2009/03/26

I caccia dell'11 settembre

di John - www.crono911.org con il contributo di Alfredo "Ice Rocket". Foto di apertura di Ken Middleton.

La mattina dell'11 settembre del 2001, i caccia intercettori assegnati alla difesa aerea degli Stati Uniti decollarono nel tentativo di intercettare i quattro voli dirottati, ma per una serie di ragioni strettamente connesse al funzionamento del controllo aereo civile e alle dinamiche degli eventi non ebbero alcuna possibilità concreta di intervenire prima che la tragedia si fosse consumata.

Anche per questa ragione, al di fuori delle pubblicazioni specializzate, il ruolo e le vicende dei piloti e dei caccia sono passati sostanzialmente in secondo piano.

Eppure quella mezza dozzina di uomini visse la tragedia da un punto di vista assolutamente eccezionale: furono gli unici americani a disporre degli strumenti militari idonei a contrastare l'attacco; furono l'unica speranza di salvare migliaia di vite umane; furono i primi militari ad aver "impugnato le armi" con la prospettiva di dover uccidere centinaia di propri connazionali per salvarne altri. Seduti ai comandi di velivoli supersonici progettati per abbattere i più avanzati caccia e bombardieri dell'ex Unione Sovietica, furono del tutto impotenti di fronte a una minaccia molto meno sofisticata, che non proveniva dall'esterno ma si era materializzata all'interno del traffico aereo civile americano.

Lynn Spencer, nel libro Touching History, oggetto di una nostra recensione, ha recentemente approfondito questo frammento di storia, integrando e completando alcuni servizi della stampa specializzata. Grazie alle risorse provenienti dal mondo degli "spotter" (appassionati che fotografano e annotano ogni singolo velivolo con il numero di matricola e il reparto di appartenenza) e a una ricerca del lettore "Ice Rocket" che ha condotto alcune interviste via mail, possiamo fornire alcuni dati precisi sugli uomini e sui velivoli interessati.

La mattina dell'11 settembre 2001, presso la base aerea di Otis, sede del 101st Fighter Squadron, erano predisposti in servizio di allarme due caccia:
  • l'F-15A matricola 77-0102 (nella foto in apertura; le prime due cifre indicano l'anno di produzione, ossia il 1977), assegnato al tenente colonnello Timothy "Duff" Duffy;
  • l'F-15A matricola 77-0100, assegnato al maggiore Daniel "Nasty" Nash.
Entrambi i velivoli erano equipaggiati con 3 serbatoi ausiliari esterni di carburante (due subalari e uno centrale in fusoliera), 2 missili aria-aria a guida radar semi-attiva AIM-7 Sparrow montati nei recessi anteriori di fusoliera, 2 missili aria-aria a guida infrarossa AIM-9 Sidewinder montati sulle slitte laterali esterne dei piloni subalari, e un cannone Vulcan da 20 mm con 940 colpi.

La foto del 77-0100 qui a fianco consente di apprezzare la posizione dei serbatoi esterni subalari e di un missile Sidewinder sulla slitta. Gli AIM-7 Sparrow sono missili aria-aria a guida radar semi-attiva (SARH) e a media gittata (circa 40 km in condizioni operative reali). Il sistema di guida SARH ha bisogno che il radar dell'aereo che ha lanciato il missile "illumini" costantemente il bersaglio con un fascio radar. Il missile si dirige seguendo le onde radar riflesse dal bersaglio.

Gli AIM-9 Sidewinder sono missili aria-aria a guida infrarossa a corta gittata (circa 10 km in condizioni operative reali). Sono completamente autonomi dopo il lancio, grazie a un sensore che rileva le differenze di temperatura del bersaglio rispetto all'ambiente circostante e in particolare il calore dei motori.

Gli F-15 "Eagle" possono trasportare fino a 4 missili Sparrow in nicchie semi-annegate nella fusoliera e 4 missili Sidewinder agganciati a doppie slitte sotto i piloni subalari.

Entrambi i caccia decollarono alle 8:53, quando il volo American 11 si era già schiantato contro il World Trade Center. Il volo United 175 seguì la stessa sorte dieci minuti dopo, alle 9:03, per cui gli intercettori non ebbero alcuna concreta possibilità di intervenire.

