2012/02/16

Intervista con un pompiere di New York: Dan Potter

di Hammer. L'intervista originale in inglese è disponibile qui.

I pompieri di New York hanno avuto un ruolo fondamentale nella tragedia dell'11 settembre e i loro racconti sono sempre toccanti e ricchi di dettagli.

Per approfondire la conoscenza dei fatti di quel giorno, il gruppo Undicisettembre ha raccolto il racconto del pompiere Dan Potter (citato con il suo permesso). Dan è il marito della sopravvissuta del WTC1 Jean Potter da noi intervistata in passato e autrice del prezioso libro "By the grace of God" in cui narra la sua esperienza.

Nel costante sforzo di diffondere la verità su quanto accaduto quel giorno, offriamo di seguito l'intervista ai nostri lettori.

Ringraziamo Dan Potter per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Cosa ricordi, in generale, di quella mattina? Ci puoi fare un breve racconto della tua esperienza?

Dan Potter: Ricordo che la giornata era perfetta, non c'era una nuvola in cielo e la temperatura era molto gradevole. Mi stavo godendo il clima autunnale che si avvicinava.

Mi svegliai e presi il caffè con Jean che aveva iniziato la sua giornata poco prima del solito. Le preparai una frittata di asparagi prima che uscisse per andare al lavoro. Dopo che Jean uscì di casa mi feci una doccia e andai a piedi a prendere il mio veicolo che era parcheggiato al WTC nel parcheggio sotterraneo. Potevo parcheggiare lì grazie al pass del "Fire Department". I miei pensieri erano concentrati sul corso per la promozione a Tenente dei Vigili del Fuoco che sarebbe cominciato a Staten Island un'ora più tardi. Avevo una registrazione su cassetta di una lezione precedente a cui ero andato e l'avrei sentita in macchina nella mezz'ora di tragitto dal WTC a Staten Island.

Mentre cominciavo l'esercitazione rispondendo alle domande degli esami per la promozione della settimana precedente, un collega pompiere entrò correndo dalla porta doppia e urlò a gran voce che due aerei avevano colpito il WTC. Balzai in piedi immediatamente e dalla scuola potei guardare dall'altra parte del fiume le due torri in fiamme. Non avevo il cellulare al tempo, ma usai un telefono lì vicino per chiamare l'ufficio di Jean. Il telefono suonava e suonava e alla fine entrava la segreteria telefonica. Sapevo che in quel momento nel palazzo di Jean ci doveva essere l'evacuazione.

Mi misi in macchina e guidando freneticamente presi il ponte che collega Staten Island a Brooklyn. Mostrando il mio tesserino dal finestrino oltrepassai un poliziotto che stava impedendo ad altre macchine di prendere l'autostrada. Guidavo in testa a una fila di sette o otto auto della polizia che erano dietro di me, e mentre guidavo lanciavo delle veloci occhiate alla torre in cui si trovava Jean. Da queste rapide occhiate credevo che l'impatto dell'aereo fosse avvenuto sotto all'ufficio di Jean e che l'unico posto sicuro per Jean sarebbe stato il tetto della torre.

Percorsi il tunnel che collega Brooklyn a Manhattan e uscii circa sette isolati a sud delle torri in fiamme. Parcheggiai il mio veicolo e iniziai a correre lungo la West Side Highway in direzione delle torri. Quando giunsi a circa due isolati dalle torri, iniziai a vedere varie parti di cadavere sparpagliate per strada; la polizia cominciò a coprire le parti più grandi e i torsi. Percorsi un isolato fino alla Stazione dei Pompieri a cui ero temporaneamente assegnato, la Squadra 10. La Stazione del Pompieri era dall'altra parte della strada e proprio sotto alla Torre Sud.

Appena entrai dal retro nella Stazione mi recai nella zona anteriore dell'edificio da cui potevo vedere direttamente la Torre Sud in fiamme e avere una migliore prospettiva di ciò che stava avvenendo. Vidi un uomo asiatico, che era stato colpito da un pezzo di aereo, steso a terra su un fianco di fronte alla Stazione dei Pompieri, non gridava in quel momento, ma aveva molto dolore.

