2012/10/30

WTC3: Intervista con il sopravvissuto Patrick Anderson

di Hammer. L'originale inglese è diponibile qui.

L'11/9 del 2001 avrebbe dovuto svolgersi nel World Trade Center 3, l'hotel che si trovava in mezzo alle due Torri Gemelle, l'ultima giornata della conferenza annuale del NABE, National Association for Business Economics, i cui partecipanti provenivano da ogni zona degli Stati Uniti e anche da nazioni straniere.

Patrick Anderson, Amministratore Delegato della Anderson Econimic Group con sede nel Michigan, si trovava a New York proprio per partecipare alla conferenza e fu testimone del più terribile attentato della storia. Anderson ha accettato di raccontare la propria storia a Undicisettembre affinché resti viva la memoria di quanto accaduto l'11/9/2001.

Offriamo di seguito ai nostri lettori l'intervista rilasciataci da Patrick Anderson, che ringraziamo per la sua cortesia e disponibilità.


Undicisettembre: Puoi farci un breve racconto della tua esperienza? Cosa ricordi in generale?

Patrick Anderson: Ero a New York per una conferenza di economisti. Avevamo un gruppo di persone che venivano da tutto il paese e la conferenza si teneva al World Trade Center Marriott, l'hotel che stava in mezzo alle due Torri gigantesche. Di suo era un grattacielo, ma sembrava piccolo rispetto alle Torri. Eravamo a una conferenza con budget basso, quindi i nostri incontri si tenevano ai piani inferiori, e per quanto ne so tutti i partecipanti sono sopravvissuti.

Comunque, il giorno precedente all'11/9 avevo avuto una bella cena con un amico ed ero tornato verso mezzanotte. Ricordo di aver pensato: “Che bella giornata e che bella serata”, c'erano le luci accese ed ero a New York City. Ero anche stato a Little Italy sabato sera, avevamo fatto una passeggiata e mi piacque molto la cultura Italo-Americana del luogo. Per qualche motivo sentii fame e pensai: “Come puoi aver fame dopo l'abbondante pasto che hai fatto?”, ma poiché eravamo a New York anche se era mezzanotte potevo uscire a cercare qualcosa da mangiare. La mattina seguente, di norma, sarei andato a fare colazione e dopo a fare allenamento al piano più alto del World Trade Center 3, ma avendo mangiato a mezzanotte non avevo fame e quindi sono andato a fare allenamento come prima cosa. E questa fu la decisione che mi portò all'ultimo piano prima che l'aereo colpisse e ai piani bassi dopo. Se fosse successo al contrario, probabilmente adesso non starei parlando con te.

Quindi andai su e feci allenamento all'ultimo piano, il ventiduesimo, e avevo una bellissima visuale di New York e del porto. Sentivo la gente che commentava quanto fosse bella la giornata, era una giornata semplicemente splendida: il sole, il porto, la Statua della Libertà. New York è bellissima. Ricordo che ero là in alto, mi allenai e poi cercai le scale perché pensai: “Perché dovrei cercare l'ascensore quando sto cercando di fare esercizio?” Ma non le trovai, quindi presi l'ascensore per scendere alle 8:30. Quindi 15 o 20 minuti prima che l'aereo colpisse, scesi dall'ultimo piano.

Tornai in stanza, feci una doccia e improvvisamente tutto il palazzo si mosse. Ci fu questo suono orribile come dozzine di scaffali pieni di piatti di ceramica che cadono, fu un rumore del genere. L'intero palazzo fu scosso e pensai: “Cosa può essere?” Avevo una brutta, brutta sensazione. Andai a guardare fuori e vidi che c'erano già cadaveri e automobili schiacciate e c'erano oggetti che cadevano, pezzi di palazzo. Guardai giù e non capivo perché ci fossero macerie incendiate a terra, cercavo di capire cosa fosse successo. Vedevo le persone per strada con la bocca aperta e con uno sguardo terrorizzato. Non sapevo cosa fosse successo, se ci pensi, prima di quel giorno non ci sono casi di aerei che si siano schiantati contro dei palazzi, quindi pensai: “Magari è crollata una gru da costruzione o è successo qualcosa di diverso.'” ma non avrei mai immaginato che fosse un aereo.

