2011/11/01

Storia di Greg Trevor, sopravvissuto al WTC: la vita dopo l'11/9 comporta degli obblighi

di Greg Trevor

Nota di Undicisettembre: Pubblichiamo di seguito un testo scritto in occasione del decimo anniversario degli attentati dell'11/9 da Greg Trevor, ex dipendente e portavoce della Port Authority sopravvissuto all'attacco. Greg Trevor è già stato autore di un lungo racconto sulla sua esperienza e ha concesso in passato un'intervista a Undicisettembre.

La versione originale è pubblicata sul sito dell'università Rutgers, presso la quale Trevor lavora attualmente, ed è stata da noi tradotta e pubblicata con il permesso dell'autore.

Quando finalmente arrivò il momento, dopo quasi dieci anni di attesa, ne fui così sopraffatto da non riuscire a muovermi.

Stavo per addormentarmi la sera del primo maggio 2011, quando mia moglie, Allison, entrò in camera da letto, mi toccò sulla spalla e disse: “Il presidente sta per andare in televisione. Hanno trovato bin Laden ed è morto.”

“Grazie a Dio”, risposi. Provai a uscire dal letto, ma non ci riuscii. La morte di bin Laden mi riportò alla mente tantissimi ricordi dolorosi degli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 ai quali ero sopravvissuto.

Ricordo che ero in piedi dietro la mia scrivania al sessantottesimo piano della Torre Uno quando fui quasi buttato a terra dall'impatto del primo aereo che si schiantava contro il palazzo. Mentre abbandonavamo la torre, i miei colleghi e io rimanemmo intrappolati in una scala piena di fumo a pochi piani di distanza dalla libertà. Uscimmo dall'edificio 11 minuti prima che crollasse.

Provai sollievo che il mondo si fosse liberato di bin Laden, ma anche rabbia perché c'era voluto così tanto tempo per consegnarlo alla giustizia.

Allison tornò al piano di sotto e alzò il volume, così che potessi sentire come la squadra del Presidente Obama aveva finalmente completato il lavoro che il suo predecessore aveva lasciato incompiuto.

Quando il Presidente lodò il coraggio dei Navy SEALs che avevano catturato e ucciso bin Laden, pensai ai miei colleghi altrettanto coraggiosi della Port Authority di New York e New Jersey, sia poliziotti che civili, che sacrificarono le proprie vite l'11 settembre per salvarne innumerevoli altre.

Mi ricordai anche di un momento in quello stesso letto, alcune notti dopo gli attacchi dell'11 settembre, quando mi sforzai di spiegare a nostro figlio di 5 anni, Gabe, perché un uomo cattivo chiamato bin Laden aveva ucciso così tanti amici di papà.

“Quello che conta è che mamma e papà sono al sicuro e che tu e tuoi fratello siete al sicuro.” dissi a Gabe. “Ti senti al sicuro?” Annuì. Poi gli chiesi: “Hai paura?” Annuì di nuovo.

“Va bene” gli dissi. “Anche io ho paura. Possiamo avere paura insieme.”

Mentre il mondo vive il decimo anniversario dell'11 settembre, milioni di persone stanno sicuramente rivivendo le emozioni che provarono nei momenti successivi agli attacchi terroristici.

Per la nostra famiglia, questi sentimenti non sono mai lontani.

Sono ancora in terapia per il disturbo post traumatico da stress. Un cielo azzurro terso mi può ancora causare dei flashback.

Tuttora mi chiedo: perché io sono sopravvissuto quando quel giorno hanno perso le loro vite quasi 3000 persone innocenti?

Penso a quell'anziana donna dell'Ecuador che incontrai al matrimonio della figlia, un'amica di famiglia, poche settimane dopo l'11/9. Scoppiò in lacrime quando fummo presentati. Poi mi abbracciò più forte di quanto io sia mai stato abbracciato, ripetendomi più e più volte in spagnolo “Vida nueva”: vita nuova.

Se mi era stata data una vita nuova, come in effetti era successo, essa porta con sé almeno due obblighi.

Primo, fare il mio dovere di testimone degli eventi dell'11 settembre, indipendentemente da quanto possa essere doloroso; ricordare a chiunque voglia ascoltare che le centinaia di persone in uniforme e civili che sacrificarono la propria vita non morirono invano. Gli eroi che corsero dentro le torri e gli eroi che rimasero dentro le torri ad aiutare altri a scappare contribuirono alla riuscita dell'evacuazione di circa venticinquemila persone dal complesso del World Trade Center.

Secondo, essere degno del loro ricordo cercando di essere il miglior marito, padre, amico e collega che posso essere.

Come promemoria tengo tre oggetti nel mio ufficio alla Rutgers: una bandiera commemorativa che sventolò al World Trade Center dopo gli attacchi, una toppa della Polizia della Port Authority e una foto del Capitano Kathy Mazza. Kathy, la prima donna comandante dell'Accademia di Polizia della Port Authority e una delle migliori persone che io abbia mai conosciuto, condusse un gruppo di poliziotti nella Torre Uno pochi minuti dopo il primo attacco. Molti di loro, tra cui Kathy, non sopravvissero. Fu la prima donna della Polizia della Port Authority a morire in servizio.

Sono grato a tutti gli eroi dell'11 settembre per ogni momento, bello o brutto, che ho passato negli ultimi dieci anni.

Faccio tesoro di ogni secondo che passo con Allison, a guardare i nostri ragazzi che crescono e diventano uomini straordinari, avere il privilegio di essere allenatore di dozzine di eccellenti giovani uomini e donne di baseball, softball e pallacanestro.

Ho provato onore e umiltà nell'essere parte della delegazione ufficiale che prese il primo treno Trans-Hudson della Port Authority a tornare al World Trade Center nel novembre 2003, più di due anni dopo gli attacchi. Il ripristino del servizio del PATH a Lower Manhattan, insieme alla riapertura del sito del Trade Center al pubblico, resta una pietra miliare per il recupero della zona.

Quel giorno percorremmo il tratto da Jersey City a Lower Manhattan con lo stesso treno PATH che per ultimo aveva portato delle persone in salvo dal World Trade Center l'11/9. Mentre il treno entrava sferragliando nel tunnel ricostruito sotto il fiume Hudson, mi sentii onorato di essere una piccola parte di questo trionfo e umile per il fatto di essere al fianco di persone provenienti da tutta la regione che avevano lavorato così intensamente per ripristinare un servizio vitale che i terroristi avevano tentato di distruggere.

Le nostre vite sono un mosaico di momenti come questi. Alcuni sono importanti; la maggior parte è relativamente banale. Ma ogni momento è prezioso.

Se c'è una lezione da imparare dagli eventi dell'11 settembre, è che ogni giorno che passiamo su questo pianeta è un dono e ogni respiro è una benedizione.

Sta a ciascuno di noi dimostrare che siamo degni di questo regalo.