal World Trade Center quando avvennero gli attacchi.

Ringraziamo Lila Nordstrom per la sua cortesia e disponibilità.




Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?

Lila Nordstrom: L'11 settembre ero all’ultimo anno di scuola superiore, la mia scuola era a circa tre isolati dal World Trade Center ed eravamo in classe quando la prima torre è stata colpita. Rimanemmo in classe fino a poco prima che la Torre Nord crollasse. Quando la prima torre fu colpita non sapevamo cosa stesse succedendo, poi fu colpita anche la seconda e guardavamo tutto ciò da una vista panoramica fuori dalla nostra classe. Quando la Torre Sud crollò, dissero a tutti di andare nelle aule magne e attendere nuove istruzioni, penso che l'amministrazione stesse ricevendo indicazioni contraddittorie da diversi funzionari sulla possibilità di evacuare o se fosse più sicuro rimanere all'interno; dato che eravamo così vicini era possibile che rimanessimo travolti dalla nube di polvere in caso di evacuazione.

Dopo il crollo della prima torre, la polizia o qualcun altro disse loro che dovevamo evacuare la scuola, così improvvisamente ci fecero uscire e l’evacuazione fu molto caotica perché aprirono solo l’uscita a nord della scuola e dissero a tutti di scappare. C'erano circa tremila studenti nella nostra scuola, quindi c’erano molte persone che uscivano dall'edificio. Fui tra i primi studenti a uscire, perché invece di andare nell’aula magna andai in infermeria, che era vicino all'uscita. Sono asmatica, quindi quando la prima torre crollò e la nube di polvere corse verso il nostro edificio, capii che dovevo andare dall'altra parte dell'edificio e lontano dalle finestre. Nel momento in cui uscii, letteralmente nel momento in cui misi un piede a terra, la seconda torre iniziò a crollare e tutti le persone in fuga con cui mi trovavo iniziarono a correre. Corremmo per circa quattrocento metri finché non rimanemmo senza fiato. Quando mi fermai trovai una delle mie insegnanti e iniziammo a camminare insieme verso i quartieri più a nord, altri studenti si unirono a noi durante la strada. Penso di aver camminato per oltre quindici chilometri, fino al Queens. Vivevo a Manhattan, ma passai oltre casa mia perché vivevo sotto l'Empire State Building e prima di uscire dalla scuola avevo sentito alla radio che c'era la possibilità che un altro aereo lo colpisse, quindi continuammo a camminare e decisi di non tornare a casa. Dato che ero con un'amica che viveva nel Queens, feci la strada con lei. Attraversammo il 59th Street Bridge [ponte che collega Manhattan al Queens, NdT] con migliaia di altre persone e arrivammo a casa sua. Passai la notte lì e tornai in città il giorno successivo.


Undicisettembre: Cosa ti è successo il giorno dopo?

Lila Nordstrom: Il giorno successivo era spaventoso. Volevo immediatamente lasciare la città e andare a nord dello stato di New York, dove vivevano i miei nonni. I miei amici presero la metropolitana con me fino alla 60esima strada, i miei genitori mi incontrarono là e andammo insieme a Downtown. Era allarmante, attraversammo diverse zone con diversi livelli di devastazione, tra la sessantesima e la settantesima strada sembrava abbastanza normale, ma a Time Square c’era più silenzio del solito, a Herald Square era inquietante. Camminammo fino alla quattordicesima dove c'era uno sbarramento. Vivevo tra la ventesima e la trentesima strada, quindi abbiamo camminato un po’ oltre solo per vedere cosa stava succedendo: c’era fumo ed era spaventoso. C'era una fila davanti un'armeria vicino a casa nostra, gente che cercava persone scomparse. C'erano già i manifesti per gli scomparsi.

Tornammo a casa e ci sedemmo e io insistetti perché lasciassimo la città subito, i miei genitori dicevano “No, ce ne andremo tra un paio di giorni” e io rispondevo “Dobbiamo andarcene subito. Non possiamo restare qui. Può succedere di tutto." C'erano anche jet militari che passavano sopra di noi e il rumore di quegli arei mi faceva sobbalzare, succedeva a molti di quelli che erano a scuola con me. Così rimasi in casa per due giorni e poi finalmente lasciammo la città e andammo a nord.


