di Leonardo Salvaggio. L'originale in inglese è disponibile qui.
Sono passati vent'anni dagli attentati dell'11/9, in questo anniversario speciale Unidicisettembre offre ai suoi lettori il racconto personale di Malcolm Nance, ex Sottufficiale della Marina ed esperto di antiterrorismo, che l'11/9 fu testimone dello schianto del volo American Airline 77 contro il Pentagono e che andò sul luogo dell'incidente come uno dei primi soccorritori.
Ringraziamo Malcolm Nance per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Ci dai anzitutto qualche informazione sul tuo background e su quanto sapevi di al-Qaeda prima dell'11 settembre?
Malcolm Nance: Mi sono ritirato dal mondo militare pochi mesi prima dell’11 settembre. Ho passato vent'anni nell'intelligence navale, con specializzazione nell'antiterrorismo, in particolare nell'antiterrorismo legato al Medio Oriente e lavoravamo su al-Qaeda prima che la gente iniziasse a chiamarla al-Qaeda, la chiamavamo GJM, Global Jihad Movement. Poi nel 1995 l'FBI iniziò a usare un termine che era solo metà del vero nome del gruppo, che era era al-Qaeda al Jihad, che in arabo significa "La base della Guerra Santa", ma l'FBI li chiamava "al-Qaeda". La prima volta che lo vidi pensai “La base? Il quartier generale? Ci manca qualcosa". Sapevo tutto di come si stava sviluppando questa organizzazione: le loro operazioni in Sudan, c'era il sospetto che nel 1981 avessero messo una bomba in un hotel che ospitava soldati statunitensi in Yemen, e poi c'è stato l'attacco alle Khobar Towers nel 1995 a Durhan, Arabia Saudita. Tutti davano la colpa agli iraniani, agli Hezbollah o ad Hamas e questo portò fuori strada l’intelligence statunitense, ma quella era un'operazione di al-Qaeda. Nel 1996 Osama bin Laden fece la sua prima dichiarazione di guerra contro l'occidente, a quel tempo dirigevo una scuola molto specializzata a Coronado, in California, chiamata Advanced Terrorism Abduction and Hostage Survival e insegnavo il programma Survival, Evasion, Resistance and Escape, che era per soldati di primo livello che vanno oltre la linea del nemico e sono ad alto rischio di essere catturati e che si sarebbero trovati gomito a gomito con al-Qaeda. All'epoca molte persone non credevano che esistesse questo movimento globale di jihad, pensavano che fosse solo un gruppo di arabi dilettanti e persino Cofer Black della CIA definiva bin Laden un opportunista e un truffatore. All'epoca avevo già diciassette anni di esperienza, quindi sapevo da dove traevano la loro forza e la loro passione, quindi non credevo a persone come Cofer Black.
La mattina dopo l'inizio del corso, avvennero gli attentati in Kenya e Tanzania nel cuore della notte, iniziai il corso e dissi “Buongiorno signori, benvenuti ad al-Qaeda 1.01; alcuni di voi partiranno da qui molto presto.” Ovviamente dovemmo interrompere il corso, lo tenemmo in 72 ore e tutti iniziarono a girare il mondo per dare la caccia di al-Qaeda.
Undicisettembre: Puoi farci un racconto di ciò che hai visto e vissuto l'11 settembre?
Malcolm Nance: L'11 settembre iniziò come un giorno normale, era una giornata bellissima. Abitavo a Washington e quella mattina dovevo tenere l'unica consulenza sull’antiterrorismo della città. Dopo aver lasciato il mondo militare facevo consulenza per il comando delle operazioni speciali e nello specifico per lo United States Naval Special Warfare Command [comando della marina militare responsabile delle unità speciali, NdT]. Stavamo pianificando un'esercitazione antiterrorismo per il Commander Pacific Fleet che avrebbe avuto luogo tre settimane dopo, dovevamo cercare di affondare tre navi dal mare come esercitazione di addestramento antiterrorismo e loro avrebbero dovuto trovarci.