Indossai la maglia dell'uniforme dei Pompieri. Non mi cambiai i pantaloni, ma tenni addosso i miei jeans. Quindi iniziai a indossare la divisa da intervento (casco, capotto, pantaloni e stivali). Fu allora che incontrai un pompiere con cui avevo lavorato nel Bronx, il suo nome era Peter Bielfeld. Lo riconobbi e mi salutò, gli dissi che quando fosse stato pronto potevamo formare una squadra noi due e andare verso la Torre Sud che era direttamente di fronte a noi. Mentre ci stavamo spostando verso la zona anteriore della Stazione, dissi a Pete che intendevo prendere un attrezzo per forzare le porte, così da averlo se fosse servito. Mi volsi indietro per recuperare l'attrezzo in un armadietto, e Pete proseguì verso la Torre Sud.

Mentre stavo per uscire dalla Stazione per raggiungere Pete, che era a poche decine di metri di distanza, un pompiere che si trovava davanti all'uscita carrabile alzò il braccio per fermarmi e disse: "Oh merda, sta arrivando." La Torre Sud iniziò a crollare (in seguito scoprii che Pete era morto all'istante). Davanti alla Stazione dei Pompieri con me c'erano l'uomo asiatico, altri pompieri e infermieri che si sparpagliarono in giro per mettersi in salvo nel retro della Stazione. Trascinai via l'uomo asiatico più lontano che potei prima che l'impeto del crollo ci travolgesse. Mi nascosi il viso dietro a un muro di mattoni e coprii l'uomo asiatico con le gambe. Quando la pioggia di detriti e l'impeto del crollo si fermarono, mi sentii come se stessi soffocando. L'asiatico urlava "Via, via, via." Allora lo trascinai ancora più verso il retro della Stazione e fuori sulla strada. In quel momento le persone cominciavano a uscire dai loro ripari e dai rifugi. Affidai l'uomo asiatico ai paramedici che vidi avvicinarsi a noi. (In quel momento non me ne accorsi ma l'asiatico aveva una valigetta legata al polso).

Dopo aver affidato l'uomo asiatico ai paramedici, mi diressi verso la Torre Nord. La mia esperienza mi suggerì di non rimanere per strada per via dei detriti che cadevano dall'alto e che avrebbero potuto uccidere all'istante. Mi fiondai verso il palazzo più vicino, che aveva subito grossi danni dal crollo della Torre Sud. Era il Bank Trust Building. Entrando nel palazzo incontrai cinque o sei "zombie che camminano", persone ferite e con il volto ricoperto di polvere grigia con sangue e sudore che colavano. Li condussi verso il retro del palazzo dove, dissi loro, sarebbero stati al sicuro. Nel frattempo mi segnalarono una stanza adibita ad asilo dove i bambini venivano accuditi mentre i genitori lavoravano. Aprii la porta e fui sollevato nel vedere che i bambini erano già stati evacuati poiché la stanza era stata seriamente danneggiata dall'acciaio pesante della torre.

Mentre uscivo dall'edificio, incontrai un vecchio amico, Mel Hazel, che non vedevo da quasi quindici anni. Mel era un Comandante dei Vigili del Fuoco in pensione e indossava la divisa. Guardò la scritta sul mio casco da pompiere (che designa la compagnia di appartenenza che era la Squadra 31) e mi disse "Hey 31, stai bene?" Mel non mi riconosceva, essendo io ricoperto di cenere. Gli dissi "Mel, sono io, Dan Potter". Mel fu sorpreso e parve stupito. Dissi a Mel che dovevo andare verso la Torre Nord perché mia moglie Jean si trovava sul tetto. Mel mi disse che ci saremmo andati. Proprio in quel momento un poliziotto passò correndo vicino a noi e senza fermarsi ci urlò che l'elicottero sopra di noi aveva appena avvisato la polizia a terra attraverso le radio portatili che la Torre Nord sarebbe crollata da un momento all'altro.