L'F-15 77-0102 è stato ritirato dal servizio e accantonato nel deposito AMARC, e dovrebbe essere trasferito in un museo.

Sulla base di Langley, invece, erano in allarme due caccia del 178th Fighter Squadron:
  • l'F-16A/ADF matricola 82-0926, pilotato dal capitano Dean "Otis" Eckmann;
  • lF-16A/ADF matricola 82-0929, pilotato dal maggiore Bradley "Lou" Derrig.

Entrambi i velivoli erano equipaggiati con 2 serbatoi subalari, due missili Sparrow ai piloni subalari esterni, due missili Slammer alle estremità alari, due missili Sidewinder ai piloni subalari interni e un cannone Vulcan (nella foto qui accanto) da 20mm con 511 colpi.

Vi era poi un terzo caccia, l' F-16A/ADF matricola 81-0789, tenuto in riserva ed equipaggiato con due serbatoi subalari e un cannone con 511 colpi, senza missili aria-aria.

I missili AIM-120 Slammer sono esternamente molto simili agli Sparrow e appartengono alla stessa classe (medio raggio), ma hanno un sistema di guida molto più avanzato, con un radar attivo e un computer di rotta che consentono di ingaggiare i bersagli in modalità completamente autonoma.

Tutti e tre i velivoli decollarono alle 9:30, compreso quello di riserva, che fu pilotato dal capitano Craig "Borgy" Borgstrom. I tre F-16 "Falcon" non ebbero concretamente alcuna possibilità di intercettare il volo American 77 che si schiantò contro il Pentagono alle 9:37. Alle 9:58, però, i piloti di Langley avevano stabilito un pattugliamento difensivo su Washington D.C. e sarebbero stati in grado, almeno teoricamente, di intercettare il volo United 93 se non si fosse schiantato prima di raggiungere la capitale.

In realtà, la prima disposizione formale che ordinava l'abbattimento di velivoli dirottati fu data dal vicepresidente Cheney alle 10:10 e raggiunse i comandi della difesa aerea soltanto alle 10:31. Senza ordini specifici è ben difficile che i piloti avrebbero abbattuto aerei di linea di propria iniziativa.

I tre F-16 decollati da Langley sono stati tutti ritirati dal servizio. I primi due sono ospitati nei musei di McChord (nella foto, l'82-929) e di Fargo, mentre il terzo è conservato nella base aerea di Sheppard, dove è utilizzato per l'addestramento al suolo.

A questi primi cinque velivoli, gli unici armati e immediatamente disponibili nello spazio aereo interessato dai dirottamenti, se ne aggiunsero altri, decollati da varie basi aeree.

Si trattò di caccia approntati e mandati in volo in tutta fretta, disarmati o armati con proiettili da esercitazione. I primi caccia equipaggiati con armamento reale (oltre ai cinque già citati) riuscirono a decollare dalla base di Andrews solo alle 10:50: si trattò di una coppia di F-16 armati con missili Sidewinder.

Questi caccia diedero un contributo fondamentale a gestire lo spazio aereo americano nel corso delle procedure per mettere a terra tutte le migliaia di aerei civili in volo e a verificare i numerosi "falsi allarmi" che si susseguirono in quelle ore.

2009/03/08

Intervista a un sopravvissuto delle Torri Gemelle

di Hammer

Il gruppo Undicisettembre ha avuto recentemente occasione di entrare in contatto con uno dei sopravvissuti all'attacco alle Torri Gemelle. L'uomo si trovava nella Torre Nord al momento dell'impatto del volo American Airlines 11 e non è un testimone qualunque: a quel tempo era, infatti, un dipendente e portavoce della Port Authority. Il suo nome, pubblicato con il suo permesso, è Greg Trevor.

Trevor ha accettato di concederci un'intervista; grazie alla sua partecipazione agli eventi e conoscenza dei fatti, ne è uscito uno spaccato di estremo interesse sia dal punto di vista umano che da quello più tecnico del debunking.

