Ultimamente circola un testo di un ingegnere meccanico europeo: Gordon Ross. Il testo può essere trovato a questo link.
In due parole, si può dire che cerca di dimostrare, assumendo un modello di collasso plastico dell'edificio e eseguendo una trattazione energetica, che il crollo delle Torri Gemelle non poteva avvenire naturalmente.
In primo luogo, Gordon Ross è un ingegnere meccanico di Dundee, o almeno così si presenta in un altro dei suoi PDF.
Author: The author of this work, Gordon Ross, was born in Dundee, Scotland. He holds degrees in both Mechanical and Manufacturing Engineering, graduating from Liverpool John Moores University, in 1984. linkQuindi molto probabilmente non è né il giocatore di football di Edimburgo, né l'azienda di Steven Ross del sito gordonross.net.
Una traduzione italiana del suo testo può essere letta qui. Il sito dell'autore è invece questo ed il testo originale è reperibile qui. Finora è stato pubblicato per esempio da Luogocomune e Journal of 911 Studies.
Sulla base della traduzione citata poco sopra, i commenti sull'elaborato, raccolti per punti, sono questi:
- La teoria del pancake non viene più seguita da nessuno. L'idea di una serie di urti perfettamente centrati fra piani che cadono uno sull'altro è l'ennesima riutilizzazione di questo modello di collasso, per il quale si è dimostrato che non descrive bene il meccanismo di crollo.
- L'assunzione di un'onda d'urto che coinvolga più piani nella resistenza è notevole, ma non si può basare unicamente sull'ipotesi di elasticità (diffusione elastica dell'onda nel mezzo, se poi si tratta un sistema anelastico di urti) e dovrebbe tenere conto delle limitazioni che l'ipotesi di elasticità porta con sé (considerazioni riguardo alla risposta elastica della struttura; quindi quantità in gioco, velocità di impatto, stati triassiali, resilienza). Vi è poi un altro errore formale nella trattazione con l'onda, visto che per il primo impatto prevede, per una serie predefinita dei piani inferiori, dei fattori di compartecipazione, ma non prevede, per gli urti successivi al primo, analoghe riduzioni della resistenza degli elementi dovuti alle partecipazione nella resistenza ai precedenti urti. Questa è una notevole riduzione dell'energia resistente: non assumerla favorisce molto la tesi complottista-dietrologica.
- La mancanza di ipotesi riguardanti l'instabilità dell'equilibrio: un'omissione che risulta molto strana per un ingegnere meccanico.
- L'introduzione di un coefficiente che diminuisce il valore dell'energia potenziale richiesta per portare a snervamento la colonna. L'ottenimento di questo coefficiente, che ha un'influenza notevole nel calcolo (un cambio verso un ordine di grandezza inferiore), è lacunoso e poco chiaro. Potrebbe essere il coefficiente di grado di instabilizzazione dei piani investiti dall'onda d'urto. Comunque non risulta chiara la relazione fra coefficiente inserito per il piano e distanziamento del piano investito dall'onda d'urto dalla zona di amalgama anelastica dove si realizza lo snervamento dell'acciaio delle colonne.
- La trattazione riguardante il carico di un provino sottoposto a trazione o compressione è in parte corretta. Purtroppo vi è qualche pecca imputabile alle differenze fra sezioni composite e la sezione del provino da laboratorio, che porta a modificazioni nel grafico tensione-deformazione.
- La mancata conoscenza del lavoro ottenuto come prodotto della tensione per la deformazione, sia per il campo elastico che per quello plastico, nelle ipotesi di differenziabilità dei solidi di Saint Venant, quindi passaggio per l'energia potenziale calcolata sulle piccole variazioni di deformazione. Utilizzare la formula dell'energia potenziale sulla deformazione della trave-colonna non è calcolare l'energia utile a deformare l'elemento strutturale.
- Per quanto possa essere corretto introdurre un coefficiente di sicurezza, bisogna considerare che in condizioni statiche (diverse da quelle del tutto eccezionali verificatesi per i danni prodotti daell'aereo) l'energia di deformazione diviene quella utile per passare da uno stato sollecitativo nella colonna a quello sollecitativo di snervamento. La presenza di taglio e momenti non fa altro che ridurre la resistenza della colonna, introducendo un stato di tensione pluriassiale e non monoassiale come previsto da ipotesi fatte (crollo verticale).
- Il provino, quando è sottoposto a trazione, arrivando al limite di snervamento subisce lo scorrimento delle fibre di Luders e l'irrigidimento del campione. Il provino, sottoposto a compressione, ha anch'esso la formazione di fibre di Luders (sempre che si riesca ad evitare l'instabilità dell'equilibrio), perché la dimensione è tale da non subire gli effetti del taglio deviato sulle sezioni piatte costituenti l'elemento strutturale. Analogamente, per profilati commerciali le normative impongono vincoli che impediscono la formazione dell'imbozzamento (almeno nella normativa italiana) e questo può verificarsi invece per i profilati costruiti in cantiere con incrudimento a freddo e saldatura. Tali limitazioni possono essere state trascurate, quindi può verificarsi l'imbozzamento. Ergo la normativa prevede il controllo dell'imbozzamento.
