2006/11/17

Spunti di riflessione dalla lettura dell'articolo dell'esperto del sito di Blondet

di mother

Ho avuto modo di leggere le considerazioni sul sito di effedieffe riguardo i crolli delle Twin Towers. Volevo proporre alcuni spunti a riguardo.
Il ponte di Takoma.
Comincerò ricordando il ponte di Tacoma, un ponte sospeso che venne inaugurato nel giugno del 1940, negli USA. Quattro mesi dopo, ...
Il ponte era stato progettato per resistere ad uragani con venti superiori a 200 km/ora, mentre crollò a causa di un «venticello» che non avrebbe dovuto creare alcun problema di stabilità. A causa di quel crollo vennero apportate anche modifiche immediate ai ponti sospesi già costruiti.
A seguito di quel crollo si scoprì un'azione di sollecitazione trascurata in molti dei ponti sospesi a impalcato deformabile, quindi soprattutto ponti sospesi in campata unica con irrigidimento dato da vari cavi secondo diverse configurazioni geometriche.

Prima di tutto ciò, e prima dell'upgrade-irrigidimento dell'impalcato di molti ponti, però, ci fu lo studio del fenomeno chiamato in seguito flutter, sul quale non mi dilungo.

Per quanto riguarda le strutture in acciaio, il fenomeno del loro indebolimento dovuto al surriscaldamento è ben noto e già ampiamente discusso; diversamente dal flutter, non ha un nome specifico.

Le stesse normative dei pompieri riportano tale fenomeno come molto pericoloso e come fattore di riduzione del coefficiente di sicurezza dell'edificio di cui tener conto prima di far iniziare l'intervento da parte degli uomini.

Piccolo appunto: il coefficiente di sicurezza ridotto da un incendio non è il coefficiente di sicurezza di progetto della struttura, bensì il coefficiente di sicurezza derivante dalla storia di carico della struttura.

La coincidenza fra i due coefficienti sussiste solo nel caso in cui gli elementi strutturali abbiano lavorato nella vita della struttura in campo elastico senza subire quindi modificazioni nel tempo.

Diverso è il caso delle normative di resistenza al fuoco, che recentemente sono state messe in discussione in tutto il mondo da varie fonti, con richieste di aggiornamenti o specificazioni di miglioramento.

D'altra parte, sono stati anche scoperti grazie al World Trade Center ed all'incendio nel tunnel del Monte Bianco altri fenomeni dovuti ad incendio, come lo spalling, che colpisce il calcestruzzo determinando l'espulsione di strati di esso a causa dell'instaurazione di un meccanismo fisico dannoso.

Dal punto di vista strutturale, si ha un danno dovuto sia alla riduzione del copriferro sia all'esposizione delle barre di armatura al fuoco, mentre dal punto di vista dei soccorsi che sopraggiungono per spegnere l'incendio si ha un pericolo per le persone vicine, che vengono colpite da pezzi di pietra.
L'ingegneria dei grattacieli dopo i crolli del WTC. Vediamo ora che cosa è cambiato nell'ingegneria dei grattacieli dopo il crollo, ufficialmente per incendio, di ben tre edifici con struttura in acciaio. Di questi tre, due erano colossi alti più di 400 metri, costruiti in acciaio con un coefficiente di sicurezza pari a 5÷6 (figura 1), imbottiti di amianto per resistere ad eventuali incendi. Quando vennero costruiti l'amianto non era ancora entrato nella lista nera dei materiali dannosi per la salute e proprio l'abbondanza di amianto pare abbia indotto il Comune di New York a meditare su una possibile demolizione delle due Torri già ben prima del 2001.
La rimozione dell'amianto dagli edifici viene eseguita da ditte specializzate. Il miglior modo di rimuovere l'amianto dall'ambiente è lasciarlo in loco isolandolo dall'ambiente, oppure isolarlo dall'ambiente e poi rimuoverlo.

L'idea che il comune avrebbe pensato di demolire le torri per liberarsi dell'amianto è insensata, non fosse altro che il comune avrebbe dovuto dare l'incarico ad una ditta specializzata (che non avrebbe di certo pensato alla demolizione controllata), poiché la frantumazione dell'amianto l'avrebbe sparso, rendendolo impossibile da isolare dall'ambiente.