Prima che il poliziotto finisse il suo avvertimento la Torre Nord iniziò a crollare su sé stessa. Mel si volse per correre, lo afferrai per la spalla e gli dissi di venire con me, ci rannicchiammo in posizione fetale contro una colonna di cemento appena fuori al Bankers Trust Building mentre il rombo, il vento e i detriti letali volanti colpivano come una frusta tutto intorno a noi. Di nuovo, l'aria era piena di oscurità totale e polvere nera, non riuscivamo a respirare ed entrambi pensavamo che saremmo soffocati. Mel mi disse "Andiamo via di qui", entrambi strisciammo sulle mani e sulle ginocchia in una direzione sconosciuta, la mia lampada di emergenza non fu di alcuna utilità. Strisciammo per una breve distanza e grattai la superficie con le mani. La polvere grigia e spessa rivelò una superficie nera, eravamo su una strada. Strisciammo un po' di più e trovammo due o tre autovetture in fiamme. Stavano bruciano furiosamente, ma nessuno le vedeva per via della densa nube di polvere nera. L'aria si schiarì un po', potemmo alzarci. Vedevamo frammenti di carta incendiata, tutti i palazzi circostanti in fiamme, c'era un silenzio tombale e non si vedeva nessuno. Sembrava l'epilogo di un film sulla fine del mondo. Dissi a Mel che dovevo andare a cercare Jean e mi separai da lui.

Il mio primo pensiero fu di provare a casa nostra, a circa due isolati di distanza. Cominciai a camminare passando vicino ad auto in fiamme, camion dei pompieri e ambulanze rovesciati. Di nuovo non c'era nessuno in giro. Quindi cominciai a vedere alcuni pompieri. Uno di loro era il mio capo, il Capitano Mallery. Stava lavorando per stendere un tubo per l'acqua da una nave dei pompieri che si trovava nel fiume Hudson. Gli dissi che stavo bene ma che dovevo trovare mia moglie. Mi disse di farlo. Percorsi i due isolati verso casa mia. La porta divelta di un piccolo negozio di alimentari che era stato evacuato mi concesse di andare a prendere una bibita "Snapple" fredda. La mia gola era completamente chiusa e secca. Lasciai un dollaro sul bancone e ripresi il cammino. Davanti a casa mia incontrai uno dei soliti portinai, che conoscevo molto bene. Non mi riconobbe, mi disse: "Pompiere, dobbiamo andarcene?". Dissi al portiere chi ero e mi riconobbe. Gli chiesi se avesse notato se Jean era tornata a casa. Mi disse di non averla vista. Quindi salii i nove piani di scale fino al nostro appartamento, il 9F. Avevo lasciato le chiavi di casa alla Stazione dei Pompieri e quindi non potevo aprire la porta. Bussai e poi bussai più forte pregando che Jean fosse dall'altra parte della porta. In quel momento, mi resi conto che Jean probabilmente non era sopravvissuta ed era morta. Mi lasciai andare contro il muro del pianerottolo e, per la prima volta, piansi.

Dopo qualche minuto mi ricomposi, scesi a piedi i nove piani di scale e mi sedetti sulla panchina di fronte a casa dove ero solito aspettare Jean di ritorno dal lavoro. Ero arrabbiato e stressato. Pensavo: "Da che parte inizio a cercare Jean? Come faccio a dire ai suoi genitori che è morta?" In quel momento un fotografo mi scattò una foto, sentii lo scatto e dissi a quel signore "Non è il momento, per favore si allontani" e lo fece.

Dopo alcuni minuti la mente mi disse di tornare nel mio appartamento. Vidi il custode del palazzo e gli dissi che mi serviva uno scalpello e un martello per forzare la porta di casa ed entrare. Il portiere mi diede gli strumenti e mi misi a forzare la serratura con lo scalpello e aprii la porta. Appena entrai il telefono suonò. Era la zia di Jean preoccupata per lei. Le dissi che non sapevo nulla e riattaccai bruscamente. Il telefono suonò di nuovo; era mio padre. Gli dissi: "Io sto bene ma non so dove è Jean". Mio padre piangeva dall'altro capo del telefono, ma si fermò e mi disse che sapeva dov'era! "Jean si trova alla Stazione dei Pompieri di Chinatown, sai dove si trova?" Dissi che ovviamente lo sapevo e con ciò riattaccai il telefono e immediatamente chiamai la Stazione. Un pompiere mi rispose e gli chiesi se c'era una "bellissima donna dai capelli rossi, lì alla Stazione", mi rispose: "E' qui".

