di Hammer. L'originale inglese è disponibile qui.
Anthony Agnelli è un ex detective dell'NYPD che l'11/9 fu inviato sulla scena e arrivo al World Trade Center dopo il crollo della seconda torre. Per raccontarci la sua esperienza di quel giorno Agnelli ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.
Ringraziamo Anthony Agnelli per la sua cortesia e disponibilità.
Anthony Agnelli è un ex detective dell'NYPD che l'11/9 fu inviato sulla scena e arrivo al World Trade Center dopo il crollo della seconda torre. Per raccontarci la sua esperienza di quel giorno Agnelli ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.
Ringraziamo Anthony Agnelli per la sua cortesia e disponibilità.
Undicisettembre: Ci puoi fare un racconto generale di ciò che hai visto e vissuto l’11/9?
Anthony Agnelli: Ero a casa, al tempo abitavo appena fuori città e sarei andato al lavoro nel pomeriggio perché quel giorno c'erano le elezioni primarie. Quindi avevano mandato tutti a lavorare ai seggi. Mi alzai la mattina e mia moglie mi chiamò al telefono, lavorava in città e stava andando là in macchina, e mi disse di aver sentito alla radio che un aereo si era schiantato contro il World Trade Center. Guardai fuori ed era una giornata bellissima e cercai di capire come fosse possibile che un aereo andasse a schiantarsi contro il World Trade Center in una giornata perfettamente limpida. Immediatamente accesi il televisore e vidi il secondo aereo schiantarsi contro il World Trade Center e a quel punto tutti capirono cosa stesse succedendo.
Appena dopo annunciarono in televisione che tutti gli ufficiali di polizia non in servizio e i pompieri dovevano recarsi immediatamente al lavoro, quindi mi vestii e mi preparai ad andare, salii in macchina e iniziai a correre giù verso la città. Ci arrivai abbastanza velocemente, c'era un bel gruppo di macchine in autostrada di poliziotti e pompieri e mezzi di soccorso che stavano tutte andando alla massima velocità possibile. Quando arrivai sulla scena incontrai un paio di altre persone tra cui il mio tenente. Salimmo su una macchina, passammo appena a destra del World Trade Center e io volli scendere dalla macchina per andare lì. La seconda torre era già crollata. Scesi dalla macchina e mi separai dalle altre persone con cui lavoravo e corsi giù verso il sito, ero a quindici o venti metri da dove si trovava la Torre Sud, e c'era un gruppo di poliziotti che guardavano la pila e non potevamo credere a ciò che stavamo vedendo, era quasi buio nel mezzo della giornata.
Dopodiché provammo a organizzarci in squadre e provammo a capire cosa avremmo dovuto fare e come; praticamente non avevamo strumenti, non avevamo nulla, non avevamo maschere, non avevamo abiti da lavoro. Iniziammo a salire sulla pila e a scavare con le manette tra le macerie cercando di fare un buco. Passammo molto tempo a fare questo. Intorno alle cinque del pomeriggio fu azionata una cellula temporanea per i telefoni cellulari perché mancava la corrente elettrica e il servizio per i cellulari non funzionava nella parte meridionale di Manhattan, quindi immediatamente presi il telefono e chiamai a casa. Mia moglie rispose al telefono e c'era con lei anche mia figlia, aveva 16 anni, spiegai loro dove mi trovavo e dopo un minuto che eravamo al telefono il World Trade Center 7 iniziò a crollare. Tutti iniziarono a correre e la nube di polvere ci investì mentre io ero al telefono con mia moglie e mia figlia che guardavano la televisione, quindi videro il palazzo che iniziava a crollare e mi sentirono iniziare a correre e pensarono: “Oh mio Dio, è in pericolo!”. Sentii le loro urla al telefono mentre correvo via per la strada.
La nube di polvere ci investì con molti detriti. Finalmente tornai al telefono e dissi loro che stavo bene.
Rimanemmo lì fino alle due del mattino, e poi ci dissero di andare a casa, di riposarci un po' e di tornare indietro alle cinque che era folle. I miei genitori vivevano nel Queens che era a circa dieci chilometri dal World Trade Center. Andai là, loro non erano a casa, erano in vacanza, ma andai a casa loro, mi stesi per un paio d'ore, mi alzai, feci una doccia e tornai subito lì.
Undicisettembre: Puoi confermare che il World Trade Center 7 stava bruciando ed era fuori controllo?