Undicisettembre: Quanto tempo sei rimasta lì?

Lila Nordstrom: Rimanemmo lì per una settimana. In quel momento avevo solo bisogno di lasciare la città, era semplicemente troppo spaventoso e rumoroso. Sono cresciuta in una zona industriale, quindi c'erano sempre molti rumori e scoppi, ma trovavo insopportabile il rumore in città e il suono degli aeroplani. Penso che fosse una cosa comune, molte persone della mia scuola hanno detto di aver provato le stesse sensazioni dopo l'attentato, e in una certa misura è ancora così.

Non avevamo capito cosa fosse successo. Non sapevamo perché i terroristi ci avessero attaccato, non sapevamo se ci fossero altri attacchi in arrivo, pensavo solo che dovevamo semplicemente andarcene.


Undicisettembre: Eri molto giovane nel 2001, ti consideri parte della generazione dell'11 settembre? Voglio dire, ha influenzato la tua vita e quella delle persone della tua età?

Lila Nordstrom: Sì, penso di sì. Avevo 17 anni, quasi 18, quindi quello è stato il momento che ha separato la mia infanzia dalla mia età adulta. Fu un periodo di grande impatto perché l'anno successivo sarei andata al college: tutte le cose che accadono quando hai 18 anni erano proprio dietro l'angolo per me e poi accadde questa cosa enorme, il che significa che il mondo degli adulti in cui stavo entrando cambiò completamente. Siamo i più vecchi di questa "generazione dell'11 settembre". Ricordiamo com'erano le cose prima dell'11 settembre. Per me il mondo degli adulti in cui stavo entrando divenne molto più spaventoso, più oscuro e più violento di quanto mi aspettassi, perché subito dopo cercarono di mandarci in guerra e usarono quello che ci era accaduto come esempio del perché avremmo dovuto andare in guerra. L'argomentazione era insensata perché erano ossessionati dall'Iraq e iniziarono a costruire il caso contro l'Iraq subito dopo l'11 settembre ed era chiaro a chiunque ascoltasse che l'Iraq non aveva nulla a che fare con l'11 settembre. Diventammo la scusa per questa orribile missione che gli Stati Uniti hanno intrapreso.

Penso che sia stato un brusco risveglio nell'età adulta e fummo in grado di capire tutti questi meccanismi, al contrario da bambina non credo che avrei capito esattamente cosa stava succedendo.

Ci siamo sentiti come se fossimo il simbolo che stavano usando per giustificare tutta questa violenza mentre eravamo seduti lì a dire "Aspetta un minuto, non usateci, questo non è vero".

Una cosa interessante che notai quando mi trasferii in California dopo il college è che tutti negli Stati Uniti pensano di aver vissuto personalmente l'11 settembre, e per questo motivo hanno difficoltà a distinguere tra viverlo effettivamente in senso tangibile e viverlo teoricamente. Questo è alla base di gran parte della mia frustrazione riguardo al periodo subito dopo l'11 settembre in cui fummo usati come simbolo del fatto che il resto dell'America si stava scaldando con frasi tipo "O sei con noi o contro di noi" e tutta questa folle retorica.

Allo stesso tempo ci stavano facendo tornare a scuola in un quartiere a rischio dove l'aria non era sicura mentre giustificavano tutte queste cose terribili sulle nostre spalle.


Undicisettembre: L'11 settembre come influisce sulla tua vita quotidiana anche oggi?