Quindi iniziai a vestirmi, ma non avevo fretta perché non sapevo bene cosa fosse successo. Diedero un annuncio: “Per favore, rimanete nelle vostre stanze.” Effettivamente per me aveva senso perché sapevo che c’erano persone morte fuori e c’erano oggetti che cadevano e sembrava più sicuro rimanere nella propria stanza. Quindi mi vestii e avevo un tragico presentimento, qualcosa di molto molto brutto. Chiamai a casa e lasciai un messaggio dicendo: “E’ successo qualcosa di brutto, non so cosa. Chiamerò più tardi.” Fu l’ultima chiamata che potei fare per ore, perché dopo il crollo della Torre Sud non fu più possibile telefonare per un po’. Erano circa le nove meno dieci.

Qualcuno passò correndo per il corridoio urlando: “Tutti fuori! Tutti fuori!” Ricordo di aver guardato fuori dalla porta e di aver detto: “Tutti fuori? Pensavo che fosse ‘Tutti dentro!’” Avevo una sensazione del tipo: “Devo andarmene!”, non avevo neanche messo le scarpe. Mi guardai attorno nella stanza e pensai: “Cosa c’è in questa stanza per cui valga la pena di rischiare la vita?” perché avevo il computer portatile e avevo comprato dei regali. Era la prima volta nella mia vita che compravo di regali di Natale a settembre, erano già incartati. Sono un uomo, di solito non compro i regali di Natale così presto!

Guardai e mi ripetei: “Devo andarmene adesso, qui cosa c’è per cui valga la pena di rischiare la vita?” perché ogni secondo che perdevo ritardavo la mia fuga. Decisi che nella stanza non c’era nulla che volessi prendere, oltre a ciò che mi serviva per vivere per strada per le successive 24 ore, in caso fosse stato necessario, quindi presi il portafogli, il cellulare e il mio coltellino tascabile.

Quindi iniziai a mettermi le scarpe e ad allacciarle e sentii un tocco sulla spalla come di un angelo e pensai: “Questo vuol dire che devo correre via proprio adesso.” Quindi corsi fuori dalla porta con una sola scarpa indossata e iniziai a scendere per le scale e c’era tutta la gente che scendeva ma nessuno sapeva cosa fosse successo, erano tutti confusi.

La gente sentiva racconti di ciò che era successo: “Un piccolo aereo si è schiantato contro la Torre”, “Intendi un Cessna?”, “Sì, un Cessna si è schiantato contro la Torre.” Stavamo scendendo per le scale e arrivammo al secondo piano dove si raccoglieva la gente che arrivava da tutti e tre i palazzi. C’era una scala circolare che scendeva e ricordo che c’era questa signora con una valigia bianca, ed era in iperventilazione. Pensavo che sarebbe morta proprio lì. Le presi la valigia dalle mani e le disse: “Andiamo, usciamo di qui, te la porto io.” Ancora non sapevo quanto fosse brutta la situazione. Quando arrivammo in fondo alle scale le restituii la valigia, e quindi potei vedere la scena. Era come il ponte del Titanic quando inizia ad affondare. C’erano persone morte, sapevamo che altre persone stavano morendo perché fuori c’erano oggetti che cadevano. C’erano pompieri che ci stavano urlando di andare a sud. Adesso capisco che ci dissero di andare a sud perché se fossimo andati a nord sarebbe stato più probabile che venissimo colpiti dalle persone che si erano lanciate giù o dalle macerie.

C’era un uomo molto alto e una donna cadde in terra, proprio lì, al suolo; l’uomo la prese e se la caricò in spalla e urlò: “Fate strada!” e la portò fuori, quindi tornò indietro. Credo di sapere chi fosse e non ne uscì vivo.

Ci ammassammo per uscire dalla parte sud e ci fu questa scena incredibile perché cadevano cose e quando arrivava il tuo turno per correre via non sapevi se qualcosa ti avrebbe colpito. Quando fu il mio turno per correre mancavano circa sei minuti alle nove, iniziai a correre ma ancora non sapevo quanto fosse brutta la situazione, decisi di non voltarmi fino a quando non fossi stato a circa 25 metri di distanza. Quindi mi voltai a guardare e vidi questo enorme buco nel World Trade Center con fiamme che ne uscivano. Dissi: “Oh mio Dio, questo non è un Cessna. Questo è un disastro. E’ terribile.” Quindi sentii questo rumore e guardai in altro e c’era il secondo aereo che stava arrivando proprio sopra la mia testa. Dissi: “Come può quell’aereo essere proprio lì? Quell’aereo finirà dentro al palazzo!” Ebbi un momento di orrore che ebbero anche tutti gli altri quando capimmo che stavano tentando di schiantare l’aereo contro il palazzo. Era intenzionale, volevano uccidere tutte quelle persone.

