2014/09/17

Il Joint Inquiry e il presunto coinvolgimento saudita negli attentati

di John

Già nel corso della drammatica giornata dell’11 settembre 2001, mentre l’America prendeva coscienza della propria vulnerabilità nei confronti di una minaccia che aveva a lungo sottovalutato e mentre decine di migliaia di persone si adoperavano per prestare soccorso ai sopravvissuti del più grande attacco terroristico nella storia dell’umanità, i principali servizi responsabili per la sicurezza nazionale e  per l’antiterrorismo si erano messi in moto per acquisire ogni elemento utile all'identificazione degli esecutori degli attentati e dei loro mandanti.

Questo lavoro era dettato non solo dall'esigenza di valutare modalità e obiettivi della reazione americana ma anche di individuare le falle del sistema attraverso le quali i terroristi avevano potuto colpire così duramente. Numerose indagini e inchieste, anche interne e giudiziarie, si sono pertanto succedute nel tempo e tutte hanno prodotto rapporti e conclusioni che nel corso degli anni sono stati pubblicati anche sul Web, soprattutto dopo la conclusione del cosiddetto Processo Moussaoui che portò alla condanna di uno dei terroristi implicati nella fase preparatoria degli attacchi.

Tuttavia tanta gente non conosce questi documenti e ha sentito parlare soltanto del 9/11 Commission Report, ossia il rapporto di quasi 600 pagine rilasciato nel 2004 dalla Commissione Indipendente voluta dal Congresso Americano, perché quasi sempre, per ignoranza o per malevolo interesse, è l’unico ad essere citato, al punto da ingenerarsi la diffusa convinzione che quel rapporto sia la “verità ufficiale” del Governo Americano sui fatti dell’11 settembre 2001.

Peraltro gran parte di coloro che citano il 9/11 Commission Report (abbreviato: 9/11 Report) nemmeno lo hanno letto (e non ne esistono edizioni autorizzate in lingue diverse da quella originale in inglese), altrimenti saprebbero che in esso sono citati vari altri rapporti e inchieste precedenti, fra cui quello della FAA (l’ente americano che gestisce il trasporto aereo), dell’NTSB (l’ente che indaga sulle sciagure aeree), dell’USAF (l’aviazione militare americana), dell’ FBI (all’epoca il principale servizio antiterrorismo all’interno del territorio statunitense) e quello delle due commissioni congressuali permanenti di controllo sull’operato dei servizi segreti, denominato Report of the Joint Inquiry into the Terrorist Attacks of September 11, 2001 – by the House Permanent Select Committee on Intelligence and the Senate Select Committee on Intelligence (abbreviato in Joint Inquiry). In effetti il Joint Inquiry è un documento di grande interesse, certamente non secondario al 9/11 Report ma quasi del tutto ignorato in questi anni, nonostante fornisca risposte precise ed esaurienti a gran parte delle domande relative all'organizzazione degli attentati e alle ragioni per cui i servizi antiterrorismo americani non riuscirono a prevenirli.

Il Joint Inquiry, redatto nel 2002, mise a nudo gli errori di valutazione, il mancato scambio di informazioni tra i servizi che non cooperavano ma rivaleggiavano tra loro, le pastoie burocratiche e le limitazioni giuridiche che rallentarono o bloccarono l'attività di quegli investigatori che avevano subodorato che qualcosa di molto grave stava per accadere.

Anche dopo la sua pubblicazione, alcune delle circa 800 pagine del Joint Inquiry rimasero coperte dal segreto, ma ben pochi ci fecero caso perché, come si è detto, l'attenzione dell'opinione pubblica era concentrata soprattutto sul 9/11 Report (tant'è che qualcuno ancora confonde i due rapporti).

La questione è stata sollevata nella seconda metà del 2013 ed è stata riproposta con insistenza nelle ultime settimane, all'approssimarsi dell'anniversario della tragedia. Tutti parlano di “28 pagine secretate” nelle quali, secondo indiscrezioni apprese da chi avrebbe avuto accesso a quelle pagine, sarebbero descritti gli elementi che proverebbero il coinvolgimento dell'Arabia Saudita negli attentati dell'11 settembre.

È singolare che quasi nessuno tra i media che riportano la notizia indichi con precisione quali sono le pagine in questione: probabilmente in pochi hanno voglia di scartabellare 800 pagine, sia pure in formato PDF.

Se lo facessero, scoprirebbero che le pagine sono quelle comprese tra la 416 e la 443 del documento originale (che corrispondono alle pagine tra la 396 e la 422 del documento in formato PDF diffuso al pubblico) e che esse non sono le uniche ad essere secretate. Nel corpo del documento infatti, ci sono altre pagine e numerosi paragrafi non accessibili per cui il totale delle parti secretate ammonta a ben più di 28 pagine.

E non si tratta di una “scoperta” recente, nemmeno dal punto di vista mediatico: già nel 2003 i giornali scrivevano esattamente le stesse cose che vengono scritte oggi: le 28 pagine nascoste e il presunto coinvolgimento dell'Arabia Saudita.

Ma cosa c'è scritto in queste misteriose pagine mancanti?