Lila Nordstrom: Per prima cosa ho fondato un'associazione chiamata StuyHelth che si occupa di questo problema, e il motivo per cui lo faccio è che ci sono stati enormi impatti sulla salute nella mia comunità a causa di ciò a cui siamo stati esposti. In realtà una cosa che penso non sia ben compresa al di fuori di New York City è che il giorno dell'11 settembre in sé non è il vero motivo per cui abbiamo queste conseguenze per la salute. Voglio dire che c’è chi soffre di stress post-traumatico e chi si è trovato nella nube di polvere ha avuto conseguenze di salute, ma la maggior parte di noi si è ammalata perché siamo stati rimandati a scuola. La rimozione delle macerie andò avanti per mesi e noi stavamo andando a scuola proprio nel bel mezzo di quell’operazione, scaricavano i detriti del sito proprio accanto alla nostra scuola.

Attraversavamo vari posti di blocco della polizia per entrare a scuola. All'epoca avevamo poca consapevolezza del fatto che parte del motivo per cui siamo siamo tornati a scuola era simbolico, per far sembrare che fosse tutto tornato alla normalità. Vedo un vero parallelo con il tipo di retorica utilizzata per giustificare l'apertura delle scuole ora durante il COVID e, come successe a noi, è chiaro che gran parte delle argomentazioni hanno a che fare con l'economia e non con la sicurezza degli studenti. Le scuole qui non sono state messe in sicurezza, stiamo semplicemente rimandandoci i ragazzi. Questo è fondamentalmente ciò che è accaduto anche a noi, pertanto gli impatti sulla nostra salute sono in gran parte dovuti a ciò che è accaduto nei mesi dopo l’11 settembre: siamo tornati a scuola a tre isolati di distanza dal World Trade Center il 9 ottobre, la nostra scuola non venne completamente ripulita fino all'estate successiva, quindi frequentammo la scuola in un edificio contaminato per un intero anno scolastico. È così che siamo stati colpiti, sarebbe stato solo un ricordo traumatico se non fosse stato per il fatto che è diventato parte della nostra vita quotidiana per mesi.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11 settembre è stato un inside job?

Lila Nordstrom: Beh, non ci credo. Capisco il motivo per cui queste teorie sono convincenti. Questo periodo è il primo parallelo sulla scala dell'11 settembre che ho vissuto nella mia vita. Dopo l'11 settembre c'era un senso di sfiducia nell'amministrazione Bush; Bush non era un presidente popolare, quindi le persone erano disposte a credere che in qualche modo l'amministrazione ne fosse a conoscenza a causa dell'incompetenza con cui convivevamo da molto tempo. Ed è stato anche uno shock stranissimo per tutti perché una cosa del genere non era mai successa qui. A noi piace andare in guerra altrove, la seconda guerra mondiale è stata combattuta interamente altrove. Non eravamo abituati a essere l'obiettivo di una cosa del genere e c'era la sensazione che nessuno fosse in grado di spiegare completamente cosa fosse successo. Quindi capisco perché quelle teorie fossero convincenti.

Immediatamente dopo l'attacco abbiamo visto un'amministrazione annaspare nel tentativo di spiegare cosa fosse successo, alla ricerca di modi per inserirlo in un'agenda che avevano già e che non aveva nulla a che fare con ciò che era successo. Soprattutto il fatto che lo usassero per giustificare una guerra che non aveva c’entrava nulla faceva credere a molti che la storia ufficiale non era affidabile.

Ricordo Loose Change, il film che è stato uno dei primi successi virali: era pieno di falsa scienza, ma nessuno aveva alcun background di quegli argomenti, quindi se qualcuno diceva che l'acciaio non può collassare in quel modo, nessuno sapeva valutare, nessuno aveva le conoscenze per dire "Ne so più di loro", quindi molti credettero a quel video. Allo stesso modo, io non so più dei medici su come si diffonde il COVID, ma per qualche motivo molti sembrano credere di saperne più dei medici.

Quindi, c'era un vuoto di informazioni, erano tempi spaventosi. La gente voleva risposte e i canali ufficiali non le fornivano. E le persone fanno cose folli quando hanno paura. L'ho visto l'11 settembre e lo vedo anche adesso.


Undicisettembre: Come paragoneresti la crisi dopo l'11 settembre alla crisi per il COVID che il paese sta vivendo adesso?