Era sconvolgente, anche solo l’idea di volersi uccidere insieme a tutte le persone sull’aereo e tutti nel palazzo e tutti gli altri attorno. Fui schockato ed entrai nella modalità di sopravvivenza. Valutai che il palazzo sarebbe caduto lateralmente e se fosse successo io sarei morto. Non c’era nulla che potessi fare da dove mi trovavo. Decisi di correre verso destra e capii di avere cinque secondi prima che le macerie dell’aereo che aveva colpito il palazzo cadessero al suolo. Attraversai West Highway di corsa. Contai mentalmente cinque secondi e arrivai a un furgone della nettezza urbana. Mi infilai sotto il furgone e sotto c’erano due altri uomini, credo che fossero le persone che guidavano il furgone. Il furgone era acceso, il motore era acceso e noi eravamo rannicchiati sotto al furgone. Dall’altra parte della strada cadevano macerie. Cominciai a pregare per me e per gli altri due uomini, non sapevo chi fossero. Recitai per intero un “Padre Nostro” e ricordo di aver detto: “Dio, salva me e anche questi altri due uomini.”.

Quindi pensai: “Se il palazzo fosse crollato io ora sarei morto. Quindi non è ancora crollato ed è meglio che io corra via.” Non sapevo con certezza che il palazzo sarebbe crollato ma ero convinto che sarebbe successo. Quindi mi alzai e corsi, e arrivati alla Plaza sull’altro lato del World Financial Center e fu lì che mi fermai. Erano circa le nove e cinque. Tutto questo orrore era accaduto in meno di venti minuti. Tutte le persone che uscivano dai palazzi e dalla metropolitana si stavano raccogliendo lì e videro ciò che si vide anche in televisione con la differenza che era proprio davanti a noi: palazzi incendiati e la cosa peggiore fu vedere persone che si buttavano giù.

Stavo guardando tutto questo e dissi: “Oh, mio Dio. Il mondo è cambiato. Questo è un momento di malvagità che è difficile da capire.”

Alcuni agenti di polizia della Port Authority dissero: “Andiamo, dovete venire via da qui” e così facemmo perché se il palazzo fosse crollato le macerie avrebbero ricoperto tutta l’area. Quindi iniziai a camminare verso nord e ricordo, dopo aver percorso alcuni isolati, di aver sentito un frastuono e la prima torre crollò. Fu terribile, perché sapevo che tutta quella gente in quel momento stava morendo. Subito dopo stavo passando davanti alla Stuyvesant High School e una guardia mi fece segno di entrare, e credo che sia così che ho evitato la nube di polvere. Nella scuola era il giorno delle foto per gli studenti dell’ultimo anno e c’erano ancora persone a tre o quattro isolati di distanza dal World Trade Center che si stavano facendo fotografare. Era surreale. Ero un rifugiato, non ero ricoperto di polvere perché ero scappato ma portavo lo shock sul viso. Mi appoggiai al muro e pensai a quanto il mondo fosse malvagio, probabilmente la mia famiglia pensava che fossi morto.

Quindi arrivò il preside della scuola e disse: “Stiamo chiudendo la scuola”. Giravano voci che ci fossero cecchini e bombe e quindi decisero di evacuare la scuola.

Cominciammo a camminare verso nord, e c’era una marea di gente che camminava, tutti i palazzi cominciarono a fare uscire le persone. La gente era per strada, apriva la porta e accendeva la radio, fu così che venimmo a sapere dell’aereo che si era schiantato sul Pentagono e di quello caduto in Pennsylvania.

La gente faceva paragoni con Pearl Harbor. Fu un momento terribile. Continuammo a camminare verso midtown [la zona centrale di Manhattan, NdR] ed entrai in un palazzo dove c’erano altre persone che lavoravano per uno studio fotografico. Nessuno diceva nulla, entrai ed ero come un fantasma. Se arrivavi dal World Trade Center eri come un fantasma. Provai a chiamare casa ma i telefoni non funzionavano.

Erano le 14:15 quando trovai un telefono funzionante. Lasciai un messaggio a mia madre per dirle che ero vivo. Non sapevo nemmeno se mia madre avesse idea di cosa stava succedendo.

Chiamai l’ufficio e la mia segreteria mi disse: “Dio mi ha fatto sapere nel mio cuore che eri vivo, quindi ti ho trovato un posto dove stare.” Mi disse dove andare, mi disse di andare nell’ufficio di un amico.