Quella mattina era il primo giorno di lavoro del mio nuovo capo dello staff, Beverly, che era una sorta di incrocio tra una segretaria e un manager, e la stavo portando in giro per Washington. Verso le 8 passammo da Capitol Hill per mostrarle dove si trovavano gli uffici e le commissioni della Camera e del Senato con cui avremmo lavorato e ci fermammo a bere un caffè al Costa Coffee e c’era una televisione sopra alle macchine del caffè.
Guardai verso la TV e vidi che la Torre 1 era in fiamme e pensai “Che strano! Il tempo è bellissimo, forse è un aereo da turismo”. Un'altra componente della mia scuola insegnava la sopravvivenza in caso di dirottamento, se vieni dirottato ci sono alcuni comportamenti che devi tenere e altri da non tenere, perché c'è anche un momento per contrattaccare, quindi iniziammo a sentire notizie di aerei dirottati e pensai "Non possono essere dirottati, i piloti atterrerebbero immediatamente”, ma non pensavo nel modo giusto, le porte delle cabine di pilotaggio non erano chiuse a chiave al tempo e il pilota o il copilota avrebbero segnalato immediatamente in caso di problemi con i passeggeri. Non sapevamo che i terroristi avessero assaltato le cabine di pilotaggio e preso il comando degli aerei.
Ero concentrato a guardare la TV quando all'improvviso arrivò il secondo aereo. Presi il telefono, schiacciai il tasto di selezione rapida per chiamare Brad, il mio vice che era ancora a Coronado, perché mi tornò in mente una cosa dai miei anni nell'antiterrorismo “Se sei coinvolto in un'emergenza, chiama qualcuno che è lontano da te.” Ma aveva la segreteria telefonica. In quel momento sapevo cosa stava succedendo: era al-Qaeda e in qualche modo avevano preso il comando degli aerei.
Sapevo che Brad era probabilmente sveglio da poco, quindi iniziai a urlare nel telefono “Brad, alzati! Sono Malcom! Brad alzati!” Capì dalla mia voce che ero nel panico e rispose al telefono e tutto ciò che riuscii a dire fu “CNN! CNN! CNN!” perché non ero in grado di descriverlo; andò alla TV e urlò "Che cazzo sta succedendo?", dissi "New York è sotto attacco, vai in ufficio" cioè l'ufficio che avevo lì da cui avevamo accesso a tutto il database sul terrorismo "e richiamami tra quindici minuti.”
Io e il mio capo del personale prendemmo i nostri caffè, credo di essermi persino dimenticato di pagarli, tornammo in macchina e accendemmo la radio. Beverly disse “Dove stiamo andando?”, risposi “Torniamo in ufficio, poi vado a New York”. Mi disse “Vai a New York?! Perché vuoi andare a New York?”, dissi “Questo è il più grande fottuto attacco terroristico nella storia americana! Vado a New York per aiutare”.
Per andare a Georgetown, dov'era il mio ufficio, avrei potuto percorrere Independence Avenue passando vicino alla Casa Bianca che, ne ero certo, a quel punto sarebbe stata come una fortezza armata; quindi invece percorremmo Constitution Avenue. Mi fermai a un semaforo dall'altra parte del fiume rispetto al cimitero di Arlington e vidi un aereo in lontananza e dissi senza pensarci "Guarda, hanno reindirizzato gli aerei da ovest in modo che non si avvicinino a Washington". A destra vidi il cimitero di Arlington, il quartier generale dei Marines, il Navy Annex e l'aereo iniziò ad abbassarsi e pensai "Ora vira a destra e va all'aeroporto Reagan". Invece scendeva, scendeva, scendeva… Mi fermo un attimo qui, un secondo prima dello schianto, per dirti un'altra cosa.
Nel 1988 ero in una battaglia missilistica contro degli iraniani e vidi sul radar un missile cruise che ci veniva addosso a oltre seicento chilometro orari e fu terrificante; il modo in cui diamo l’allarme quando un missile ci sta venendo addosso è "VAMPIRO", è una parola folle quindi sai che c'è una vera minaccia. Ero seduto su questa nave, stavamo combattendo contro la nave iraniana, ci lanciarono un missile e sentimmo "VAMPIRO, VAMPIRO, VAMPIRO" che significa "missile cruise in arrivo". Ci mancò di 150 metri.