D'altra parte, come descritto dal NIST, la soluzione adottata quando vennero scoperte le proprietà dannose dell'amianto fu proprio quella di coprire le fibre di amianto con un elemento isolante sia per le fibre del cancerogeno sia per protezione anti-incendio, che era insufficiente.
Nel 1969 venne adottata dalla Porth Authority una protezione di mezzo pollice sulle travature dei floor in Blaze-Shield Type D: una pasta cementizia caricata di fibre di amianto, non una schiuma, ma una sorta di cemento spruzzato.
Ciò fece raggiungere alle Twin Towers una protezione di Classe 1A, mentre la protezione minima richiesta dal Regolamento di New York era di Classe 1B.
Il posizionamento di questa protezione era arrivato al piano 38 del WTC1 quando tutto venne fermato per l'impatto delle fibre di amianto sulla salute degli occupanti.
Dal piano 38 in su del WTC1 e per l'intero WTC2 venne allora utilizzata una nuova pasta cementizia, la Blaze-Shield DC/F, in cui l'amianto era stato sostituito da fibre di vetro minerali, e si provvide a rivestire la vecchia pasta a base di amianto con prodotti che ne sigillassero la dispersione delle fibre cancerogene.
La scelta di tale soluzione da parte di chi bonificò il WTC dall'amianto denota che non era prevista nessuna demolizione o crollo degli edifici, che avrebbe comportato liberazione delle fibre di amianto per rottura dello strato isolante adottato.
Le conseguenze di quei crolli, sull'attuale ingegneria dei grattacieli, inspiegabilmente fu di fatto nulla.
In realtà ci furono parecchie conseguenze. Molti progetti furono bloccati, altri revisionati per prevedere una maggiore sicurezza strutturale. Esempi di questo sono il blocco del progetto TRY2004, la revisione dell'edificio Taipei Financial Center che era in costruzione in quel periodo ed anche il blocco dei lavori alla Freedom Tower a causa del non soddisfacimento delle nuove normative comunali. Un articolo molto interessante è questo:
Architettura assediata dalle soluzioni anti-terrorismo
26/10/2004 – La tragedia consumatasi l’11 settembre del 2001 obbliga oggi l’architettura a confrontarsi col problema della sicurezza. La fluidità progettuale, emblema dell’architettura contemporanea, rischia infatti di essere sacrificata in nome del ricorso a misure di sicurezza anti-terrorismo che la committenza ritiene sempre più necessarie. Ma i grandi progettisti rifiutano l’ipotesi di una società “barricata”, in quanto sintomo di disintegrazione dell’idea di convivenza, insita nel concetto di Urbanitas. L’architettura deve, a loro avviso, difendere gli spazi aperti contro ogni atteggiamento pessimista che, promuovendo soluzioni di sicurezza invasive, rischia invece di trasformare le città in luoghi chiusi evocanti una minaccia di pericolo costante. Fuksas, Perrault, Piano, Libeskind condividono l’idea di un’architettura che, piuttosto che cedere a misure estreme, sia in grado di adottare “misure di sicurezza invisibili” e soluzioni tecnologiche che rafforzino gli spazi aperti al pubblico.
continua nel sito edilportale
Riporto anche parte di un altro articolo, datato 21 settembre 2001, in cui parla Renzo Piano:
Piano, sarebbe una follia ricostruire le Twin Tower
...
Quando ha capito che le torri sarebbero crollate?
"Dopo un minuto. Era scontato. Vede, l'acciaio fonde a mille gradi e un impatto di quel tipo, un aereo carico di carburante scagliato a quattrocento all'ora, scatena un calore di duemila gradi. Ho pensato alle persone là dentro e ho sperato che si rendessero conto del crollo imminente".
...
Qualcuno ha detto che non si devono costruire più grattacieli
"Mi sembra una sciocchezza. I terroristi non hanno attaccato le Twin Towers in quanto grattacieli, ma come simbolo del potere finanziario. Così come hanno attaccato il simbolo militare del Pentagono. Domani potrebbero attaccare uno stadio di calcio, San Pietro o un parlamento. E allora non dovremmo più costruire stadi e parlamenti?"
...
Ma si possono costruire "giganti" più sicuri?
"S'impara da tutto. Abbiamo costruito grattacieli a prova di terremoto. Ora dobbiamo pensare a proteggere i grattacieli da incendi come quello delle Twins. La tecnologia esiste ed è quella che si usa per le piattaforme petrolifere, per esempio le protezioni in fibra di polipropilene. Bisogna ripensare i sistemi di sicurezza, come già stiamo facendo, che renda molto più semplice la fuga".
Questi, che riporto dall'articolo dell'intervista a Piano, sono tre passaggi che reputo interessanti.
Va detto che nel discutere indica come temperatura di fusione dell'acciaio un generico 1000°C e come la temperatura prodotta dall'incendio 2000°C.
In realtà l'acciaio fonde a circa 1500°C e le prove in laboratorio sviluppate dal NIST presentavano punte di 1200°C sviluppate dall'incendio nella torre.

Tornando all'articolo di effedieffe:
Ci sono stati convegni sull'argomento, studi approfonditi, ma alla fine ci si è limitati a ribadire l'ovvio: in futuro porre maggiore attenzione al pericolo degli incendi nei grattacieli e nelle strutture in ferro in generale. Ma gli edifici del WTC non sono solo caduti, si sono sgretolati e sono scomparsi in circa 10 secondi, una cosa incredibile per strutture in acciaio di quella mole.
....
Ma ci sono altri aspetti che quella sequenza di fotografie rivelano.
Oltre all'inclinazione iniziale della parte superiore si assiste anche al suo inspiegabile successivo sgretolamento.
Si tratta di un edificio in acciaio che non può sgretolarsi come se fosse fatto in mattoni o in cemento armato, a meno che non sia sottoposto all'azione di qualche altro agente distruttore, oltre al fuoco ed alla forza di gravità.
Riguardo questo modo di descrivere il crollo, seguito da vari dietrologi, continuo a non capirne la logica. Si parla di sgretolamento, ma la polvere visibile nei video e nelle foto è polvere di cemento e/o calcestruzzo della soletta dei solai e di gesso delle pareti divisorie interne. Non si spiega quindi per quale motivo la polverizzazione (comunque già discussa qui ed anche qui) del cemento diventi polverizzazione dell'acciaio.

