2019/09/10

World Trade Center: intervista allo U.S. Marshal Dominic Guadagnoli

di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.

In occasione del diciottesimo anniversario degli attentati dell'11 settembre 2001, Undicisettembre offre ai suoi lettori la testimonianza dello U.S. Marshal Dominic Guadagnoli, che intervenne al World Trade Center dopo lo schianto dei due aerei e che sopravvisse ai crolli di entrambe le torri.

Ringraziamo Dominic Guadagnoli per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Ci puoi fare un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l'11/9?

Dominic Guadagnoli: A quel tempo lavoravo per la Warrant Squad [quadra che si occupa di ricercare criminali colpevoli di crimini violenti N.d.T] dell’ufficio del Marshal per il distretto meridionale di New York, che si trova al terzo piano delle nuova corte federale, al numero 500 di Pearl Street, a circa cinque isolati dalle Twin Towers. Il mio collega John Svinos e io stavamo pianificando un'operazione per degli arresti più tardi quel giorno che era voluta dall'ATF. Eravamo seduti ai nostri tavoli e quando la prima torre fu attaccata, l'esplosione fece davvero tremare il nostro edificio e pensammo che il nostro o uno degli altri importanti edifici della città o quelli federali nelle vicinanze fossero stati colpiti da una bomba. Nel raggio di due isolati si trovano le corti federali, l'ufficio del procuratore degli Stati Uniti, il quartier generale dell’NYPD, la prigione federale (il Metropolitan Correctional Center), la corte suprema dello stato di New York, l'ufficio del sindaco, il 26 Federal Plaza, che era l'ufficio di molte agenzie federali tra cui l'FBI, il municipio di New York, il tribunale di New York.

In meno di un minuto vedemmo carta e detriti che fluttuano fino a terra tra i nostri edifici. Tuttavia, nonostante fossimo così vicini, dall'angolo del tribunale non potevamo vedere il Trade Center o le torri. John e io corremmo fuori per vedere cosa fosse successo. Mentre eravamo là fuori la gente ci diceva che un aereo aveva appena colpito le Torri Gemelle. Non potevamo crederci, così ci precipitammo a vedere cosa stesse succedendo e fu allora che il secondo aereo si schiantò contro la seconda torre. A quel punto, capimmo che la città era sotto attacco, molto probabilmente da parte di terroristi. Tornammo di corsa nel nostro ufficio per vedere quale fosse il piano d'azione. In quel momento non ce n'era uno. Quindi decidemmo da soli di iniziare ad aiutare le persone a uscire dagli edifici. Mentre uscivamo, incontrammo un altro US Marshal, Bill Schuchact, che voleva venire con noi e ci venne.

Iniziammo all'ingresso del WTC7 e al tunnel che conduce alla alla lobby. Scesi le scale mobili e tornai su. C'era un tunnel, un centro commerciale sotto la piazza che era enorme e che si attraversava a piedi. Aiutavamo le persone a uscire e indicavamo loro di andare verso nord o est. Vedendo le persone sembrava che avessero attacchi di asma, perché avevano difficoltà ed ebbero bisogno di ossigeno. Ricordo una giovane donna incinta, qualcuno la stava aiutando a camminare. La aiutai ad attraversare la strada e ad arrivare nell'area del primo soccorso e nella tua mente, una volta che li hai mandati via, pensi "sono al sicuro" e ti rigiri indietro.

La prima ondata di persone aveva giacche, borse, e stavano cercando di fare telefonate con i cellulari; erano agitati e preoccupati. Nella successiva ondata erano un po' più spaventati. Erano più confusi. Ma non ancora nel panico. Alcune persone non riuscivano a reggerlo, erano visibilmente scossi. La terza ondata aveva vestiti lacerati, tagli e graffi, erano molto più bagnati dai sistemi antincendio, più stanchi. All'inizio ho pensato che fosse sudore. Mi sembrava che fosse così e per alcune persone lo avrebbe potuto essere, era un giorno caldo nell'edificio, senza aria condizionata. Mi resi conto di cosa fosse quando vidi l'ultima ondata di persone e quanto fossero bagnati. Dovevano essere bagnati dal sistema antincendio. Non erano "bagnati come se si fossero tuffati in piscina", ma erano molto bagnati. Ad ogni modo, l'ultima ondata di persone sembravano usciti da una battaglia. Stavano sanguinando copiosamente, brutti tagli, lacerazioni, ferite alla testa e alcuni dovettero essere trasportati su barelle improvvisate.