Lo trovai, mi salutò. C’era anche un mio collaboratore che era nel palazzo e avrei dovuto incontrarlo alle nove. Non sapevo se fosse vivo o no. Fortunatamente era lì, quindi ci salutammo. Quindi finalmente riuscii a parlare con mia moglie, per farle sapere che ero vivo. Per cinque ore non aveva saputo se ero vivo o morto. Fu terribile.

In seguito il mio amico portò me e il mio collaboratore a casa sua fuori città, dove rimanemmo per tre giorni. Ricordo che prendermmo il treno da Grand Central Station e uscimmo e nessuno parlava.

Arrivammo a Rye, New York, che fu dove restammo per la notte. La gente usciva sulle strade aspettando che tornassero i loro cari anche se già qualcuno di loro sapeva chi non sarebbe più tornato. Fu duro da vedere.

Il giorno seguente uscii a fare una camminata a Rye ed ero scalzo perché avevo solo le scarpe che avevo con me e avevo quasi le vesciche per aver camminato così a lungo. Avevo solo gli abiti che indossavo e andai in un negozio a comprare delle Birkenstocks, che ho tuttora. Andai da un ottico e comprai delle lenti a contatto, comprai anche tutto ciò che mi serviva per stare lì il resto della settimana.

Era venerdì quando trovai un’auto da noleggiare, e potei andare a casa e finalmente vedere la mia famiglia. Da allora ci penso tutti i giorni, in particolare penso alle persone che hanno sacrificato la propria vita, come i poliziotti e i pompieri che erano nelle lobby degli edifici per assicurarsi che tutti fossero usciti, e il palazzo crollò su di loro. Mi sento molto in debito verso di loro.

Io e il mio collaboratore che era con me, insieme ad un altro amico, abbiamo fondato un ente in memoria di quelle persone: “Michigan Remembers 9/11”. Anche se il Michigan non è vicino a New York, abbiamo avuto più di venti morti quel giorno, e poi ci sono stati molti volontari che sono andati ad aiutare. L’anno scorso per il decimo anniversario abbiamo organizzato una cerimonia al Campidoglio di Lansing e tenni un discorso sul coraggio di queste persone che ci hanno salvato e sul fatto che i terroristi non hanno vinto. Hanno ucciso molte persone, ma non hanno vinto. Siamo ancora qui e non abbiamo rinuniciato ai nostri valori.

Spero che al mondo la gente non dimentichi ciò che è successo e sono contento che voi in Italia lo stiate ricordando e che lo stiate registrando per la storia, perché non voglio che tra dieci o vent’anni la gente confonda ciò che è successo con qualcos’altro. Ciò che è successo è che queste persone pensavano di poter schiacciare l’America e il mondo occidentale uccidendo delle persone. Sono riusciti a uccidere delle persone e questo è orribile. Ma il mondo libero non è stato schiacciato: abbiamo reagito. Non ci siamo arresi e abbiamo riaffermato ciò in cui credevamo. Questo mi rende molto felice.


Undicisettembre: C’è un dettaglio nella tua storia che vorrei sottolineare. Hai detto di aver avuto un coltellino tascabile con te. Essendo tu andato a New York dal Michigan in aereo, ti sei portato il coltellino con te sull’aereo?

Patrick Anderson: Sì, l’avevo in tasca. Sono stato uno scout, uno scout aquila in realtà, quindi mantengo ancora quello spirito “sii pronto” e mi porto sempre il mio coltellino tascabile. Ce l’ho anche adesso, in tasca. E abbastanza piccolo, chiuso è grande come un mignolo.


Undicisettembre: E’ molto interessante perché dimostra che nel 2001 la sicurezza aerea negli USA non era rigida come lo è ora.

Patrick Anderson: Credo che al tempo la procedura standard in caso di dirottamente fosse non provare a resistere ai dirottatori, ed è ciò che è successo sui primi tre aerei. Al contrario, i passeggeri dei quarto aereo hanno saputo ciò che era successo e si dissero: “Non vogliamo essere parte di un missile che verrà usato per uccidere altri. Se dobbiamo morire, moriremo combattendo.” Quindi si ribellarono ai dirottatori, ma morirono tutti su quell’aereo. Anche loro sono eroi.


Undicisettembre: In che modo l’11/9 ha condizionato la tua vita quotidiana?