- La fase plastica di allungamento e scorrimento è di per sé una fase di collasso. Quanto si verifica è che il materiale, scorrendo, si irrigidisce, aumentando il proprio campo di resistenza. Questo si può notare se, nella prova che permette di definire il diagramma di carico del provino, si eseguono degli incrementi di carico progressivi (caso ben diverso dalla situazione che viene analizzata). Per il tratto in cui vi è scorrimento, il carico non viene aumentato, appunto perché vi è scorrimento a carico costante. Nel caso si procedesse ad un aumento di carico, si avrebbe uno scorrimento maggiore del provino, e nel caso di un notevole incremento di carico si avrebbe la rottura del pezzo anticipatamente a quanto il carico avrebbe potuto sopportare, poiché il materiale non avrebbe il tempo di riadattarsi per resistere ulteriormente. L'assunzione di un plateau plastico, con incremento progressivo (non istantaneo) del carico, è comunque un'assunzione a favore della sicurezza nelle costruzioni, visto che l'apertura delle cerniere plastiche viene monitorata nel calcolo strutturale e qualora non si lavori in campo elastico secondo normativa rimane limitata alla formazione di un numero limitato di cerniere plastiche tali da non creare meccanismi labili.
- L'assunzione di un comportamento plastico di tipo softening fa presumere che nelle prove di carico, per costituire il diagramma delle tensioni-deformazioni, si sia formata una cerniera plastica la cui rotazione ha permesso la formazione di un comportamento instabile del provino (un comportamento stabile è l'hardening, in cui non vi è un rapporto inverso fra gli aumenti di carico sul provino e gli aumenti di deformata del provino stesso, cosa che permette cicli cinematici e l'incrudimento a freddo).
- La terza fase mostra una rapida discesa della tensione richiesta per continuare la deformazione, con la tensione necessaria minore di quella di snervamento. Questa fase continua fino a quando la deformazione verticale eguaglia la lunghezza originale. In altre parole, la colonna è piegata in due.
- La colonna perfettamente compressa che raggiunge il carico di collasso plastico non si piega in due, ma sborda. La colonna che si piega in due è la colonna flessa o pressoinflessa. In alternativa, si può presumere che la colonna che ha raggiunto il carico di instabilità con notevole diminuzione della capacità portante totale dell'equilibrio (rigidezza assiale maggiore della flessionale e vari motivi portano la colonna a sbandare reagendo per flessione alla compressione imposta).
- Nella descrizione del modello che definisce le colonne coinvolte nell'onda d'urto viene meno proprio la trattazione per piccoli incrementi di carico. Si crea così lo stesso paradosso di Achille e la tartaruga, per il quale tutte le colonne fino alla base avrebbero dovuto costituire sezione reagente all'urto iniziale solo perché piccoli incrementi successivi di deformazione diffondono l'onda d'urto in un loop continuo (o continuo al massimo fino al limite inferiore). Non stupisce che Ross decida di arrestare il proprio ragionamento al primo salto, evitando di arrivare alla fine in cui onda d'urto e deformata sono presenti allo stesso istante nel medesimo elemento strutturale.
- Infine viene sempre trascurato che un'onda è un fenomeno energetico, quindi andrebbe valutata anche l'energia dell'onda.
- Per quanto poi Gordon Ross utilizzi l'energia potenziale al posto della più comoda formula per il calcolo del lavoro di deformazione, dimentica che al diminuire della quota aumentano sì le sezioni in gioco, ma aumentano anche le forze peso in gioco nel completo mantenimento del coefficiente di sicurezza costante per tutta la struttura. Quindi dire che le sezioni inferiori vengono tutte approssimate a quella superiore significa trascurare che per il collasso delle sezioni inferiori vi sarà una forza peso commisurata al dimensionamento statico, sulla base dei medesimi coefficienti di sicurezza da normativa utilizzati per i piani superiori. Basarsi sull'energia instabilizzante di un piano superiore sulla base delle deformazioni di più piani con area sempre maggiore è una diminuzione notevole, anzi del tutto erronea, dell'energia.
