2016/06/13

World Trade Center: intervista all'Ufficiale della Guardia Costiera Brandon Brewer

di Hammer. L’originale inglese è disponibile qui.

Tra i primi soccorritori dell’11/9 non ci furono solo pompieri e poliziotti, ma anche altre agenzie diedero il loro contributo a salvare innumerevoli vite. Tra queste merita una menzione particolare la Guardia Costiera, che quel giorno condusse una delle più grandi evacuazioni su acqua della storia, portando così in salvo centinaia di migliaia di persone intrappolate nella punta meridionale di Manhattan.

Per conoscere meglio i dettagli dell’intervento della Guardia Costiera, Undicisettembre ha raccolto la testimonianza dell’Ufficiale Brandon Brewer, dal cui racconto emergono il coraggio e la dedizione degli uomini che si resero protagonisti di questo colossale salvataggio.

Ringraziamo Brandon Brewer per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di ciò che vedesti e vivesti quel giorno? Cosa ti accadde l’11/9?

Brandon Brewer: Quel giorno ero nella Guardia Costiera, ero un Primo Sottufficiale, la mia sede era nella zona di Battery Park a Manhattan, che è sulla punta meridionale di Manhattan, a circa sei o sette isolati dal World Trade Center. Quel giorno ero al lavoro, ero in servizio; a un certo punto, mentre stavo ritornando nel palazzo da una breve pausa, un collega dal fondo dell’atrio entrò correndo nell’edificio urlando “Il World Trade Center è stato colpito! Il World Trade Center è stato colpito! Un aereo ha colpito il Trade Center!” Non sapevo di cosa stesse parlando e quindi tornai nel mio ufficio, accesi la televisione per vedere le notizie ma in quel momento c’era poca informazione. Avevo alcune persone che lavoravano per me ed eravamo incollati alla televisione, stavamo guardando ciò che succedeva, specialmente perché eravamo così vicini. Dopo alcuni minuti decidemmo che non avevamo bisogno di guardare in TV, avremmo potuto vedere gli edifici dal nostro palazzo. Il nostro palazzo era posizionato al bordo di Battery Park, era un palazzo della Guardia Costiera e quindi ovviamente era sull’acqua ed era un piccolo palazzo di soli tre piani.

Salimmo sul tetto e siccome c’era un parco davanti a noi, avevamo una visione senza ostacoli di entrambe le torri. Eravamo lì a parlare tra di noi, eravamo in tre, e stavamo discutendo di cosa potesse essere successo. C’era fumo che veniva dalla Torre Nord, c’era una pioggia di carta, cartellette d’archivio e qualunque altra cosa fosse stata scagliata fuori dal palazzo. Eravamo lì da pochi minuti quando il secondo aereo volò sopra di noi, arrivò da sud, sorvolò il porto di New York passando proprio sopra Battery Park e lo vedemmo colpire la Torre Sud. Non sapevamo bene cosa stesse succedendo. Era chiaramente un aereo passeggeri, era così vicino che potevamo leggere le scritte sulle fiancate, ma il mio primo pensiero fu “Questo dev’essere un aereo da ricognizione di qualche tipo.” Era l’unica cosa che aveva senso per me. Ovviamente dopo che colpì quell’idea cambiò velocemente.

C’erano circa cinquanta persone in quel palazzo della Guardia Costiera, alcuni membri della Guardia Costiera in uniforme e alcuni civili della Guardia Costiera; cominciammo a riunirci in una grande sala conferenze e l’ufficiale superiore del palazzo ripassò i piani di sicurezza che avremmo dovuto mettere in atto per metterci al sicuro e per tenere il palazzo al sicuro, perché era un’installazione militare. Mentre lo stavamo facendo, la prima torre crollò e molte persone che stavano abbandonando Ground Zero giunsero a Battery Park perché proprio accanto al nostro palazzo c’era il terminal del battello per Staten Island. Quindi c’erano molte persone che si raccoglievano lì ma non andavano da nessuna parte, perché i battelli erano stati sospesi per una sorta di precauzione. Quando la prima torre crollò eravamo sottovento e quindi tutto il fumo, i detriti e la polvere ricoprirono completamente il nostro palazzo. A questo punto le persone iniziarono ad farsi prendere dal panico e c’erano altre persone che venivano nella nostra zona della città e venivano fermate al terminal dei battelli o alla barriera di Battery Park. Cercavano di arrivare il più lontano possibile dal World Trade Center, ma Manhattan è un’isola e quindi ci si può allontanare soltanto fino a un certo punto.

