di Hammer
Il giornalista di USA Today Mike Walter è uno dei più noti testimoni oculari dell'attacco al Pentagono. Le sue parole, pronunciate in un'intervista rilasciata alla CNN lo stesso giorno, sono state infatti spesso distorte e tagliate ad arte dai complottisti per supportare le loro tesi in base a cui un missile, e non un aereo di linea, avrebbe colpito il Pentagono. I tagli sono citati per esempio da Der Spiegel e nel documentario di Undicisettembre Misteri da Vendere.
Da allora Walter è molto impegnato nel far conoscere al grande pubblico la verità di quanto accaduto e ha recentemente ultimato un documentario intitolato "Breaking News, Breaking Down" in cui narra uno degli aspetti meno noti della tragedia dell'11 settembre: ovvero il dolore e lo sconvolgimento che accompagnano da allora chiunque abbia assistito a quei tragici fatti.
Recentemente il gruppo Undicisettembre ha avuto occasione di entrare in contatto con Walter, che ha acconsentito a rilasciarci un'intervista. E' un'occasione per sgombrare definitivamente il campo da molte teorie complottiste tra le più diffuse, non ultima l'arrampicata sugli specchi di Massimo Mazzucco secondo la quale Walter avrebbe confuso un missile con un aereo.
Ringraziamo Mike Walter per la sua grande cortesia e disponibilità. L'originale inglese di quest'intervista è disponibile qui.
Il giornalista di USA Today Mike Walter è uno dei più noti testimoni oculari dell'attacco al Pentagono. Le sue parole, pronunciate in un'intervista rilasciata alla CNN lo stesso giorno, sono state infatti spesso distorte e tagliate ad arte dai complottisti per supportare le loro tesi in base a cui un missile, e non un aereo di linea, avrebbe colpito il Pentagono. I tagli sono citati per esempio da Der Spiegel e nel documentario di Undicisettembre Misteri da Vendere.
Da allora Walter è molto impegnato nel far conoscere al grande pubblico la verità di quanto accaduto e ha recentemente ultimato un documentario intitolato "Breaking News, Breaking Down" in cui narra uno degli aspetti meno noti della tragedia dell'11 settembre: ovvero il dolore e lo sconvolgimento che accompagnano da allora chiunque abbia assistito a quei tragici fatti.
Recentemente il gruppo Undicisettembre ha avuto occasione di entrare in contatto con Walter, che ha acconsentito a rilasciarci un'intervista. E' un'occasione per sgombrare definitivamente il campo da molte teorie complottiste tra le più diffuse, non ultima l'arrampicata sugli specchi di Massimo Mazzucco secondo la quale Walter avrebbe confuso un missile con un aereo.
Ringraziamo Mike Walter per la sua grande cortesia e disponibilità. L'originale inglese di quest'intervista è disponibile qui.
Undicisettembre: Ciao Mike, è un onore poter parlare con te e riportare le tue parole ai nostri lettori in Italia che spesso sono ostacolati da vincoli linguistici. Grazie del tempo che ci stai dedicando per raccontare ancora una volta la tua esperienza. Ti va se cominciamo occupandoci delle teorie cospirazioniste, così ce le leviamo di torno?
Mike Walter: Sì, certo. Anzitutto vorrei ringraziarvi per questo spazio che mi state concedendo per comunicare direttamente anche al pubblico italiano su questo argomento così importante. Per chi è stato testimone dell'orrore che ho visto io quel giorno è molto importante rendere onore alle vittime fornendo un'onesta testimonianza di ciò che è successo. Credo che coloro che per qualunque ragione distorcono i fatti rendano un grave disonore a chi è morto e ai loro cari che hanno lasciato.
Undicisettembre: Ci puoi fare un breve racconto della tua esperienza e di ciò che hai visto quella mattina? Cosa ricordi, in generale?
Mike Walter: Stavo andando al lavoro, a quel tempo lavoravo a 5 minuti di distanza dal Pentagono. Percorrevo abitualmente la freeway che porta alla Highway 27, che mi portava proprio a costeggiare il Pentagono, e a quel punto finivo sulla strada che portava al parcheggio nord del Pentagono e che con una curva mi immetteva sulla 110. Non era quindi un caso che io fossi lì, come qualcuno ha ipotizzato. Ero in ritardo quella mattina, ed ero bloccato nel traffico.
