Lo zolfo a Ground Zero, in tutta probabilità, ha giocato un ruolo di primo piano.
Prima di affrontare l'argomento, è bene ricordare l'analisi chimica compiuta su un campione di acciaio del WTC7 da parte del FEMA (FEMA403 Appendice C).
Evidence of a severe hight temperature corrosion attack on the steel, including oxydation and sulfidation with subsequent intergranular melting, was radily visible in the near surface microstructure. A liquid eutectic mixture containing primarily iron, oxygen, and sulfur formed during this hot corrosion attack on the steel. This sulfur rich liquid penetrated preferentially down grain boundaries of the steel, severely weakening the beam and making it susceptible to erosion. The eutectic temperature for this mixture strongly suggest that the temperatures in the region of the steel beam approached 1000°C, wich is substantially lower than would be expected for melting this steel.
Nel caso dei campioni del WTC 1 e WTC 2 analizzati nel rapporto FEMA, si nota ancora la presenza di composti di ferro e zolfo, tuttavia la minore presenza dell'attacco corrosivo indica che sono state raggiunte temperature inferiori (700-800°C).
Come si può notare dagli stessi ingrandimenti del metallo, la compattezza della grana viene corrosa su un lato dai composti.
Siccome è logicamente presumibile, per la conducibilità termica dell'acciaio, che il campione si trovasse a temperature omogenee, questa situazione evidenzia un fenomeno di corrosione dall'esterno, con composti di zolfo esterni alla sezione, ben diverso da una corrosione generalizzata e diffusa su tutta la matrice (senza limiti, senza boundary).
Gli effetti dello zolfo sull'acciaio (anche sul calcestruzzo e sui tondini) sono alquanto nocivi poichè innescano un fenomeno di corrosione intergranulare.
Lezioni di tecnologia dei materiali e chimica applicata autore Dina Festa, editrice libreria Progetto.
Influenza degli elementi Si (silicio), Mn (manganese), S (zolfo) e P (fosforo).
Tutti gli elementi che entrano in lega con il ferro si possono dividere in elementi alfageni (o ferritizzanti) ed elementi gammageni (o austenitizzanti).
Questa distinzione si basa sull'osservazione che un elemento in lega col ferro può, nel diagramma di stato ferro-elemento aggiunto, o allargare il campo di stabilità del ferro gamma, o restringerlo (aumentando nel contempo la zona di stabilità del ferro alfa). Dette A3 e A4 rispettivamente le temperature di 911°C e 1392°C, un elemento alfageno provocherà un abbassamento del punto A4 ed un innalzamento del punto A3, giungendo addirittura per una certa percentuale a chiudere completamente la fase gamma, rendendo stabile la fase alfa a tutte le temperature.
Al contrario un elemento gammageno provoca un abbassamento del punto A3 ed un innalzamento del punto A4, favorendo in tal modo la fase gamma. Elementi gammageni sono carbonio (C), nickel (Ni) e manganese (Mn); alfageni sono silicio (Si), cromo (Cr), molibdeno (Mo), tungsteno (W), vanadio (V), niobio (Nb) e titanio (Ti).
Lo zolfo (S) entra nelle ghise con percentuali fino allo 0.10-0.15% massimo e con percentuali di molto inferiori negli acciai.
Ciò in quanto lo zolfo, se presente sotto forma di solfuro ferroso FeS, forma con il ferro un eutettico che fonde ad una temperatura di circa 1000°C.
Nelle lavorazioni a caldo degli acciai (laminazione, fucinatura, trafilatura) la formazione anche in quantità minime di questo liquido eutettico è fortemente nociva in quanto, formandosi preferenzialmente ai bordi dei grani, provoca la decoesione e lo slittamento degli stessi: si ha quindi una pericolosa fragilità a caldo.
...
Per controllare lo zolfo si usa il manganese: questo, avendo una affinità per lo zolfo superiore a quella del ferro, lega a se lo zolfo presente formando solfuro di manganese MnS. In pratica per annullare gli effetti negativi dello zolfo occorre una quantità di Mn di circa 0.3% superiore a quella stechiometricamente necessaria per combinarsi con tutto lo S presente in lega.
...
Nelle analisi compiute dalla FEMA ed inserite nell'appendice C del rapporto vediamo proprio questo fenomeno di corrosione intergranulare che dal bordo si infiltra dentro la matrice dell'acciaio per precipitazione della fase liquida di FeS
L'analisi nei punti in cui è precipitato il composto di ferro e zolfo evidenzia proprio alte concentrazioni di zolfo inframezzate da grani di acciaio e zone composte da leghe di Mn, S ed O.
Piccolo accenno alle teorie complottiste
Come più volte detto la presenza di zolfo non avvicina alle teorie complottiste, anzi allontana da queste.
Steven Jones, ha sapientemente sfruttato le analisi della FEMA omettendo alcuni piccoli dettagli.
- Un marchingegno che applica termite in un punto per indebolire la colonna e far crollare la struttura svolge un'azione locale. La corrosione è diffusa. Locale significa che le tracce sono limitate in piccoli ambiti di azione, un po' come indicato nella immagine del suo pdf usata per indicare il metodo di applicazione del composto. Diffusa significa invece che le tracce di corrosione sono su tutto l'elemento strutturale per misure finite di lunghezza e su tutti i lati disponibili verso l'esterno.
