di Hammer
Nel 2012 i giornalisti del Los Angeles Times Josh Meyer e Terry McDermott (autore anche del prezioso Perfect Soldiers) hanno pubblicato il volume The Hunt for KSM che, come dice il titolo stesso, narra della caccia e della cattura del famoso terrorista Khalid Sheikh Mohammed (spesso indicato come KSM), vero ideatore degli attentati dell'11/9.
Il libro si apre con il racconto della cattura del noto membro di al Qaeda Abu Zubaydah in Pakistan nel marzo del 2002 e del suo interrogatorio in Thailandia. Il prigioniero si dimostrò da subito collaborativo con gli inquirenti e li aiutò a identificare proprio Khalid Sheikh Mohammed, conosciuto nel mondo jihadista con il nome di Mukhtar, come una delle menti dell'11/9 quando gliene fu mostrata una foto.
L'autore passa quindi a narrare in breve la vita di KSM, dai primi anni trascorsi in Kuwait, dove nacque nel 1965, al trasferimento per gli studi di ingegneria in North Carolina nel 1984, al primo incontro con i movimenti jihadisti in Pakistan, dove si spostò nel 1989, alla breve permanenza a Doha nel 1992.
Nel 1994 KSM si trasferì con il nipote Ramzi Youssef (che al tempo era braccato dall'FBI in seguito all'attentato del 1993 contro le Torri Gemelle) a Manila, dove insieme progettarono dapprima un duplice attentato allo scopo di uccidere il presidente Bill Clinton e il papa Giovanni Paolo II. Il piano fu presto abbandonato perché i due temevano di non essere in grado di superare la sicurezza che avrebbe protetto le due personalità; sostituirono quindi il loro piano con quello di far esplodere un numero imprecisato di aerei di linea in volo in varie parti del mondo. Il piano era noto come Bojinka. Tuttavia anche questo fallì a causa di un'esplosione in casa di uno dei cospiratori, Abdul Hakim Murad, che attirò l'attenzione della polizia filippina, che scoprì così il piano terroristico.
Ramzi Youssef e KSM riuscirono a scappare dalle Filippine il giorno stesso dell'incidente, ma Murad fu arrestato mentre su ordine di Yussef tornava a recuperare il PC di quest'ultimo. Il computer finì nelle mani della polizia, che capì che il suo proprietario era tra gli organizzatori dell'attentato al World Trade Center. Dai dati contenuti nel PC gli inquirenti capirono anche che uno degli organizzatori del piano sventato era proprio Khalid Sheikh Mohammed, fino ad allora considerato una figura di secondo piano. Youssef scappò in Pakistan, dove un suo collaboratore, il sudafricano Istaique Parker, ne tradì la fiducia consegnandolo agli inquirenti statunitensi.
Youssef fu catturato e portato a New York, dove fu interrogato e confessò di aver progettato il piano Bojinka e di aver condotto l'attentato contro il World Trade Center del 1993. Nel 1995 in Malesia fu arrestato anche Wali Khan, un altro dei cospiratori del piano Bojinka; anche lui fu portato a New York per essere interrogato. Tuttavia né Murad, né Youssef, né Khan fornirono informazioni su dove si trovasse KSM. Nel frattempo questi si trasferì in Qatar, dove l'FBI non poté catturarlo, nonostante fosse stato localizzato, perché le autorità qatariote si dimostrarono poco collaborative. Dal Qatar KSM si spostò in Pakistan, dove organizzò un incontro con Osama bin Laden a Tora Bora. In tale occasione KSM propose a bin Laden di organizzare un attacco contro gli USA usando degli aerei di linea come missili.
Osama accolse favorevolmente la proposta e nel 1999 iniziò a selezionare gli uomini del commando che avrebbe condotto l'attentato. Nel 2000 si svolse il celebre summit del terrore di Kuala Lumpur e nel 2001 l'attentato ideato da KSM e bin Laden fu tragicamente realizzato.
Dopo l'11/9 la Casa Bianca affidò alla CIA il ruolo di guida nelle indagini contro i perpetratori, scelta che l'FBI non accettò di buon grado. Inoltre, poco dopo l'attentato partì l'azione militare americana in Afghanistan che causò la caduta del governo dei Talebani e l'uccisione di alcuni vertici di al Qaeda. Tuttavia Osama bin Laden riuscì a scappare attraverso il dedalo di cunicoli delle montagne di Tora Bora. Nelle indagini e per il supporto militare, gli USA si dovettero alleare con il Pakistan; l'alleanza funzionò bene sulla carta ma meno sul campo, sia per via della facile corruttibilità degli agenti dell'ISI sia per la loro scarsità di mezzi.