Oltre a renderci partecipi delle emozioni, delle paure e delle speranze di chi è stato colpito dalla tragedia, il racconto di Trevor consente di sgombrare il campo da alcune delle leggende cospirazioniste che girano da anni intorno all'11 settembre.

Ringraziamo Greg Trevor per la sua grande cortesia e disponibilità.



Undicisettembre: Cosa ricordi, in generale, di quella mattina? Ci puoi fare un breve racconto della tua esperienza?

Greg Trevor: Arrivai al lavoro presto, quella mattina: intorno alle 7:15. Di solito arrivavo tra le 9:30 e le 10; l'11 settembre arrivai prima perché la sera precedente ero tornato a casa usando una vettura aziendale della Port Authority, che avevo adoperato durante la giornata per andare all'aeroporto Kennedy: in tali circostanze eravamo autorizzati a tenerci la vettura aziendale fino al giorno dopo. L'11 settembre tentai di arrivare al lavoro prima per evitare il traffico dell'ora di punta.

Quando il primo aereo colpì la Torre Nord alle 8:46, ero in piedi dietro la mia scrivania al 68° piano della stessa Torre. Fui quasi scaraventato a terra dall'impatto del primo aereo, che si schiantò contro la facciata nord più di venti piani sopra di me. Udii un forte tonfo, seguito da un'esplosione. Ebbi la sensazione che l'edificio si spostasse di circa tre metri verso sud. Poi si mosse in senso opposto, verso nord, e infine tremò avanti e indietro. Fuori dalla finestra vidi una parabola di fiamme precipitare verso il suolo, seguita da un turbinìo di carta e vetro. A quel punto sentii due diversi suoni: le sirene d'emergenza dalla strada e i telefoni che suonavano su tutto il 68° piano. Erano le chiamate dei giornalisti che ci chiedevano cosa fosse successo.

Nei dieci minuti seguenti, io e i miei colleghi controllammo la zona del piano a cui ci trovavamo per verificare che tutti stessero bene. Poi raccogliemmo le cose che pensavamo potessero esserci utili presso una postazione di comunicazione di emergenza (penne, carta, elenchi telefonici e cose di questo tipo) e iniziammo l'evacuazione.


Undicisettembre: Durante l'evacuazione della Torre 1 ti ci volle molto tempo per uscire dal palazzo. In quel lasso di tempo quali erano le condizioni dell'edificio? Scendendo le scale notasti qualche segnale che i danni strutturali erano gravi?

Greg Trevor: Quando abbandonammo il nostro piano, l'aria si stava riempiendo di fumo polveroso. All'inizio l'aria era più pulita nella tromba delle scale. Le condizioni della tromba delle scale sembrarono normali tra le 9 e poco prima delle 10 del mattino. Durante le esercitazioni di evacuazione ci era stato detto di aspettarci che ci volesse circa un minuto per ogni piano durante la discesa lungo le scale. A quanto pare questa era stata l'esperienza dei dipendenti della Port Authority che erano stati coinvolti nell'evacuazione del World Trade Center in occasione dell'attentato del 1993: a quel tempo io non ci lavoravo, avevo cominciato a lavorare nel Trade Center nel 1998. L'11 settembre effettivamente ci volle più o meno un minuto per ogni piano.


Undicisettembre: Come fu l'evacuazione: ordinata o caotica? Immagino che le esercitazioni antincendio fossero molto frequenti. Furono in qualche modo utili?

Greg Trevor: Direi che l'evacuazione fu molto ordinata. La Port Authority aveva fissato prove di evacuazione obbligatorie ogni sei mesi. Ogni piano aveva del personale designato a coordinarle e ogni membro del personale aveva una torcia elettrica da usare durante le evacuazioni.


Undicisettembre: Mentre uscivate, udisti o vedesti delle esplosioni o notasti altro di strano o inaspettato?

Greg Trevor: Fino a poco prima delle 10 non notai nulla di insolito. Ovviamente eravamo preoccupati per le condizioni degli edifici, ma non eravamo in preda al panico.

Siccome le esercitazioni erano frequenti, sapevamo cosa fare. Ogni pochi piani dovevamo fermarci e spostarci verso destra per far passare i feriti che scendevano e i pompieri e la polizia della Porth Authority che salivano.

