di Hammer
Il 15 luglio del 2016 sono state finalmente desecretate le 28 pagine del Joint Inquiry rimaste secretate a seguito della pubblicazione del rapporto nel dicembre del 2002. Le 28 pagine in questione riguardano i legami tra i dirottatori ed esponenti del governo saudita, e proprio per questo motivo sono state tenute nascoste per così tanto tempo. Il testo integrale delle 28 pagine è stato trascritto e pubblicato integralmente anche da Undicisettembre per ovviare alla scarsa qualità delle scansioni originali.
Basandosi su numerosi documenti dell'FBI e su un memorandum della CIA il testo indica che alcuni dei 19 dirottatori durante la loro permanenza sul suolo americano ebbero contatti con personalità riconducibili all'intelligence, alla diplomazia e al governo dell’Arabia Saudita. Tra le persone che entrarono in contatto con i terroristi vi sarebbero stati Omar al-Bayoumi e Osama Bassnan, che diedero supporto logistico ai dirottatori Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi a San Diego; Shaykh al-Thumairy, imam di una moschea a Culver City creata con fondi statali sauditi, nota per le sue posizioni estreme e frequentata da al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi; Saleh al-Hussayen, ufficiale del ministero degli interni saudita, che alloggiò nello stesso albergo di al-Hazmi in Virginia; e Abdullah Bin Ladin, fratellastro di Osama e dipendente dell'ambasciata saudita a Washington.
Il memorandum della CIA da cui la commissione ha appreso di questi legami non venne mai inoltrato all'FBI, che rimase quindi all'oscuro di queste attività. Il testo specifica comunque che tutte queste asserzioni sono di natura indiziaria e che sarebbe stato necessario verificarle. Il Joint Inquiry specifica anche che potrebbe esistere una spiegazione plausibile per tutti questi legami che non preveda accordi clandestini tra il governo saudita e al-Qaeda.
Delle persone sopra elencate, quelle più importanti, a cui il testo dedica maggior spazio, sono Omar al-Bayoumi e Osama Bassnan, i quali offrirono ad al-Mihdhar e al-Hazmi supporto logistico, dapprima ospitandoli nella casa di al-Bayoumi a San Diego e poi aiutandoli a trovare un appartamento, di cui pagarono la prima rata dell'affitto, e favorendo la loro integrazione con il centro islamico di San Diego. Il primo contatto tra al-Bayoumi e i terroristi avvenne a seguito di un incontro, che tutti e tre vollero far apparire come fortuito, in un esercizio pubblico. Al-Bayoumi e Bassnan avevano forti legami con il governo saudita, come testimoniato anche dai loro tabulati telefonici e dalle sovvenzioni che i due uomini e le loro mogli ricevevano regolarmente dall'ambasciata. Inoltre al-Bayoumi riceveva mensilmente uno stipendio da una compagnia saudita con sede negli USA (presso la quale non lavorava regolarmente), che aveva a legami con il ministero della difesa dell'Arabia Saudita e con Osama bin Laden. L'azienda gli aumentò lo stipendio durante il periodo in cui aiutò i due terroristi. Secondo quanto appreso dall'FBI, sia al-Bayoumi sia Bassnan erano anche ritenuti agenti dell'intelligence saudita.
I legami tra il governo saudita e al-Qaeda non si fermerebbero ai dirottatori dell'11/9 ma coinvolgerebbero anche altri gruppi, come testimoniato dal fatto che nel cellulare del terrorista Abu Zubaida, uno degli operativi di al-Qaeda catturato in Pakistan nel 2002, furono trovati numeri di telefono appartenenti a dipendenti dell'ambasciata saudita a Washington.
Nonostante questi evidenti legami, dopo l’11/9 la cooperazione del governo saudita nelle indagini sui dirottatori fu sempre molto scarsa, ma la mancanza di collaborazione era un’abitudine del governo di Riyadh già da ben prima dell'11/9. A tal proposito vengono citati nel testo due casi risalenti agli anni 90, ovvero quelli di Madani al-Tayyib e Mohammed Jamal Khalifa, che avevano stretti legami con Osama bin Laden e a cui il governo saudita ha sempre offerto protezione, negando agli USA il permesso di interrogarli.