Nel 2002 venne rapito e ucciso il giornalista americano Daniel Pearl; in seguito all'omicidio venne diffuso il video in cui l'uomo veniva decapitato e gli inquirenti americani ebbero da subito il sospetto che l'uomo corpulento che decapitava il giornalista nel video fosse proprio KSM.
Poche settimane dopo Abu Zubaydah confermò che KSM era l'organizzatore dell'11/9. Nello stesso periodo il giornalista egiziano Yosri Fouda intervistò proprio KSM e l'intervista (in cui KSM ammise apertamente il proprio ruolo di ideatore degli attentati dell'11/9) venne poi pubblicata nel celebre libro Masterminds of Terror. Abu Zubaydah, durante gli interrogatori, spiegò agli inquirenti dove KSM si trovasse a Karachi, in Pakistan. Dapprima le ricerche andarono a vuoto; in un raid che avrebbe dovuto arrestare KSM, che riuscì a scappare in tempo, venne invece preso il suo collaboratore Ramzi Binalshibh.
In seguito al primo fallimento, la CIA reclutò un collaboratore di KSM, di cui gli autori omettono il vero nome, che comunicò dove KSM si trovasse. Il terrorista venne finalmente catturato di notte a Rawalpindi, nei primi mesi del 2003, mentre era intontito dalle medicine che aveva preso per dormire.
Una volta nelle mani degli inquirenti americani, KSM venne trasferito più volte e poi portato a Guantanamo, dove la CIA lo interrogò sottoponendolo a tortura. Il terrorista fornì informazioni vere e altre false per accontentare gli interrogatori e interrompere la tortura, e anche per far perdere loro tempo prezioso. KSM omise sicuramente anche delle informazioni importanti; per esempio non disse nulla degli attentati che si sarebbero svolti a Madrid nel 2004, di cui non poteva non essere al corrente.
I due autori chiudono il volume con la considerazione che, nonostante l'uccisione di Osama bin Laden nel 2011 sia stata molto più celebrata della cattura di KSM, quest'ultimo aveva in al Qaeda un ruolo quasi più importante di quello del fondatore, che quando fu ucciso viveva nascosto, isolato e incapace di agire.
Nel 2012 i giornalisti del Los Angeles Times Josh Meyer e Terry McDermott (autore anche del prezioso Perfect Soldiers) hanno pubblicato il volume The Hunt for KSM che, come dice il titolo stesso, narra della caccia e della cattura del famoso terrorista Khalid Sheikh Mohammed (spesso indicato come KSM), vero ideatore degli attentati dell'11/9.
Il libro si apre con il racconto della cattura del noto membro di al Qaeda Abu Zubaydah in Pakistan nel marzo del 2002 e del suo interrogatorio in Thailandia. Il prigioniero si dimostrò da subito collaborativo con gli inquirenti e li aiutò a identificare proprio Khalid Sheikh Mohammed, conosciuto nel mondo jihadista con il nome di Mukhtar, come una delle menti dell'11/9 quando gliene fu mostrata una foto.
L'autore passa quindi a narrare in breve la vita di KSM, dai primi anni trascorsi in Kuwait, dove nacque nel 1965, al trasferimento per gli studi di ingegneria in North Carolina nel 1984, al primo incontro con i movimenti jihadisti in Pakistan, dove si spostò nel 1989, alla breve permanenza a Doha nel 1992.
Nel 1994 KSM si trasferì con il nipote Ramzi Youssef (che al tempo era braccato dall'FBI in seguito all'attentato del 1993 contro le Torri Gemelle) a Manila, dove insieme progettarono dapprima un duplice attentato allo scopo di uccidere il presidente Bill Clinton e il papa Giovanni Paolo II. Il piano fu presto abbandonato perché i due temevano di non essere in grado di superare la sicurezza che avrebbe protetto le due personalità; sostituirono quindi il loro piano con quello di far esplodere un numero imprecisato di aerei di linea in volo in varie parti del mondo. Il piano era noto come Bojinka. Tuttavia anche questo fallì a causa di un'esplosione in casa di uno dei cospiratori, Abdul Hakim Murad, che attirò l'attenzione della polizia filippina, che scoprì così il piano terroristico.