Anthony Agnelli: Oh, tutta la parte frontale dell'edificio era stata strappata via; anche se alle volte vedi foto del retro del palazzo mentre crolla e sembra che sia integro. C'era un buco gigantesco nella parte frontale dell'edificio dove una delle torri era caduta e aveva causato un danno enorme. Era tutto il giorno che bruciava. Bruciava dal mattino e i pompieri non stavano neanche tentando di spegnere l’incendio, l'avevano abbandonato per via di tutto ciò che era successo. Non stavano neanche gettando acqua sul fuoco, l'hanno semplicemente abbandonato.
Undicisettembre: Mentre il World Trade Center 7 crollava hai sentito delle esplosioni misteriose?
Anthony Agnelli: No. E la cosa divertente è che appena prima che il World Trade Center 7 crollasse stavamo lavorando in un posto e un capitano arrivò e prese alcuni di noi, circa quindici o venti detective che erano nella mia unità, eravamo in abiti civili; ci disse “Ho qualcosa da farvi fare, venite tutti con me.” Eravamo sulla strada che è proprio di fronte al World Trade Center 3 e lui ci portò fino a un isolato dal World Trade Center 7 e ci disse “State qui, ho qualcosa da farvi fare, torno subito.” Se ne andò e due minuti dopo ero al telefono con mia moglie, circa cento metri da uno dei vertici del palazzo, ero a questa distanza dal World Trade Center 7. Ero al telefono stavo guardando proprio il WTC7 e mi stavo dicendo “Wow, questo palazzo sta per crollare!” i primi piani alla base erano avvolti dalle fiamme. Stavamo commentando tra di noi “I pompieri non stanno facendo nulla per questo palazzo, si sono arresi.”
Un minuto o due dopo ero al telefono e guardavo direttamente il World Trade Center 7, le finestre iniziarono a vibrare e il palazzo iniziò ad ondeggiare leggermente, attimi dopo è crollato. Non ci furono esplosioni ed ero proprio a cento metri.
Undicisettembre: Cosa avete fatto nei giorni successivi?
Anthony Agnelli: Tutti si organizzarono un po' di più, perché nel primo giorno c'era molta poca organizzazione, nessuno aveva un incarico e nessuno sapeva cosa fare; nessuno aveva mai affrontato qualcosa del genere, non avevamo strumenti o niente del genere.
Nel dipartimento di polizia funziona che un sergente ha un ruolino, ci scrive il suo nome perché lui è il supervisore, e prende circa dieci detective o ufficiali di polizia della sua squadra e mette i suoi nomi sul ruolino. Va dal suo superiore, tenente o capitano, e gli dicono “Prendi la tua squadra, vai in questo posto e fai questo.” La seconda mattina fummo organizzati in una squadra con il mio sergente, andammo proprio alla base della Torre Sud e ognuno stava svolgendo l'incarico che gli era stato assegnato. Andammo alla pila, iniziammo a scavare e a cercare oggetti o persone e lavorammo insieme al dipartimento dei vigili del fuoco. Puoi vedere foto di ciò che chiamano la “brigata del secchio” in cui riempiono secchi con macerie della pila che era alta fino a quindici metri in alcune zone; scalavamo la pila fino alla sommità e iniziavamo a scavare passando i secchi avanti e indietro e scaricandoli in strada per poi portarli di nuovo su.
Cercavamo anche di trovare persone, ovviamente non trovammo nessuno. Il primo giorno fu molto più caotico perché nessuno sapeva cosa stava succedendo, c'erano aerei militari che volavano sopra Manhattan, che non succede mai, e le persone si spaventavano a morte.
Molti palazzi attorno al sito furono danneggiati e ci fu molta paura che quei palazzi potessero crollare come il World Trade Center 7. C'erano voci che alcuni di quegli edifici non erano stabili e che li stavano evacuando, le persone correvano via. Mentre i giorni passavano la gente si calmò, per quanto fosse possibile calmarsi, e si organizzò. Iniziammo a fare la “brigata del secchio” e a portare le cose fuori e a cercare sopravvissuti. Trovavamo persone parzialmente sepolte che erano morte, cercammo di disseppellirle e portarle fuori. Accaddero molte cose la prima settimana, facemmo questo per dodici o diciotto ore al giorno.
Undicisettembre: Quanto ci volle prima che la situazione tornasse alla normalità?
Anthony Agnelli: Non successe mai, fino all'ultimo mese che stetti lì, quando era già abbastanza pulito. A quell’epoca ero nell'unità investigativa sui narcotici di Manhattan, semplicemente ci fu detto “Abbandonate i vostri casi, dimenticate il vostro ruolo nelle forze dell'ordine. Andate là tutti i giorni finché non sarà finito.” Quindi lavorammo là tutto il tempo. La prima settimana lavorammo sette giorni di fila, dalla seconda settimana facemmo sei giorni per tre o quattro settimane, e poi abbassiamo a turni di dodici ore per cinque giorni a settimana, ma questo successe più avanti. In seguito passai del tempo anche alla discarica di Staten Island.