Stavo sentendo alla radio il racconto di ciò che stava succedendo a New York. Ero molto frustrato, perché ero io il corrispondente principale del quotidiano nazionale USA Today. Abbassai il finestrino della mia auto e udii il jet. Guardai in su e ne vidi il ventre, poi s'inclinò in modo molto composto e iniziò una ripida discesa. Finì per schiantarsi contro il Pentagono.
Undicisettembre: La prossima domanda è inevitabilmente sulla dimensione del buco sulla facciata del Pentagono. Alcuni dicono che fosse troppo piccolo per un aereo di linea. Qual è la tua opinione a riguardo? Hai avuto modo di vedere bene il foro prima che quella parte dell'edificio crollasse?
Mike Walter: Sì... ho sentito questa storia... ma tutto ciò che posso dire è che se si sta viaggiando con questa forza a oltre 800 chilometri orari e ci si schianta contro una struttura di cemento, qualcosa deve cedere. Quando l'aereo si schiantò contro il Pentagono, andava a una tale velocità che quando le ali impattarono, in sostanza si piegarono all'indietro... ecco perché il buco non è così largo.
Undicisettembre: Qualcuno su Internet sostiene che non ti fu possibile vedere direttamente l'impatto perché la tua visuale era ostruita da alcuni alberi. E' così?
Mike Walter: Questa storia proviene da un'intervista precedente che ho rilasciato qui negli USA. La mia visuale era ottima. C'erano alcuni alberi... quindi sono stato onesto nel precisarlo... Non ero del tutto sicuro se l'aereo avesse urtato il suolo sobbalzando prima di penetrare nel Pentagono o se si fosse schiantato direttamente contro il Pentagono in un punto molto basso dell'edificio. Ma per quanto riguarda la mia visuale... quella è stata l'unica parte sulla quale ho avuto qualche dubbio... il modo preciso in cui è entrato. Vidi l'aereo entrare nel Pentagono, non ci sono dubbi a riguardo. Avevo un'ottima visuale. Vidi le ali piegarsi all'indietro; vidi l'enorme esplosione, la palla di fuoco e tutto il resto di quel che accadde quel giorno.
Undicisettembre: Un cospirazionista italiano [Massimo Mazzucco, NdT] sostiene che avresti confuso un missile Cruise con un aeroplano. Immagino che tu possa smentire definitivamente anche questa leggenda, giusto?
Mike Walter: Anche qui, di nuovo, le persone hanno preso le mie parole e le hanno distorte. Il fatto che ho menzionato gli alberi è stato sfruttato per screditare la mia testimonianza.
Anche questo concetto del missile Cruise viene da un'intervista che rilasciai quel giorno quando qualcuno mi chiese se pensavo che l'aereo avesse puntato intenzionalmente contro il Pentagono o se si fosse trattato semplicemente di un incidente.
Fu allora che dissi "Era come un missile Cruise con le ali ed è andato direttamente lì" indicando l'area dell'impatto. Quello che volevo dire era che l'aereo non era più un aereo. Chiunque lo stesse pilotando aveva ogni intenzione di trasformarlo in un'arma... come un missile. Ma l'idea che fosse un missile e non un jet sarebbe risibile, se non fosse così triste. Credo proprio che sia davvero triste, perché c'è gente che crede davvero a queste cose.
Undicisettembre: Vedesti qualche rottame dell'aeroplano sul terreno?
Mike Walter: Sì. E non fui il solo, anche altri testimoni e alcuni giornalisti e fotografi che erano lì per riportare notizie dell'attacco videro i rottami.
Undicisettembre: Vedesti qualcuno dei sopravvissuti o ne ascoltasti i resoconti? Cosa puoi dirci riguardo a queste persone?
