2015/11/30

L’ISIS inneggia all’11/9 e minaccia nuovi attacchi

di Hammer

Nel corso del 2015 l’ISIS ha pubblicato su Internet due video in cui inneggia agli attentati dell’11/9 e minaccia nuovi attacchi sul suolo americano.

Il primo è stato pubblicato nel mese di aprile, si intitola We Will Burn America e al momento in cui scriviamo è disponibile a questo indirizzo, tuttavia ne sconsigliamo la visione perché mostra immagini orribili di decapitazioni di massa e di quelle dei giornalisti americani James Foley e Steven Sotloff oltre alla morte del pilota giordano Moaz al-Kasasbeh, bruciato vivo in una gabbia.

Il filmato, narrato in arabo con sottotitoli in inglese, mostra anche immagini della devastazione dell’11/9 e loda quanto compiuto da al-Qaeda, sostenendo che i gruppi jihadisti siano cresciuti da allora e dispongano oggi di mezzi migliori per portare avanti i propri attacchi. Il video sostiene quindi che l'attacco verso i membri europei della coalizione guidata dagli USA è già iniziato con gli attentati di Parigi contro il giornale Charlie Hebdo, perpetrato dai terroristi francesi Said e Cherif Kouachi, e contro un negozio kosher, compiuto dal terrorista Amedy Coulibaly; inoltre, secondo il video, anche l'America subirà lo stesso trattamento e verrà interamente bruciata, la jihad ha già iniziato a spostarsi verso gli Stati Uniti con la sparatoria al Parlamento Canadese operata da Michael Zehaf-Bibeau.

Il video si conclude con la celebrazione degli attacchi informatici compiuti dal gruppo Cyber Caliphate, legato all'ISIS, ai danni di alcuni media francesi e degli account Twitter di U.S. Central Command, Newsweek e International Business Times.

Contestualmente alla pubblicazione del video l'ISIS ha lanciato l'hashtag #WeWillBurnUSAgain e alcuni estremisti e simpatizzanti dello Stato Islamico lo hanno utilizzato  per pubblicare su Twitter inquietanti fotomontaggi che mostrano obiettivi americani, come la Statua della Libertà, il Campidoglio o la Casa Bianca avvolti dalle fiamme. Esempi di queste immagini sono stati pubblicati dal New York Post, dal sito della ricercatrice Pamela Geller e dal blog di SITE Intelligence Group.

Un secondo video dello stesso tenore è stato pubblicato anche in occasione dell’anniversario dell’11/9. Il filmato, intitolato We Are Back in America, si apre lodando di nuovo le violazioni di sicurezza informatica operate da Cyber Caliphate ed esagerandone i successi: le scritte in sovrimpressione, con grossolani errori di inglese, sostengono che gli hacker abbiano violato le reti di NASA e Casa Bianca, cosa che ovviamente non è successa.

Anche in questo secondo video vengono mostrate le immagini delle Torri Gemelle in fiamme e di Osama bin Laden, di cui viene anche riportata una frase che invita i musulmani di tutto il mondo alla lotta contro americani, ebrei e cristiani; poco dopo l'ISIS minaccia un nuovo attacco sul suolo americano con la frase: “We will repeat September 11 and we will send cars full of explosives and suicide bombers.” (la traduzione in italiano è “Ripeteremo l'11/9 e invieremo auto piene di esplosivi e attentatori suicidi”). Il filmato è disponibile a questo indirizzo ma di nuovo ne sconsigliamo la visione per via delle immagini brutali; il video si distingue anche per il canto di sottofondo in inglese che loda i soldati di Allah con un linguaggio perfettamente comprensibile e non in arabo come nei precedenti.

Nonostante i rapporti tra ISIS e al-Qaeda non siano per nulla buoni, anche lo Stato Islamico loda quanto compiuto nel 2001 dall'organizzazione guidata da Osama bin Laden. Ci chiediamo se i complottisti pensino che l'ISIS sia parte della cospirazione o che i suoi leader siano tanto stupidi da confondere un inside job per un attentato terroristico.