operaio che per bonificare Groud Zero taglia l'acciaio
evidentemente non polverizzato

detriti di acciaio non polverizzato sparsi qua e la su ground zero
Il particolare di cui parleremo è quello della prima fase del crollo della Torre Sud. A differenza della Torre Nord, che crollò in modo perfettamente verticale sin dalla prima fase, mostrando il cedimento iniziale proprio del nucleo di pilastri centrali, quelli con maggior resistenza, la Torre Sud invece iniziò il crollo con una vistosa inclinazione del blocco superiore di 25 piani, quelli sopra gli 8 piani incendiati direttamente dall'aereo (figura 7), ricordando che i piani delle due torri erano 110.
In realtà entrambe le torri si sono inclinate da un lato, simbolo che nell'arco dei circa 60 minuti passati con un fumo prodotto da incendio ha subito delle modifiche tali da rendere la variazione tensionale interna.

Ogni mutamento degli stati tensionali nella materia solida segue una modifica fisica più o meno misurabile.
WTC1...
A questo punto la parte dell'intero edificio superiore ai piani impattati si inclina verso
Sud (circa 8°),
WTC2...
La parte intera di edificio sovrastante la zona danneggiata inizia ad inclinarsi verso Est (7-8°) e verso Sud (3-4%) link
Dall'articolo di Effedieffe:
La Torre Sud complessivamente ha impiegato circa 10 secondi per le fasi del crollo.
Esistono varie fonti per le fasi di crollo: il rapporto di Palisades, che indica:
I valori così ottenuti indicano in 10 secondi e 8 secondi il tempo di crollo delle due torri.
con una precisione di più o meno due secondi per ogni singola misurazione del tempo (il tempo di crollo deriva dalla differenza di due singole misurazioni di tempo).

E le indicazioni del NIST
NIST estimated the elapsed times for the first exterior panels to strike the ground after the collapse initiated in each of the towers to be approximately 11 seconds for WTC 1 and approximately 9 seconds for WTC 2.
Dall'articolo Effedieffe:
I detriti, che si vedono scagliati lontano, non hanno una temperatura elevata, certamente non superiore a 500 °C, altrimenti apparirebbero luminosi.
I detriti scaricati distante, oltre ad essere di piani inferiori schiacciati dal tronco superiore mentre cadeva, erano per la maggior parte coperti dalla nube di polvere. Inoltre, anche tralasciando i video che mostrano il danno alle colonne perimetrali, rimane comunque che le analisi ai campioni FEMA di acciaio mostrano una modificazione chimica tale che devono essere state raggiunte temperature di 700°C per un campione e 1000°C per l'altro.

Il NIST affianca alle analisi chimiche le analisi in laboratorio su porzioni di World Trade Center ricostruito o di uffici ricostruiti, su cui simula l'incendio e misura tramite sensori i valori raggiunti, affiancando questi dati ad altri che provengono da altre fonti (come le immagini di colonne perimetrali lambite dalle fiamme, anch'esse poco visibili sui video ripresi da centinaia di metri di distanza quel giorno).
Quindi dove sarebbe la temperatura elevata (oltre 800 ÷ 900°C ) necessaria per indebolire la struttura sino al collasso istantaneo?
La temperatura utile per indebolire un elemento strutturale caricato è assai inferiore, e pari a 650°C circa per acciai da costruzione.
Che cosa può aver scagliato travi (o pilastri) d'acciaio «freddo» a tanta distanza?
Lo schiacciamento della struttura avrebbe accartocciato i pilastri e le travi, ben difficilmente avrebbe potuto scagliare lontano parti della struttura, certamente non nella fase iniziale del crollo.
Il meccanismo dell'instabilità dell'equilibrio fa sbandare per scatto verso l'esterno le travi e l'entità dello sbandamento dipende da vari fattori, tanto quanto l'espulsione dipende dai collegamenti di questa con il resto della struttura. Difficile è dire quanto integri fossero tali collegamenti dopo 45 minuti fra impatto dell'aereo ed incendio.
La dinamica del crollo, come risulta da una interpretazione compatibile con l'esclusione di qualsivoglia agente, oltre gli aerei ed il loro carburante, è invece illustrata nella sequenza di figura 5a.
Questa figura sintetizza il pregevole studio condotto da Zdenek Bazant e Young Zhou (1) (di seguito li indicheremo come BZ).
Ma, come vedremo, questa interpretazione è in contrasto con la documentazione delle immagini del crollo. Analizzeremo in dettaglio questo aspetto poiché da esso si possono trarre indicazioni interessanti. Il NIST, come altri enti governativi, non ha fatto una simulazione numerica dettagliata della fase finale dei crolli ed in particolare della Torre Sud, partendo dalle condizioni iniziali che sono ben chiarite dalla fotografie e dai filmati.
Non ci si chiede mai perché l'analisi non è stata eseguita, ma si porta sempre questa mancata analisi del NIST come prova del complotto. Perché l'analisi non è cosa semplice: la non linearità insita in uno studio tramite modello FEM del crollo con urti anelastici di un edificio presenta svariate difficoltà (a cui si somma che tale simulazione richiederebbe un numero esoso di elementi finiti).