In seguito appresi che nel frattempo un’impiegata della Aon Corporation di nome Donna Spera e i suoi colleghi del centounesimo piano aspettavano un ascensore espresso al 78° piano, insieme a diverse centinaia di persone, in modo che potessero uscire dall'edificio il più rapidamente possibile. Fu allora che il secondo aereo si schiantò direttamente nella sky lobby del 78° piano. Tranne Donna e altre undici persone, tutti quelli che si trovavano in quella lobby rimasero uccisi. Ogni singolo collaboratore con cui si trovava Donna era morto all'istante. Mentre il fuoco e il fumo consumavano il pavimento su cui si trovava, strisciava davanti a colleghi morti e su schegge di vetro alla ricerca dell'unica uscita rimasta su quel piano. Nonostante il fatto che fosse ustionata e sanguinante, Donna scese 78 rampe di scale con l'aiuto di un collega. Quando raggiunse il piano terra, crollò tra le mie braccia e la portai in una zona per lo smistamento dei feriti che si trovava dall'altra parte della strada rispetto agli edifici in fiamme. Non era per nulla bagnata. Forse il sistema antincendio non funziona a quell'altezza.

Anche se cercai di proteggerla da chi stava scattando delle foto, un fotografo dell’Associated Press riuscì a catturare uno scatto che ci legò insieme nella storia [foto sotto, N.d.T]. Dopo aver messo Donna su un'ambulanza, tornai ad aiutare le persone a uscire dal Trade Center. Poco dopo, la prima torre iniziò a crollare e io iniziai a correre. Corremmo tutti in direzioni diverse. Vidi una pensilina tra gli edifici 5 e 7, stavo per nascondermi lì sotto, e con la coda dell'occhio vidi John correre in una direzione diversa.


Caddi sulle mani e sulle ginocchia per un secondo e mi tagliai le mani e vidi del sangue, feci una capriola verso destra, mi rialzai e ricominciai a correre. Fu allora che vidi le scale della metropolitana dall'altra parte della strada rispetto all'ufficio postale. C'erano due macchine parcheggiate davanti e vidi che avevo abbastanza spazio per infilarmici in mezzo. E quello fu il momento in cui la nuvola nera mi raggiunse e tutto divenne buio. Appena arrivai alle scale della metropolitana, c'era un ufficiale donna della polizia di New York che indossava un casco. Andammo spalla a spalla e ci lanciammo giù dalle scale e tutto divenne completamente nero.

Mentre quella giornata di sole senza nuvole diventava incredibilmente nera come la notte, temevo di rimanere schiacciato e sepolto vivo. Per un attimo pensai che fosse la fine del mondo, quasi mi aspettavo di vedere Gesù uscire dalle nuvole.

Quando uscii dalla metropolitana, ero disorientato e ho visto il display a LED sull'ufficio postale che diceva "Yankees / Twins PPD", che significa che la partita era stata rinviata. E fu così che capii dov'ero.

Quindi stavo aiutando le persone e un giovane uomo di colore si avvicinò a me con una maschera sul viso e mi disse "Hai bisogno di aiuto." E gli dissi "Ma che dici?" Vidi un ragazzo con un distintivo d'argento al collo, Port Authority o NYPD, con una camicia di flanella e gli usciva l’osso del polso e un altro in uniforme lo stava aiutando. Quindi l’uomo di colore mi disse "Hai bisogno di aiuto." E non mi resi conto che avevo sangue sulle braccia e sulla mano, ma penso che il sangue sul mio braccio fosse di Donna. Mi portò nella chiesa di Saint Peter e avevano portato tutti nella parte posteriore, dietro l'altare e in una stanza per sciacquarsi. Mi tolsi la giacca e la camicia e mi tolsi la pistola. Lui disse "Whoa." E io dissi "Solo perché tu lo sappia, sono delle forze dell’ordine." Qualcuno entrò e disse “Non è sicuro qui, dobbiamo uscire. Tutti devono uscire.” Quindi mi diedero una benda. Recuperai la mia roba e quando stavo uscendo lo stesso poliziotto con l'osso esposto stava arrivando.

Così iniziai a dirigermi verso l'edificio e mi avvicinai a un ufficiale di pattuglia e a un sergente che mi dissero "Devi tornare indietro". Dissi "Sto cercando il mio compagno". E proprio in quel momento sentimmo di nuovo il rombo, quello stesso rumore.

Così iniziammo a correre e io mi diressi di nuovo verso quella chiesa e, mentre giravo a destra, una macchina della polizia stava arrivando con le luci accese e io iniziai a gridare "No, no, non andare in quella direzione. Non andare in quella direzione." E mi superò. E quando guardai indietro, vidi di nuovo quella grande nuvola di polvere che veniva giù per la strada. Ma questa volta, mi passò proprio dietro.