2015/11/09

Il misterioso incidente occorso al SEAL Team 6

di Hammer

Secondo molte fonti complottiste i membri del SEAL Team 6 che compirono la missione che uccise Osama bin Laden sarebbero morti in un misterioso incidente il 6 agosto del 2011, quando un Boeing CH-47 Chinook militare fu abbattuto nella provincia di Vardak da un gruppo di Talebani. Tra i 38 passeggeri vi erano infatti 15 membri del SEAL Team 6.

La prima cosa che va notata riguardo a questa teoria è che è autocontraddittoria: se i militari che uccisero bin Laden sono stati eliminati in quanto testimoni scomodi, allora la missione che uccise il terrorista saudita si è svolta veramente e quindi non capiamo cosa i complottisti vogliano dimostrare con questa teoria.

Se questa spiegazione dettata dal buon senso non dovesse essere sufficiente, basta analizzare qual è la struttura del SEAL Team 6 per capire che banalmente i morti nell'incidente del Chinook sono altre persone rispetto a quelle che uccisero bin Laden. Contrariamente a quanto i complottisti pensano, il SEAL Team 6 non è un gruppuscolo di poche decine di persone e ogni incidente che colpisce questa squadra non coinvolge necessariamente tutti i membri del gruppo stesso.

Come riportato da varie fonti (tra cui due articoli del New York Times, intitolati SEAL Team 6: A Secret History of Quiet Killings and Blurred Lines e Inside SEAL Team 6), il Team 6 è composto da quattro squadroni d'assalto (Red Squadron, Blue Squadron, Silver Squadron e Gold Squadron) a cui si aggiungono il Black Squadron, che ha compiti di intelligence, sorveglianza e spionaggio (da solo conta oltre cento elementi ed è l'unico ad ammettere la presenza di donne) e il Gray Squadron, che ha il compito di guidare i mezzi di trasporto modificati apposta per il Team 6. In ultimo completa la formazione il Green Team, che è quello in cui vengono fatte la selezione e l'addestramento degli uomini che poi finiranno in uno degli squadroni.

I libri No Easy Day, scritto dal Navy SEAL Matt Bissonnette con lo pseudonimo di Mark Owen, e SEAL TEAM 6 di M. Clement Hall e un articolo del Navy Times riportano che ognuno dei quattro squadroni è diviso in tre truppe, guidate da un comandante, che a loro volta sono divise in squadre di circa sei elementi coordinate da un tenente. In totale i quattro squadroni di assalto comprendono circa 300 uomini.


La testimonianza di Matt Bissonnette riporta che gli uomini impiegati nella missione che uccise bin Laden erano 24; Rob O'Neill (al tempo nascosto sotto lo pseudonimo The shooter) e il Navy Times completano l'informazione aggiungendo che lo squadrone a cui appartenevano i militari era il Red Squadron. Questo dettaglio è stato confermato da un altro membro del Team, intervistato da Peter Bergen.

Al contrario, secondo varie fonti giornalistiche come USA Today o il New York Times, i militari morti nell'incidente del Chinook appartenevano al Gold Squadron e lo stesso giorno dell'abbattimento alcune fonti del Pentagono smentirono che tra i SEAL morti ci fosse qualcuno di quelli che avevano partecipato alla missione di Abbottabad; la notizia fu riportata tra gli altri da CBC News e dal Los Angeles Times. Dell'abbattimento del Chinook parla anche il secondo libro di Bissonnette, intitolato No Hero, senza però aggiungere dettagli significativi.

Nonostante bastino una ricerca di dieci minuti e un po' di buon senso a smentire questa ennesima teoria complottista, chi vuole trovare dei misteri laddove non ci sono non impiega neanche pochi minuti per verificare se la propria ipotesi sia fondata o no. Purtroppo è il medesimo copione a cui i complottisti ci hanno abituato da oltre un decennio.