Sei mesi dopo l'attentato dell'11/9 il giornalista della CNN Peter Bergen ha pubblicato il volume intitolato Holy War, inc in cui ricostruisce la storia di al Qaeda e del suo fondatore. Il volume è disponibile anche in italiano con il medesimo titolo.
Il libro si apre con un lungo prologo in cui Bergen narra del proprio viaggio insieme al collega Peter Arnett in Afghanistan nel 1997 al fine di incontrare Osama bin Laden per un'intervista. I due giornalisti atterrarono con l'aereo nella capitale pakistana Islamabad e il tragitto proseguì con un autoveicolo fino all'Afghanistan. L'autore offre un racconto vivido dei profumi, dei rumori, dei mercati e dei paesaggi che sembravano tratti da Il Signore degli Anelli, come lui stesso dice, incontrati durante il lungo viaggio fino Jalalabad dove furono raggiunti dagli emissari di Osama bin Laden che li condussero bendati al luogo dove si nascondeva il loro capo. Bergen racconta quindi dell'incontro con il terrorista saudita e dell'intervista che questi concesse con l'aiuto di un interprete, nonostante in varie occasioni Osama dimostrasse di essere in grado di capire le domande in inglese senza traduzione.
Nel primo capitolo l'autore sostiene che la necessità di scrivere un libro che chiarisca le origini di al Qaeda e la storia personale di bin Laden nasce dal fatto che molto di ciò che si legge su articoli di giornale o libri è falso o basato su leggende metropolitane infondate. Tra i libri che contengono errori e imprecisioni cita anche la celeberrima biografia Bin Laden: The Man Who Declared War On America di Yossef Bodansky che narra di un viaggio, nella realtà mai compiuto, a Beirut di bin Laden in età giovanile durante il quale si sarebbe dedicato all'alcol, alle donne e alle risse da bar. Bodansky aumenta il proprio bagaglio di inesattezze sostenendo che Osama abbia vissuto a lungo a Londra e che nel 1996 sarebbe anche stato corresponsabile dell'abbattimento del volo TWA800.
Bergen passa quindi a descrivere le origini di bin Laden, figlio di un imprenditore edile saudita di grande successo proveniente da una famiglia yemenita. Nei primi anni 80 Osama viveva spostandosi continuamente tra l'Arabia Saudita e l'Afghanistan dove fondò al Qaeda nel periodo di occupazione sovietica, inizialmente allo scopo di resistere all'invasore.
L'autore dedica quindi un intero capitolo a smentire le leggende secondo cui al Qaeda sarebbe stata legata alla CIA e abbia ricevuto finanziamenti proprio dall'agenzia statunitense. Bergen chiarisce infatti che i soldi che la CIA destinò ai guerriglieri locali che avrebbero dovuto ostacolare l'avanzata sovietica furono consegnati ai mujahideen attraverso la mediazione dei servizi segreti pakistani. L'amministrazione americana compì comunque degli errori in queste fasi: uno di questi fu l'aver dotato i mujahideen dei missili terra-aria Stinger. Lo Stinger, spalleggiabile e a ricerca di calore, consentì ai guerriglieri locali di abbattere numerosi aerei ed elicotteri sovietici, privando così il nemico del proprio principale vantaggio. Ma circa duecento di questi missili rimasero inutilizzati e finirono nelle mani dell'Iran, dei Talebani e di al Qaeda.
Nei primi anni novanta Osama iniziò a maturare l'odio verso gli Stati Uniti. Il 2 agosto del 1990 l'Iraq di Saddam Hussein avviò la propria offensiva militare verso il Kuwait al chiaro scopo di invaderlo. La risposta internazionale non si fece attendere e l'Arabia Saudita concesse alle truppe americane di entrare sul proprio suolo nell'ambito di quella che fu chiamata Operazione Desert Shield. Il rapporto tra Osama bin Laden e il governo saudita si trovò quindi irrimediabilmente compromesso perché quest'ultimo aveva concesso a degli "infedeli" di entrare sul proprio suolo. Il terrorista decise quindi di emigrare in Sudan dove governava un regime islamico fondamentalista.