- La conservazione della quantità di moto si basa su due assunti per la formulazione elastica e quella anelastica, ovvero rispettivamente perfetta rigidezza e completa deformabilità. Secondo queste assunzioni, si può ridurre il bilancio energetico fra l'istante in cui i corpi devono ancora urtare e quello subito dopo l'urto ad un semplice confronto delle energie in gioco, riducibile in forma semplificata ad un rapporto fra masse e velocità delle formule di energia cinetica (in altre parole, l'energia persa nell'urto elastico o l'energia persa nella deformazione anelastica è trascurabile rispetto all'energia iniziale e finale, che è così rappresentata dalle sole energie cinetiche iniziali e finali). Però nel caso in questione si sta applicando una trattazione in cui l'energia di deformazione non è trascurabile e deve plasmarsi sue due campi di comportamento (elastico e plastico). Si torna quindi a porre dubbi sull'analogia utilizzata fra le leggi che derivano dall'applicazione del carico ad un mezzo e quelle che prevedono un urto al materiale.
- Il calcestruzzo nelle torri gemelle aveva una funzione non portante. 50.000 tonellate per il peso specifico del calcestruzzo (3500 kg al metro cubo) per la larghezza delle solette di 110 piani fanno a malapena lo strato coprente del solaio sopra la lamiera grecata. La valutazione dell'energia per distruggere questo elemento secondario rientra quindi in uno degli aspetti prima trascurati, ovvero l'energia dovuta all'impatto con l'oggettistica presente negli uffici.
- Vi è poi qualche altro errore formale. L'energia potenziale è l'energia posseduta da un corpo sottoposto a gravità che si trova ad una certa quota. Quindi all'istante iniziale la rimozione dei vincoli porta i primi piani che crollano ad avere un'energia potenziale pari all'altezza che questi hanno col baricentro rispetto al livello medio del mare. Nel bilancio dell'energia, la parte costituita dalla differenza di quota fra un piano e l'altro è la parte che diviene energia cinetica in moto di caduta libera senza dissipazioni proprio per la rimozione dei vincoli, mentre per i piani a seguire la formula diviene più complessa poiché deve essere trovato un bilancio fra reazione agli urti e resistenza e fra energie potenziali energie resistenti ed energia cinetica. Gordon Ross, invece, parte all'istante iniziale con la sola energia cinetica, come se il materiale in seguito si trovasse a quota zero e per i passaggi successivi considera come energia instabilizzante quella calcolata dal lavoro della forza peso e come energia stabilizzante-resistente quella deformativa (che, come abbiamo visto, è calcolata con la formula sbagliata). Vi è quindi un importante termine energetico trascurato (mgH=15 piani * peso di un piano * 9,8 * 400 metri) a favore della teoria complottista ed un'inversione per cui l'energia instabilizzante (potenziale) viene passata per energia stabilizzante (energia deformativa delle colonne). Il bilancio delle energie risulta quindi falsato.
- Un meccanismo d’attivazione che coinvolga una perdita totale ed istantanea di tutta la capacità portante su un piano, sufficiente a causare una caduta di 3.7 m in piena accelerazione gravitazionale, seguito da un impatto “pulito”, non è realistico.
- L'assunzione fatta all'inizio del modello di Gordon Ross (che non conosce l'instabilità dell'equilibrio per esempio) è proprio quella di non considerare il motivo per cui vi sia stato il cedimento del piano, ma di analizzare quanto avviene in seguito. Quanto discusso energeticamente per le fasi di crollo mirava a descrivere in modo giusto (in realtà erroneo) le fasi di collasso. Non si spiega come mai nelle conclusioni salti fuori di punto in bianco con queste affermazioni, che correlerebbero una trattazione successiva totalmente inutile a spiegare un'ipotesi del modello stesso, assunta come corollario per la verifica stessa. Questo è veramente paradossale.
- Le torri potevano essere ben descritte come una serie di molle e smorzatori, colpita da un' altra serie di molle e smorzatori (grande ma relativamente lenta e meno sostanziale).
- Dal punto di vista monoassiale in compressione ha ragione: il comportamento deformativo delle colonne è paragonabile a quello di una molla. Purtroppo l'energia di una molla non è l'energia potenziale, né formula similare, come già affermato in precedenti punti. Curioso che l'autore non si accorga di contraddirsi.
Aggiornamento 14-10-2007
Per comprender l'errore compiuto da Gordon Ross si può pensare ad un semplice sclerometro.
Se si vuole valutare la durezza di un blocco di acciaio, allora lo si carica con la corretta energia di deformazione (magari trovandola per piccoli aumenti di carico) e si valuta la tacchetta prodotta localmente per stimare con l'energia la capacità resistente.
Ora, secondo la logica utilizzata da Gordon Ross per stimare la sezione resistente nel momento dell'impatto di un piano sul successivo, con l'onda d'urto che si diffonde di piano in piano per X livelli (con opportuni coefficienti di compartecipazione), ci troveremmo nella situazione identica dello sclerometro.
Secondo Ross quindi poichè esistono vari strati di acciaio, e l'onda di carico si diffonde nel materiale, man mano che parti di questo compartecipano alla resistenza nel punto, lo sclerometro non dovrebbe mai creare delle tacche per misurare la durezza dell'elemento.
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