La mattina dell'11 settembre, l'agente di polizia Daniel O'Brien fu uno dei tanti del departimento ad essere inviato a Ground Zero. Per condividere il suo racconto personale, Daniel O'Brien ha accettato la nostra proposta di rilasciarci un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.
Ringraziamo Daniel O'Brien per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Puoi farci un racconto ci ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre? Cosa ricordi di quel giorno?
Daniel O'Brien: L'11 settembre io e la mia squadra eravamo al lavoro già la mattina presto, stavamo sorvegliando dei membri di bande che vendevano armi fuori dalla Beach Channel High School che si trova a Far Rockaway, nel Queens. Non dimenticherò mai la mattina dell'11 settembre; la giornata era bellissima con un cielo azzurro e soleggiato. Mentre io e la mia squadra eravamo seduti nella nostra auto di pattuglia a fare sorveglianza e ad ascoltare la stazione radio locale, sentimmo tutti la radio della polizia che diceva: "Oh mio Dio, un aereo si è appena schiantato contro uno degli edifici del World Trade Center". La nostra prima reazione fu che forse l'aereo che si era schiantato contro l'edificio era un piccolo aereo privato e pregammo che i passeggeri fossero sopravvissuti.
Continuando la nostra sorveglianza e ascoltando la stazione radio locale, tutti sentimmo l'emittente fare un altro annuncio per la seconda volta, questa volta urlando; "Oh mio Dio, un secondo aereo si sta dirigendo contro il secondo edificio del World Trade Center". Ci guardammo l'un l'altro con sguardi interrogativi quando sentimmo l'emittente fare quell'annuncio. Io e la mia squadra ci rendemmo ovviamente conto che si trattava di un attacco terroristico. Saltammo fuori dal veicolo di pattuglia e corremmo sul retro della scuola per vedere con i nostri occhi se l'emittente che ha fatto l'annuncio sul secondo aereo che si dirigeva verso il secondo palazzo diceva il vero. Quando arrivammo sul retro del liceo, dove il fiume Hudson divide i due distretti della città, Queens da Manhattan, vedemmo chiaramente il secondo aereo che volava in direzione del World Trade Center. Quando l'aereo colpì l'edificio, vedemmo chiaramente l'enorme esplosione dell'impatto.
Daniel O'Brien l'11 settembre 2001 |
Pochi secondi dopo, la radio della polizia di New York ordinò a tutte le unità "10-2 al distretto", che significava tornare alla nostra stazione. Quando tornammo tutti al distretto, ci venne detto che il nostro incarico era cambiato e che saremmo dovuti andare al World Trade Center. Mi fu assegnato l’incarico di guidare il furgone. I passeggeri all'interno del furgone erano il mio sergente e quindici colleghi agenti di polizia. Mentre stavamo per partire un capo dei vigili del fuoco assegnato alla caserma dei pompieri adiacente alla nostra stazione di polizia chiese "State andando verso il luogo dell'incidente aereo?". Gli dissi "Sì", il capo dei vigili del fuoco con tono disperato chiese se poteva venire con noi, guardai il sergente e insieme dicemmo "Certo". Ci ringraziò e saltò sul furgone. Mi chiese se potevo lasciarlo il più vicino possibile al World Trade Center, lì stesso sarebbe saltato giù dal furgone. Viaggiavamo a circa 160 o 180 chilometri orari verso Ground Zero, l'adrenalina di tutti pompava forte mentre sentivamo alla radio la follia di ciò che stava succedendo. In genere quel tragitto richiede dai trentacinque ai quaranta minuti da Rockaway, nel Queens, al World Trade Center. Tuttavia, siccome le autostrade e i ponti erano stati bloccati e riservati ai veicoli di emergenza, percorremmo quella distanza in quindici minuti. Ricordo che ad un certo punto persi quasi il controllo del furgone che si inclinò su un lato e su due ruote. Se i quindici poliziotti non si fossero spostati e non si fossero appoggiati al lato opposto del furgone, probabilmente ci saremmo ribaltati.