Ricominciai a correre verso l’ufficio, stavo cercando di pensare a come tornare. Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era John e pensavo che mi sarei preso cura della sua famiglia. Li avrei fatti vivere con me, non so come, ma ci saremmo presi cura di loro. A quel punto mi ero arreso e pensavo che fosse morto. Avevo visto Bill dopo il crollo della prima torre, quindi sapevo che stava bene.

Così iniziai a camminare verso un ristorante greco chiamato Mt. Everest a cui io e John andavamo regolarmente. Non avevano corrente elettrica, la porta era semiaperta e c'era un poliziotto che stava usando un telefono a pagamento. Chiesi alle persone che ci lavoravano se avessero visto John. Non mi riconobbero e dissero "Scusa non sappiamo di chi stai parlando, siamo chiusi, mi dispiace". Dissi "Sono io, Dominic, tu conosci sia me sia il mio compagno John." Andavamo spesso lì a pranzo. Per qualche motivo pensavo che John potesse aspettarmi in un posto che conoscevamo, per riposare, bere qualcosa. Non so. A quel punto mi riconobbero e mi aiutarono a pulirmi.

Finalmente salii in ufficio e scoprii che John era lì. Quando finalmente ci vedemmo ci abbracciammo e abbiamo pianto. Bill arrivò e ci abbracciammo anche con lui. Ci portarono in un ospedale fuori Manhattan a causa delle ferite che riportammo.

La mattina del 12 settembre 2001, seppi della foto con me e Donna. Dato che era stata scattata da un fotografo dell'Associated Press, è stata diffusa sui giornali e sulle riviste di tutto il mondo. È stata anche pubblicata dal Corriere della Sera quel giorno. Circa un mese dopo, le nostre famiglie si sono incontrate a casa sua nel New Jersey. Da allora siamo diventati ottimi amici e entrambi diciamo che la nostra amicizia è l'unica cosa positiva che è venuta fuori da quella giornata orribile. Non so bene perché quella foto abbia ricevuto così tanta attenzione, forse perché mostra che l’umanità che si aiuta.


Undicisettembre: Cosa ti è successo nei giorni e nei mesi successivi?

Dominic Guadagnoli: Ricordo i giorni, le settimane, anche mesi dopo l'11 settembre, la fratellanza, la solidarietà e l'unità che si sentivano e si vedevano.

Molti di noi uscirono e comprarono bandiere. Secondo il St. Petersburg Times, il 12 settembre 2001, Walmart ha venduto 116.000 bandiere rispetto alle 6400 dello stesso giorno dell'anno precedente. C'erano bandiere che sventolavano da ogni casa e macchina. Ricordo di aver visto ovunque striscioni e adesivi che testimoniavano l'amore per il nostro paese ovunque. C'erano persone per le strade di New York con cartelli che dicevano "Grazie per quello che hai fatto", "Grazie eroi". Andò avanti per mesi e mesi. Le persone erano in fila per donare il sangue, si offrivano volontariamente e arrivarono provviste a Ground Zero quasi istantaneamente da tutto il paese. Le donazioni alle associazioni di beneficenza salirono alle stelle. Secondo quanto riferito, gli americani donarono quasi due miliardi di dollari.

Sembrava che le barriere tra le persone scomparissero. Non importava se eri nero o bianco, ispanico, asiatico o europeo. Potevi credere in Gesù, Dio, Buddha, Allah o nessuno per quel che importava. Le divisioni caddero per far posto all’unione. Per me era ovvio che insieme avevamo condiviso il dolore e non siamo mai stati più orgogliosi di essere americani.

Ho visto segni di amore, gentilezza, spiritualità e patriottismo. Si vedeva l’umanità aiutare l’umanità, e le persone erano veramente grate l'una all'altra. La gente si appoggiava l'un l'altra, sperando di riuscire in qualche modo a superare quel momento, anche se all'epoca sembrava quasi impossibile.


Undicisettembre: In che modo l'11/9 influenza ancora oggi il lavoro quotidiano degli US Marshals?

Dominic Guadagnoli: Non posso dire che lo influenza come accade ad esempio per gli aeroporti. Cose come la sicurezza negli uffici dei tribunali erano già piuttosto intense a causa di ciò che accadde nel 1993 e perché al tempo c'erano state importanti minacce contro diversi giudici che presiedevano le deposizioni per l’attentato del 1993. Lo sceicco Omar Abdel Rahman e il suo gruppo avevano pianificato di saltare in aria i tunnel, il quartier generale dell'FBI, l'ufficio del procuratore degli Stati Uniti e il quartier generale della polizia. Quindi a causa di ciò i Marshals avevano già avuto un aumento della sicurezza.