La nostra visibilità fuori dalle finestre era di qualche metro a un certo punto, proprio per via della polvere e dei detriti nell’aria. Le persone cominciavano ad aiutarsi a vicenda; si passavano l’acqua. La polizia e altri primi soccorritori cominciavano ad arrivare a Battery Park per aiutare le persone e per incontrarsi con altri primi soccorritori. Dopo il crollo della seconda torre iniziò l’evacuazione via acqua di Manhattan e questa avvenne principalmente dall’area di Battery Park. L’evacuazione procedeva tutto attorno a noi. Alcune persone della Guardia Costiera cominciarono ad aiutare; la prima cosa che potevamo fare era fornire acqua o altro a chi ne aveva bisogno ed aiutare le persone ad arrivare dove dovevano andare, perché conoscevamo bene la zona. Aiutavamo le persone a salire sulle imbarcazioni giuste per essere portate in salvo.


I palazzi a Manhattan stavano chiudendo, ma il nostro rimase aperto e avevamo un molo, quindi altri primi soccorritori di diverse agenzie iniziarono a lasciare rifornimenti sul nostro molo e ci dissero “Portate questi rifornimenti a Ground Zero, portateli ai primi soccorritori che sono lì.” Ogni cosa, dal cibo all’acqua al ghiaccio a dispositivi di protezione personale, cominciò a essere consegnato al nostro palazzo, semplicemente per via della convenienza del luogo e perché avremmo potuto usare veicoli governativi e trasportare quei rifornimenti a pochi isolati di distanza, e facemmo questo per un paio d’ore. Alcuni di noi rimasero nel palazzo della Guardia Costiera. Quel pomeriggio, quella sera e quella notte il nostro contributo più grande  fu portare rifornimenti dal nostro palazzo a Ground Zero. C’erano anche primi soccorritori che venivano nel nostro edificio per avere un posto per ripulirsi, un posto per riposarsi, un posto per prendere qualcosa da mangiare; così cominciammo a ospitare tutti i primi soccorritori che potevamo, e a un certo punto ogni superficie piana nella nostra sala conferenze aveva qualcuno che ci dormiva sopra, che fosse un poliziotto o un pompiere o chiunque altro.


Undicisettembre: Una cosa che non ho capito è se siete intervenuti perché avete ricevuto ordini di farlo o soltanto perché volevate farlo.

Brandon Brewer: Principalmente perché lo volevamo. Lasciami spiegare in maggiore dettaglio. La maggior parte della Guardia Costiera a New York non è a Manhattan; è a Staten Island e a Bayonne, nel New Jersey. Quindi il nostro palazzo e la cinquantina di persone che erano lì erano le uniche persone della Guardia Costiera che stavano permanentemente a Manhattan. Ovviamente altre persone della Guardia Costiera stavano arrivando, ma l’obiettivo principale della Guardia Costiera quel giorno, operativamente e ufficialmente, era la sicurezza del porto e la sicurezza delle vite durante l’evacuazione, e il ruolo che la Guardia Costiera ebbe durante l’evacuazione, che cominciò in modo organico con i marinai nel porto; ma a quel punto la Guardia Costiera chiamò per avere più aiuto. Non so se hai visto il video Boat Lift; dura circa dieci minuti ed è disponibile su YouTube; ho aiutato i suoi produttori con il punto di vista della Guardia Costiera. È bellissimo e in dieci minuti spiega tutto ciò che devi sapere sull’evacuazione su acqua. Quelle furono le principali priorità della Guardia Costiera, portando poi più forze per svolgere la missione di sicurezza.


Undicisettembre: Cosa successe nei giorni seguenti?

Brandon Brewer: Nei giorni seguenti facevamo il nostro lavoro ufficiale, ma nel mio ufficio arrivavano altre persone. Per i primi due giorni circa lasciammo aperto il palazzo di Manhattan per via di ciò che era successo l’11/9. Altri primi soccorritori stavano arrivando al nostro palazzo e al nostro molo perché tutto era chiuso a Lower Manhattan. Facevamo il nostro lavoro normale ma aiutavamo anche gli altri primi soccorritori, di qualunque cosa avessero bisogno: acqua, cibo, riposo. Le altre agenzie iniziarono a fare lo stesso, alcuni membri della Polizia della Port Authority presero il controllo di un chiosco a Battery Park che aveva una cucina e iniziarono a cucinare del cibo per i primi soccorritori. Molti dispositivi di protezione personale iniziarono a essere raccolti lì, quindi se qualcuno arrivava da noi diretto verso Ground Zero e aveva bisogno di materiale protettivo lo portavamo verso quell’area.