Mike Walter: La copertura dell'evento fu suddivisa: giornalisti differenti seguirono aspetti differenti della vicenda. Non parlai con nessuno dei sopravvissuti che erano dentro al Pentagono e che ne uscirono. Parlai con persone che erano dentro al Pentagono e ne uscirono, ma erano in altre zone del Pentagono. Come sicuramente sai, il Pentagono è enorme ed è strutturato ad anelli. La maggior parte delle persone con le quali ho parlato si trovava in altri anelli.
Undicisettembre: Cosa puoi dirci dei pompieri e dei soccorritori?
Mike Walter: Furono profondamente colpiti da ciò che si trovarono a fare. Lavorarono per lunghe ore e il loro impegno fu molto intenso. So che molti rimasero traumatizzati da ciò videro in conseguenza di quell'attacco.
Undicisettembre: Come hai reagito al fatto di essere stato testimone di una tale tragedia e poi sentire i sedicenti "truthers" sostenere che fu tutta una messinscena?
Mike Walter: Inizialmente pensavo che queste persone fossero ridicole e che sarebbero scomparse, ma purtroppo molta gente crede ai loro racconti. In questa era di Internet possono circolare tante informazioni sbagliate, e più circolano, più prendono piede e più gente tende a crederci. So che molti giovani credono a questa roba... perché mia figlia ha 22 anni e alcuni suoi amici mi hanno fatto domande a lungo su questo argomento perché hanno visto molte delle cose che girano su Internet e sono confusi.
Undicisettembre: Molti giornalisti in Italia sostengono la teoria MIHOP (make it happen on purpose, "farlo accadere") o anche solo la LIHOP (let it happen on purpose, "lasciare che accadesse"). Com'è la situazione tra i tuoi colleghi negli Stati Uniti?
Mike Walter: Credo che i miei colleghi abbiano ignorato questo movimento a lungo. Io cominciai presto a vedere questo fenomeno e me ne preoccupai. Fui contattato da un giornalista francese circa sei mesi dopo l'attacco, cioè dopo che Thierry Meyssan aveva pubblicato un libro in cui diceva che l'attacco era stato un "inside job" [autoattentato, NdT] e che non c'era stato nessun aereo.
Mi allarmai quando seppi che il libro era un bestseller. Pensai che sarebbe stato opportuno raccontare qualcosa sulla diffusione di questo materiale su Internet e fare qualcosa per mostrarne la natura falsa. Ma all'inizio i giornalisti americani pensavano che fosse pazzesco che esistesse gente che diceva queste cose e li ignorarono.
Ora raccontano qualcosa di questa gente come se fossero una curiosità. Ma purtroppo ogni volta che si occupano di questo argomento in questo modo danno a questa gente più credito e credibilità. Credo fermamente che i giornalisti dovrebbero occuparsi di più di preparare del materiale ragionato che screditi queste teorie bizzarre.
Undicisettembre: Credi che ci sia qualcosa di anche solo vagamente plausibile tra le varie teorie del complotto?
Mike Walter: Credo che ci sia una sfiducia diffusa nelle autorità, e credo che molti trovino difficile da credere che una delle nazioni più potenti del mondo possa essere vulnerabile a questo tipo di attacco. Quindi, se si combinano queste due cose si ottiene un terreno fertile per una teoria di complotto.
Undicisettembre: Lasciando da parte le dichiarazioni complottiste, ci sono aspetti dell'11 settembre che secondo te richiederebbero ulteriori investigazioni? Misteri irrisolti o lacune fastidiose che andrebbero colmate, magari per dare un senso di conclusione alle emozioni che stanno intorno a questo evento? Quali vie di indagine e ricerca sull'11 settembre suggeriresti ai giornalisti?
Mike Walter: Purtroppo non sono la persona giusta alla quale fare questa domanda. Io non ho dubbi su ciò che è successo quel giorno... perché l'ho visto con i miei occhi. La sola storia che vorrei vedere raccontata sull'11 settembre è questa... l'impatto sui giornalisti.
Ho realizzato un documentario su come io ne sono stato colpito psicologicamente, ma credo che ci siano disturbi di carattere medico associati all'11 settembre, e ci sono molti giornalisti e fotoreporter che ora stanno affrontando problemi di salute associati al fatto di essere stati coinvolti nel raccontare da New York l'11 settembre e i giorni che ne sono seguiti. David Handschuh, un fotoreporter di New York, sta svolgendo uno studio davvero affascinante su questo argomento, e ci sono molti giornalisti che stanno soffrendo per il fatto di avere svolto il proprio lavoro quel giorno e nei giorni successivi.