Immediatamente chiusi la mia porta danneggiata e scesi correndo i nove piani di gradini senza nemmeno toccarli! Corsi verso la mia autovettura parcheggiata e percorsi le strade vuote fino alla Stazione dei Pompieri che si trovava sul lato est di Manhattan, a Chinatown. Camminai fino alla stazione e aprii la porta della sala TV e lì davanti a me c'era la mia bellissima moglie, intrisa di polvere grigia e sudore. Jean spalancò gli occhi per vedere la mia penosa. Ci abbracciammo e mi chiese "Dove sei stato?". Le risposi: "Non credo che tu voglia saperlo".

Presi Jean sotto braccio e risalimmo sul mio veicolo. Le chiesi dove volesse andare e insieme decidemmo che il posto migliore dove stare sarebbe stata la casa dei suoi genitori in Pennsylvania, che era a novanta minuti di strada di distanza. Dopo varie soste lungo il tragitto per lavarmi gli occhi gonfi, arrivammo là in tempo record, poiché non c'era assolutamente traffico per strada. A casa dei genitori di Jean ci siamo lavati e ci vestimmo con abiti presi in prestito. Per la prima volta potei vedere cosa era successo con il secondo aereo che si schiantava contro la Torre Sud. Quella notte non riuscimmo a dormire, ci limitammo a riposare. Un paio di volte mi assopii e le mie palpebre si fusero l'una con l'altra per via della polvere. Dovevo bagnarmi abbondantemente la faccia con acqua calda per riaprirle.

Tornammo a casa nostra il giorno seguente per prendere dei vestiti. Il condominio non aveva corrente elettrica e tutti nella zona erano stati costretti a evacuare. Solo a una piccola squadra di sicurezza fu concesso di rimanere per sorvegliare il palazzo. Anche se il nostro appartamento era in una zona a cui era proibito l'accesso, con il mio tesserino da pompiere potei entrare (con Jean). Raccogliemmo i nostri vestiti e andammo a stare in un albergo nella zona di midtown Manhattan [il quartiere centrale di Manhattan]. Non potemmo tornare a casa per tre settimane.


Undicisettembre: Dopo il crollo di ciascuna torre, hai avuto modo di vedere quanto fossero danneggiati i palazzi circostanti? In particolare, sai quali fossero le condizioni del WTC7 prima che crollasse?

Dan Potter: L'edificio 7 era a nord rispetto a dove stavo io. Non lo vidi per via del fumo che pervadeva l'aria. Ero dalla parte opposta rispetto all'edificio 7. Notai gli altri edifici circostanti di 5 o 6 piani in fiamme, tra cui delle abitazioni, le cui scale di emergenza già prima dei crolli erano piene di carta che ora era incendiata. Guardai in alto per vedere tutti gli edifici intorno a me con incendi evidenti.

Il palazzo 7 crollò più tardi nel pomeriggio dell'11 settembre. A causa dell'enormità dell'area coinvolta dai crolli delle due torri circostante al palazzo 7, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco non poté mandare squadre di pompieri sul luogo. Inoltre la fornitura d'acqua non era sufficiente perché era alimentata da una nave per le operazioni antincendio nell'area del WTC. Il palazzo 7 era in parte un Centro di Operazioni di Emergenza e aveva migliaia di litri di gasolio su uno dei piani, questo causava estremi problemi di sicurezza e pericolo. Tutti gli occupanti del palazzo 7 furono evacuati in sicurezza ed essendo il Dipartimento dei Vigili del Fuoco impegnato a salvare più di 300 pompieri dispersi, si decise di lasciarlo bruciare e di conseguenza crollare. Il Dipartimento non poteva affrontare un altro colpo mortale catastrofico per il proprio personale.