Patrick Anderson: Ha influito su ogni singolo giorno da allora. Non passa giorno che non ci pensi. Mi ha cambiato profondamente. E’ molto più facile per me essere felice con gli amici, la famiglia, le persone a cui voglio bene. E’ più facile per me rallegrarmi per le cose importanti e durature. E’ più facile per me capire che bisogna avere dei valori nella vita e vivere secondo un codice morale. Bisogna avere uno scopo, non è solo avere soldi e successo. Bisogna anche apprezzare le altre persone e il tempo trascorso con i figli, la famiglia e gli amici. E’ questo significa molto più che avere un po’ di soldi.

Non dico di essere perfetto, non lo ero allora e non lo sono adesso. Ma affrontare la morte è qualcosa - non voglio dire di essere grato di ciò - ma è qualcosa che mi ha lasciato una lezione di cui sono grato. Non auguro questa esperienza a nessuno, e vorrei che non fosse mai successo al mondo e agli Stati Uniti, ma le persone che erano lì hanno raggiunto un altro livello di comprensione della vita, o almeno ne hanno avuto l’occasione.

Certamente mi sento come se guardassi la vita in un modo migliore ora di quanto facessi prima.


Undicisettembre: Cosa pensi delle teorie del complotto che sostengono che l’11/9 sia stato un autoattentato?

Patrick Anderson: Se uno era lì, sa che non ci fu alcun complotto. Sappiamo esattamente cosa è successo: c’era un gruppo di terroristi che pensavano di poter distorcere l’Islam in modo da convincere delle persone a schiantare aerei contro palazzi per uccidere il grande Satana o qualcosa del genere. Osama bin Laden e il suo gruppo erano a capo di tutto ciò, e lo sappiamo. Sappiamo i nomi delle persone che hanno fatto questo e da dove vengono. Se si guarda indietro si capisce che è qualcosa che si ricollega all’attacco al World Trade Center del 1993, e all’attacco alla USS Cole e in seguito agli attentati a Madrid e a Londa. Queste sono persone che vogliono usare il terrore e vogliono uccidere la gente e credono che sia una cosa gloriosa da fare. Loro sono stati i perpetratori di tutto questo.

Credere che ci fossero degli esplosivi è semplicemente ridicolo. L’America è la terra della libertà e sono felice che le persone possano esprimere le loro idee, questo non significa che io debba crederci.


Undicisettembre: Credi che la nazione viva ancora nella paura o che abbia ripreso la sua posizione nel mondo?

Patrick Anderson: Sicuramente c’è ancora paura del terrorismo negli Stati Uniti e anche altrove. Ma non credo che gli USA abbiano mai perso la loro posizione nel mondo. Credo che il resto del mondo abbia ammirato e avuto compassione degli USA, allo stesso modo di come noi abbiamo compassione di chi deve affrontare momenti avversi. L’America è stata sfidata; 3000 persone sono morte, i palazzi sono crollati e fu terribile. Ha evidenziato le mancanze del nostro sistema di sicurezza, abbiamo concesso a queste persone di addestrarsi negli Stati Uniti. Ma l’America non è stata schiacciata, l’America è rimasta in piedi e ha affrontato i terroristi.

Si può discutere se abbiamo usato la migliore strategia e se abbiamo preso le decisioni giuste negli ultimi dieci anni, ma la decisione più grande fu quella di affrontare il male. Non arrendersi. Non abbiamo detto: “Okay, saremo vostri ostaggi per sempre.” Se lo fai, rinunci alla libertà donata da Dio. Non dobbiamo arrenderci mai, né ai terroristi, né ai dittatori, né ai despoti, né ai tiranni, né alla pigrizia. Non dobbiamo mai, mai rinunciare alla libertà.


Undicisettembre: Vuoi dirci qualcosa di più sulla tua organizzazione “Michigan Remembers 9/11”?

Patrick Anderson: “Michigan Remember 9/11” fu fondata da me con un altro sopravvissuto e con un altro amico che lavora qui alla Andersen Economic Group, il nostro scopo è commemorare le persone che sono morte e gli eroi. Abbiamo un sito web: michiganremembers.org

Pubblicizziamo anche gli eventi di commemorazione. Con i soldi che abbiamo ricevuto dalle donazioni, l’anno scorso abbiamo organizzato alcuni eventi nel Michigan. Anche quest’anno l’abbiamo fatto.

Comunque, come ho già detto, abbiamo un sito dove la gente può leggere di cosa si occupa la nostra organizzazione e spero che ciò che facciamo, così come ciò che state facendo voi in Italia, aiuti le persone ad avere un idea di ciò che questo evento ha significato al tempo per le persone che erano lì. Sarà più difficile distorcere ciò che è successo perché parliamo chiaramente e simultaneamente di ciò che abbiamo fatto e perché.