Inoltre le persone non sapevano come arrivare a Ground Zero perché molte vie erano bloccate, ma siccome noi sapevamo cosa stava succedendo potevamo anche aiutarle logisticamente. Facevamo questo, ma facevamo anche il nostro lavoro normale della Guardia Costiera; io ero il responsabile delle relazioni pubbliche per New York, quindi molto di ciò che il mio staff e io facemmo nei giorni successivi era assicurarci che le persone sapessero cosa stava succedendo a riguardo della sicurezza del porto. La Guardia Costiera chiuse il porto di New York e New Jersey a tutto il traffico commerciale e di diporto e fu una scelta molto importante. Le forze della Guardia Costiera a New York crebbero esponenzialmente tra l’11/9 il 12/9, avevamo cutter provenienti da tutta la costa orientale che garantivano la sicurezza e dozzine e dozzine di equipaggi di piccole imbarcazioni che facevano pattugliamento. Molto di ciò che dovevamo fare era dire alle persone quali erano le regole per il porto e assicurarci che le sentissero e che le capissero, che sapessero quali erano i limiti, dove potevano e non potevano andare. Anche dire alle persone perché stavamo facendo quello che facevamo e parlare della nostra missione di sicurezza. Inoltre c’erano persone della Guardia Costiera che facevano lavoro non tradizionale, come lavorare a Ground Zero a monitorare la qualità dell’aria.

Facemmo un po’ di tutto e fu molto impegnativo.


Undicisettembre: Quanto tempo ci volle per tornare alla normalità?

Brandon Brewer: Avevamo una nuova normalità, ed era ciò che stava succedendo a New York. Io rimasi lì fino all’estate del 2002 e in quel periodo lavorai ogni giorno a qualcosa relativo all’11/9. Le cose erano cambiate e anche 9 mesi dopo la missione di recupero nel porto di New York da parte della Guardia Costiera era ancora in corso. Alla fine le attività portuali tornarono alla normalità ma c’erano ancora molti pattugliamenti di sicurezza da parte della Guardia Costiera, era una missione continua, e c’erano molte forze della Guardia Costiera in città, come avevano fatto anche altre agenzie che portarono più persone.

Quindi era una nuova normalità per noi. L’unico momento in cui la mia vita tornò a qualcosa di normale, come lo era il 10 settembre, fu quando fui trasferito. Nell’estate del 2002 fui trasferito da New York a Washington DC.


Undicisettembre: Hai fatto parte della più grande operazione di recupero e soccorso della storia dell’umanità. Come ti senti a tal riguardo e cosa ne pensi?

Brandon Brewer: È meraviglioso. Sono veramente orgoglioso di ciò che hanno fatto la Guardia Costiera, i marinai commerciali e tutte le persone nel porto di New York e New Jersey. Non erano tenuti a farlo e non sapevano cosa stava avvenendo mentre lo facevano. Semplicemente arrivarono e salvarono le persone, le portarono in salvo e poi tornarono indietro e presero altre persone. Fu meraviglioso vederlo accadere e ancor più meraviglioso nei giorni seguenti, quando iniziammo a capire quante persone erano state salvate. Non avevamo modo di saperlo all’inizio, sapevamo che erano molte, vedevamo molte persone che venivano evacuate proprio davanti ai nostri occhi, ma abbiamo scoperto nei giorni successivi all’11/9 che erano centinaia di migliaia. Alcune stime dicono che erano mezzo milione, il che la renderebbe la più grande evacuazione della storia del mondo, più grande anche di Dunkerque! Ma Dunkerque fu gestita nel giro di alcuni giorni, mentre l’11/9 fu risolto nel giro di alcune ore. E non durò l’intera giornata: entro il pomeriggio dell’11/9 Lower Manhattan era vuota, non c’erano persone, non c’erano automobili, non c’era traffico marittimo, tutti erano stati evacuati e le uniche persone a Lower Manhattan erano i primi soccorritori che erano vicino o presso Ground Zero.

Fu un po’ surreale essere in quella zona, che di solito è così trafficata in un normale giorno lavorativo ma quel giorno era vuota. Era una città fantasma. Sono felice di aver svolto la mia piccola parte per il fatto di essere nella Guardia Costiera. Ci sono molte persone che hanno fatto molto di più. Io credo che ogni primo soccorritore sia stato un eroe: sia i pompieri, sia la polizia, sia i capitani dei rimorchiatori che gli equipaggi che hanno aiutato a evacuare le persone. Per me sono tutti eroi. Fu meraviglioso vederlo succedere, ma ci pensai solo molto tempo dopo per via di quanto ero occupato in quei mesi dopo l’11/9.


Undicisettembre: L’11/9 come condiziona la tua vita quotidiana?