Undicisettembre: Prima del crollo, le torri davano segnali di essere sul punto di crollare o semplicemente crollarono all'improvviso? Vi aspettavate che crollassero?

Dan Potter: I palazzi non diedero alcun segnale di allarme. Noi (gran parte degli ufficiali dei Vigili del Fuoco) non ci aspettavamo che i palazzi avrebbero ceduto e che sarebbero crollati. Sono stato fortunato ad avere ricevuto l'avvertimento da un pompiere quando è caduta la prima torre (la Torre Sud), altrimenti mi sarei addentrato troppo nella strada in cerca di protezione. Quando la seconda torre (la Torre Nord) stava per venire giù, un ufficiale di polizia passò correndo di fianco a me. Aveva una radio e stava sentendo l'Unità Elitrasportata della Polizia che stava dando l'allarme e disse "la Torre Nord sta per crollare". Proprio un secondo dopo questo allarme, la torre iniziò a implodere.


Undicisettembre: Ciò che davvero colpisce nel tuo racconto è che sei rimasto sotto a entrambi i crolli. E' molto peculiare, puoi darci qualche dettaglio in più?

Dan Potter: Sono stato molto fortunato. Tutto dipendeva da dove cercavi riparo. Non ho una risposta, se non che Dio mi stava proteggendo.


Undicisettembre: Tu hai fatto parte dei soccorsi. Cosa puoi dirci dei soccorritori e del lavoro che stavano facendo?

Dan Potter: Il secondo e il terzo giorno, iniziammo a spostare le macerie a mano e a portarle via con dei secchi. Il processo era molto noioso e lento. Principalmente cercavamo di udire se c'erano dei sopravvissuti che stessero chiamando. Mentre facevamo questo, fummo avvisati che uno dei palazzi circostanti di cinquanta di piani era instabile e ci sarebbe potuto cadere addosso da un momento all'altro. Per avvisarci un pompiere teneva in osservazione il palazzo instabile con uno strumento che ne rilevava ogni movimento. Se si fosse mosso avrebbe suonato un allarme sonoro per avvisarci di interrompere il lavoro e di allontanarci perché il palazzo sarebbe crollato su di noi. L'allarme suonò e un centinaio di noi scappò via, correndo sul metallo acuminato e sulla cenere che c'era per terra. Fu un falso allarme. Riprendemmo il lavoro, e l'allarme suonò di nuovo e ancora corremmo come un branco di cervi: nuovo falso allarme. Riprendemmo il lavoro di recupero quando l'allarme suono per la terza volta. Questa volta non ci disturbammo nemmeno ad alzare la testa e continuammo a fare ciò per cui eravamo lì.

Dopo alcuni giorni, il Capitano della Stazione 10 mi disse che sapeva dove era localizzato il camion della Stazione 10 sotto le macerie. Mi resi disponibile a mettere insieme una squadra per trovare il mezzo. Presi un gruppo di circa quattro pompieri per cercarlo. Dissi a uno dei pompieri di cominciare a scavare in una precisa posizione. Mi guardò perplesso e mi disse "Dov'è il camion?". Gli risposi: "Sotto di noi". Le macerie avevano schiacciato il camion fino a circa un metro e ottanta centimetri di altezza con la scala aerea d'acciaio schiacciata sopra la piattaforma. Quella mattina scavammo a mano dietro al camion per ore, spostando un blocco di frammenti compressi e di rottami alla volta. La nostra missione era arrivare al suolo per vedere se c'erano dei pompieri che potevano aver cercato riparo dal crollo della torre sotto al camion. Molti pompieri morirono così. Ci volle l'intera giornata per scavare fino a terra per circa due metri. Finalmente arrivammo al suolo con l'aiuto di altre squadre di soccorso. Inserimmo una telecamera telescopica attraverso i fanali posteriori (che si erano fusi con le scale di alluminio trasportate sul camion). Fortunatamente, non c'erano tracce di corpi.