9 commenti:

Giuliano47 ha detto...

Brevi commenti ad alcuni particolari.

Presenza, a bordo, del coltellino personale di Anderson.
"Undicisettembre: E’ molto interessante perché dimostra che nel 2001 la sicurezza aerea negli USA non era rigida come lo è ora."
In alcuni casi nemmeno dopo...
A Natale 2008 mi sono imbarcato all'aeroporto di Chicago e la sicurezza non si e` accorta di una piccola forbice che avvo lasciato sbadatamente nel bagaglio a mano.
Piccola si, ma robusta e ben acuminata.
Avevo gia` riferito l'episodio in un forum di piloti di linea italiani:
http://tinyurl.com/dy4d6kk


Telefoni muti per ore.
Mi trovavo a Milano il giorno in cui un aereo da turismo colpi` il grattacielo Pirelli. Quel pomeriggio dovevo telefonare a dei conoscenti ma non funzionavano i collegamenti ne' via cellulare ne' con il telefono fisso e questo per ore.
Furono ore di disagio, non di angoscia, ma comunque di disagio.
Quindi immagino la forte angoscia di quelle persone che furono interessate direttamente agli attentati al WTC e non poterono comunicare per ore fra di loro per far sapere che erano vive o sapere se altri erano vivi.


Storia del Cessna.
Finalmente una testimonianza diretta della storia del Cessna e di come fosse chiaro, dall'esterno dell'edificio, constatare che lo squarcio non era quello di un piccolo aereo:

La gente sentiva racconti di ciò che era successo: “Un piccolo aereo si è schiantato contro la Torre”, “Intendi un Cessna?”, “Sì, un Cessna si è schiantato contro la Torre.”
.....
.....
Quindi mi voltai a guardare e vidi questo enorme buco nel World Trade Center con fiamme che ne uscivano. Dissi: “Oh mio Dio, questo non è un Cessna. Questo è un disastro. E’ terribile.”

Unknown ha detto...

Un altra intervista importante... significativa la sensazione della mano che gli tocca la spalla come se qualcuno gli dicesse "corri!". La prontezza di riflessi ha salvato la vita a molte persone. Sarò ripetitivo ma Bel lavoro Hammer!

Leonardo Salvaggio ha detto...

Grazie Gabriele90,

non preoccuparti di essere ripetitivo. Un po' di gratificazione fa sempre bene :-)

Giuliano47 ha detto...

Una precisazione sul mutismo delle linee telefoniche, sia a New York che poi a Milano il giorno dell'incidente aeronautico al grattacielo Pirelli.
Le antenne televisive e di vari ponti radio e telefonici si trovano sugli edifici piu' alti di una citta'.
Due passi tratti dal Corriere della Sera del 19 aprile 2002 a pag. 3 :
http://tinyurl.com/d2uhdmc
"un grattacielo con un' antenna gigantesca sulla cima, un aereo che lo sventra, il fuoco e il terrore"
Nel caso di Milano le antenne si trovavano sul grattacielo Pirelli, e piu` di una.
Se si controllano le foto sui quotidiani i giorni sucessivi all'incidente si notano diverse antenne oltre al traliccio che supportava alcune antenne paraboliche.
"Nel centro del capoluogo, migliaia di persone cercano di chiamare amici e parenti con i telefoni cellulari, ma tutte le linee sono bloccate."

Leonardo Salvaggio ha detto...

Giuliano, grazie per i tuoi contributi.

DYS:Translations ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Lasciamo perdere le teorie del complotto, come dice Paolo si sono sbufalati da soli ormai da anni.
La testimonianza in questione è toccante, e si arriva solo ad intuire lo sconcerto, il senso d'impotenza e il terrore di quel giorno.
Grazie Hammer, come al solito ottimo lavoro

Leonardo Salvaggio ha detto...

Grazie Manu. E' sempre gradito leggere i vostri apprezzamenti.

Giuliano47 ha detto...

@Manu Ucce
Segnalo che oltre il senso d'impotenza e il terrore, molti degli stessi Vigili del Fuoco sono dovuti ricorrere per anni alle cure dello psicologo a causa dell'accaduto al WTC.
Lo avevo gia` segnalato altrove in undicisettembre.

Qui il sito dei Vigili del fuoco di NY:
http://www.nyc.gov/html/fdny/html/home2.shtml

Il Search si trova in altro a sinistra.
Parole chiave:
psychiatric damage wtc
oppure:
psychiatric disorder wtc
o altro.