Così quando vidi che l'aereo non stava virando mi venne in mente questa frase: “VAMPIRO, VAMPIRO, VAMPIRO”. Il semaforo divenne verde ma non riuscivo a muovermi, ero raggelato e l'unica cosa che riuscii a dire fu "Ferma!" che è quello che diciamo nell’ambiente militare per dire "Quella cosa sta per accadere". Beverly disse "Cosa?" e poi BOOOM! Ci fu un'enorme palla di fuoco. Urlò "Cosa sta succedendo??" e io dissi “È stato colpito, il Pentagono è stato colpito! Siamo sotto attacco! Siamo sotto attacco a livello nazionale!” Prima che potesse dire un'altra parola, schiacciai l’acceleratore, attraversai l'incrocio e pensai "Ci sono in giro altre armi a guida umana?" che è il modo in cui chiamiamo i velivoli dirottati.
Istintivamente sapevo dove andare: al Pentagono. Scoprii a quel punto che la polizia dello stato aveva bloccato la strada già da quasi un'ora per motivi di sicurezza perché non pensavano che sarebbe arrivato un aereo. L'edificio bruciava, era avvolto, enormi colonne di fumo nero. Non potevo proseguire, quindi dissi a Beverly "Prendi la mia macchina, torna in ufficio e chiamami ogni quindici minuti".
Scesi dalla macchina e davanti a me c’era un fottuto disastro. La gente stava uscendo dal lato nord del Pentagono, il lato colpito era il lato ovest vicino all’eliporto. Iniziai a correre tra la folla e siccome ero stato un paramedico in passato nell'esercito iniziai a controllare e valutare tutti i feriti. Vidi una donna ricoperta di sporcizia e polvere, aveva un bambino in braccio e sanguinava dalla testa. C’è una regola tra i paramedici che dice "Bambino silenzioso male, bambino che piange bene" Il bambino piangeva e c’erano persone con bottiglie d'acqua per lavarlo, quindi pensai "Il bambino sta bene, non hanno bisogno di me qui".
Vidi un ammiraglio donna a tre stelle della Marina e dissi "Ammiraglio ho bisogno del suo aiuto per mobilitare queste persone e per iniziare i soccorsi". Disse "Abbiamo tutto sotto controllo" e io pensai "Non ha idea di cosa stia succedendo qui, pensa che sia solo un incendio". Abbiamo un detto nell'esercito per quando sei in una situazione di panico "Cerca un punto di sanità mentale". Guardai a destra e vidi una donna che indicava con decisione dando ordini, sapeva cosa stava facendo, e c’erano persone che portavano a lei i feriti. Poi arrivò un'ambulanza con delle barelle, ed era una cosa molto intelligente da fare, era una società paramedica che era a pochi chilometri di distanza, sentirono degli attacchi e sapevano cosa fare perché avevano esperienza di incidenti di massa.
Appena dopo vidi Donald Rumsfield e il suo staff che portavano una barella, accanto a lui c'era un paramedico di volo dell'esercito che era assegnato all'ufficio del Segretario della Difesa, ma l'elicottero non sta mai al Pentagono, vola fino a oltre il fiume per fare rifornimento e fu un bene perché l'aereo colpì proprio la piattaforma dell'eliporto e lo so perché lo vidi quando si schiantò: colpì la piattaforma e scivolò dentro al Pentagono. Quindi corsi al punto di sanità mentale e c'era questa donna che pensavo fosse un medico e che è il mio eroe personale di quel giorno, il suo nome è Patty Horoho e stava dirigendo un mini triage. Era colonnello ed era esperta, aveva una soglia della paura molto molto alta. Le dissi "Sono un Sottufficiale", il che non era vero, avevo cambiato lavoro "Cosa vuoi che faccia?". Disse "Ho bisogno che dia un’organizzazione a queste persone". C'erano centinaia di persone. "Ho bisogno che tu metta in piedi squadre di barellieri all'ingresso nord e in modo che portino i feriti a questo triage."