Spiegando velocemente, due sono le caratteristiche che rendono difficile la ricreazione digitale di tale fenomeno, assegnando un'affidabilità dubbia agli attuali modelli sviluppati col metodo FEM:
  • l'asimmetria fra i fenomeni di rottura fra elementi nel fenomeno e la struttura fissa di un modello di calcolo che prevede una struttura ad elementi e interazioni fra queste fisse
  • la discretizzazione che riduce i nodi rappresentativi degli elementi strutturali, riducendo di conseguenza le possibilità di impatto e quindi allontanando da una perfetta simulazione del fenomeno
A ciò si aggiungono le non linearità classiche (non linearità del materiale, non linearità geometriche, integrazione nel tempo, integrazione con la teperatura, ...). Risolvere queste due problematiche è assai difficile sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista computazionale.

Il codice del NIST, lo dice lo stesso ente nel suo rapporto, è estremamente pesante e richiede per pochi piani l'uso di un supercomputer per il processamento (forse è esoso anche per il post-processamento). Simulare 20 piani, quindi, è già complesso; figuriamoci simularne 110 in un fenomeno altamente nonlineare.

Altra controindicazione di natura più tecnica allo studio con codici FEM del fenomeno di crollo è il limite che questi hanno nei confronti dei fenomeni dinamici. Tanto per farne un accenno, basti pensare che un modello agli elementi finiti di un edificio ingenera un sistema di equazioni che è rappresentabile con un'equazione matriciale (Ka=F) da cui si ricavano gli spostamenti con cui si ottengono a scalare nel postprocessamento tutti i dati utili (tensioni, sforzi, sollecitazioni, deformazioni, ecc...).

Quindi nel caso di fenomeno elastoplastici si ha una trattazione relativamente semplice che ingenera un sistema con matrice di rigidezza K simmetrica sparsa a diagonale dominante, risolvibile con semplici metodi numerici.

Invece nel caso dei fenomeni dinamici si ingenera una matrice di rigidezza molto più complessa, che può perdere le caratteristiche utili per la risoluzione in campo numerico secondo metodi noti (dominanza diagonale, termini diagonali non nulli, unicità della soluzione, soluzione nel campo reale). Ciò complica ulteriormente il processamento e richiede programmi di calcoli appositi secondo teorie sviluppate solo negli ultimi 5-10 anni, su cui molto ancora c'è da scoprire.

Simulazioni precise agli elementi finiti di crolli di edifici, quindi, non esistono (almeno per ora), ma comunque possono essere reperiti dei piccoli esempi riguardo la fattibilità del crollo, eseguiti con codici di calcolo estremamente innovativi e costosi.

Video di LU Xinzheng & JIANG Jianjing

Non si può stimare quanto il comportamento si differenzi dal comportamento verificatosi, quindi non si può avere un'idea dell'errore di simulazione.

Inoltre le condizioni della struttura all'inizio dei crolli non sono poi così chiare se si parla di palla di fuoco che è scesa per il vano ascensori, di stridìo della struttura con ben due testimoni tecnici (Mike Pecoraro e Frank DeMartino) che, come da ricostruzioni, sapevano che la struttura stava cedendo.

D'altra parte è da valutare l'effetto alla base dell'impatto dell'aereo, che molto probabilmente aveva portato all'alterazione di parte degli elementi strutturali. Invece è certo che la ridistribuzione delle tensioni nell'edificio a causa del foro dell'impatto dell'aereo, per quanto previsto con norme e capacità numeriche vecchie di 20 anni, aveva creato una situazione asimmetrica di sollecitazione a cui si aggiungeva nei piani di impatto l'apertura del quadrato di chiusura dei perimeter wall.

Condizioni non proprio ottimali per un edificio progettato e calcolato con nucleo centrale adibito a resistere agli sforzi di compressione e pareti laterali adibite a resistere agli stati flessionali.
Dalle fotografie riportate nelle figure 2 e 3 si può stimare la velocità di rotazione e di traslazione orizzontale della parte superiore della Torre Sud, i 25 piani più alti.
La trattazione di BZ ha fornito una interpretazione del perché, nonostante la rotazione iniziale di quel blocco di 25
piani, la Torre Sud abbia poi proseguito nel crollo verticale, con l'improvvisa apparente scomparsa della rotazione.
E' tutta colpa della cinematica in una struttura con vincoli che vengono a cedere. Fintanto che un vincolo sostiene parte della struttura o tutta la struttura, questa, soggetta alle azioni vento e gravità (nell'ordine in genere 10 a 1), resta in piedi con configurazioni isostatiche o iperstatiche.

Qualora la struttura o parte di essa abbia raggiunto la labilità, invece, si passa dai piccoli spostamenti ai grandi spostamenti (cinematica appunto) con movimenti dipendenti dai legami integri o parzializzati (vincoli interni e/o esterni).

Una struttura che ruota in tempo finito (non istanti ma lassi di tempo misurabili) è indicazione quindi di spostamento dello stato sollecitativo per effetto del cedimento di parte di questi vincoli (interni e/o esterni), con conseguente variazione del posizionamento fisico secondo i ben noti legami tensioni-deformazione, in questo caso applicati ad una struttura complessa.

