di Leonardo Salvaggio. L'originale in inglese è disponibile qui.
Cindy Ehlers è una conduttrice di cani per pet therapy dell'Oregon e che dopo l'11/9 fu impiegata a Ground Zero. Per raccontarci la sua storia e il suo ruolo nei lavori di recupero, Cindy ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.
Ringraziamo Cindy Ehlers per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Puoi farci un racconto generale di come sei stato coinvolta nei lavori di Ground Zero dopo l'11 settembre?
Cindy Ehlers: L'11 settembre stavo facendo un corso di formazione a Washington; quando scoprii cosa stava succedendo capii subito che sarei dovuta andare. Chiamai la Croce Rossa degli Stati Uniti e dissi loro che avevo una squadra e che eravamo disponibili; in un primo momento dissero "No", ma continuai a chiamare e alla fine dissero "Va bene, venite" così ci andai il 21 settembre con altri tre conduttori di cani.
Avevamo iniziato appena prima dell'11 settembre a parlare di addestrare squadre di conduttori e cani in modo che potessero fornire questo tipo di supporto emotivo. E poi avvenne l'11 settembre. Quindi l’attività era già avviata, a mia insaputa le cose si erano messe in moto.
Venne a prenderci all’aeroporto una persona che all'epoca non conoscevamo e ci portò a casa sua, ci diede da mangiare e il giorno dopo ci portò in città. La città era terribile: i ponti erano chiusi, i tunnel erano chiusi e anche le strade erano chiuse, non facevano entrare nessuno. Spiegammo alle guardie che eravamo operatori del supporto emotivo e ci fecero passare fino al centro di assistenza per le famiglie a Ground Zero.
I cani da terapia erano addestrati a un livello avanzato, un livello emotivo più alto, potevano affrontare persone che piangono, singhiozzano e li accarezzano. Per due anni mi ero concentrata sull'addestramento dei cani per poter lavorare in quel tipo di ambiente. Quindi, quando accadde l'11 settembre, pensavo di avere tutte le capacità e di essere preparata per una situazione del genere, una volta lì scoprii che non lo ero.
Al centro di assistenza per le famiglie c'erano circa duecento altri cani da terapia e molti di loro avevano effettivamente effetti positivi. Siccome i nostri cani erano in grado di affrontare la situazione, ci inviarono al World Trade Center per lavorare con i vigili del fuoco e altri soccorritori. Ci scortò la polizia e andammo al World Trade Center, dove rimanemmo per il resto delle due settimane che trascorsi lì. L’unica eccezione fu che eravamo così richiesti che ci fecero salire sui traghetti che portavano le famiglie a vedere Ground Zero e ci riportarono al centro di assistenza per famiglie per cose specifiche, come quando sono stati consegnati i certificati di morte. Quando non eravamo in questi posti stavamo alla sede del VMAT, il team di assistenza medica veterinaria. Controllavano i nostri cani ogni mattina, si assicuravano che stessero bene e partivamo.
Il nostro compito era solo distrarre, aiutare i soccorritori che erano in condizioni terribili. I loro volti erano vuoti, erano sotto shock, avevano quello che in seguito scoprii essere lo "sguardo da mille metri". Fornivamo questo tipo di supporto emotivo e non c'era nient’altro del genere nella zona. Quando videro arrivare i cani dissero "Oh, a cosa servono quei cani?", dissi al mio cane di salire sulla pila e salutare. Le avevo insegnato che quando dicevo "Vai a salutare", si avvicinava, alzava la zampa o si toccava il naso. Quando le dissi così la tenevo ancora al guinzaglio, salì e fece un inchino. Dissi "Non riesco a credere che il mio cane abbia appena fatto questo!", era come se sapesse cosa era meglio fare in quel momento, e che toccarsi il naso o salutare non sarebbe stato appropriato. Quel cane aveva molte capacità empatiche.