Ero in abiti civili. Indossavo dei pantaloni khaki e una camicia nera con il nome della mia azienda che diceva "Real World Rescue", ma quello era un nome di copertura perché la società si chiamava in realtà "Special Readiness Service International". Andai da un colonnello e dissi "Colonnello, mi porti un gruppo di persone qui e li faccia mettere in riga". Tornò con otto colonnelli e gli dissi "Mi sta prendendo per il culo? Davvero?? Le uniche persone che conosce al Pentagono sono colonnelli?? Ci sono quattrocento militari qui”. Vidi degli ufficiali della marina e urlai “Marine! Portate qui i vostri culi!” e il colonnello, che era della marina, disse: "Ho l'ordine di riferire al Comandante del corpo dei marines". Dissi "Può prendere una persona e fare rapporto ai marine, ma voglio che tutti gli altri rimangano qui". È stato allora che vidi la mia salvezza, vidi un sergente dei marine e con voce di comando urlai "Sergente!" arrivò di corsa “Porti tutti qui, voglio che tutte queste persone siano allineate in formazione, inizieremo il lavoro di soccorso di questo edificio”. Immediatamente mise in formazione tutte le duecento persone; fu meraviglioso, mi spezzò il cuore.
Dissi: “Togliete cappelli, cravatte, zaini, togliete tutto ciò che può bruciare, abbassatevi le maniche. Formate squadre di sei uomini, ogni squadra prende una barella, un’altra squadra li segue come supporto”, perché una barella può diventare pesante con una persona trasportata. Aggiunsi "Andate ad aspettare all'ingresso nord". Questa fu la prima mobilitazione per i soccorsi sul lato ovest del Pentagono. Andai dal colonnello Horoho e dissi "Ho fatto iniziare i lavori là", e lei disse "Chi sono quelle persone vicino al luogo dell'incidente?". Guardai e c'era un gruppo di persone vicino all'ingresso "Sembrano disorganizzati, portali qui e fagli iniziare a spostare le persone". Corsi lì e chiesi chi era al comando, c'era un uomo in abiti civili con le bretelle che era colonnello dell'esercito e il collegamento congressuale; gli dissi "Ascolti, dobbiamo iniziare a portare le vittime fuori di qui" e lui disse "Rientriamo da questo ingresso" che era quello più vicino al luogo dell'incidente. Ora tutti nell'ambito militare fanno corsi di lotta antincendio, quindi conoscevo l’argomento; gli dissi “Se attraversa quel varco è morto. Il fumo arriva alle ginocchia, volute di fumo nero. Non si può passare da quell’ingresso". Mi disse "Abbiamo già iniziato" gli dissi “Portate tutti fuori di lì. Tutte le persone della sua squadra devono andare all’ingresso nord ad aiutare le squadre di barellieri. Non entrate più da lì, non possiamo perdere nessun altro”. Appena lo dissi le fiamme iniziarono a uscire da quel varco.
Stavamo ancora aspettando che arrivassero i camion dei pompieri, non erano ancora arrivati, ma in dieci minuti ne arrivarono un centinaio, tutti i camion dei pompieri del nord della Virginia e di Washington arrivavano al Pentagono. Mi girai e c'era il colonnello Horoho. C'era un camion dei pompieri in fiamme vicino all'hangar dell'elicottero, la portiera di destra era aperta, accanto c'erano alcune automobili, accanto ad essa c'erano taniche di ossigeno liquido e propano. Temevo che tutto sarebbe esploso di lì a poco.