Nei rimanenti mesi, i detriti furono tagliati e rimossi. Ogni volta che trovavamo resti umani chiamavamo un'unità GPS per registrare e tenere traccia dell'ubicazione. Scavavamo a mano per estrarre tutto ciò che potevamo recuperare e lo mettevamo nei sacchi per i cadaveri, che poi venivano trasportati in un luogo a parte. Quando avevamo alcuni sacchi per cadaveri pieni, li trasportavamo via insieme in una processione d'onore mentre il lavoro intorno a noi si fermava completamente. Tutti, inclusi gli addetti alle costruzioni, si toglievano il cappello. Se trovavamo un pompiere, lasciavamo spazio ai molti pompieri in pensione che prestavano servizio volontario per scavare e dare assistenza poiché molti di loro erano padri il cui figlio pompiere era disperso. La maggior parte delle volte non era loro figlio, ma non sapevamo ancora che quasi due terzi delle vittime non sarebbero state ritrovate. Altre volte, se trovavamo il figlio di un pompiere, chiamavamo il padre o la stazione del pompiere morto perché venissero sul luogo. Noi continuavamo a raccogliere i brandelli di cadavere nei sacchi, ma permettevamo alle compagnie di portarlo via con la "Guarda d'onore".

Molte volte vedevamo un corpo, o parte di esso, ma eravamo impossibilitati a raggiungerlo per via delle macerie sovrastanti. In questo caso segnavamo il luogo con una vistosa freccia arancione e lo annotavamo, e poi tornavamo quando una maggiore quantità di macerie era stata rimossa.


Undicisettembre: Voi, insieme ai poliziotti e agli altri soccorritori, siete considerati gli eroi di quel giorno. A mio parere questo riconoscimento è totalmente meritato, poiché vi stavate avvicinando a una situazione potenzialmente mortale mentre tutti gli altri andavano nella direzione opposta. Cosa ne pensi? Considerando che molti di loro ci hanno rimesso la propria salute, credi anche tu che i pompieri siano eroi?

Dan Potter: Ti ringrazio per le tue parole gentili. La parola "eroe" viene usata con troppa leggerezza e sembra aver perso il suo significato originale. Io non sono un eroe. I pompieri e i poliziotti che sono morti l'11 settembre sono gli eroi. Quei pompieri e quei poliziotti hanno fatto esattamente ciò per cui eravamo addestrati. Affrontare il problema e risolverlo salvando vite e poi i beni. Se lo stesso allarme arrivasse adesso allo stesso modo di come è arrivato dieci anni fa, la risposta sarebbe la medesima. Quelli che sono morti farebbero lo stesso di dieci anni fa. Erano senza paura, loro sono stati gli eroi!


Undicisettembre: Cosa pensi dei tuoi colleghi che si arrampicarono lungo le scale nelle Torri 1 e 2 del WTC durante l'evacuazione? La maggior parte di loro è morta, ma lo ha fatto mentre tentava di salvare delle persone che sarebbero morte al posto loro.

Dan Potter: Sono molto orgoglioso di ciò che hanno fatto. Senza esitazione hanno portato in salvo decine di migliaia di anime condannate, tra cui la mia amata moglie. Questo è ciò che il FDNY fa abitualmente. Sono molto fortunato ed estremamente grato di essere una piccola parte di questa magnifica organizzazione di fama mondiale.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto che sostengono che l'11/9 sia stato un "inside job"? La maggior parte di queste teorie sostiene che le Torri furono demolite intenzionalmente con esplosivi; alcune di queste sostengono addirittura che nessun aereo si sia mai schiantato nelle Torri e che i video che lo dimostrano siano fasulli. Qual è la tua opinione? Cosa pensano i tuoi colleghi di queste idee? Sono irritati, indifferenti?

Dan Potter: False, semplicemente false. Non hanno alcun valore e tutti noi che eravamo lì conosciamo la verità. I Capitani dei Pompieri hanno visto il primo e il secondo aereo colpire i palazzi. Semplicemente false.

3 commenti:

  1. Grazie per queste preziose testimonianze, non so gli altri, ma il sottoscritto le apprezza davvero molto. Continuate così ragazzi

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  2. Grazie a te per l'apprezzamento, Manu.

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  3. C'è solamente da apprezzare...storia fantastica. Grazie per il vostro lavoro 11 settembre

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