Brandon Brewer: I ricordi di quel giorno sono ancora lì. Non so se condiziona la mia vita quotidiana, ma sicuramente ha cambiato la mia visione delle priorità di ciò che è importante nella vita. Quindi è lì, non ne parlo molto. Specialmente 15 anni dopo. Alcune persone non ricordano l’11/9. Chi oggi ha vent’anni ne aveva cinque quando è successo. Quindi è lì, in sottofondo nei miei pensieri, e vedo molte cose che mi ricordano quei tempi; ha cambiato le vite di quelli che erano nella Guardia Costiera e per il resto del tempo che ho vi passato, la Guardia Costiera è stata un’organizzazione differente.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo le quali l’11/9 fu un autoattentato?

Brandon Brewer: Lavoro nella gestione delle emergenze e nella risposta ai disastri da venticinque anni. Una delle cose più importanti che ho imparato da questa esperienza è che nei momenti di crisi la gente si agita, è la natura umana. Le persone agitate tendono a pensare pensieri negativi. Le persone che sono colpite da crisi di qualunque tipo vogliono risolvere la situazione il più velocemente possibile e vogliono sapere perché e come la crisi si è verificata. Queste non sono domande facili a cui dare risposta velocemente. Di solito più è grande la crisi, più tempo occorre per capire il come e il perché nei dettagli. In assenza di queste risposte le persone che pensano in modo negativo iniziano a formarsi delle idee su cosa è successo o a credere alle idee di altre persone. Queste idee a volte non hanno nulla a che fare con la verità. E a volte le persone si formano delle idee per sostenere i propri obiettivi. Anche questo è semplicemente un altro aspetto della natura umana.


Queste idee si trasformano velocemente in credenze, e le credenze sono più difficili da contrastare delle idee perché sono più radicate nella mente delle persone e possono essere molto difficili da contrastare, anche quando le risposte ci sono. Ho dovuto fare rumor control [gestione delle voci incontrollate, n.d.t.] in altri casi di crisi ed è molto frustrante dire alle persone la verità su un fatto e sentire che loro la negano, perché confligge con le loro credenze o i loro obiettivi e, purtroppo, contrastare queste dicerie in ogni situazione è una battaglia difficile; le persone che sanno la verità non sempre vincono.

La verità definitiva che io conosco sull’11/9 sono le cose che ho visto e vissuto per il fatto di operare nella città e nella Guardia Costiera. Quel giorno e nei giorni e mesi successivi ho ricevuto molte informazioni dalle persone che ho incontrato di diverse agenzie e che facevano parte del primo sforzo di recupero. Penso che molte teorie di complotto nascano da questo processo di non avere informazioni sufficientemente in fretta: le persone iniziano a credere alle proprie idee o a quelle di altre persone.

Io ho visto l’aereo volare sopra di me e so che l’11/9 è stato commesso da terroristi, non dal nostro governo.


Undicisettembre: Sei stato al 9/11 Memorial Museum?

Brandon Brewer: Sì, ci sono stato. Circa un anno e mezzo fa, per il Veterans Day, l’11 di novembre del 2014. Ero in un gruppo di circa dieci veterani che avevano lavorato a un progetto multimediale che ha raccontato in dettaglio le nostre esperienze dell’11/9 e c’era una mostra temporanea del nostro progetto al museo. La mia parte del progetto era basata sulle foto che scattai l’11/9 e nei giorni successivi. Come ho detto, ero il responsabile delle relazioni pubbliche e quindi uno dei lavori svolti dal mio staff fu fare foto; inoltre una delle opportunità che ebbi fu portare i rappresentanti dei media sugli elicotteri della Guardia Costiera come accompagnatore per guardare i danni dall’alto e quando ero là portai con me una macchina fotografica e anch’io scattai delle foto.

Quindi con il mio progetto puoi volare intorno all’area e vedere le mie foto a confronto con ciò che la città di New York è oggi su Google Earth rispetto a com’era l’11/9 e nei giorni successivi.

C’erano un paio di stand nel piano interrato del museo, vicino al muro, dove la gente poteva venire a vedere le proiezioni.


Undicisettembre: Quali conseguenze ha avuto l’11/9 sulla Guardia Costiera e sul suo modo di lavorare?

Brandon Brewer: Non cambiò le missioni della Guardia Costiera, ma ne cambiò le rispettive importanze. Prima dell’11/9 la sicurezza portuale era una delle più basse percentuali del lavoro operativo della Guardia Costiera, mentre dopo l’11/9 divenne uno dei lavori più importanti. Ciò che la Guardia Costiera faceva prima dell’11/9 lo fece anche dopo l’11/9, ma in misura molto maggiore. Fu un cambiamento molto grande. Alcune regole per le navi commerciali o da diporto cambiarono per via dell’11/9, e siccome il lavoro della Guardia Costiera è far rispettare questi regolamenti, questo divenne un lavoro nuovo o diverso per il servizio.

Questi furono i cambiamenti principali.

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