di Brain_Use
È stata confermata in questi giorni l'esistenza di registrazioni video degli interrogatori cui è stato sottoposto nel 2002, in una prigione usata dalla CIA in Marocco, Ramzi Binalshibh, accusato di essere implicato nell'organizzazione degli attentati dell'11/9.
Binalshibh avrebbe dovuto anche partecipare attivamente agli attentati, ma non riuscì ad ottenere il visto per gli Stati Uniti e fu quindi sostituito da Zacarias Moussaoui.
Secondo la Associated Press, i nastri erano conservati sotto una scrivania in un ufficio della CIA fino alla loro scoperta nel 2007 e sono sopravvissuti alla distruzione di un gruppo di 92 registrazioni video di interrogatori di sospetti terroristi.
I portavoce militari sminuiscono il loro interesse, dal momento che i nastri mostrano semplicemente "un individuo" - Ramzi Binalshibh appunto - "che risponde a delle domande seduto davanti a una scrivania".
Secondo il suo avvocato, Thomas Durkin, i nastri potrebbero essere invece molto rilevanti al fine di constatare le condizioni fisiche e psicologiche al momento degli interrogatori di Binalshibh, oggi detenuto a Guantanamo Bay in attesa del processo a suo carico.
Un portavoce della CIA ricorda inoltre che le passate attività di detenzione e di interrogatorio dei sospetti da parte dell'agenzia sono state soggette ad ispezioni da parte di svariate organizzazioni governative e lo sono tuttora, ad oltre un anno e mezzo dalla fine del programma di detenzione. Ad aprile del 2009 infatti è stata dichiarata completa la chiusura dei cosiddetti "Black sites", le prigioni ove venivano detenuti i sospetti terroristi e nelle quali sono stati condotti gli interrogatori, compresi quelli divenuti poi famosi e famigerati con il metodo del waterboarding.
Anche questo episodio, come quello recente che ha visto protagonista la pubblicazione da parte di WikiLeaks di oltre 90 mila documenti di fonte militare e di intelligence e relativi al conflitto in Afghanistan, conferma quanto sia difficile, specialmente in un paese come gli Stati Uniti, evitare che le notizie trapelino sui media.
Inoltre dimostra una volta di più come la "Ricerca della Verità" poggi su ben altri pilastri fattuali, storici ed investigativi rispetto al chiacchiericcio fantasioso e ai cartoni animati dei cospirazionisti.
2010/08/27
2010/08/25
Afghan War Diary by WikiLeaks
postato da John - www.crono911.org
"We believe that transparency in government activities leads to reduced corruption, better government and stronger democracies" - WikiLeaks.
Il 25 luglio 2010, WikiLeaks, un sito che consente la pubblicazione anonima di documenti e atti riservati o comunque non destinati alla pubblica diffusione, ha messo online un'impressionante raccolta di documenti (oltre 90 mila) relativi al conflitto in Afghanistan provenienti dalle forze armate e dai servizi di intelligence americani.
Gran parte di questi documenti, riuniti in una raccolta denominata Afghan War Diary, è di natura confidenziale.
Il materiale è di grande interesse non tanto dal punto di vista strettamente tecnico e operativo (WikiLeaks assicura che non sono stati pubblicati i documenti relativi a operazioni Top-Secret né quelli che potrebbero mettere in pericolo le vite di soldati e operatori impegnati nel teatro afghano) quanto sotto il profilo delle valutazioni politiche e strategiche sull'andamento del conflitto.
Il quadro finale tracciato dalle relazioni, dai rapporti e dalle trascrizioni di colloqui e valutazioni svelati da WikiLeaks è in profonda distonia con le dichiarazioni ufficiali rese negli ultimi cinque anni di operazioni militari.
In particolare, i risultati conseguiti sinora da parte delle forze della coalizione impegnata a combattere la guerriglia talebana sono meno che modesti e l'obiettivo di una vittoria finale è molto più lontano - se non impossibile - di quanto sinora affermato.
Non si tratta di una sorpresa imprevedibile: le operazioni militari americane e NATO contro i talebani sono iniziate nel 2001 e il fatto stesso che dopo quasi un decennio di guerra la situazione del paese è tutt'altro che stabile rivela che le cose non sono andate come previsto e giustifica una valutazione pessimistica sulla durata del conflitto e sul suo esito.
Dai documenti emerge poi il ruolo del Pakistan nell'appoggiare e sostenere la guerriglia talebana, un aspetto già discusso a livello politico e mediatico in questi anni ma che adesso si impone come fattore chiave dell'incapacità di aver ragione della guerriglia.
L'intera vicenda, però, offre spunto per alcune considerazioni interessanti anche sotto il profilo della credibilità delle teorie complottiste sull'11 settembre (e non solo).
Da un lato, infatti, i documenti pubblicati da WikiLeaks dimostrano che la guerra in Afghanistan non ha altre motivazioni oltre quelle già note: distruggere le basi operative di al-Qaeda, impedire il ritorno del regime talebano e stabilizzare il paese con un sistema di governo democratico. Non c'è traccia di attentati terroristici autoinflitti per giustificare l'invasione del paese, per intenderci.