Per la precisione, tali stati deformativi impediti nel caso di strutture iperstatiche vengono messi in moto quando il cedimento degli elementi-vincoli che le compongono divengono tali da rendere la struttura isostatica.

Il cedimento complessivo della struttura o innesco della labilità è invece lo stato finale di ogni struttura civile che ha subito determinati danni.

Da ciò si può capire che l'ostinazione con cui alcuni dietrologi difendono la teoria complottista parlando di "innaturale cedimento perfettamente verticale" (vedi Steven Jones) o altri dietrologi di "innaturale cedimento laterale" (come affermato nell'articolo di effedieffe) è sintomo di superficialità nei confronti di una realtà ben più complessa in cui vi è un'evoluzione della storia sollceitativa o tensionale dell'edificio.

Non esiste una correlazione netta fra edifici demoliti o crollati naturalmente e direzionamento verso cui crolla la struttura, poiché tale aspetto dipende da altri fattori e dall'evoluzione della risposta strutturale.
L'ipotesi di BZ, nel caso della Torre Sud, è l'unica possibile per fornire un minimo di veridicità ad un crollo che fosse dovuto all'impatto della parte superiore (figura 5a) su quella inferiore. Ma come vedremo questa unica ipotesi possibile è smentita dalla documentazione fotografica. Si può valutare in circa 30° l'angolo di rotazione effettivamente subito dalla parte superiore, dopo circa un secondo dall'inizio del crollo. Quindi la sua velocità angolare sarà stata dell'ordine di 5÷6 giri/min.
La rotazione si era sviluppata anche ad incendio in corso, non è un effetto del meccanismo di crollo, ma un effetto della variazione del meccanismo strutturale nei 45 minuti precedenti al crollo.
La velocità di traslazione del baricentro G avrà raggiunto i 20÷30 metri/secondo (forse un valore più elevato se si considera che il baricentro reale era più in alto del punto di mezzo) se la rotazione si è svolta sempre attorno al punto A.
Questa velocità conferisce al blocco di 25 piani un'energia cinetica «orizzontale» enorme a causa della sua massa di circa 8÷9 *10^7 kg.
Anche Bazant e Zhou (BZ) affermano che la parte superiore iniziò effettivamente la rotazione attorno al punto A a cau-sa del cedimento laterale dei pilastri dei piani incendiati (figura 5a - fase b).
Ma questa rotazione, dovuta all'azione della gravità sul baricentro G, esigeva una reazione vincolare che i pilastri dei piani incendiati non avrebbero potuto sostenere.
Dopo una rotazione di appena 2.8°, secondo BZ, i pilastri non avrebbero dovuto reggere lo sforzo orizzontale generato dalla rotazione.
Il centro di rotazione sarebbe quindi passato nel baricentro G della parte superiore, così che questa parte avrebbe ruotato attorno a G, lasciando il baricentro quasi allineato con l'asse della torre.
Questo particolare, come si è detto, è di vitale importanza per garantire un minimo di credibilità alla teoria del crollo indotto dalla parte superiore, un crollo che è stato sostanzialmente verticale.
Nella fase finale (figura 5a - e) la parte superiore si sarebbe distrutta cadendo sulla parte inferiore ancora ferma, innescandone poi il crollo. Ma le immagini fotografiche contraddicono inequivocabilmente questa ipotesi. La nube, che BZ fanno giustamente comparire solo in questa ultima fase, in realtà (inspiegabilmente per le spiegazioni ufficiali basate sul crollo termico) si è creata sin dall'inizio del crollo, oscurando i particolari, che nella foto sono stati ricostruiti prolungando gli spigoli nella parte visibile. Una struttura d'acciaio non si sgretola, ma si accartoccia e si deforma, tanto più se il suo fattore di sicurezza è 5 (o 6) e non 2, come asseriscono BZ. Inoltre, se con l'impatto con la parte inferiore viene bloccato lo spostamento della parte superiore, questa ruoterà attorno al punto di arresto e quindi in ogni caso crollerà lateralmente. Ma, come appare dalle fotografie, tutto questo non è vero. La parte superiore ebbe il baricentro spostato lateralmente rispetto all'asse della torre. Proprio ciò che BZ avevano cercato di negare.

Ecco qui di seguito due interessanti video.
Video1 e video2
Su uno si vede il bordo danneggiato della struttura collassare verso l'interno di questa torcendosi su se stesso. Nell'altro si vede che il crollo partendo da una configurazione già inclinata travolge uno due piani prima di cominciare a ruotare verso l'esterno.

Dopo una parte di rotazione cedono anche le altre colonne in una progressione del cedimento nel piano lesionato dall'aereo progressiva a cui segue il crollo verticare della torre. Infine come si vede bene nell'angolo in basso a destra vi è un'ennesima rotazione di parte del materiale che torna a spuntare dal fumo protendendosi in avanti.