Il colonnello Horoho mi disse "Voglio che i soccorritori portino le persone in condizione gialla" che sono i feriti "a sinistra di quell'albero. Quelle in condizione rossa" i feriti gravi "a destra di quell'albero. Quelle in condizione verde al cimitero e quelle in condizione nera dietro questo muro”. Questa cosa mi colpì al punto che iniziai ad andare un po’ nel panico, la mia soglia della paura stava per essere attraversata: mi aveva ordinato di mettere tutti i cadaveri dietro l'hangar dell'elicottero, dove lo parcheggiano per periodo lunghi, dove nessuno potesse vederli.
La guardai e accanto alla sua gamba c'era un disco d'argento di due metri con una lettera "C" rossa, bianca e blu. Pensai "Cosa sto guardando?" e poi capii che era la lettera "C" di American Airlines. Quindi vidi che c'erano piccoli pezzi di aereo tutt'intorno. Più tardi vidi una pala di una turbina sul fianco di un albero.
Non c'era nessuno in condizione nera dove mi trovavo perché quello era il punto di impatto. Non c'era più nessun corpo per coloro che erano morti; i feriti uscivano dagli altri ingressi. Ci spostammo e tornammo al triage. C'erano nove pazienti e stavano arrivando i paramedici e il colonnello Horoho dava con decisione istruzioni anche a loro; tutti i feriti vennero portati via con le ambulanze.
Ricevetti una telefonata, era il mio amico a Coronado. Mi disse "Malcolm, sono qui con il comandante della Seconda Flotta e non sa cosa stia succedendo, non riesce a parlare con il Segretario della Difesa" Era un uomo che comandava circa centocinquanta navi e tutto ciò che sapeva del Pentagono era quello che gli stavo dicendo io, gli dissi che il Segretario della Difesa stava bene e che era al posto di comando a cercare di coordinare le attività di New York, quindi non potevano contattarlo. Dissi “Mi serve il tuoi aiuto: quanti aerei al momento non rispondono?” Mi disse che ce n'erano due: uno a Saint Louis e uno vicino all'Ohio, che si rivelò essere United 93, l'altro si rivelò un falso allarme. Gli dissi che avevo bisogno di essere informato di qualsiasi cambiamento di stato di questi due aerei, avrei tenuto la chiamata aperta.
Andai dal colonnello e le dissi dei due aerei scomparsi e che dovevamo essere pronti in caso di ulteriori attacchi. Brad era ancora in linea, ma la linea cadde, perché liberavano le linee telefoniche in tutti gli Stati Uniti. Pochi secondi dopo sentimmo un altro forte rumore e qualcuno disse che c'era un'autobomba al Dipartimento di Stato, dissi che nessuno avrebbe usato un'autobomba quando aveva a disposizione aerei dirottati; pochi minuti dopo scoprimmo che una parte dell'edificio era crollata.
Mentre eravamo lì, due F-16 volarono molto bassi sul Pentagono e sul Campidoglio e fummo felici di vedere che avevamo una protezione dall’alto. Non avevano armi, niente, avrebbero semplicemente usato gli aerei stessi come barriera. Pochi secondi dopo arrivò un capo dei vigili del fuoco e disse che saremmo stati di nuovo sotto attacco perché c'era un altro aereo in arrivo. Il colonnello Horoho disse: "Voglio che sposti tutto questo triage al cimitero di Arlington". Corremmo dall'altra parte e quindici minuti dopo sentimmo dire che un F-16 si era schiantato contro United 93, a quel punto il colonnello Horoho ordinò di riportare il triage sul luogo dell'incidente, cosa che facemmo e a quel punto arrivarono molte altre risorse, uno degli ospedali più vicini portò tutto il personale del pronto soccorso e i medici iniziarono a ricevere ordini dal colonnello Horoho.
Ci fecero spostare di nuovo il triage in un sottopassaggio sul lato sud-ovest del Pentagono e a questo punto avevamo tutti una banda nastro adesivo argentato sul braccio per identificarci perché dovevamo entrare nell'edificio per rimuovere i cadaveri ma io non ero più lì quando ci fu da fare questo e ne sono grato perché quello che avevo visto era abbastanza.
Alle sei del pomeriggio iniziarono a mandare le persone a casa perché i soccorsi erano finiti, era diventata un’operazione di recupero. Non c'erano mezzi pubblici di trasporto a Washington, quindi camminai, poi feci l'autostop e mi portarono in ufficio.