Pochi giorni dopo la pubblicazione del testo, ABC news ha pubblicato la reazione di Richard Clarke, che avanza un'ipotesi interessante sul perché al-Bayoumi abbia potuto offrire così tanta assistenza ai due terroristi in modo del tutto incontrastato. Clarke sostiene che, sebbene questa ipotesi non sia stata considerata né dalla 9/11 Commission né dalla commissione governativa, al-Bayoumi potesse essere una spia dei servizi segreti sauditi a cui la CIA aveva chiesto di investigare sui due terroristi, delegando l'indagine ai colleghi sauditi così da aggirare il limite di non poter condurre operazioni di intelligence all'interno degli USA (compito che spetta all'FBI).
Quella di Clarke resta un'ipotesi, ma come suggerisce lo stesso Coordinatore Nazionale per la Sicurezza è opportuno, ora che le 28 pagine sono state desecretate, continuare le indagini per capire a fondo perché l'11/9 non fu evitato nonostante le informazioni in possesso dell'intelligence fossero ampiamente sufficienti.
Fonti aggiuntive: The Intercept.
Il 15 luglio del 2016 sono state finalmente desecretate le 28 pagine del Joint Inquiry rimaste secretate a seguito della pubblicazione del rapporto nel dicembre del 2002. Le 28 pagine in questione riguardano i legami tra i dirottatori ed esponenti del governo saudita, e proprio per questo motivo sono state tenute nascoste per così tanto tempo. Il testo integrale delle 28 pagine è stato trascritto e pubblicato integralmente anche da Undicisettembre per ovviare alla scarsa qualità delle scansioni originali.
Basandosi su numerosi documenti dell'FBI e su un memorandum della CIA il testo indica che alcuni dei 19 dirottatori durante la loro permanenza sul suolo americano ebbero contatti con personalità riconducibili all'intelligence, alla diplomazia e al governo dell’Arabia Saudita. Tra le persone che entrarono in contatto con i terroristi vi sarebbero stati Omar al-Bayoumi e Osama Bassnan, che diedero supporto logistico ai dirottatori Khalid al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi a San Diego; Shaykh al-Thumairy, imam di una moschea a Culver City creata con fondi statali sauditi, nota per le sue posizioni estreme e frequentata da al-Mihdhar e Nawaf al-Hazmi; Saleh al-Hussayen, ufficiale del ministero degli interni saudita, che alloggiò nello stesso albergo di al-Hazmi in Virginia; e Abdullah Bin Ladin, fratellastro di Osama e dipendente dell'ambasciata saudita a Washington.
Il memorandum della CIA da cui la commissione ha appreso di questi legami non venne mai inoltrato all'FBI, che rimase quindi all'oscuro di queste attività. Il testo specifica comunque che tutte queste asserzioni sono di natura indiziaria e che sarebbe stato necessario verificarle. Il Joint Inquiry specifica anche che potrebbe esistere una spiegazione plausibile per tutti questi legami che non preveda accordi clandestini tra il governo saudita e al-Qaeda.
Delle persone sopra elencate, quelle più importanti, a cui il testo dedica maggior spazio, sono Omar al-Bayoumi e Osama Bassnan, i quali offrirono ad al-Mihdhar e al-Hazmi supporto logistico, dapprima ospitandoli nella casa di al-Bayoumi a San Diego e poi aiutandoli a trovare un appartamento, di cui pagarono la prima rata dell'affitto, e favorendo la loro integrazione con il centro islamico di San Diego. Il primo contatto tra al-Bayoumi e i terroristi avvenne a seguito di un incontro, che tutti e tre vollero far apparire come fortuito, in un esercizio pubblico. Al-Bayoumi e Bassnan avevano forti legami con il governo saudita, come testimoniato anche dai loro tabulati telefonici e dalle sovvenzioni che i due uomini e le loro mogli ricevevano regolarmente dall'ambasciata. Inoltre al-Bayoumi riceveva mensilmente uno stipendio da una compagnia saudita con sede negli USA (presso la quale non lavorava regolarmente), che aveva a legami con il ministero della difesa dell'Arabia Saudita e con Osama bin Laden. L'azienda gli aumentò lo stipendio durante il periodo in cui aiutò i due terroristi. Secondo quanto appreso dall'FBI, sia al-Bayoumi sia Bassnan erano anche ritenuti agenti dell'intelligence saudita.