I soccorritori la presero in braccio. Non c'erano sorrisi, ma quando c’erano i cani sorridevano e i loro occhi si illuminavano. È stato fantastico da vedere.
Undicisettembre: Come descriveresti la distruzione di Ground Zero?
Cindy Ehlers: Era surreale, era qualcosa al di là delle mie capacità emotive, quindi mi sono chiusa e ho osservato. Dentro di me sentivo che era una cosa orribile, ma mi sono chiusa in modo da poter fare il mio lavoro.
Undicisettembre: Sei stata coinvolta in altre tragedie per il tuo lavoro, cosa ha reso unico l'11 settembre rispetto agli altri casi?
Cindy Ehlers: È stata la prova del fuoco. Non avevo idea di ciò in cui mi stavo infilando. L'Oregon, dove vivo, è tutta campagna e sono dovuta andare a New York City. Non ero mai stata in niente del genere: metropolitana, traffico, persone, rumori. Ma ero sicura che per quello che dovevo fare i miei cani sarebbero stati adeguati.
Ho anche imparato molte cose che non sapevo. Ho imparato che non puoi lavorare due settimane di fila per quattordici ore al giorno; non potevo fermarmi e riposarmi. Nessuno era preparato per una cosa del genere, nemmeno le persone con una formazione universitaria. Feci dei debriefing, quello fu il primo debriefing della mia vita e non sapevo cosa fare. Si faceva il giro di tavolo e quando era il tuo turno raccontavi la tua esperienza, ma non ne avevo nessuna preparazione. Il personale della salute mentale che conduceva questi debriefing non sapeva nemmeno cosa chiedere, dicevano solo "Okay, cosa hai da dire?". Risposi semplicemente "Sono molto felice di essere qui e di poter aiutare".
Essere sui traghetti che portavano le famiglie a Ground Zero è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto in vita mia. Le persone svenivano quando vedevano il luogo in cui erano morti i loro familiari; uomini adulti in buone condizioni dicevano "Sto bene" e poi cadevano svenuti. Quando lo vidi pensai "Ooohhh, in cosa mi sono cacciata? Non ne sarò mai in grado!” Ma poi lo feci. Quello di cui non mi rendevo conto era l'effetto che stava avendo su di me. E poiché non sapevo come prendermi cura di me stessa, non capii gli effetti fino a un paio di anni dopo.
Tornai a casa due settimane dopo pensando "Se useremo ancora la terapia con i cani, devo apportare alcune modifiche" e dovevo condividere ciò che avevo imparato e ciò che avevo visto in modo da potere migliorare il nostro lavoro e renderlo più sicuro.
Undicisettembre: L'11 settembre influenza ancora oggi la tua vita quotidiana?
Cindy Ehlers: Sì. Non c'è un solo giorno che passa in cui non ci penso o non mi viene in mente in qualche modo, nel bene e nel male. A livello emotivo ha impatti su tutto ciò che faccio perché ne ero sopraffatta e non me ne rendevo conto, avevo la sindrome da stress post traumatico e non seppi di averla avuta fino a dieci anni dopo. Se fossi stata aiutata prima, probabilmente starei meglio ora. Sto ancora affrontando tutto questo, anche adesso.
Undicisettembre: Sei coinvolta anche adesso nella risposta alla pandemia?
Cindy Ehlers: Sì.
Undicisettembre: Come paragoneresti la crisi dopo l'11 settembre con la crisi che il paese sta vivendo ora per il COVID-19?
Cindy Ehlers: Con il COVID tutti devono indossare mascherine, così non si possono vedere le espressioni sui volti delle persone. Dopo l'11 settembre potevi vedere i volti, potevi vedere la paura, la rabbia, tutte le emozioni. Ora è tutto molto strano.
Ora le persone vogliono che tu stia lontano, dopo l'11 settembre volevano avvicinarsi. Tutti hanno paura che le persone li tocchino, dopo l'11 settembre tutti abbracciavano tutti.
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