Da allora ovviamente con la tecnologia moderna era ulteriormente migliorata. Non penso ci siano stati cambiamenti con effetti quotidiani, ma i servizi di protezione per i giudici o i servizi di intelligence come la Joint Terrorism Task Force o l’FBI ovviamente sono più rigidi.

Nel nostro lavoro quotidiano direi che è non qualcosa che ha effetti di per sé.


Undicisettembre: In che modo l'11/9 influisce sulla tua vita quotidiana?

Dominic Guadagnoli: Penso di aver visto mille volte gli orologi che mostrano le ore 9:11. Ieri mattina è andata via la corrente e l’orario che lampeggiava era 9:11. Sembra che ogni volta che mi fermo a guardare l'orologio siano le 9:11.

Ho ancora problemi a volte con forti rumori, a volte posso essere nervoso. Una cosa che noto con gli anni che sono passati è che ogni anno quando si avvicina l'anniversario mi sembra di essere un po' più irritabile, un po' più irascibile. Quando si avvicina l'anniversario, un mese prima inizio a sentirmi più ansioso, mi irrito più facilmente. La gente se ne esce con queste teorie del complotto e normalmente le escluderei come "un piccolo problema", ma vicino all'anniversario mi danno più fastidio.

Il giorno dell'anniversario è una giornata in cui mi sento intontito, è una situazione strana e nei giorni successivi torna tutto normale. Non esce mai dalla tua mente, è nella tua mente 24 ore su 24; stai guardando un programma TV e vedi le Twin Towers o dei jet che volano e ti viene in mente l'11/9. Non è passato un giorno in cui qualcosa non ti ci faccia pensare. Alcuni giorni è lì in primo piano, alcuni giorni c'è solo un po’, ma è sempre lì.


Undicisettembre: Cosa ne pensi delle teorie del complotto secondo cui l'11/9 è stato un inside job?

Dominic Guadagnoli: Penso che sia spazzatura. Non so come la gente possa creare queste idee nelle loro menti. Anche se non fossi stato lì, non capirei come la gente possa inventare queste cose; penso che sia una cosa politica o per ottenere attenzione.

Ricordo che nel decimo anniversario ero qui in Florida, stavo guidando lungo una strada e vidi che qualcuno aveva attaccato a un albero un cartello con l’indirizzo del sito www.911truth.org. Fermai la macchina, lo strappai e lo gettai nel bosco. Questo è ciò che penso.


Undicisettembre: Cosa pensi della sicurezza oggi? La nazione è più sicura rispetto al 2001?

Dominic Guadagnoli: Penso che ci siano meccanismi che ci fanno sentire più sicuri, quindi in qualche modo sì, spero che abbiamo imparato. Ma essendo nelle forze dell'ordine, vedo varie cose e come si suol dire "Una catena è tanto forte quanto il suo anello più debole"; a volte passiamo attraverso i controlli di sicurezza, come ad un concerto o allo stadio, e non mi controllano, o controllano una persona ma non l’altra.

Di recente sono andato a un famoso parco di divertimenti della Florida, dove ci sono negozi e altre cose, ho lasciato la macchina nel parcheggio e sono entrato direttamente e l’addetto alla sicurezza ha solo guardato la gente che entrava. Nessuno mi ha controllato. Ma se vai a Magic Kingdom [parco tematico all’interno di Disney World], ti prendono l'impronta digitale, vieni controllato e passi attraverso i magnetometri. È successo anche a mio figlio, è un ragazzino di 15 anni e gli hanno guardato la borsa e hanno detto "Ok, vai." So che fanno profiling e forse lui non ricade nel profilo corretto, hanno soppesato la borsa e si sono assicurati che non avesse armi da fuoco, ma al giorno d’oggi dovrebbero controllare tutti: indipendentemente dal fatto che abbiano quattordici o cento anni. Se vuoi avere sicurezza, devi avere sicurezza. La sicurezza è al 100% oppure non è sicurezza; se non è al 100%, perché preoccuparsi e perché infastidire le persone?

Se dobbiamo essere sicuri al 100%, dobbiamo essere sicuri al 100%, non possiamo essere schizzinosi. Penso che tu sappia cosa succede in America nelle scuole ora; sono obiettivi vulnerabili, persino le chiese e i supermercati sono obiettivi vulnerabili. Hai visto cosa è successo in Nuova Zelanda e a El Paso e in molti altri luoghi. Non so quale sia la risposta per questo, ma se vuoi avere sicurezza devi andare fino in fondo. Solo metà non ha senso.

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