Durante gli anni passati in Sudan Osama organizzò diversi attentati verso obiettivi statunitensi, tra cui il palazzo della National Guard a Riyadh e il complesso militare delle Khobar Towers a Dhahran. Al contempo Osama fondò un'organizzazione chiamata Advice and Reformation Committee basata in Arabia Saudita che aveva lo scopo di organizzare e incoraggiare l'opposizione al governo. Negli stessi anni bin Laden tentò anche di danneggiare il governo egiziano di Honsi Mubarak organizzando un piano, poi fallito, per uccidere il presidente durante un congresso ad Addis Abeba nel 1995 e con un attentato all'ambasciata egiziana in Pakistan nel novembre dello stesso anno.
I governi dell'Egitto e degli Stati Uniti fecero forti pressioni al governo del Sudan affinché espellesse Osama, e a seguito di tali pressioni internazionali, il terrorista saudita decise di tornare in Afghanistan. Durante il periodo trascorso nello stato asiatico al Qaeda compì due attentati contro altrettante ambasciate americane in Africa: in Kenya e Tanzania. A seguito di questi attentati gli Stati Uniti condussero bombardamenti mirati verso campi di addestramento di al Qaeda in Afghanistan e in Sudan nei quali rimasero uccisi numerosi miliziani legati a bin Laden.
L'autore apre quindi una digressione sulle condizioni dell'Afghanistan sotto il regime fondamentalista dei Talebani e sui rapporti tutt'altro che idilliaci tra Osama e il Mullah Omar, quest'ultimo infatti vedeva nella violenza propagandata dal terrorista un ulteriore ostacolo al riconoscimento internazionale del governo dei Talebani.
Il racconto riprende quindi con l'attentato al cacciatorpediniere USS Cole e con il racconto di un viaggio dell'autore nel villaggio di al Rubat, nella regione Yemenita dello Hadramawt, da cui è originaria la famiglia bin Laden la cui popolazione locale rigetta integralmente la guerra santa di al Qaeda e del suo leader.
Nell'ultimo capitolo del volume Bergen prova a rispondere a una domanda che tutti si sono prima o poi posti: cosa spinge Osama bin Laden a spargere morte e terrore? Contrariamente a quanto viene detto da alcuni giornalisti generalisti o da politici a scopi propagandistici, l'odio di bin Laden per gli USA non nasce da ragioni culturali ma dalla politica americana in medio oriente: ossia dalla presenza militare americana in Arabia Saudita, dal loro sostegno di Israele e di regimi considerati apostatici da Osama quali quelli di Arabia Saudita e Hosni Mubarak in Egitto. Secondo alcuni commentatori l'odio di al Qaeda e del suo leader verso gli Stati Uniti è da ricercarsi anche nelle disparità sociali tra l'occidente e il mondo arabo, ma Bergen scarta anche questa teoria sostendendo che se così fosse i dirottatori sarebbero stati scelti tra le classi più povere, e non in quelle benestanti, dei paesi arabi.
L'autore chiude il volume con un'altra importantissima riflessione. Quello condotto e causato da bin Laden non è uno scontro di civiltà tra mondo islamico e occidente, anzitutto perché l'Islam non è un monoblocco dal pensiero unico, ma soprattutto perché molte nazioni a maggioranza islamica osteggiano l'operato di al Qaeda e supportano gli Stati Uniti e i loro alleati nella guerra al terrorismo.
Anche il 9/11 Commission Report narra essenzialmente le vicende di al Qaeda. Lo scrivo perche` molti pensano che quel report sia un lavoro tecnico al pari dei lavori del NIST. No, e` un lavoro storico, di documentazione.
RispondiEliminaNell'incipit Holy War è scritto Holy Way.
RispondiEliminaCrazy,
RispondiEliminagrazie, corretto.