di Hammer
La prima settimana di giugno mi trovavo a New York principalmente allo scopo di incontrare alcuni dei sopravvissuti, dei testimoni e dei soccorritori che ho intervistato nel corso di questi anni. Proprio poche settimane prima era stato aperto il museo di Ground Zero e quindi ho colto l'occasione, quasi obbligata, per andare a visitarlo. Nonostante avessi chiesto a molti dei miei contatti se volessero venire con me, nessuno di loro ha accettato dicendo che era troppo presto o che lo shock era ancora così vivo che proprio non se la sentivano. E quindi la mattina di mercoledì 4 giugno ho deciso di andarci da solo.
L'ingresso del museo si trova in mezzo alle due immense fontane che occupano il posto delle compiante Torri Gemelle, tra il nuovo One World Trade Center, la folta vegetazione della Plaza e i molti cantieri che daranno vita agli altri palazzi e che ancora ostruiscono notevolmente le vie pedonali. Una volta entrati, il museo si sviluppa per quattro piani sotto terra tra quelle che un tempo erano le fondamenta del World Trade Center originale.
La prima cosa che si incontra all'ingresso è una gigantesca foto delle due Torri e subito accanto un bassorilievo su sfondo nero illustra la sequenza di eventi che si sono svolti quella tragica mattina. Proseguendo il percorso si sentono a ogni angolo registrazioni audio delle voci di chi si trovava nelle Torri e chiedeva aiuto o di chi è sopravvissuto agli attacchi e ha poi raccontato la propria vicenda. E mentre si sentono queste voci ci si ritrova immersi tra travi delle Torri recuperate dalle macerie, mezzi di soccorso come camion o motociclette distrutti dai crolli e oggetti personali di chi ha vissuto personalmente quei terribili momenti.
La parte principale dell'esposizione si snoda all'ultimo piano interrato, dove tra la mura costruite per arginare il fiume Hudson sono state ricavate quattro sale, nelle quali purtroppo è vietato fare foto o riprese. Mentre ci si muove tra di esse, sul percorso principale si possono vedere opere d'arte ispirate all'attentato, pezzi di travi contorte e bruciate, un camion dei pompieri distrutto dal crollo, un motore di un ascensore, un pezzo dell'antenna che svettava sulla Torre Nord e innumerevoli altri oggetti che riportano alla memoria la tragedia dell'attentato più distruttivo della storia.
Nella prima delle quattro sale sono esposte in ordine alfabetico le foto di tutte le vittime dell'11 settembre 2001 e dei sei morti del primo attentato contro le Torri Gemelle del 1993. Nella seconda, dopo una breve attesa in coda, si può assistere alla proiezione di un video della durata di 11 minuti intitolato Rebirth at Ground Zero sulla storia della ricostruzione del World Trade Center. Nella terza sono raccolti vari oggetti personali recuperati tra le macerie.
La quarta sala racchiude la sezione più importante dell'esposizione e da sola richiede un paio di ore per essere visitata oltre a un breve tempo di attesa in coda. Si viene accolti dalla proiezione su un megaschermo della ripresa in time-lapse dell'artista tedesco Wolfgang Staehle dello schianto del volo American Airlines 11 contro la Torre Nord. Quindi, udendo in ogni angolo le voci dei sopravvissuti e delle telecronache di quel giorno, ci si muove tra gli oggetti più disparati recuperati tra le macerie: scarpe, portafogli con ancora le banconote riconoscibili, documenti di identità, una bandana usata da un sopravvissuto per coprirsi bocca e naso durante la fuga, auto della Polizia distrutte dai crolli, cappelli, portachiavi e innumerevoli altri dettagli che non si riesce nemmeno a immaginare possano essere stati estratti dai resti.
Ciò che personalmente ho trovato più straziante è stato un foglio in formato A4, recuperato a Ground Zero, sul quale c'era una disperata richiesta di aiuto scritta a mano: "84th floor, west office, 12 people trapped".
Sezioni dell'esposizione sono dedicate anche al Pentagono, a Shanksville e all'attentato del 1993. Verso la fine dell'esposizione una sezione è dedicata a come si è arrivati alla conoscenza di quanto accaduto e vi sono esposti i rapporti della Commissione d'Inchiesta, del NIST, della FEMA e di tutti gli enti che hanno condotto studi sull'11 settembre. Vengono riepilogate tutte le rivendicazioni di Osama bin Laden e dei vari membri di al Qaeda e sono esposte anche le foto dei dirottatori con una breve nota biografica. L'unica menzione al complottismo all'interno del museo è proprio in questa sezione dove è esposta, accanto ai rapporti ufficiali, la copertina del numero di Marzo del 2005 di Popular Mechanics dedicato a smontare le leggende metropolitane sull'11/9.