Quando arrivammo sul luogo dell'incidente, il capo dei vigili del fuoco urlò “Devi portarmi più vicino al palazzo, devo raggiungere i miei uomini”. Parcheggiai il furgone davanti al World Trade Center 1 e scendemmo tutti dal furgone. La prima cosa che ricordo di aver visto fu un enorme buco dall'impatto dell'aereo in alto sul lato del palazzo. Quella vista sembrò una scena di un film di fantascienza. La vista dell'enorme buco dall'impatto dell'aereo mi perseguita ancora oggi, è qualcosa che non dimenticherò mai. Corremmo nell'atrio dell'edificio. Nessuno sapeva cosa fare, era il caos totale, era qualcosa per cui non eravamo addestrati o preparati, quindi iniziammo ad assistere i vigili del fuoco che stavano soccorrendo persone intrappolate nelle scale che scendevano dai piani superiori. Io e la mia squadra aiutammo i vigili del fuoco a trasportare i feriti alle ambulanze del pronto soccorso.
Continuammo a correre avanti e indietro fino al mezzanino per aiutare i vigili del fuoco che trasportavano i feriti alle ambulanze del pronto soccorso. Non dimenticherò mai di aver sentito dei botti assordanti, a pochi secondi di distanza l'uno dall'altro, mentre trasportavamo i feriti fuori dall'edificio. Il rumore di quei colpi si rivelò essere quello delle persone intrappolate dagli incendi ai piani superiori che saltavano fuori dall'edificio perché non c'erano vie di fuga; le uniche opzioni erano morire bruciati o saltare fuori dalle finestre. I corpi atterravano sui tetti dei piani più bassi, sul marciapiede, sulla strada e sulle automobili. Ricordo un capo dei pompieri di alto rango che disse a tutti di chinare il capo per un attimo di preghiera per i morti che erano saltati dalle finestre. Il nostro sergente gridò "Abbiamo l'ordine di spostare il furgone e tutti i veicoli prima che quelli che saltano ci atterrino sopra". Corremmo più velocemente possibile, spostammo il nostro furgone e tutti gli altri veicoli di pattuglia quando all'improvviso sentimmo questo tremito enorme che sembrava un terremoto. Lo spaventoso rumore tremante si è rivelato essere il primo edificio che crollava.
Quando l'edificio iniziò a crollare, eravamo a circa due isolati di distanza. Vedemmo questa enorme nuvola di fumo correre nella nostra direzione e non potevamo andare avanti oltre con il furgone perché la gente lasciava il proprio veicolo in mezzo alla strada per scappare abbandonando il veicolo stesso. Non c'erano traverse che potessi prendere o altri percorsi, quindi saltammo giù e ci nascondemmo sotto il fondo del furgone per proteggerci. Ricordo di aver visto questa grande nuvola del crollo correre rombando verso di noi. Eravamo pietrificati non sapendo cosa c'era dietro quella nuvola di fumo. Pensammo tutti al peggio di ciò che potesse essere mescolato dietro la grande nuvola di fumo. Pensammo tutti che dietro la nuvola rombante che correva verso di noi ci fosse la struttura dell'edificio e le travi d'acciaio del palazzo che stava crollando. In pochi secondi ci siamo trovati tutti ricoperti completamente di polvere bianca. Io e i miei colleghi non ci vedevamo l’un l’altro pur essendo a pochi centimetri di distanza. Tutti gridavano e urlavano "State bene?". Il nostro sergente chiamava tutti per nome. Sentii una mano intrappolata e non sapevo cosa la stesse bloccando. Il mio sergente gridò di nuovo: “Dobbiamo andarcene, dobbiamo andarcene”, risposi gridando “Non riesco a muovere la mano, è incastrata da qualcosa”. Un ufficiale di polizia della mia squadra usò la torcia e vide che la mia mano era intrappolata tra due blocchi di cemento e li tirò via liberandomi la mano. Sfortunatamente, questo infortunio fu la causa del mio ritiro per invalidità dalla polizia di New York.