- La supertermite userebbe zolfo e per questo avrebbe un'azione rapida, secondo Steven Jones. La termite non usa zolfo. La corrosione dell'acciaio da zolfo è un processo che richiede tempo, proporzionalmente alla capacità di reagire ed attaccare i grani di acciaio. Quindi la presenza di corrosione da zolfo nei campioni implica tempi lenti di reazione e ciò non si concilia con le ipotesi di utilizzo della supertermite, facendo invece ricadere l'ipotesi di Jones nell'uso di termite, che però manca di zolfo.
- Inoltre, se la termite o la supertermite distruggono la sezione fondendola, quello che ci si dovrebbe aspettare è una massa informe, di certo non elementi strutturali che preservano la forma (completamente o perdendo i bordi esterni intorno all'anima delle sezioni).
Un esempio perfetto di come la teoria complottista stravolga dati ed immagini lo si può vedere in questo video, in cui vi è un'intervista a John Gross, uno degli ingegneri che ha collaborato alla stesura del rapporto NIST.
La forma del video è fare domande a John Gross ed in seguito, con l'editing, aggiungere delle immagini che smentirebbero la sua risposta.
La domanda verte sulla teoria di Steven Jones, che spiega la colata di metallo dal WTC 2 con la teoria termitica ed il ferro fuso.
Per questo si chiede se sia stato analizzato l'acciaio.
Gross spiega che non c'era molten steel.
Spiegazioni nei riguardi della colata di metallo dal WTC2 sono disponibili su questo post.
Indicazioni sulla facilità con cui si passa dal molten metal al molten steel e riguardo all'immagine di Silecchia sono disponibili su questo post.
Un altro utile commento è disponibile in questo post.
Commenti relativi all'intervista in cui si parla di fonderia e colate laviche sono disponibili qui.
Commenti relativi a questa immagine con i pompieri protesi verso una intensa luce sono stati espressi in questo post
Quest'immagine mostra un bordo che è stato fuso.
La presenza locale della fusione, in netto contrasto con gli effetti diffusi di diffusione dello zolfo nelle sezioni analizzate dal FEMA e riprese da Steven Jones nel suo PDF, indica proprio il contrasto che prima si è cercato di spiegare.
Si vuole spacciare questo bordo corrugato, dovuto al taglio con fiamma ossiacetilenica, all'azione della termite/supertermite, che avrebbe agito tranciandolo.
Tuttavia, si può notare che lo stato di corrosione dell'elemento fra le parti rimaste integre e le parti fuse non presenti in superficie uno strato omogeneo di ossidi o composti di ferro e zolfo.
Considerando che tutti gli elementi sono stati innaffiati per settimane da idranti e dagli agenti atmosferici, si può ben capire che la fusione indicata è postuma rispetto al crollo ed evidentemente dovuta alla bonifica dell'area di Ground Zero.
Se fosse avvenuta prima, lo strato di ossido sarebbe stato più omogeneo su tutte le parti.
Considerazioni riguardo questa immagine sono espresse qui con tabella indicante le temperature attinenti ai punti segnati.
Si ricorda la sconfutazione del sito complottista riguardo a possibili effetti termici delle bombe.
Residuo Corrosione
La formazione della fase liquida intorno ai grani del metallo ha disgregato vaste zone degli elementi strutturali e dovrebbe aver formato un residuo poco compatto di composti fusi di FeS o FeCS insieme a grani di acciaio - ad alta temperatura avrebbero inoltre avuto le caratteristiche di radiazione della luce visibile già descritte (tabella Jones, indicazione Wood, post).
La presenza dello zolfo sugli elementi strutturali potrebbe essere antecedente al collasso, oppure seguente.
Nel primo caso, gli elementi strutturali avrebbero avuto una quantità eccessiva di zolfo come elemento di lega disciolto nella matrice di ferro-carbonio e la spiegazione del metallo fuso fuoriuscito dal WTC2 potrebbe basarsi su una nuova ipotesi.
Tuttavia, tale ipotesi si scontra contro la difficoltà di realizzare forme e sezioni degli elementi strutturali per estrusione o laminazione proprio per il fenomeno della fragilità a caldo (per non parlare delle saldature fra elementi che avrebbero creato pericolose rotture), per non parlare dei rigorosi test metallurgici che venivano svolti sugli elementi strutturali prima della collocazione in sede, sia dalla ditta costruttrice che dagli ispettori della certificazione di qualità della Porth Authority di New York e del New Jersey, committente dei lavori.
Inoltre, la presenza di zolfo nella matrice d'acciaio degli elementi strutturali avrebbe portato ad una disgregazione uniforme sia delle parti esterne che di quelle interne, distruggendo completamente la sezione degli elementi strutturali fuori e dentro l'anima.
Infine, verifiche sui materiali come la ASTM E119 avrebbero messo in risalto tale problema.
Nel secondo caso si dovrebbero invece individuare le fonti di zolfo o composti di zolfo presenti su Ground Zero.
A tal riguardo, F.D.Greening ha scritto un testo in cui elenca le varie fonti di zolfo presenti nell'area.
Infine va aggiunta un'ultima considerazione (tra l'altro espressa sovente nei recenti post in cui parlo di molten metal): la mancanza di analisi sui campioni di metallo fuso o solidificato non permette di determinare appieno che composti vi fossero presenti.
Ciò non toglie che non si possano fare considerazioni logiche sui pezzi non fusi di metallo presentati dai dietrologi come molten steel.
INDICE
Nessun commento:
Non sono consentiti nuovi commenti.