Undicisettembre: Tu sei uno dei pochi testimoni oculari che ha visto l'incidente aereo, possiamo escludere una volta per tutte che fosse qualcosa di diverso da un aereo di linea commerciale?
Malcolm Nance: Prima di tutto, centinaia di persone hanno visto l'aereo. Parlai con l’uomo nel camion dei pompieri all’eliporto che era in fiamme e mi disse "Ero nel camion e l'aereo è passato proprio accanto a me" Mi disse che c’è sempre una persona in quel camion, il Segretario della Difesa era nell'edificio e l'elicottero sarebbe arrivato quindici o venti minuti dopo. Era lì e indossava i pantaloni della tuta ignifuga, non la parte superiore, ed era seduto sul veicolo ad ascoltare le notizie su New York quando vide l’aereo arrivare sopra lo Sheraton, sopra il Navy Annex, che era un grande edificio di uffici della Marina che da allora è stato demolito, poi scese, colpì un palo della luce che cadde sull'auto di un agente di polizia dello stato che era seduto al suo interno, colpì il suolo e scivolò dentro l'edificio. Questo pompiere era seduto nel camion e vide l'aereo arrivare verso di sé. Disse che l'aereo era esploso tutt'intorno e il suo camion saltò per aria, ma aveva circa otto tonnellate di schiuma antincendio dietro di lui, e anch’essa esplose trasformandosi in gas che lo protesse. Poi aprì la portiera di destra e scese, quando più tardi il colonnello Horoho ed io eravamo lì la portiera di destra era ancora aperta.
Più tardi incontrai il poliziotto dello stato della Virginia che era in macchina e mi disse la stessa cosa: era seduto lì, vide il palo della luce cadere sulla sua macchina e poi l'aereo che colpì l'edificio. Anche tutte le persone che erano sull'autostrada videro l’aereo, tutti a Crystal City videro l’aereo colpire il Pentagono. Centinaia di persone.
Qualche tempo dopo qualcuno mi mandò il link di un blog di un uomo francese che diceva che gli americani avevano usato un'autobomba per fingere un attentato e dare la colpa agli arabi. Ero furioso, furioso! Due anni dopo stavo rilasciando un'intervista a una giornalista francese molto famosa a Time Square. Mi disse "La prossima volta che vieni a Parigi vieni in studio e ne facciamo un’altra". L'anno dopo sono andato a Parigi e mi disse "Ti spiace se invitiamo un altro ospite?" La mia defunta moglie, che era madrelingua francese, capì che l'ospite sarebbe stato l’uomo che aveva scritto quel post sul blog e che mi avrebbero messo nella stessa stanza con lui e io non sapevo cosa si stessero dicendo. Mia moglie disse loro "Se portate Malcolm in quella stanza e capisce di chi è l'altro ospite si alzerà e picchierà quell'uomo in televisione". La sentii urlare in francese e capii cosa stava succedendo. Cancellarono quel segmento alla fine.
Undicisettembre: Sei anche un esperto di propaganda e di fake news e l'11 settembre ha dato il via al complottismo su larga scala. Cosa ne pensi?
Malcolm Nance: Le teorie del complotto esistono da sempre, anche nel film degli anni '60 “Il Dottor Stranamore” il generale ordina l'attacco alla Russia perché stanno mettendo fluoro nell'acqua e lui pensa che stia rendendo impuro lo sperma: quella era una teoria del complotto molto, molto popolare negli USA negli anni '50 e '60.
Per quanto questo lo possa capire, ciò che non riesco a capire e che mi rende immediatamente pronto ad attaccare è la che gente dice che l'11 settembre è stata una cospirazione. Perché “A chi vuoi credere? A me o ai tuoi occhi bugiardi? Crederai ai tuoi occhi bugiardi?" Ci sono americani che dicono "Oh, l'acciaio non fonde" e cose del genere, ma se prendi un aereo di linea e lo fai schiantare contro un edificio a 800 chilometri orari non c'è niente che possa reggere.