Arrivammo al quinto piano poco prima delle 10. A quel punto sentimmo un rombo molto forte. Il palazzo tremò violentemente e io fui gettato da un lato all'altro della tromba delle scale. In quel momento non lo sapevamo, ma la Torre Sud era appena crollata.

La tromba delle scale in cui ci trovavamo si riempì di fumo e polvere di cemento. Respirare divenne difficile e le luci si spensero. Un flusso d'acqua ininterrotto, profondo circa 10 centimetri, iniziò a scendere lungo le scale. Sembrava di guadare un torrente sporco che scorreva rapido, di notte, nel mezzo di un incendio in una foresta.

La migliore decisione che avevo preso quel giorno era stata quella di indossare una cravatta di maglia per andare al lavoro. Mi misi quella cravatta blu davanti a naso e bocca per difendermi dal fumo e dalla polvere. Per evitare l'iperventilazione feci ricorso a quanto avevo imparato ai corsi preparto Lamaze che avevo frequentato con mia moglie.

Qualcuno urlò di mettere la mano destra sulla spalla della persona che ci precedeva e di continuare a scendere. Scendemmo ancora una rampa di scale, fino al quarto piano, e a quel punto sentii qualcuno urlare che la porta era bloccata. La violenza del crollo della Torre 2, a quanto pareva, aveva bloccato l'uscita d'emergenza. Ci fu ordinato, allora, di girarci indietro e risalire le scale per cercare di raggiungere a un'altra tromba.

Stavamo quindi avanzando controcorrente in quel fiumiciattolo nero e sporco. Altri continuavano a cercare di scendere e il panico cominciava a diffondersi. Per la prima volta ebbi paura che non ne sarei uscito vivo. Bisbigliai una preghiera veloce: "Signore, ti prego, fammi rivedere la mia famiglia."


Undicisettembre: Per quanto ne sai o per quanto ti è stato raccontato, quanto furono violenti gli incendi ai piani superiori, dove si schiantò l'aereo?

Greg Trevor: Secondo i miei colleghi sopravvissuti che erano vicini al punto d'impatto, gli incendi erano molto violenti.


Undicisettembre: Ti accorgesti di qualcosa quando il secondo aereo si schiantò contro la Torre Sud?

Greg Trevor: No. Non ne seppi niente finché un collega non mi inviò un'email sul Blackberry.


Undicisettembre: Vedesti i pompieri che salivano le scale mentre tu scendevi? Cosa puoi dirci di loro?

Greg Trevor: Vedemmo sia i pompieri, sia la polizia della Port Authority salire le scale di corsa. Temo che ci sia molto poco che io possa dire di loro. Uno dei miei incarichi alla Port Authority era curare i rapporti con i media della Polizia della Port Authority stessa. Sebbene molti dei miei colleghi si trovassero all'interno del palazzo, non vidi nessuno di loro durante l'evacuazione.

Però riuscii a sentire uno di loro: l'ufficiale David Lim. Era un ufficiale dell'unità cinofila il cui cane, Sirius, rimase ucciso nell'attacco. In seguito David si sarebbe trovato intrappolato tra le macerie per cinque ore, ma in quel momento ebbe la presenza di spirito di trovare un modo per farci invertire la direzione e tornare giù per le scale dopo che i soccorritori sbloccarono l'uscita d'emergenza. Ripeté continuamente "Giù va bene! Giù va bene!". Quando lo sentii, urlai anch'io su per le scale "Giù va bene!" Come un'eco anche altri urlarono "Giù va bene!" verso chi stava più in alto. A quel punto ci incamminammo verso il basso più velocemente possibile.


Undicisettembre: Uscisti dalla torre circa 10 minuti prima che crollasse. C'erano segnali che era sul punto del collasso o venne giù all'improvviso? Vi aspettavate che crollasse?

Greg Trevor: Io sicuramente non mi aspettavo che sarebbe crollata. Però mio fratello, che è un ingegnere civile della Georgia, mi disse in seguito che guardando le immagini in televisione si aspettava che le Torri sarebbero crollate.


