Dopo quattro viaggi a New York nel post-11/9, mi sono finalmente deciso che fosse tempo di andare anche a Washington a vedere dal vivo un altro dei luoghi dove i terroristi hanno compiuto il loro scempio l'11 settembre del 2001. Sono arrivato due giorni prima rispetto a quando avevo pianificato di andare al Pentagono, così da dedicare la prima parte della permanenza a scoprire questa città così accogliente e al contempo così seria e presidenziale, dove ogni metro quadro del terreno ricorda in qualche modo le importanti istituzioni che vi hanno sede. Tutto è vicino a Washington DC, dal Campidoglio alla Casa Bianca ci sono solo pochi chilometri e qualunque degli edifici governativi sarebbe raggiungibile a piedi se non facesse così caldo.
Il Pentagono è fuori città, ad Arlington nella Virginia, ma dal centro ci si arriva in pochi minuti di metropolitana. Appena usciti dalla fermata della Metro (che qui si chiama proprio Metro e non Subway come a New York) è facilissimo trovare le indicazioni per il Pentagon Memorial dedicato alle vittime dell'11/9 che si trova nella zona del parcheggio su cui è passato il volo American Airlines 77 prima di schiantarsi contro la facciata dell'edificio.
L'ingresso del cortile in cui è stato allestito il memoriale, inaugurato nel settimo anniversario dell'attentato, è pavimentato, a destra si trova un blocco di granito con la scritta Pentagon Memorial e accanto ad esso un'incisione spiega che quel terreno è dedicato alle 184 vittime e alla loro memoria. Di fronte si trova un blocco anch'esso di granito che riporta i nomi delle vittime. Superato l'ingresso si arriva nel cortile su cui sono state poste delle panchine (chiamate benches anche in inglese, anche se è ovvio che non servano a sedersi) in ricordo delle vittime, sul fianco di ciascuna è riportato il nome di una delle persone che hanno perso la vita nell'attentato.
Non ci sono guide, chiedo quindi al personale delle pulizie alcuni dettagli e mi spiegano perché alcune delle panchine sono rivolte verso il Pentagono, mentre altre sono rivolte verso la strada sorvolata dal Boeing 757: quelle per le quali bisogna guardare verso l'edificio per leggere il nome inciso sono dedicate alle persone che lavoravano al Pentagono, quelle per cui bisogna volgersi verso la strada sono dedicate ai passeggeri del volo. Le panchine sono nello stesso numero delle vittime, una per ciascuna, e sono disposte in ordine di età dalla vittime più giovane alla più anziana. Per i membri delle famiglie che viaggiano insieme su ciascuna panchina sono riportati al suolo anche i nomi dei familiari della persona a cui la panchina stessa è dedicata.
Una cosa che mi ha colpito, non solo al memoriale ma in tutta la zona attorno al Pentagono, è il silenzio: si sentono solo i motori delle auto, i rumori della strada e piccoli gruppi di persone cha parlano a bassa voce, come se il silenzio volesse ancora sottolineare l'orrore compiuto in quel luogo e la memoria di chi lì a perso la vita. E se paragonato al memoriale al World Trade Center di New York, questo silenzio contrasta parecchio, perché al contrario downtown Manhattan si è sforzata e si sforza tuttora di essere un posto pieno di vita e, conseguentemente, di rumore.
Il cortile è alberato, ricco di lagerstroemie che servono a offrire un po' di ombra senza cui non si potrebbe resistere più di cinque minuti, ma sembrano anche avere un altro scopo: quello di rendere impossibile fotografare il Pentagono nel tentativo di scattare foto al memoriale; perché fotografare all'edificio in sé è vietato, come scritto chiaro su vari cartelli.
Un'ultima considerazione. Non mi occupo da anni di teorie del complotto sull'11/9 perché i complottisti sono spariti, ma basta visitare questo luogo per constatare che ciò che veniva raccontato anni fa è falso. Non esiste nessuna collinetta che avrebbe reso impossibile il volo radente. Non è il posto più sorvegliato al mondo, i dipendenti entrano ed escono come in qualunque altro palazzo di uffici. Il Pentagono è sorvolato da aerei ogni pochi minuti per via del Ronald Reagan National Airport che si trova a pochi chilometri. I complottisti, insomma, non si sono neanche presi la briga di venire fin qua.
A una sola fermata di metropolitana di distanza dal Pentagono si trova anche il cimitero nazionale di Arlington che ospita le tombe di personalità importanti quali i fratelli John, Robert ed Edward Kennedy, il presidente William Howard Taft, Colin Powell e molti altri. Oltre ad essi ci sono numerosi importanti monumenti funebri come quelli dedicati alle vittime dell'incidente dell'Apollo 1, dell'esplosione dello Space Shuttle Challenger, del volo Pan Am 103 e quello dedicato all'attentato al Pentagono: un blocco di granito a base pentagonale che riporta i nomi di tutte le vittime sulle cinque facciate verticali. Il monumento è stato posto un anno dopo gli attentati, quando una cerimonia funebre è stata tenuta presso il cimitero
Il memoriale al cimitero di Arlington |
Il ricordo di quel giorno non è limitato ad Arlington, ma ha lasciato molte altre tracce in tutta la capitale. Ad esempio, anche nell'International Spy Museum c'è un'intera sezione dedicata alla missione che uccise Osama bin Laden, l'11/9 è ampiamente trattato anche nella parte dedicata agli errori di intelligence e una stanza intera è dedicata a trattare, con toni molto critici, le tecniche di interrogatorio usate sui terroristi dopo gli attentati.
La missione che uccise Osama bin Laden rappresentata all'International Spy Museum |
La città di Washington offre anche un'altra riflessione su quanto accaduto l'11/9, che però non c'entra con il Pentagono. L'obiettivo del volo United 93, caduto a Shanksville a seguito della rivolta dei passeggeri, era con ogni probabilità il Campidoglio e non la Casa Bianca, troppo bassa e piccola per essere colpita da un aereo dirottato guidato da un pilota poco esperto.
Oltre a tutto questo la città offre tantissimo altro e sicuramente il tempo che ci ho passato non è bastato a vedere tutto ciò che avevo programmato. Dovrò tornarci, e tornare al memoriale al Pentagono anche nella prossima visita a questa capitale che è una dei baluardi della democrazia nel mondo e che ventidue anni fa ha retto al più grave attentato terroristico della storia.