Undicisettembre: L’11/9 come condiziona l’attività quotidiana dell’NYPD ancora oggi?
Anthony Agnelli: Prima dell’11/9 non avevamo una grande unità investigativa antiterrorismo, i nostri obiettivi principali non riguardavano il terrorismo. Ora una gran parte di ciò che fanno è antiterrorismo, unità intere sono state formate solo per gestire il terrorismo. Ma l’NYPD è molto, molto peculiare sotto molti aspetti: è un dipartimento gigantesco, abbiamo 40.000 membri, quindi se avessero cambiato le cose gestendolo come un piccolo dipartimento ne sarebbero stati distrutti, non sarebbero stati in grado di gestirlo. Perché dovevamo fare pattugliamento, svolgevamo la nostra attività normale e siamo stati in grado al contempo di pulire il sito e di metterci in modalità antiterrorismo. A Times Square vedi la polizia ovunque con armi lunghe, fucili d'assalto, armature complete; prima dell’11/9 non c'era nulla di tutto ciò.
Undicisettembre: L’11/9 come condiziona la tua vita quotidiana?
Anthony Agnelli: All'inizio non ci fu mai un giorno in cui non ci pensavo, fino circa al 2015. Ogni giorno ci pensavo. Guardavo il cielo, vedevo un aereo che volava sopra la mia casa e pensavo all’11/9. Se stavo facendo il barbecue, o qualcuno nella casa accanto lo stava facendo, sentivo l'odore del fumo e pensavo all’11/9. Se sentivo rumori forti o certi odori, mi scattava in testa il ricordo dell’11/9. Ora mi succede ancora ma lentamente lo sto mettendo nel retro della mia testa; è ancora lì, ci penso ancora per via di tutte le persone che sono malate per aver respirato le polveri dell’11/9, ma per me adesso è meno negativo. E quando ne parlo e terapeutico, mi aiuta.
Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto secondo cui l’11/9 è stato un autoattentato?
Anthony Agnelli: Penso che siano ridicole. Non ha alcun senso. Li ascolto, leggo le cose che scrivono, ho visto i video in cui le persone discutono queste tesi della cospirazione. Ma io ero lì e loro no. Molte sono concentrate sul World Trade Center 7, è il punto cruciale delle teorie del complotto. So per aver fatto delle indagini che le persone possono prendere un piccolo filo e tesserlo in un maglione gigantesco.
Quando guardi il palazzo sembra che sia integro da alcune angolazioni, quindi creano queste storie ma non hanno senso e io lo so perché ero là. Non so perché lo facciano, forse perché sono in cerca di fama o forse perché sono antigovernativi. Vivono negli Stati Uniti, ma odiano gli Stati Uniti e vogliono far sembrare che gli Stati Uniti facciano sempre qualcosa di malvagio. Ma non mi offendono, penso solo che siano ridicole.
Undicisettembre: Cosa pensi della sicurezza oggi? Credi che la nazione sia più sicura oggi rispetto al 2001?
Anthony Agnelli: Credo che sia più sicura. Ma non credo che stiano facendo un lavoro sufficiente nella sicurezza, penso che sia diventata una cosa politica ed è abbastanza triste che sia diventato così. È diventata una cosa da repubblicani contro democratici. Le persone arrivano in questa nazione, e credo che anche voi lo vediate in Italia con persone che arrivano dalla Siria e nessuno sa chi sono e ora che sono nella vostra nazione nessuno sa cosa possono fare. Credo che l'Europa abbia aperto i propri porti un po' di più per ciò che sta succedendo là.
Quindi credo che sia più sicura, hanno reso i viaggi aerei più sicuri, hanno irrobustito la sicurezza su alcuni obiettivi in modo che non puoi prendere un camion o un autobomba e andare a schiantartici, quindi abbiamo reso la situazione migliore ma c'è altro che possiamo fare ai confini per essere più attenti su chi facciamo entrare nel paese perché probabilmente il prossimo attacco verrà da lì. Abbiamo già avuto alcuni attacchi, questi piccoli attacchi dell'ISIS dove prendono un furgone a basso costo e lo guidano contro un marciapiede uccidendo un po' di persone, l'hanno fatto anche in Europa, ma credo che sia molto più sicuro di allora.
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