Undicisettembre: Per quanto ne sai, le perlustrazioni con i cani antibomba erano state sospese prima degli attacchi? Se sì, quando?

Greg Trevor: No. Infatti il cane a cui facevo riferimento prima, Sirius, era un cane addestrato alla ricerca di esplosivi.


Undicisettembre: Vedesti rottami di aerei per strada?

Greg Trevor: Io personalmente no, ma molti dei miei colleghi sì. Quando io uscii, l'intera area era già ricoperta da vari centimetri di polvere, quindi mi era impossibile riconoscere i rottami.


Undicisettembre: So che questa è una domanda piuttosto bizzarra: gira voce che la Torre Sud fosse stata interessata da un blackout dovuto a lavori di manutenzione sabato 8 settembre 2001 e durato fino alle 2 pomeridiane del giorno seguente. Ricordi che sia successo nulla del genere?

Greg Trevor: Non ricordo che sia successo nulla del genere e lo trovo impossibile da credere. Se fossero state intraprese azioni del genere, il nostro dipartimento, il Port Authority Public Affairs, ne sarebbe stato informato in modo da poter rispondere alle domande dei giornalisti.


Undicisettembre: Cosa ne pensi del nuovo World Trade Center attualmente in costruzione? Sarà mai il simbolo di New York, così come lo furono le Torri Gemelle?

Greg Trevor: Dopo l'11/9 ho avuto il piacere di lavorare con due degli architetti che guidavano il progetto di rinascita del sito: Daniel Libeskind e Santiago Calatrava. Entrambi hanno una visione straordinaria per il sito. Quando tutti i lavori del nuovo World Trade Center saranno finiti, sarà molto diverso, ma credo che sarà un tributo adeguato agli eroi, alle vittime, alle famiglie, ai sopravvissuti e alla città.


Undicisettembre: Secondo te, la città e la nazione hanno reagito? Credi che la nazione viva ancora nella paura o abbia recuperato la propria posizione di leader mondiale?

Greg Trevor: Per via dell'esperienza che ho vissuto, è molto difficile per me valutare come gli altri abbiano affrontato le conseguenze della tragedia. Per quanto riguarda me stesso, dopo sette anni e mezzo sto ancora rielaborando gli eventi di quel giorno.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie cospirazioniste che sostengono che l'11 settembre fu un autoattentato? La maggior parte sostengono che le Torri Gemelle furono imbottite di esplosivi, mai visti da nessuno, che le fecero crollare. Altre teorie più estreme sostengono che nessun aereo le abbia mai colpite e che tutte le immagini viste in TV fossero false; dicono che dei missili avrebbero colpito le Torri o che delle bombe sarebbero esplose all'interno. Qual è la tua opinione in proposito? Hai mai conosciuto di persona qualcuno che credesse a queste teorie cospirative?

Greg Trevor: Non ho mai conosciuto nessuno che mi proponesse una tale teoria.

Conoscevo molte delle persone che sacrificarono la propria vita quel giorno. Tra loro c'erano alcuni membri del World Trade Department, che conoscevano le Torri meglio di chiunque altro. Molti di loro perirono mentre guidavano i soccorritori per cercare i feriti piano per piano.

Conosco anche ingegneri della Port Authority che rimasero negli edifici per aiutare le persone ad uscire e che si misero in salvo per un pelo. Dopo l'11 settembre questi ingegneri hanno partecipato alle analisi scientifiche del crollo del World Trade Center.

Se queste teorie cospirative fossero vere, il complotto avrebbe richiesto il coinvolgimento attivo o il consenso di questi uomini e di queste donne, che si comportarono da eroi. Queste teorie sono un insulto al loro onore, al loro eroismo e alla loro memoria.

2009/03/03

Pentagono, video inedito post-impatto

di Paolo Attivissimo

Grazie al paziente lavoro di John Farmer di AAL77.com e di Scott Bingham di Penttbom.com, stanno continuando ad emergere nuovi documenti testuali e visivi riguardanti gli attentati dell'11 settembre 2001, che erano rimasti dormienti in attesa che qualcuno li richiedesse tramite la procedura FOIA e che la procedura venisse approvata dagli enti governativi statunitensi pertinenti.