Undicisettembre: OK, basta con le teorie del complotto. Passiamo a questioni più personali. Questo evento così tragico come ha influito sulla tua vita quotidiana?
Mike Walter: Dopo l'attacco ne fui molto colpito. Vedere questo orrore fu molto difficile. Mi ero occupato di processi per omicidi di massa in passato, ma non avevo mai visto un omicidio di massa svolgersi proprio davanti a me.
Pochi giorno dopo l'attacco dovetti intervistare una giovane vedova mentre i suoi due piccoli figli giocavano poco distante; aveva salutato il marito con un bacio quella mattina e lui era andato al lavoro. Lei non avrebbe mai potuto immaginare che la vita del marito sarebbe finita poco dopo. Vedere questa donna emotivamente a pezzi e vedere altre persone che avevano perso i propri cari quel giorno fu molto duro, perché io ero stato testimone dei loro ultimi istanti e avevo visto lo strumento della loro morte pochi istanti prima che colpisse.
E' difficile da accettare. Per questo sono stato tormentato dagli incubi su ciò che avevo visto e sono anche rimasto molto depresso dopo l'attacco. Spero quindi che il mio film possa aiutare altri che hanno dovuto affrontare storie difficili o tragedie nelle loro vite. In questo modo da quel tragico giorno potrà venir fuori anche qualcosa di buono.
Undicisettembre: L'11 settembre, da giornalista sei diventato testimone oculare; da intervistatore sei diventato un intervistato. Questo ha cambiato il tuo modo di lavorare? Ti ha dato una nuova visione dell'arte di fare giornalismo?
Mike Walter: Questa è una gran bella domanda, ed è molto acuta. Sì, non c'è modo di fare questa transizione senza esserne colpiti. Credo che sarebbe un ottimo esercizio costringere i giornalisti a stare ogni tanto dall'altro lato della telecamera. Credo che per me il più grande cambiamento sia che non voglio più perdere il mio tempo su storie tipo Paris Hilton e Britney Spears. Voglio fare giornalismo su cose importanti. Credo di essere sempre stato un giornalista compassionevole con molta empatia... ma adesso penso che queste mie capacità si siano rafforzate.
Undicisettembre: Credi che la nazione americana e il suo popolo si siano ripresi dalla tragedia? Hai l'impressione che il paese viva ancora nella paura o che abbia ripreso il proprio ruolo nel mondo?
Mike Walter: Credo che quest'ultima elezione, ma questa è solo la mia opinione personale, sia stata un referendum su questo argomento. Vogliamo essere una nazione di paura o una nazione di speranza? Credo che la precedente amministrazione abbia passato molto tempo a lavorare sulle paure degli americani.
Detto ciò, spero che non perderemo di vista quello che è successo quel giorno. Purtroppo c'è gente che ci odia. Possiamo tentare di combatterli, come ha suggerito il Presidente Bush, oppure possiamo tentare un altro approccio, di capire perché esiste quest'odio. Credo che l'odio in molti casi derivi dall'ignoranza. Se la gente impara a conoscersi, trova un terreno comune ed evita guerre e tragedie come quella alla quale ho assistito quel giorno.
Ho la netta sensazione che un risultato delle elezioni sia stato che un po' ci siamo ripresi. Credo che gli attacchi di quel giorno abbiano influenzato parti differenti di questo paese in modi differenti. So che mesi dopo l'attacco, quando andavo in California notavo che la gente si stava già riprendendo, mentre qui sulla costa orientale la gente portava ancora gli effetti di quel giorno.
Pertanto in chiusura direi che spero che abbiamo recuperato, ma spero che non dimenticheremo mai. Infatti non dobbiamo mai dimenticare cosa è successo quel giorno. E non dobbiamo mai dimenticare che ci sono state molte persone innocenti, madri, padri, figli, figlie, sorelle e fratelli, che sono morte. Le loro famiglie reagiranno, ma le loro vite non saranno mai più come prima.