Oltre a questi particolari in entrambi i video si vede chiaramente che il fumo prodotto dall'incendio al momento dell'innesco del crollo viene espulso insieme alla polvere dei primi piani coinvolti nel collasso.
Poi le due parti rimasero agganciate e, a causa del crollo indipendente della parte inferiore, quest'ultima trascinò nel crollo verticale anche la parte superiore ruotata. La rotazione della parte superiore venne arrestata dal crollo della parte inferiore. Si deve infine notare che nella fase del crollo della parte inferiore, questa agì su quella superiore sottoponendo a trazione ciò che restava dei pilastri inizialmente collassati.
In uno stato di compressione la sovrapposizione con uno stato flessionale non è detto sia tale da creare una configurazione di sollecitazione finale con asse neutro interno alla sezione dell'edificio, anzi la rotazione attorno ad un punto posto sul perimetro esterno dell'edificio indica proprio che lo stato flessionale provocava sul perimetro opposto a quello di ingresso dell'aereo uno stato di tensione insufficiente per contrastare la compressione superiore (insomma grafico a trapezio o triangolo, non a farfalla, comunque risultante di un grafico di compressione ed uno di flessione).

Si ha quindi la rotazione del baricentro e non attorno al baricentro del troncone superiore di edificio rispetto la posizione dell'asse neutro come confermato anche dalle immagini.
Tra l'altro se come prima detto il baricentro di applicazione della forza peso si è spostato di 20-30 metri si ha che questo finisce fuori del nocciolo della sezione (per sezioni rettangolari e quadrate è un sesto della larghezza della sezione pari a 10.6 metri circa), quindi essendo lo sforzo di compressione della forza peso fuori nocciolo si ha che sicuramente l'asse neutro è fuori della sezione, determinando un grafico trapezoidale e non a farfalla.

Tutti questi elementi indicano per una struttura con resistenza sul piano equamente distribuita lo spostamento delle tensioni dalla configurazione simmetrica di compressione a quella alternata della flessione verso il lato danneggiato, con risultato un sistema sollecitativo misto.

Va comunque considerato che la flessione con asse neutro fuori sezione determina per tutte le colonne un aumento delle tensioni poichè il tipo di sollecitazione che va a sovrapporsi a quello di compressione ha valore nullo fuori sezione (e quindi è equiverso per tutta la sezione del WTC anche se con valori differenti).

Inoltre assolutamente da non trascurare per il lasso di tempo in cui la struttura era ancora in grado di reagire all'impatto dell'aereo poichè per sua iperstaticità poteva sopportare le variazioni sollecitative con mutamento del sistema di tensioni interno e diminuzione del grado di iperstaticità, la ripartizione nelle strutture iperstatiche avviene proprio grazie alla rigidezza degli elementi strutturali in cui interviene una grandezza che subisce direttamente l'influsso dell'incendio (il modulo elastico dell'acciaio, rigidezza= coefficiente*E*J).
Si deve infine notare che durante le demolizioni le cose non vanno sempre perfettamente come previsto e l'iniziale deviazione nel crollo della Torre Sud è da considerare normale durante queste operazioni.
La demolizione di un piano squassato da un Boeing ed un incendio di circa 60 minuti. Per fare un paragone viene da pensare che l'esplosivo sia come Superman, visto che resiste ad incendio senza detonare ed al Boeing senza disintegrarsi per ben 60 minuti. Dopo 60 minuti interviene la kriptonite ed il crollo non va perfettamente!

Anche Danny Jowenko, esperto di demolizioni controllate ,mette in dubbio la possibilità che l'esplosivo ed i detonatori possano essere sopravvissuti per il WTC 1 e 2 e per il WTC7, crollo definito inizialmente come "da demolizione controllata" e che diventa "strano" quando gli si fa notare l'incendio ed il fumo.
che cosa ha impedito a quel blocco, pari a 25 piani, di scivolare verso terra rotolando e staccandosi dalla restante parte (secondo la sequenza di figura 5a)?
Lo spostamento di 20 metri del baricentro in orizzontale (non l'ho verificato) avrebbe spostato il centro della torre a 12 metri dal bordo. Oltre a questi 12 metri di sovrapposizione altri 32 metri di lato del troncone superiore sarebbero stati sovrapposti al resto della struttura. Avremmo quindi 44 metri di troncone superiore sulla verticale del resto della struttura secondo l'ipotesi fatta di innesco del crollo rispetto alla misura totale di 68 metri (circa due terzi). Una quantità non indifferente per non supporre un collasso di uno sull'altro.
Nonostante la velocità orizzontale iniziale, che la parte superiore aveva acquistato, che cosa ha riagganciato le due parti facendole crollare assieme verticalmente?
Il cedimento vincolare che aveva generato il meccanismo della rotazione nel passaggio da struttura isostatica a struttura labile (o da labile con certo grado di labilità ad un grado superiore).
Il tempo di caduta...Ed è su questo particolare che Attivissimo ha commesso un altro errore, quando afferma che si vedono grosse travi di ferro sopravanzare parti delle torri mentre cadono, fornendo così una chiara indicazione che queste (le torri) non sarebbero scese in caduta libera ma sarebbero state più lente.
Il problema dell'analisi del tempo impiegato nel crollo delle torri non è che siano state più lente (per questo i dati ufficiali mostrano che è stato impiegato maggior tempo rispetto al crollo in caduta libera); il problema è quanto più lente dovevano cadere e determinare quanto diverso sarebbe stato in altri casi (con considerazione anche di errori di misurazione), tipo con l'uso di esplosivi.
In realtà il paragone non si può fare perché ignoriamo con quale velocità iniziale sono state scagliate le travi prese a confronto, mentre sappiamo con certezza che le Torri partivano da una velocità verticale nulla e la resistenza dell'aria per detriti più leggeri è superiore a quella per una trave di ferro.
In realtà questa supposizione è sbagliata visto quanto prima detto. Infatti se si suppone che un tronco di torre ruoti attorno ad un punto con una velocità di 5-6 giri al secondo i punti non nell'asse di rotazione subiscono una componente verticale ed una orizzontale di rotazione-velocità. Si può comunque considerare la velocità di innesco del crollo come nulla, favorendo così la teoria complottista.
I tempi di caduta risultano in modo inequivocabile dai filmati dei quali si conoscono le velocità di ripresa (i fotogrammi al secondo).
Purtroppo la presenza di palazzoni di 30 piani intorno alle torri gemelle toglie una parte notevole di crollo dalla visuale. Altre fonti invece sono state indicate sopra nell'articolo (NIST e Palisades).
Alle masse, indipendentemente dalla loro temperature, è associata l'inerzia. Sono affermazioni di una ovvietà disarmante ma lo scopo è proprio quello di disarmare qualsiasi obiezione. Costruiamo quindi l'ipotesi detta del «pankake» o accatastamento. Questa ipotesi è stata poi rifiutata dal NIST, che ha preferito adottare l'ipotesi del crollo per implosione, un meccanismo per il quale è difficile calcolare il tempo necessario per completare il crollo.
Se utilizziamo una ipotesi di crollo differente da quella verificata nel fenomeno dobbiamo anche aspettarci un errore sia che calcoliamo il crollo con esplosivi sia che calcoliamo il crollo "naturale".