Undicisettembre: Qual è il ruolo nel mondo odierno delle fabbriche di disinformazione come l'Internet Research Agency di San Pietroburgo?
Malcolm Nance: Ho scritto il libro "The plot to destroy democracy" che tratta dell'intelligence russa. La Russia è diventata un paese oligarchico in cui ora hanno i soldi e arrivano fino alla classe media, è ancora un paese di stampo molto sovietico; l'Unione Sovietica ha usato continuamente la disinformazione e la misinformazione per promuovere i propri obiettivi nazionali. Vladimir Putin è stato un ufficiale di carriera del KGB fino al crollo dell'Unione Sovietica, è un devoto comunista e credeva nella strategia dell'Unione Sovietica per smantellare la democrazia liberale e danneggiare l'Occidente. Quando l'Unione Sovietica è crollata, il loro interesse divenne il denaro. Vuoi fare soldi in occidente o avere accesso ai mercati? Devi distruggere i loro governi. Putin ha detto due anni fa “la democrazia liberale in Occidente sta morendo, è un'ideologia fallita”. Ha capito che puoi usare la disinformazione per smantellare la democrazia occidentale. E non ha iniziato negli Stati Uniti con Trump, ha iniziato in Europa con partiti finanziati dalla Russia: Lega in Italia, Orban in Ungheria, Alba Dorata in Grecia, Marine Le Pen in Francia, SDF in Germania. Tutti questi gruppi non si definiscono fascisti ma lo sono e sono finanziati dalla Russia.
Negli anni '70 e '80 l'Unione Sovietica ha finanziato il terrorismo di sinistra. Oggi la Russia finanzia gruppi conservatori di destra. Putin sa come funziona l'occidente, usa disinformazione e bugie e poi usa la democrazia per eliminare la democrazia, usa un voto per eliminare un voto. Se controlli tutte le corde delle persone che votano, fai sembrare la democrazia debole e l'illiberalismo e il fascismo forti. Con i social network puoi farlo ed è quello che hanno fatto i russi.
Chiamiamo quello che hanno fatto contro gli Stati Uniti la Web War 2; hanno attaccato gli Stati Uniti usando la loro dottrina sulla guerra dell'informazione cioè che puoi creare così tanta disinformazione che una parte considerevole della tua popolazione nemica ti accoglierà come vincitore e alleato in modo che tu possa invadere il paese senza metterci un solo soldato. Ha successo, il 40% degli Stati Uniti crederebbe alla Russia invece di credere ai propri occhi.
Undicisettembre: Cosa pensi di ciò che sta succedendo ora in Afghanistan? Pensi che fosse questa l'unica fine inevitabile o la situazione avrebbe potuto essere gestita diversamente?
Malcom Nance: Andai in Afghanistan nel gennaio del 2002 per un assessment di intelligence successivo all'operazione di Tora Bora, quando Osama bin Laden e i suoi uomini erano fuggiti in Pakistan. L'Afghanistan non è uno stato-nazione, è un insieme di tribù, e questi capi delle tribù parteggiano solo per sé stessi, non parteggiano per un governo centrale. Ognuno di questi capi tribali si è immediatamente rivoltato e ha stretto according con i Talebani perché è la loro cultura e perché i Talebani sono afghani mentre noi eravamo gli stranieri.
L'accordi di pace stretto con i Talebani è stato fatto dall'amministrazione precedente ma senza il Presidente dell'Afghanistan Ghani, tagliando fuori dal negoziato il governo afghano che abbiamo sostenuto per diciannove ani. La precedente amministrazione voleva questo grande accordo per mostrare che potevano portare la pace in Afghanistan.
L'Afghanistan ora è tornato a com'era nel 2001, o forse nel 1843, ma senza Osama bin Laden. Oggi la vera minaccia è lo Stato Islamico della provincia del Khorasan e la domanda è se i Talebani consentiranno loro di pianificare e diffondere il terrore dalla loro terra. Ma è improbabile.
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