Lila Nordstrom: Sto vedendo emergere molti degli stessi temi. Prima di tutto, non adottare adeguate misure preventive per la salute pubblica e poi mettere in pericolo la vita delle persone per rilanciare l'economia. L'11 settembre ha causato una crisi ambientale che era molto diversa dall'11 settembre inteso come attacco terroristico; da persona che l'ha vissuto come crisi ambientale, vedo molti paralleli in come funziona la nostra infrastruttura sanitaria pubblica e le priorità che ha. La ragione per voler vivere in una società è che quando succede qualcosa di così grande ci si può prendere cura l'uno dell'altro; questo richiamo al ruvido individualismo di cui eravamo così orgogliosi non ci è d’aiuto in una crisi come questa e ne stiamo vedendo i risultati con il COVID.

La cosa che penso sia unica al modo in cui una crisi del genere colpisce le persone qui negli Stati Uniti è che non abbiamo alcuna assistenza sanitaria garantita; una crisi come questa ha conseguenze molto durature che non avrebbe se ci fosse di un'assistenza sanitaria completa. Se chiedi agli studenti di tornare a scuola o alle persone di tornare al lavoro e non sai per certo se sia sicuro, potresti non solo condannarli a un futuro di problemi di salute, ma anche a un futuro di enormi debiti medici o fallimento a causa della spese mediche per le quali non possono vedere un medico a causa dei costi.

Abbiamo lottato per vent'anni per avere un programma sanitario che si facesse carico di almeno il 30% delle nostre necessità dovute all'11 settembre. Il fatto che ho dovuto combattere per vent'anni in un paese che in teoria ha il miglior sistema sanitario del mondo è sorprendente. E penso che lo stesso accadrà dopo il COVID perché non abbiamo un sistema che ci consenta di affrontare gli aspetti in corso di una crisi sanitaria come questa. Drenerà costantemente la nostra economia, la nostra società, il nostro sistema sanitario in modi che semplicemente non dovrebbero verificarsi. Stiamo assistendo alla stessa ignoranza del problema e al rifiuto di affrontare l'ovvia soluzione che abbiamo visto dopo l'11 settembre. E l'11 settembre come crisi ambientale è avvenuta su scala molto più piccola, ha colpito trecento o quattrocentomila persone a Lower Manhattan, non milioni di persone in tutta la nazione. Ma piccoli 11/9 accadono costantemente qui. Flint nel Michigan [città dove è avvenuta una crisi sanitaria dovuta a contaminazione delle acque, NdT] è un piccolo 11 settembre, stanno attraversando una crisi ambientale che avrà conseguenze di lunga durata e non abbiamo fatto nulla per risolvere il problema. Il problema delle armi da fuoco è un altro esempio di ciò, in questo paese chiediamo alle persone di pagare le spese mediche dopo essere state colpite da colpi di arma da fuoco in atti di violenza di massa. Il numero di richieste di risarcimento mediche su GoFundMe rappresenta un terzo della loro attività.

Abbiamo consentito a queste crisi di protrarsi per molto più tempo del necessario perché ci rifiutiamo di prenderci cura delle loro conseguenze. Lo vedo che sta arrivando proprio ora con il COVID, stiamo facendo la stessa identica cosa. Non l'abbiamo mai fatto su una scala così grande, stiamo per rifiutarci di prenderci cura delle conseguenze a lungo termine di qualcosa che ha toccato la vita di ogni singola persona in America, non qualcosa che ha toccato solo Lower Manhattan o Flint nel Michigan, o un altro posto qualsiasi. Non abbiamo fatto nulla per affrontare questi errori; quindi per me vedere arrivare la crisi da COVID è come un incidente d'auto al rallentatore in cui vedo tutti questi errori e il modo in cui hanno un impatto su di noi di lungo termine, e come queste lacune nella reazione ai disastri avranno impatti su di noi non solo adesso. È brutto adesso che nessuno possa lavorare e che siamo ancora bloccati a casa sette mesi dopo esserci chiusi dentro per la prima volta; ma vedo anche come tra vent'anni continuerà ad avere un impatto su di noi, e non vedo nessuno fare un passo per affrontare la questione, il che è frustrante.

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