Certo possiamo valutare la differenza fra il (crollo "naturale" + errore1) rispetto al (crollo con esplosivi + errore2) e paragonare il risultato con il metro di paragone che ci fa più comodo.
Il risultato è il moltiplicarsi delle discussioni nei forum Internet... almeno questo è certo.
L'ipotesi fondata sul «pankake» consiste in un modello formato da 110 masse ...Quando la massa dei 25 piani più alti (supponiamo che le travi ed i solai degli 8 piani bruciati siano stati espulsi) arriva a colpire la massa del primo piano che non ha bruciato (il 77mo ), possiamo ragionevolmente supporre che si verifichi un urto anelastico.
Ciò si verifica anche nelle esplosioni in sequenza in cui un piano viene messo in moto prima del successivo e presenta quindi un tempo di esposizione all'accelerazione di gravità e di conseguenza una velocità di caduta maggiore rispetto a quelli del piano inferiore con conseguenti urti anelastici di piani in moto a velocità diverse (un po' come due macchine che si tamponano anche se in corsa entrambe nella medesima corsia della strada).

Un analogo lo si ha con le demolizioni controllate alla sola base dell'edificio, in cui il cedimento artificiale dei vincoli del piano terra fa collassare sul terreno i piani in cascata.
Non si verifica invece nelle demolizioni controllate in cui tutti i piani vengono fatti esplodere al medesimo istante e nasce un crollo simultaneo di questi a più livelli (quest'ultimo caso si può notare come non sia verificato nei vari video - immagini del WTC).

In questo caso gli elementi a distanza diverse dal suolo vengono liberati dai vincoli al medesimo istante e quindi subiscono eguali incrementi di velocità nel tempo.
E' quindi erroneo considerare il crollo a gravi liberi come casistica delle demolizioni controllate poichè solo uno di questi possibili meccanismi di esplosione (quello non verificato da video) è tale da ingenerare un sistema di collasso pancake confrontabile con il moto del grave libero.
Supponiamo che ogni piano sia sostenuto dalla struttura che però non avrebbe offerto alcuna resistenza al trascinamento verso il basso quando arriva il crollo della parte superiore. Tutte le ipotesi fatte sono per ottenere la massima velocità di caduta, conservando un minimo di verosimiglianza. La massa del 77mo piano viene inglobata nella massa dei 25 piani che stanno cadendo, provocando un piccolo rallentamento perché si tratta dell'urto tra un corpo in movimento ed uno 25 volte più piccolo ma fermo. La massa che crolla aumenta ad ogni piano e l'urto si ripete per 77 volte. Alla fine la caduta viene un po' rallentata, anche se si considera nulla la resistenza della struttura.
Da una parte abbiamo la riduzione della velocità che nella formula dell'energia cinetica compare al quadrato, dall'altra abbiamo l'aumento della massa dei piani che vi si assommano nel crollo che compare sia nella massa della formula dell'energia cinetica sia nella formula dell'energia potenziale.

Infine vi è l'altezza dell'energia potenziale che anchessa si riduce di piano in piano. Vediamo gli ordini di grandezza:
  • l'altezza si riduce di unità di metro 10^0, la massa nella formula dell'energia potenziale di piano in piano aumenta di quantità dell'ordine di 10^7 come prima indicato. Quindi l'energia potenziale di piano in piano aumenta rispetto alla iniziale.
  • la velocità di caduta (dovrebbe essere intorno ai 0--5 metri al secondo) facciamo finta che sia di ordine 10^1, quindi il quadrato della velocità che si riduce per urti anelastici di piano in piano, indica decrementi dell'ordine di 100=10^2, ma anche qui la massa aumenta di piano di un ordine di grandezza pari a 10^7. Quindi complessivamente anche l'energia cinetica di piano in piano aumenta rispetto al valore iniziale del primo piano crollato con meccanismo pacake.
Il sistema dissipa energia per urti anaelastici ma è del tutto in grado di autoalimentarsi crescendo sempre più piano per piano.