E' stato da poco rilasciato un altro video di una telecamera di sorveglianza, una di quelle del quartier generale della DEA, che è situato sull'Army Navy Drive prospiciente il Pentagono. La telecamera era puntata verso il basso al momento dell'impatto del Volo 77, ma fu riorientata poco dopo lo schianto. Il video mostra chiaramente l'enorme quantità di fumo prodotta dall'incendio.



Le coordinate dell'edificio della DEA sono queste in Google Maps. Qui sotto è mostrata un'immagine, tratta da Google Maps, che mostra la zona inquadrata dalla telecamera prima che venga puntata verso il Pentagono. L'immagine ha il nord a destra per allinearla approssimativamente con la direzione di ripresa del video.

Nel primo minuto circa non accade nulla, ma il traffico stradale visibile in questa parte della ripresa può essere un riferimento utile per determinare l'orario esatto del video, dato che queste immagini, a differenza di altri video, non includono un'indicazione dell'orario (timestamp). Questo traffico veicolare può essere incrociato con quello visibile nel video dell'hotel Doubletree, come spiegato su JREF.

La collocazione della telecamera del quartiere generale della DEA e di quella dell'hotel Doubletree sono riportate in questo grafico:



I due veicoli cerchiati in rosso compaiono, stando all'autore del grafico, in entrambi i video e possono essere usati per determinare l'orario esatto di questo nuovo reperto visivo.

2009/03/02

Rivendicazioni: anche l'ideologo fondatore di al-Qaeda incolpa bin Laden dell'11/9

di Paolo Attivissimo

Alle già numerose rivendicazioni e dichiarazioni di membri di al-Qaeda in merito agli attentati dell'11 settembre e riassunte qui occorre ora aggiungere le parole di una figura estremamente significativa del movimento: il suo fondatore ideologico, Sayyid Imam al-Sharif (nella foto), noto anche con il nome di battaglia di dottor Fadl.

Secondo un articolo del Telegraph britannico, al-Sharif ha pubblicato dal carcere egiziano nel quale sconta l'ergastolo un libro nel quale condanna l'ideologia di al-Qaeda che lui stesso aveva creato e i fallimenti personali di Osama bin Laden e in particolare del vice di quest'ultimo, Ayman al-Zawahiri.

Vent'anni fa, al-Sharif aveva pubblicato un altro libro che definiva le basi ideologiche razionali (dal suo punto di vista) per la jihad generalizzata contro l'Occidente. Aveva aiutato bin Laden a fondare al-Qaeda nel 1988, aveva guidato l'insurrezione islamista in Egitto negli anni Novanta ed era stato mentore di al-Zawahiri. Tutte queste azioni lo avevano portato ad essere l'intellettuale di riferimento per al-Qaeda.

Le sue parole di oggi sono ben differenti. Vanno lette tenendo presente le condizioni durissime delle carceri egiziane, ma ciò che spicca è il peso che a queste parole viene dato all'interno del movimento. Parole così dure e autorevoli da aver spinto Ayman al-Zawahiri, principale bersaglio delle critiche di al-Sharif, a scrivere ben duecento pagine di replica.

Secondo al-Sharif, gli attacchi dell'11 settembre 2001 furono immorali e controproducenti. "Aggredire violentemente l'America è diventata la strada più breve alla fama e alla supremazia fra gli arabi e i musulmani. Ma a che serve, se quando tu distruggi uno degli edifici del tuo nemico lui distrugge una delle tue nazioni? Che bene può fare, se tu uccidi uno del suo popolo e lui ne uccide mille del tuo?... Questa, in sintesi, è la mia valutazione dell'11/9", scrive al-Sharif secondo la traduzione fornita dal Telegraph.

Anche questa figura di indubbio spicco nell'ideologia islamista e nella genesi di al-Qaeda, dunque, afferma che al-Qaeda e Osama bin Laden sono i mandanti dell'11 settembre. Sta ai sostenitori delle teorie di autoattentato spiegare come mai al-Sharif non crede alle loro tesi.