I legami tra il governo saudita e al-Qaeda non si fermerebbero ai dirottatori dell'11/9 ma coinvolgerebbero anche altri gruppi, come testimoniato dal fatto che nel cellulare del terrorista Abu Zubaida, uno degli operativi di al-Qaeda catturato in Pakistan nel 2002, furono trovati numeri di telefono appartenenti a dipendenti dell'ambasciata saudita a Washington.
Nonostante questi evidenti legami, dopo l’11/9 la cooperazione del governo saudita nelle indagini sui dirottatori fu sempre molto scarsa, ma la mancanza di collaborazione era un’abitudine del governo di Riyadh già da ben prima dell'11/9. A tal proposito vengono citati nel testo due casi risalenti agli anni 90, ovvero quelli di Madani al-Tayyib e Mohammed Jamal Khalifa, che avevano stretti legami con Osama bin Laden e a cui il governo saudita ha sempre offerto protezione, negando agli USA il permesso di interrogarli.
Pochi giorni dopo la pubblicazione del testo, ABC news ha pubblicato la reazione di Richard Clarke, che avanza un'ipotesi interessante sul perché al-Bayoumi abbia potuto offrire così tanta assistenza ai due terroristi in modo del tutto incontrastato. Clarke sostiene che, sebbene questa ipotesi non sia stata considerata né dalla 9/11 Commission né dalla commissione governativa, al-Bayoumi potesse essere una spia dei servizi segreti sauditi a cui la CIA aveva chiesto di investigare sui due terroristi, delegando l'indagine ai colleghi sauditi così da aggirare il limite di non poter condurre operazioni di intelligence all'interno degli USA (compito che spetta all'FBI).
Quella di Clarke resta un'ipotesi, ma come suggerisce lo stesso Coordinatore Nazionale per la Sicurezza è opportuno, ora che le 28 pagine sono state desecretate, continuare le indagini per capire a fondo perché l'11/9 non fu evitato nonostante le informazioni in possesso dell'intelligence fossero ampiamente sufficienti.
Fonti aggiuntive: The Intercept.
2 commenti:
Ciao Paolo,
ho visto che hai disabilitato i commenti riguardo le prove dell'attacco al Pentagono. Purtroppo ho potuto rispondere solo oggi dopo molto tempo al post e devo dire che c'è un errore molto significativo : nella foto in cui mostri ( anzi " è mostrato") i resti della turbina, cioè l'unica parte che è veramente resistente, essa non corrisponde alle dimensioni reali ( vicino si possono vedere dei pompieri) di un vera turbina di un 757. nonostante sia spoglia della scocca e delle parti esterne è veramente minuscola, ti invito a cercare fotografie reali.
dedoo,
Grazie dell'invito. Ovviamente l'avevo già fatto, e le dimensioni corrispondono: se fai un po’ di ricerca lo noterai anche tu. A proposito, tu che dati hai a supporto della tua tesi che la turbina sarebbe "veramente minuscola"?
Supponiamo che tu abbia ragione e che quindi la turbina sia una messinscena (perché è questo che vuoi suggerire). Perché mai qualcuno dovrebbe mettere una turbina palesemente sbagliata sulla scena dell'attentato? Perché non mettere la turbina giusta? Dici che in tutti gli Stati Uniti non c'era un altro motore di Boeing 757 dal quale prendere una turbina?
Visto che siamo fuori tema, ti invito a proseguire la discussione via mail scrivendo a undicisettembre@gmail.com.
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