Dall'altro, e soprattutto, il fatto che decine di migliaia di documenti segreti relativi a un conflitto in corso siano finiti diritti su WikiLeaks, pronti per essere scaricati da chiunque, dimostra quanto sia impossibile tenere nascosta l'esistenza di un complotto come quello che - secondo le teorie dei cospirazionisti - si sarebbe consumato l'11 settembre del 2001.
Se si riflette sull'enorme numero di persone che avrebbe dovuto concorrere non solo alla fase strettamente operativa del complotto (minare 3 grattacieli, inibire la difesa aerea, far sparire quattro aerei di linea con tutti i passeggeri) ma anche a tutti gli altri aspetti connessi (costruire finte identità per i terroristi kamikaze, costruire le confessioni di quelli arrestati, simulare le rivendicazioni di bin Laden, deviare le inchieste, corrompere i migliori ingegneri del mondo, e così via), e sulla facilità con cui documenti riservati finiscono nelle mani di chi è pronto a diffonderli (oggi parliamo di WikiLeaks, ma pensiamo anche alla FinnList che elencava affiliati e finanziatori di al-Qaeda) è inevitabile concludere che un complotto di tale portata sarebbe svelato ben prima di arrivare alla fase operativa.
Non possiamo che concordare sul fatto che iniziative come WikiLeaks rappresentano un pilastro delle nostre democrazie e un magnifico esempio di ciò che debba veramente intendersi per "ricercatore della verità".
Il 25 luglio 2010, WikiLeaks, un sito che consente la pubblicazione anonima di documenti e atti riservati o comunque non destinati alla pubblica diffusione, ha messo online un'impressionante raccolta di documenti (oltre 90 mila) relativi al conflitto in Afghanistan provenienti dalle forze armate e dai servizi di intelligence americani.
Gran parte di questi documenti, riuniti in una raccolta denominata Afghan War Diary, è di natura confidenziale.
Il materiale è di grande interesse non tanto dal punto di vista strettamente tecnico e operativo (WikiLeaks assicura che non sono stati pubblicati i documenti relativi a operazioni Top-Secret né quelli che potrebbero mettere in pericolo le vite di soldati e operatori impegnati nel teatro afghano) quanto sotto il profilo delle valutazioni politiche e strategiche sull'andamento del conflitto.
Il quadro finale tracciato dalle relazioni, dai rapporti e dalle trascrizioni di colloqui e valutazioni svelati da WikiLeaks è in profonda distonia con le dichiarazioni ufficiali rese negli ultimi cinque anni di operazioni militari.
In particolare, i risultati conseguiti sinora da parte delle forze della coalizione impegnata a combattere la guerriglia talebana sono meno che modesti e l'obiettivo di una vittoria finale è molto più lontano - se non impossibile - di quanto sinora affermato.
Non si tratta di una sorpresa imprevedibile: le operazioni militari americane e NATO contro i talebani sono iniziate nel 2001 e il fatto stesso che dopo quasi un decennio di guerra la situazione del paese è tutt'altro che stabile rivela che le cose non sono andate come previsto e giustifica una valutazione pessimistica sulla durata del conflitto e sul suo esito.
Dai documenti emerge poi il ruolo del Pakistan nell'appoggiare e sostenere la guerriglia talebana, un aspetto già discusso a livello politico e mediatico in questi anni ma che adesso si impone come fattore chiave dell'incapacità di aver ragione della guerriglia.
L'intera vicenda, però, offre spunto per alcune considerazioni interessanti anche sotto il profilo della credibilità delle teorie complottiste sull'11 settembre (e non solo).
Da un lato, infatti, i documenti pubblicati da WikiLeaks dimostrano che la guerra in Afghanistan non ha altre motivazioni oltre quelle già note: distruggere le basi operative di al-Qaeda, impedire il ritorno del regime talebano e stabilizzare il paese con un sistema di governo democratico. Non c'è traccia di attentati terroristici autoinflitti per giustificare l'invasione del paese, per intenderci.
Dall'altro, e soprattutto, il fatto che decine di migliaia di documenti segreti relativi a un conflitto in corso siano finiti diritti su WikiLeaks, pronti per essere scaricati da chiunque, dimostra quanto sia impossibile tenere nascosta l'esistenza di un complotto come quello che - secondo le teorie dei cospirazionisti - si sarebbe consumato l'11 settembre del 2001.
Se si riflette sull'enorme numero di persone che avrebbe dovuto concorrere non solo alla fase strettamente operativa del complotto (minare 3 grattacieli, inibire la difesa aerea, far sparire quattro aerei di linea con tutti i passeggeri) ma anche a tutti gli altri aspetti connessi (costruire finte identità per i terroristi kamikaze, costruire le confessioni di quelli arrestati, simulare le rivendicazioni di bin Laden, deviare le inchieste, corrompere i migliori ingegneri del mondo, e così via), e sulla facilità con cui documenti riservati finiscono nelle mani di chi è pronto a diffonderli (oggi parliamo di WikiLeaks, ma pensiamo anche alla FinnList che elencava affiliati e finanziatori di al-Qaeda) è inevitabile concludere che un complotto di tale portata sarebbe svelato ben prima di arrivare alla fase operativa.
Non possiamo che concordare sul fatto che iniziative come WikiLeaks rappresentano un pilastro delle nostre democrazie e un magnifico esempio di ciò che debba veramente intendersi per "ricercatore della verità".