Lo stesso Joint Inquiry si premura di spiegarlo, all'inizio del capitolo (Parte Quarta) secretato:

PART FOUR—FINDING, DISCUSSION AND NARRATIVE REGARDING CERTAIN SENSITIVE NATIONAL SECURITY MATTERS
20. Finding: [Through its investigation, the Joint Inquiry developed information suggesting specific sources of foreign support for some of the September 11 hijackers while they were in the United States. The Joint Inquiry’s review confirmed that the Intelligence Community also has information, much of which has yet to be independently verified, concerning these potential sources of support. In their testimony, neither CIA nor FBI officials were able to address definitively the extent of such support for the hijackers globally or within the United States or the extent to which such support, if it exists, is knowing or inadvertent in nature. Only recently, and at least in part due to the Joint Inquiry’s focus on this issue, did the FBI and CIA strengthen their efforts to address these issues. In the view of the Joint Inquiry, this gap in U.S. intelligence coverage is unacceptable, given the magnitude and immediacy of the potential risk to U.S. national security. The Intelligence Community needs to address this area of concern as aggressively and as quickly as possible].
Discussion: [The Joint Inquiry reviewed information in FBI and CIA documents suggesting specific potential sources of foreign support for the September 11 hijackers. While the Joint Inquiry uncovered this material during the course of its review of FBI and CIA documents, it did not attempt to investigate and assess the accuracy and significance of this information independently, recognizing that such a task would be beyond the scope of the Joint Inquiry. Instead, the Joint Inquiry referred a detailed compilation of information it had uncovered in documents and interviews to the FBI and CIA for further investigation by the Intelligence Community and, if appropriate, law enforcement agencies. A detailed summary of the available information pertaining to this issue is included in the classified version of the Joint Inquiry final report].
[It should be clear that this Joint Inquiry has made no final determinations as to the reliability or sufficiency of the information regarding these issues that was found contained in FBI and CIA documents. It was not the task of this Joint Inquiry to conduct the kind of extensive investigation that would be required to determine the true significance of such alleged support to the hijackers. On the one hand, it is possible that these kinds of connections could suggest, as indicated in a CIA memorandum, “incontrovertible evidence that there is support for these terrorists [---------------------------].” On the other hand, it is also possible that further investigation of these allegations could reveal legitimate, and innocent, explanations for these associations].
[Given the serious national security implications of this information, however, the leadership of the Joint Inquiry is referring the Joint Inquiry Staff’s compilation of relevant information to both the FBI and the CIA for investigative review and appropriate investigative and intelligence action].

In sostanza, il rapporto spiegava che gli investigatori erano in possesso di informazioni relative al possibile coinvolgimento di soggetti ubicati in paesi stranieri (“potential sources of foreign support”) ma precisava che tali informazioni non erano state verificate e che sarebbe stato necessario approfondire le indagini in quella direzione.

Trattandosi di indagini da sviluppare, è comprensibile che le autorità americane abbiano deciso di secretare quella parte del rapporto.

Tuttavia alcune testate giornalistiche riportarono alcune indiscrezioni provenienti da chi aveva avuto modo di leggere il rapporto originale (o vi aveva contribuito direttamente) e anche se le fonti di queste informazioni erano anonime, il loro contenuto sembra circostanziato e verosimile.

Tali indiscrezioni sono state ribadite in tempi molto più recenti e questa volta le fonti hanno anche un nome e cognome.

Dal complesso di queste informazioni giornalistiche si evince che i servizi investigativi avevano scoperto che alcuni dei dirottatori kamikaze avevano ricevuto supporto logistico e finanziamenti da esponenti del governo saudita e della casa regnante.

È bene precisare, però, che si sta parlando sempre e solo di ciò che è illustrato nel Joint Inquiry del 2003, ossia di informazioni che non erano state ancora verificate né approfondite a quel tempo. Ad esempio le “incontrovertibili prove” del coinvolgimento saudita sono un semplice appunto (“memo”) della CIA.

È il caso di ricordare che sulla base di informazioni incomplete e smozzicate gli americani sono già incappati in clamorosi errori (come quello del coinvolgimento iracheno negli attentati o del possesso di armi di distruzione di massa da parte dell'Iraq) per cui il buon senso consiglia di non dare un peso eccessivo alle ipotesi e alle indicazioni non verificate contenute nel Joint Inquiry e di attendere, piuttosto, che siano diffuse le conclusioni delle successive indagini da esse scaturite, delle quali, però, nessuno parla.

Purtroppo si ha la sensazione, infatti, che dietro la pressione mediatica per la desecretazione delle famigerate 28 pagine si celino interessi politici (come quello di mettere in difficoltà l'Amministrazione Obama o di incrinare i rapporti privilegiati che intercorrono tra Stati Uniti e Arabia Saudita) ed economici (la possibilità di ottenere risarcimenti dal governo saudita) anziché la sete di verità.

Del resto, che Osama bin Laden abbia goduto di importanti amicizie e parentele in Arabia Saudita è fuori discussione: era nato in Arabia, figlio di un magnate delle costruzioni edili molto vicino alla casa regnante saudita. Uno dei fratelli di Osama, Salem bin Laden, era stato uno dei due amici più intimi di Re Fahd.

Con oltre cinquanta fratelli e sorelle cittadini sauditi benestanti e a capo di un vero e proprio impero imprenditoriale e finanziario, non c'è da meravigliarsi che Osama bin Laden abbia mantenuto contatti con personaggi in vista del mondo politico, istituzionale e religioso saudita e sia riuscito a ottenere appoggi e finanziamenti per garantire il buon esito dei suoi piani terroristici.

Di qui a sostenere, però, che l'Arabia Saudita abbia consapevolmente concorso all'organizzazione degli attentati dell'11 settembre 2001 contro il suo principale alleato politico, economico e militare ce ne passa e soltanto la diffusione dell'esito delle indagini effettuate dopo la stesura del Joint Inquiry può, forse, dissipare il dubbio.

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