Ricevetti le cure mediche per la mia mano ferita al triage medico. Un medico mi bendò la mano sinistra dicendomi che avrei dovuto fare una radiografia. Continuai a lavorare per venti ore quel giorno cercando di aiutare e assistere nella ricerca dei sopravvissuti. La ricerca dei sopravvissuti è stata un lavoro orribile, ma trovammo e salvammo alcuni sopravvissuti. La mattina presto, quando tornammo al nostro comando, un collega mi portò in ospedale per farmi fare una radiografia alla mano. Mi fu diagnosticata una frattura con deformità al quinto dito. Inoltre, mi sono state fatte delle radiografie al torace che hanno rivelato che i miei polmoni erano pieni di particelle di polvere. Il dottore mi ha anche chiesto se ero un fumatore, risposi che non avevo mai fumato in tutta la mia vita e che mi allenavo regolarmente. Il dottore mi mostrò le radiografie al torace e mi disse che entrambi i miei polmoni erano pieni e ricoperti di particelle di polvere causate dall'inalazione della polvere pesante dopo il crollo degli edifici.
Undicisettembre: Hai visto crollare il World Trade Center 7?
Daniel O'Brien: No, ma abbiamo sentito la comunicazione alla radio portatile "L'edificio sette sta crollando, l'edificio sette sta crollando". Quando è crollato abbiamo sentito tutti urlare "L'edificio sette è caduto, l'edificio sette è caduto". Era il caos totale alla radio, era difficile capire cosa dicevano.
Undicisettembre: Cosa è successo nel periodo che hai passato a Ground Zero dopo l'11 settembre? Cosa avete fatto?
Daniel O'Brien: Avrei dovuto essere in malattia per le ferite che ho subito. In caso di infortunio, la procedura prevede di informare il medico del distretto. Ma dal momento che la città era in stato di emergenza, il medico della polizia di New York mi rimise al lavoro. Mi sarei sentito inutile stare a casa e non stare con i miei colleghi della polizia di New York che lavoravano a Ground Zero. Fui assegnato a Ground Zero per quasi sette mesi e mi furono assegnate molte mansioni diverse. Uno dei miei compiti era ricerca e soccorso; un altro era la ricerca di prove, per trovare qualsiasi cosa potesse aiutare a identificare le vittime, ad esempio parti del corpo come braccia, gambe, dita, occhi, denti e tessuto cutaneo bruciato sugli indumenti da cui si potesse raccogliere il DNA per l'identificazione. La mia squadra e io siamo stati assegnati alla ricerca per il recupero del DNA per quasi un mese. Lavorai anche alle discariche dove venivano trasportati e scaricati i detriti dei crolli degli edifici. Il nostro compito era di esaminare ogni centimetro di detriti e cercare parti del corpo per raccogliere il DNA.
Undicisettembre: Quando ti sei ritirato dal Dipartimento di Polizia?
Daniel O'Brien: Mi sono ritirato nel 2005. Dato che il mio incarico e la mia priorità erano lavorare a Ground Zero, non mi ero preso cura della mano e in seguito ho perso la presa alla mano sinistra, che è quella dominante. Nel 2005 l'infortunio è peggiorato e alla fine ha portato al mio ritiro per invalidità dal NYPD.
Undicisettembre: In che modo l'11 settembre influenza la tua vita quotidiana anche oggi?
Daniel O'Brien: Sono passati vent'anni da quel giorno orribile. Mi perseguiterà e mi influenzerà sempre. Mi sono stati diagnosticati, e sono attualmente in cura, il disturbo da stress post-traumatico, apnea notturna, asma, dolore costante alla mano sinistra. Le ferite che mi porterò dietro tutta la vita e il ricordo della mia esperienza dell'11 settembre saranno per sempre un lato oscuro dentro di me.
Undicisettembre: Secondo te qual è la posizione degli USA nel mondo a vent’anni dall'11 settembre? È peggiore, migliore, uguale?
Daniel O'Brien: Al 100% peggiore. Non so se sai quello che sta succedendo da quando Biden è diventato presidente. La nostra situazione negli Stati Uniti non può peggiorare più di cosi con la crisi di confine che ha causato permettendo a pericolosi terroristi e cartelli della droga di entrare negli Stati Uniti da tutto il mondo. Sfortunatamente, stiamo tutti vivendo in tempi spaventosi.
Undicisettembre: Pensi che possa accadere di nuovo qualcosa di simile all'11 settembre?
Daniel O'Brien: Senza dubbio l'11 settembre può ripetersi, gli Stati Uniti sono un obiettivo aperto in questo momento, specialmente con l'amministrazione Biden che è estremamente rilassata con la politica di apertura delle frontiere che ha approvato.
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