Accanto a questa porzione di museo sono esposte numerose prime pagine dei giornali di tutto il mondo del giorno seguente agli attentati: purtroppo tra queste non ve ne è neanche una italiana.
Chiude il museo un piccolo negozio in cui è possibile acquistare libri o ricordi di ogni tipo legati al memoriale e all'attentato.
Ho sentito molte storie sull'11/9 in questi anni e ho raccolto molte testimonianze inedite; pensavo di essere vaccinato ma mi sbagliavo. Quelle voci, quei resti, quegli oggetti sono stati un pugno in pancia anche per me, e di quelli forti. Anche una volta uscito dal museo, mentre camminavo verso Little Italy e Chinatown, ho avuto per almeno un'ora un forte senso di nausea e di mal di testa.
Ma prima di allontanarmi da Ground Zero, un'ultima cosa mi ha colpito notevolmente all'uscita. Non per la sua presenza, ma proprio per la sua assenza. Non c'era nessun gruppuscolo di complottisti armati di striscioni e volantini. Non ne ho visti a Ground Zero né da nessun'altra parte a New York, nemmeno a Times Square, dove invece ne avevo incontrati nel mio precedente viaggio a New York e con i quali avevo anche dibattuto rendendomi purtroppo conto che i complottisti ripetono le stesse sciocchezze da entrambi i lati dell'oceano.
Del resto davanti al dramma e alla disperazione cruda e violenta proposta dal museo è meglio che i complottisti tengano per sé le loro offensive e assurde teorie.
Lo impone il rispetto per il dolore.
8 commenti:
Grazie per la testimonianza.
Già ho visitato in un paio di occasioni quello che era il museo temporaneo (sul lato sud della WTC plaza) nel 2010 e nel 2012, e nel 2012 ho visitato anche il memorial.
Devo dire che visitare questi posti è stato un pugno nello stomaco anche per me (e anche io mi ritenevo vaccinato...).
Non solo, ma visitare questi posti ti permette di capire davvero le dimensioni pratiche e umane della tragedia.
Spero di ritornare presto a New York, perché voglio anche io, nonostante il male che fa, per ricordarsi quello che è successo, e per prendere forza per controbattere ancora una volta a chi parla di mossad, di ologrammi e di demolizione controllata...
Grazie per l'apprezzamento Camicius, anche io ero stato al museo precedente sul lato meridionale della Plaza e anche quello era molto toccante. Ma nulla in confronto a questo nuovo.
Ero stato al Memorial quando il Museo era ancora in costruzione.
Gia' quella visita mi era stata coinvolgente perche' conoscevo la vita di alcune vittime. La conoscevo a causa dei complottisti che blateravano di morti inesistenti o di nomi inventati.
Eppure bastava cosi' poco leggere on-line i quotidiani dell'epoca, leggere di scolaresche che ricordavano i loro compagni morti pochi giorni prima a bordo degli aerei. Leggere la storia del capitano Burlingame, il pilota dell'aereo del Pentagono, finche' pote' pilotarlo. Pure Burlingame per qualcuno era un nome fasullo... Dai quodidiani avevo ritrovato i nomi dei suoi familiari, due fratelli ed una sorella, la moglie, la figlia. Dagli elenchi telefonici avevo ritracciato gli indirizzi e perfino il mestiere.
Conobbi anche le motivazioni perche' i resti di Burlingame non furono sepolti subito al cimitero di Arlington.
Insomma, quella persona era diventata per me come una persona di famiglia. E proprio per questo ci tenni a fotografarne il nome, fra tanti altri, inciso sul bordo di una delle vasche del Memorial:
http://it.tinypic.com/m/ib9lko/2
In agosto tornero' a NY ma non credo che andro' al Museo. Dalla tua descrizione potrebbe essere troppo coinvolgente.
Quello che ogni volta che ci penso trovo disgustante è come possano certi individui portare avanti le loro "teorie" sapendo di mentire, sapendo di sputare addosso alle persone che sono morte quel giorno, a quei 12 del 49esimo piano che imploravano aiuto, a tutti quelli che hanno dato la vita per salvarne anche solo un'altra.
Non puoi essere un uomo se fai questo.
E stato un auto-attentato,che vi piaccia,oppure no
Caro Daniele,
complimenti per la profondità del tuo intervento e per la validtà delle tue argomentazioni.
Fa molto piacere che tu pensi di saperne di più dei tecnici, dei testimoni e dei pompieri da noi intervistati.
Uno degli articoli più belli di questo blog. A volte sotterrati dai complotti, dalla teorie strampalate ci dimentichiamo delle vite perse quel giorno. Ogni testimonianza raccolta qui é un tassello che serve a dare dignità e significato a quelle storie. Storie che non devono essere dimenticate. Grazie Hammer come sempre per il tuo lavoro.
Grazie a te per l'apprezzamento e per il tempo che dedichi a leggere quello che scriviamo. Senza lettori non ci sarebbe il blog.
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