Tutto ciò secondo la teoria pancake che prevede una disconnessione dalle superfici di impatto e dalla considerazione di impulsi locali di sforzo fra elementi crollanti ed elementi travolti.
Per fermarsi dovremmo quindi presupporre che l'aumento di energia instabilizzante (potenziale e cinetica) dovrebbe creare energia stabilizzante, fenomeno non possibile in fisica.

Da notare che lo stesso Danny Jowenko parla di tale fenomeno, visto che accenna a "sfruttare la gravità", ovvero innescare il crollo su un piano e lasciare che l'energia potenziale faccia il resto del lavoro di demolizione.

Allora l'aumento di energia instabilizzante dovrebbe essere controbilanciato dalla resistenza delle strutture, per giustificare l'ipotesi del blocco del crollo.

Qui si finisce nell'ipotetico, poiché ognuno valuta come preferisce l'energia delle strutture (come fosse l'unica approssimazione che viene fatta in modo erroneo su tali dimostrazioni....)
Anche ipotizzando a favore della resistenza che i corpi reagiscano in eguale modo a carico progressivo ed a urto (cosa tremendamente sbagliata), abbiamo che la resistenza di ogni piano per rallentare l'energia del sistema dovrebbe non solo essere uguale all'aumento di piano in piano di energia instabilizzante, ma anche pari ad una quota parte dell'energia iniziale di partenza, in modo tale che entro X piani (10..20...max 110 piani) sia gli aumenti di energia del sistema che le iniziali energie potenziale e cinetica degli elementi strutturali siano annullate, riportando il resto della struttura al bilancio energetico energia resistente del piano = energia potenziale di un dato piano.
Mentre in caduta libera il blocco dei 25 piani impiegherebbe 8,07 secondi, con il rallentamento inerziale delle masse dei piani inferiori si avrebbe un tempo di caduta dell'ordine dei 15 secondi, tenendo conto del fatto che la struttura diventa più pesante scendendo d'altezza poiché deve sostenere un carico statico maggiore.
La struttura dei piani inferiori diviene maggiore poiché il carico statico aumenta; purtroppo il carico prima statico, ma ora in moto, ha in se molta più energia proprio per il fatto che ora è in moto. Quindi la resistenza del tronco inferiore deve compensare proprio questa energia dovuta dal passaggio dalla condizione di stasi a quella di moto avendo tra l'altro una notevole diminuzione della capacità resistente.

Va da sé che più si scende più la massa aumenta di un ordine pari a 10^7 (moltiplicato per altri fattori), mentre la resistenza in statica si oppone per esempio alla forza peso che nell'ambito energetico è rappresentato pari pari dall'energia potenziale.

Viene quindi da chiedersi come sia possibile che strutture dimensionate per il bilancio dell'energia potenziale del troncone superiore riescano a sopportare l'energia potenziale del troncone superiore con l'energia cinetica dello stesso troncone (sempre nell'ipotesi erratissima di resistenza in campo statico uguale a resistenza in campo dinamico e di teoria pancake).

Un esempio similare è il martello pneumatico. Appoggiato ad una soletta di calcestruzzo, la forza peso della macchina non lede il materiale da costruzione. Messo il moto e solo direzionato dall'operaio, la forza peso del macchinario con urti continui in aree ben definite spappola con un meccanismo dinamico di urti anelastici anche un materiale che in statica resisteva benissimo.
Sul mistero del crollo verticale della Torre Sud si è ampiamente parlato sopra. Poiché nel nucleo centrale erano contenute anche le scale, che in parte sono rimaste agibili durante l'incendio, si può nutrire qualche dubbio sulla veridicità dei risultati delle simulazioni.
Io continuo a non capire come si possa affermare che le scale sono rimaste agibili per 45-60 minuti se molta gente continuava a sbandierare dalle finestre del troncone superiore alla zona di impatto richieste di aiuto. In fin dei conti c'erano le scale... no?!

In conclusione molte delle voci del campo dietrologico riguardanti il crollo delle torri gemelle sollevano parecchi dubbi per impostazione e per considerazioni sollevate. Il confronto con il materiale multimediale disponibile sul crollo delle torri smentisce poi taluni aspetti di tali teorie. Infine il confronto fra le varie fonti rende sempre più strane le considerazioni sollevate per arrivare sempre alla medesima conclusione.

La conclusione è: "le torri sono crollate innaturalmente poichè è entrata in gioco una misteriosa forza che ha ingenerato particolari effetti". Gli effetti variano fra teoria e teoria, dall'edificio che sarebbe crollato naturalmente se fosse crollato di lato, all'edificio che sarebbe crollato naturalmente se fosse collassato tutto su se stesso.

La riduzione dei meccanismi di crollo a tali semplici aspetti, per quanto intuitivi e facili da ricordare dalla maggior parte dei lettori, è una visione superficiale di ciò che ingenera labilità nelle strutture e del comportamento correlato che ne consegue.

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