Ramzi Youssef e KSM riuscirono a scappare dalle Filippine il giorno stesso dell'incidente, ma Murad fu arrestato mentre su ordine di Yussef tornava a recuperare il PC di quest'ultimo. Il computer finì nelle mani della polizia, che capì che il suo proprietario era tra gli organizzatori dell'attentato al World Trade Center. Dai dati contenuti nel PC gli inquirenti capirono anche che uno degli organizzatori del piano sventato era proprio Khalid Sheikh Mohammed, fino ad allora considerato una figura di secondo piano. Youssef scappò in Pakistan, dove un suo collaboratore, il sudafricano Istaique Parker, ne tradì la fiducia consegnandolo agli inquirenti statunitensi.
Youssef fu catturato e portato a New York, dove fu interrogato e confessò di aver progettato il piano Bojinka e di aver condotto l'attentato contro il World Trade Center del 1993. Nel 1995 in Malesia fu arrestato anche Wali Khan, un altro dei cospiratori del piano Bojinka; anche lui fu portato a New York per essere interrogato. Tuttavia né Murad, né Youssef, né Khan fornirono informazioni su dove si trovasse KSM. Nel frattempo questi si trasferì in Qatar, dove l'FBI non poté catturarlo, nonostante fosse stato localizzato, perché le autorità qatariote si dimostrarono poco collaborative. Dal Qatar KSM si spostò in Pakistan, dove organizzò un incontro con Osama bin Laden a Tora Bora. In tale occasione KSM propose a bin Laden di organizzare un attacco contro gli USA usando degli aerei di linea come missili.
Osama accolse favorevolmente la proposta e nel 1999 iniziò a selezionare gli uomini del commando che avrebbe condotto l'attentato. Nel 2000 si svolse il celebre summit del terrore di Kuala Lumpur e nel 2001 l'attentato ideato da KSM e bin Laden fu tragicamente realizzato.
Dopo l'11/9 la Casa Bianca affidò alla CIA il ruolo di guida nelle indagini contro i perpetratori, scelta che l'FBI non accettò di buon grado. Inoltre, poco dopo l'attentato partì l'azione militare americana in Afghanistan che causò la caduta del governo dei Talebani e l'uccisione di alcuni vertici di al Qaeda. Tuttavia Osama bin Laden riuscì a scappare attraverso il dedalo di cunicoli delle montagne di Tora Bora. Nelle indagini e per il supporto militare, gli USA si dovettero alleare con il Pakistan; l'alleanza funzionò bene sulla carta ma meno sul campo, sia per via della facile corruttibilità degli agenti dell'ISI sia per la loro scarsità di mezzi.
Nel 2002 venne rapito e ucciso il giornalista americano Daniel Pearl; in seguito all'omicidio venne diffuso il video in cui l'uomo veniva decapitato e gli inquirenti americani ebbero da subito il sospetto che l'uomo corpulento che decapitava il giornalista nel video fosse proprio KSM.
Poche settimane dopo Abu Zubaydah confermò che KSM era l'organizzatore dell'11/9. Nello stesso periodo il giornalista egiziano Yosri Fouda intervistò proprio KSM e l'intervista (in cui KSM ammise apertamente il proprio ruolo di ideatore degli attentati dell'11/9) venne poi pubblicata nel celebre libro Masterminds of Terror. Abu Zubaydah, durante gli interrogatori, spiegò agli inquirenti dove KSM si trovasse a Karachi, in Pakistan. Dapprima le ricerche andarono a vuoto; in un raid che avrebbe dovuto arrestare KSM, che riuscì a scappare in tempo, venne invece preso il suo collaboratore Ramzi Binalshibh.
In seguito al primo fallimento, la CIA reclutò un collaboratore di KSM, di cui gli autori omettono il vero nome, che comunicò dove KSM si trovasse. Il terrorista venne finalmente catturato di notte a Rawalpindi, nei primi mesi del 2003, mentre era intontito dalle medicine che aveva preso per dormire.
Una volta nelle mani degli inquirenti americani, KSM venne trasferito più volte e poi portato a Guantanamo, dove la CIA lo interrogò sottoponendolo a tortura. Il terrorista fornì informazioni vere e altre false per accontentare gli interrogatori e interrompere la tortura, e anche per far perdere loro tempo prezioso. KSM omise sicuramente anche delle informazioni importanti; per esempio non disse nulla degli attentati che si sarebbero svolti a Madrid nel 2004, di cui non poteva non essere al corrente.
I due autori chiudono il volume con la considerazione che, nonostante l'uccisione di Osama bin Laden nel 2011 sia stata molto più celebrata della cattura di KSM, quest'ultimo aveva in al Qaeda un ruolo quasi più importante di quello del fondatore, che quando fu ucciso viveva nascosto, isolato e incapace di agire.
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